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Gli effetti su distribuzione del reddito e competitività delle imprese

CAPITOLO 2. LA TASSAZIONE AMBIENTALE

2.5 Le imposte ambientali: origine, terminologia e applicazione

2.5.3 Gli effetti su distribuzione del reddito e competitività delle imprese

L'applicazione di imposte ambientali può avere ripercussioni significative su distribuzione del reddito e competitività delle imprese.

Se si considera l'impatto distribuzionale, queste tasse, come ad esempio quelle sui combustibili per il riscaldamento, l'elettricità o l'uso dell'acqua, gravano maggiormente sulle fasce di popolazione a basso reddito rispetto ai ceti più abbienti. In questi casi la prima e più immediata tendenza è quella di ridurre il carico tributario sostenuto dai gruppi sociali a basso reddito attraverso esenzioni, aliquote di prelievo ridotte o regimi di aliquote progressive che si basano sul consumo effettivo.

Tuttavia, tentare di risolvere contemporaneamente il problema ambientale e quello distributivo con un unico strumento, nello specifico l'imposizione di una tassa ambientale, rischia di compromettere il raggiungimento di entrambi gli obiettivi.

Per questo motivo, il problema distributivo dovrebbe essere affrontato e risolto adottando politiche e misure redistributive diverse dall'imposta ambientale, quali riduzioni delle imposte sul reddito, integrazioni a sostegno delle categorie a basso reddito o persino attribuzioni di “green cheques”.a determinate fasce di popolazione o a tutti i cittadini

Questo approccio permette così di tutelare gli incentivi creati dall'imposta ambientale, di ridurre la complessità amministrativa e di sfruttare strumenti di ridistribuzione già esistenti per livellare le disparità di reddito.

Se, al contrario, si considera l'impatto sulla competitività, le imposte ambientali, nell'intento di ridurre l'inquinamento, portano a cambiamenti nelle decisioni di produzione delle imprese e incidono in maniera diversa su coloro che inquinano.

Imposte ambientali con aliquote elevate potrebbero incoraggiare le imprese dei settori industriali più colpiti per l'aggravio dei costi, a spostare la produzione in luoghi dove l'industria è meno o non tassata, invece di subire la concorrenza sleale di imprese straniere

non soggette a questo tipo di imposte. La delocalizzazione degli impianti produttivi avrebbe conseguenze economiche negative e minimi benefici ambientali per il paese che attua politiche ambientali.

Per tale ragione, è importante valutare attentamente gli effetti sulla competitività e considerare tutti i fattori che, oltre alle politiche ambientali, condizionano decisioni di ubicazione e concorrenza imprenditoriale, come ad esempio il livello delle aliquote fiscali, la prossimità ai mercati, il contesto in cui le imprese si trovano ad operare e l'accesso a una forza lavoro competente e qualificata.

Sono diverse le strategie politiche sviluppate per preservare la competitività quando vengono introdotte imposte ambientali: il coordinamento internazionale di politiche ambientali, la concessione di un periodo transitorio alle imprese più colpite per adottare misure di riduzione dell'inquinamento, l'impiego del gettito derivante dalle imposte ambientali a favore di queste imprese, le esenzioni e le riduzioni fiscali per le aziende energivore e l'uso di un sistema di tariffe e tasse di adeguamento alle frontiere.

Il coordinamento di politiche ambientali tra paesi rappresenta il metodo più valido per evitare le potenziali delocalizzazioni produttive e ridurre il rischio di leakage (dispersione) di sostanze inquinanti. Anche se imperfetto o incompleto tale coordinamento è la soluzione migliore per imposte sulle emissioni inquinanti come quelle sulla CO2, perché si tratta di un inquinante diffuso a livello globale. Per altre sostanze inquinanti come ossidi di zolfo e azoto, le cui concentrazioni sono maggiormente localizzate e circoscritte, risulta invece più difficile coordinare un'azione globale volta ad attenuare le problematiche riguardanti la competitività delle imprese, poiché il livello dell'aliquota di imposte su questi inquinanti differirà tra paesi e regioni in base all'inquinamento, alla densità della popolazione e alle condizioni climatiche locali.

Una delle opzioni meno distorsive per risolvere le questioni relative alla competitività settoriale è quella di concedere, alle imprese che risentono dell'applicazione di imposte ambientali, un periodo di tempo stabilito per modificare e riorganizzare le loro attività e operazioni aziendali, investire in nuovo capitale e non essere penalizzate per le loro decisioni storiche (riferimento agli investimenti in capitale fisso, difficilmente sostituibile nel breve periodo). Anche un'imposta progressiva, con un'aliquota che cresce gradualmente nel periodo di transizione, permetterebbe di alleggerire il carico tributario iniziale di queste imprese,

offrendo una maggiore flessibilità finanziaria e la possibilità di investire in attività di mitigazione dell'inquinamento e innovazione tecnologica. In questo caso, la credibilità dell'impegno di aumentare il livello dell'aliquota fino al livello standard è cruciale.

Un'altra possibilità sarebbe quella di impiegare il gettito derivante dalla riscossione delle imposte ambientali per sostenere le imprese colpite, di modo che l'incentivo di abbattimento marginale venga mantenuto. Tuttavia, questo meccanismo viola il principio “chi inquina paga” poiché viene ridotta soltanto la produzione di beni altamente inquinanti, mentre per quei beni e processi moderatamente inquinanti i costi di produzione risultano sussidiati dal gettito fiscale e non si traducono in un aumento dei prezzi di tali prodotti per i consumatori.

Se invece venissero adottate misure di esenzione o riduzione fiscale a favore delle imprese ad alta intensità energetica si avrebbe uno spostamento dell'onere di abbattimento su altri, con minori risultati in termini di protezione ambientale, dato che, così come nel caso precedente, per compensare l'impatto delle imposte ambientali sulla competitività di questi specifici settori verrebbero implicitamente sovvenzionate attività dannose per l'ambiente.

Infine, un ultimo possibile provvedimento sarebbe quello di creare un sistema di compensazione fiscale alla frontiera per fare in modo che i prodotti nazionali e quelli importati ricevano lo stesso trattamento. Questo sistema prevede infatti la riscossione di tariffe doganali per compensare l'impatto economico delle diverse politiche ambientali adottate nei vari paesi. Se anche il meccanismo di adeguamento alla frontiera fosse conforme alle norme della WTO, tuttavia i problemi e le sfide relativi alla sua effettiva attuazione (complessità delle politiche ambientali, diversità di strumenti politici e strutture economiche esistenti) ne renderebbero difficile e controverso il funzionamento, rischiando inoltre di aggravare il dialogo internazionale sulla liberalizzazione degli scambi commerciali.86