3. Difficoltà contestuali:
• Moda
• Mass media
• Plurilinguismo
• Tecnicizzazione
• Globalità 4. Prospettive
1 Sulle varietà di italiano istituzionale in Svizzera e, in particolare, sull’italiano federale cfr. Egger 2013a ed Egger 2015.
2 Inf., III, 118-120: “Così sen vanno su per l’onda bruna;/e avanti che sien di là discese,/anche di qua nuova schiera s’auna.”
“ANCHE DI QUA NUOVA SCHIERA S’AUNA”: NEOLOGISMI E UFFICIALITÀ PLURILINGUE
1. Elementi per una poetica dell’ufficialità
Le istituzioni governative non sono di per sé chiamate a esprimere pareri su questio-ni linguistiche e, pertanto, non sono direttamente interessate al dibattito — peraltro controverso3 — in merito allo spazio che gli anglicismi debbano occupare nella lingua italiana.
Ciononostante, la problematica degli anglicismi non può non coinvolgere anche le autorità in quanto incide in modo non indifferente sull’uso pubblico della lingua.
Vedremo anzi, che pur non avendo tra le loro attribuzioni quella di pronunciarsi su questioni linguistiche, le autorità sono comunque parte in causa nella problematica degli anglicismi e quindi devono dare una risposta in merito.
Per capire perché le istituzioni sono coinvolte in questa problematica occorre in-nanzi tutto ricordare i principi che guidano (o che dovrebbero guidare4) le scelte lin-guistiche delle nostre istituzioni e che configurano per certi versi la poetica dell’italia-no federale. Questi principi, che costituiscodell’italia-no altrettanti vincoli per chi redige testi istituzionali, possono essere riassunti schematicamente come segue:
1. La legge 2. Impersonalità 3. Comprensibilità 4. Cura della lingua 5. Normatività 1.1. La legge
Ogni attività dello Stato deve fondarsi su una base legale. Se questo principio è general-mente noto, si dimentica spesso che la legge definisce anche la cornice linguistica entro cui si dispiega la comunicazione degli organi statali nei singoli settori, non solo perché la legge definisce quali sono le lingue ufficiali e come queste devono essere usate (lo vedremo più avanti parlando di comprensibilità), ma anche perché nella legge troviamo la definizione dei termini che lo Stato utilizza e quindi l’universo terminologico entro cui opera.
Tale radicamento nella legge è estremamente importante, perché garantisce la tra-sparenza del linguaggio istituzionale ma nel contempo, evidentemente, provoca il suo conservatorismo, quasi la sua immobilità e direi la sua forte impermeabilità di fronte ai neologismi.
Un esempio: la nostra Costituzione federale contempla un articolo sull’uguaglian-za giuridica (art. 8) dal quale discende una legge per eliminare gli svantaggi esistenti nei confronti dei disabili5; questa legge contiene anche una esplicita definizione della figura del disabile. Questo significa che ogni qual volta in un testo ufficiale si faccia ri-ferimento a questa categoria di persone occorre usare tale termine, non tanto perché si
3 Controverso e caratterizzato talvolta da posizioni diametralmente opposte, cfr. Egger 2013b: 43-44.
4 Sulle implicazioni etiche della comunicazione istituzionale sia lecito rimandare a Egger 2014a.
5 Legge federale del 13 dicembre 2002 sull’eliminazione di svantaggi nei confronti dei disabili (Leg-ge sui disabili, LDis), RS 151.3.
voglia negare per principio altre denominazioni (che, peraltro, non mancano: “persone con disabilità”, “diversamente abili”, “diversabili”, “altrimenti abili”, “portatori di handi-cap” ecc.), ma proprio per scrupolo di coerenza e per garantire l’univocità referenziale rispetto all’ordinamento giuridico.
1.2. Impersonalità
Dire che la lingua delle istituzioni deve essere tendenzialmente impersonale non si-gnifica affatto che deve mirare all’astrazione (e alla vacuità6), ma soltanto che non può variare a seconda del funzionario che scrive. Chi riceve una comunicazione da parte di un’autorità vuole leggere o sentire la voce dell’autorità, non del funzionario Tizio Caio che redige la comunicazione; occorre dunque garantire una certa conti-nuità di stile ma anche uno stile contrassegnato da sobrietà, spassionatezza, decoro e assenza di espressività retorica. La lingua delle istituzioni dovrebbe idealmente essere impersonale nel senso di essere la lingua di tutti, dove il concetto di “tutti”, secondo la classica distinzione di Aristotele7, va inteso sia in senso collettivo — quindi lingua come patrimonio collettivo di una civiltà —sia in senso distributivo, di ogni cittadi-no considerato individualmente —e quindi una lingua in cui ogni cittadicittadi-no possa identificarsi.
1.3. Comprensibilità
L’esigenza di comprensibilità dei testi ufficiali è controversa per quanto riguarda i testi normativi8, ma nel nostro ordinamento è stata recentemente sancita da una disposizio-ne esplicita della legge del 5 ottobre 2007 sulle lingue (RS 441.1), che recita:
Art. 7 Comprensibilità
1 Le autorità federali si adoperano ad usare un linguaggio appropriato, chiaro e conforme alle esigenze dei destinatari; provvedono inoltre a un uso non sessista della lingua.
Da questa disposizione risultano almeno quattro requisiti di qualità che concorro-no, ai sensi della legge, a garantire la comprensibilità in senso lato di un testo:
• Precisione materiale
• Registro adeguato alle specifiche tipologie testuali
• Efficacia comunicativa
• Pari trattamento linguistico dei sessi 1.4. Cura della lingua
I requisiti di qualità per garantire la comprensibilità dei testi ufficiali presuppongo-no indirettamente un altro principio che è quello della cura della lingua. Soprattutto
6 Lo svuotamento di consistenza espressiva di cui parlava Calvino (1965) nella sua celeberrima pa-rodia dell’antilingua burocratica.
7 Politica, 1261 b 20.
8 Perché controversa è la designazione del destinatario principale della legge: il cittadino o l’opera-tore del diritto?
“ANCHE DI QUA NUOVA SCHIERA S’AUNA”: NEOLOGISMI E UFFICIALITÀ PLURILINGUE
in una democrazia, lo Stato in quanto garante dei diritti politici e del funzionamento della vita politica in senso lato ha l’obbligo non solo di usare la o le lingue dichiarate
«ufficiali» ma anche di promuoverne un uso che ne sviluppi la ricchezza e la capacità comunicativa proprio quale strumento di democrazia.
Viceversa, il cittadino ha il diritto di essere informato e di ricevere una termi-nologia, una lingua capace di servire come strumento perfezionato di conoscenza e di comunicazione nella nostra società complessa. Non si tratta di attribuire allo Stato competenze particolari in materia linguistica (con i rischi di deriva totalitaria che questo comporterebbe), ma semplicemente di ricordare l’importanza politica di un uso qualitativo della lingua da parte dello Stato e ciò soprattutto per le lingue minoritarie.
Questo aspetto, lo vedremo anche più avanti, assume particolare significato pro-prio in rapporto alla problematica degli anglicismi, perché un uso esagerato di termini stranieri sarà criticato da diversi parlamentari segnatamente anche in quanto indice di scarsa considerazione delle lingue ufficiali.
1.5 Normatività
Un ultimo vincolo del linguaggio istituzionale deriva dal suo carattere ufficiale. I testi istituzionali non vivono soltanto nell’Amministrazione e nei tribunali ma esplicano i loro effetti in tutta la società, per cui i testi ufficiali sono dotati di una forte dinamicità produttiva di altri testi. Da qui discende evidentemente una grande responsabilità, poi-ché l’uso ufficiale influenza indirettamente l’uso pubblico della lingua. Quando si opta per un termine in un testo ufficiale occorre sempre valutare le conseguenze di tale scelta nelle molteplici tipologie testuali in cui il termine sarà poi utilizzato (regolamenti, cir-colari, moduli, inserti pubblicitari, comunicati stampa, campagne informative, lettere ecc.). D’altra parte, una volta che un termine è entrato in un determinato circuito di testi è difficile cambiarlo, anche se errato. Quando si sbaglia in un contesto ufficiale, si corre il rischio di ufficializzare l’errore.