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Empowerment cognitivo e prevenzione dell'insuccesso

Attività metacognitive per gli insegnanti e gli alunni

pp. 280-€20,14

Su internet: www.erickson.it

Aiuiemarie Schwarzenbach, DALLA PARTE DELL'OMBRA, ed. orig. 1990, trad. dal tedesco di Tina D'Agostini, pp. 414, € 19,62, il Saggiato-re, Milano 2001

Dalla parte dell'ombra - r a c c o l t a di

arti-coli, reportage, resoconti di viaggio re-datti tra il 1933 e il 1942 dalla scrittri-ce svizzera Annemarie Schwarzenbach (1908-1942) nel corso delle sue nume-rose peregrinazioni attraverso Europa, Asia, Stati Uniti e Africa - permette di ri-percorrere l'attività giornalistica e foto-grafica di una donna indipendente e tra-sgressiva, e di cogliere al contempo i frammenti di un'anima tormentata, fragi-le, alla continua ricerca di una propria identità. Con costante attenzione all'Eu-ropa degli anni del nazismo, l'autrice de-scrive una giovane Unione Sovietica, se-miliberale e per certi versi esemplare, racconta l'emarginazione sociale negli Stati Uniti della depressione e vi testimo-nia la nascita dei movimenti sindacali. Coglie con sensibilità fotografica le forme e i colori dell'Asia Minore, un m o n d o no-made, ancora assorto e immobile, seppur intaccato dalla nascente realtà urbana di stile europeo, tratteggia i paesaggi del Marocco e ia natura della giungla africa-na. Nel continuo intreccio tra Oriente e Occidente la giornalista descrive i diversi ambienti e racconta la gente, f a c e n d o co-sì proprio un ambito all'epoca tradizional-mente maschile, quello dell'analisi socia-le, politica ed economica. Alcune sue pa-gine hanno il sapore della peripezia: so-no, per esempio, quelle dedicate alla Vienna all'indomani d e l l' A n s c h l u B , nella quale la scrittrice si muove come interme-diaria tra i socialisti rivoluzionari profughi e i c o m p a g n i rimasti in patria. O ancora quelle dedicate alla traversata, a bordo della sua Ford, del deserto afghano con la sola c o m p a g n i a dell'amica Ella Mail-lart. E proprio alla luce delia storia attua-le, le pagine dedicate al "viaggio a Ka-bul" catturano il lettore. Emerge l'immagi-ne di un paese lontano dai conflitti euro-pei - tanto d a offri-re all'autrice "il mese della pace" - , di un m o n d o dall'ospitalità sacra ma contrasse-gnato da presenze quasi esclusivamen-te maschili, all'inesclusivamen-terno del quale le donne, masse informi nasco-ste sotto il chador, scivolano via silen-ziose. Dalla fuga dal-l'Europa e dalla poli-tica l'autrice viene però richiamata dalla tragedia della guer-ra, c h e le s e m b r a ri-chiedere un impegno diretto: teatro della s u a attività giornali-stica è allora il Con-go, dove tenta senza successo di collabo-rare con le forze ar-mate della Francia Libera.

DANIELA NELVA

tel. 0461 950690 fax 0461 950698

Hans Kitzmiiller, PETER HANDKE. D A

"IN-SULTI AL PUBBLICO" A "GIUSTIZIA PER LA

SER-BIA", pp. 139, € 13,49, Bollati Boringhieri,

Torino 2001

"Ciò che scrivo non è che la forma data alla mia esistenza". Così definisce la sua o p e r a Peter Handke, voce anticonformi-sta tra le più amate e fraintese del pano-rama letterario europeo del secondo No-vecento. Appare ora, su questo percorso di vita e scrittura che è provocazione e ri-c e r ri-c a al ri-contempo, la prima monografia in lingua italiana. Con brevi osservazioni sulle singole opere, precisi richiami inter-testuali e utili riflessioni teoriche, Hans Kitzmuller propone una visione globale della vasta produzione di Peter Handke, seguendone le t a p p e più significative: dall'esordio con le audaci stroncature al G r u p p o 47 e la rappresentazione della pièce teatrale Insulti al pubblico nei 1966, alla violenta querelle politico-lette-raria scatenata dalle posizioni controcor-rente espresse nel reportage Giustizia

prie convinzioni - soprattutto se i soggetti in questione sono tipici esponenti della middle class inglese. Per questo suo terzo romanzo, lo scrittore inglese, già definito dalla critica come il cantore delle confes-sioni al maschile, ha reinventato se stesso nei panni della protagonista Katie, tipica li-beral dei sobborghi residenziali londinesi, moglie madre e medico, e persona attenta a essere sempre politicamente corretta. Finché il suo mondo viene messo sotto so-pra da una serie di avvenimenti a catena, che si originano nel ristagno di un matri-monio in crisi non dichiarata. Nella sua vita irrompe D.J. Buone Nuove, miracoloso guaritore alternativo che scatena una tra-sformazione radicale nel marito, l'egoista e nervoso David, autore di una rubrica sul giornale locale dal titolo L'uomo più

arrab-biato di Holloway. Contagiato dal "buono"

D.J., l'uomo decide di dedicare tutte le sue energie (e il suo denaro, mentre la moglie di fatto mantiene la famiglia) all'umanità bi-sognosa. Cambia tutti i suoi atteggiamenti, perdona il tradimento, p o c o convinto, di Katie, ospita un ragazzino senza tetto, re-gala ai poveri i giocattoli dei figli, in un'e-scalation che lo porta al ridicolo. Fin dalle prime righe, è evidente che per Hornby il senso del suo lavoro sta tutto nel "come" del titolo: anche esagerare con la bontà è controproducente, la maturità sta nell'e-quilibrio, l'importante è parlarsi, saper ascoltare gli altri e i loro bisogni, in una ri-schiosa discesa verso una sequela, sep-pur esposta in maniera brillante, di triti luo-ghi comuni.

GIULIANA OLIVERO

per la Serbia del 1996, attraverso le

esperienze del "nuovo intimismo" degli anni settanta c o n i romanzi Infelicità

sen-za desideri e L'ora del vero sentire,

sen-za dimenticare le sceneggiature, tra cui s p i c c a la favola esistenziale del m o n d o moderno del Cielo sopra Berlino di Wim Wenders (1988). Enfant terrible, utopista neoromantico, esteta minimalista e post-sperimentale per b u o n a parte di una cri-tica che lo ha ammirato per poi prender-ne le distanze e contestarlo, Peter Handke si fa portavoce insofferente di una ribellione senza c o m p r o m e s s i a una lettura aprioristica e ideologizzata della realtà. Viaggio reale e metaforico, l'espe-rienza esistenziale e poetica di Peter Handke si s n o d a in queste pagine lungo una continua rimessa in discussione di posizioni consolidate ai limiti della con-traddizione, verso la conquista di un "nuovo modo di vedere" attraverso un di-verso m o d o di scrivere in "un m o n d o pu-rificato dal linguaggio". È q u e s t a la chia-ve di lettura proposta da Hans Kitzmuller con un testo che, corredato di una biblio-grafia completa delle opere e di una se-lezione della critica, si presenta come stimolo alla rilettura e utile strumento di approfondimento critico.

RITA VAUDAGNA

Nick Hornby, C O M E DIVENTARE BUONI, ed. orig. 2001, trad. dall'inglese di Stefano Viviani, pp. 292, € 14,46, Guanda, Parma 2001

Una storia confezionata su misura per il presente, che con humor e leggerezza in-tende riflettere e far riflettere su come si possa, oggi, avere il coraggio delle

pro-Christopher Brookmyre, IL PAESE DELLA MENZOGNA, ed. orig. 1997, trad. dall'inglese di Vittorio Curtoni, pp. 316, € 14,46, meridiano zero, Padova 2001

Christopher Brookmyre è uno dei più stimati giovani autori britannici. Qui de-scrive un intrigo che coinvolge malviventi della strada come dell'alta finanza; il vero perno sta tuttavia non nella caccia al col-pevole dell'assassinio di Roland Voss, magnate delle comunicazioni, quanto nel più o meno tacito confronto fra la perso-nalità demoniaca di quest'ultimo e la schietta e spigolosa virtù del giornalista-detective Jack Parlabanem, "un esperto di teorie del complotto" già presente in

Un mattino da cani, il precedente lavoro

di Brookmyre (1996; meridiano zero, 2000). Attorno a Jack e all'abile Nicole ruotano i comprimari, c o m e miss Mac-Grotty, dal selvaggio turpiloquio, e Rob, un rivoluzionario idealista. Il finale riser-verà svariate sorprese. Poiché però, co-me si è detto, il romanzo è un'indagine su Voss e la sua personalità, la detection è qui più che mai, in senso etimologico, la scoperta della sua verità, e quindi anche dei segreti terribili che possono star die-tro al successo conseguito in determinati ambiti d'azione e modelli di società. Non solo infatti il miliardario ucciso era un pubblico corruttore dei costumi, m a traffi-cava anche in settori ad alto tasso di cri-minalità, come quello delle armi. Sul pri-mo aspetto Brookmyre, c h e con le nume-rose digressioni messe in b o c c a ai prota-gonisti manifesta peraltro uno spiccato soggettivismo, d à il meglio di sé. Soprat-tutto q u a n d o scrive che, di fronte a una Commissione monopoli accomodante, Voss aveva trasformato i propri tabloid in "un bulldog dalle molte teste che abbaia-v a i suoi repellenti latrati di razzismo, mi-soginia, omofobia, e repressione morale, in un ribollente m a r a s m a di odio"; il pro-blema è che " q u a n d o certe oscenità ven-gono latrate a volume così alto e per tanto tempo, ia gente ci si abitua. Si desensibi-lizza. Smette di vedere i rischi. E il clima politico si altera". Ma questi, almeno in Gran Bretagna, sono per ora solo c u p i e pessimistici timori.

N2 lmwce

1 LIBRI DEL M E S E ^ B

George Saunders, PASTORALIA, ed. orig. 2000, trad. dall'inglese di Cristiana Mennella, pp. 139, €8,26, Einaudi, Torino 2001

Sei racconti che portano in superficie i risvolti più inquietanti e drammatici del cosiddetto American wayoflife: lo

sguar-do rivolto con durezza al lato in ombra della più grande democrazia del mondo, puntato sulle aberrazioni del quotidiano sperimentate da coloro che nella società dell'edonismo sono condannati senza appello a restare ai margini, senza nem-meno la possibilità di rendersi consape-voli di un'esclusione così radicale. In un paesaggio sempre indefinito, tratteggiato di artificiosità, ma non per questo meno reale, Saunders fa agire una serie di per-sonaggi stravaganti e connotati nei toni dell'assurdo, in senso beckettiano. Sono impiegati di un parco preistorico per turi-sti, costretti a fingere di mangiare scara-faggi per compiacere i visitatori, con l'ob-bligo di compilare assurdi questionari sul rendimento dei colleghi, sotto la costante minaccia del licenziamento; è un guru del "pensiero

positi-vo", che invita i suoi seguaci a scoprire quelli che "cacano nei vostri cornflakes" per trovare la for-za necessaria a "non farsi mette-re sotto"; è un bambino invidio-so dei vicini di casa, più ricchi e fortunati di lui, che sogna per lo-ro terribili ven-dette e finisce sotto un'auto; è

un ballerino di un locale softcore per si-gnore annoiate, che spera di mantenersi aitante il più a lungo possibile per non perdere il lavoro, mentre la zia zitella fug-ge dalla tomba e lo perseguita con orribili visioni; sono le speranze d'amore di un parrucchiere di mezza età vessato dalla mamma; è, infine, il sacrificio estremo e inutile di un povero diavolo che non si rassegna a vedere annegare sotto i suoi occhi due ragazzine. L'elemento comune delle storie di Saunders è la forza del lin-guaggio, che filtra situazioni e stati d'ani-mo in una spirale di satira spietata e forte solidarietà umana.

GIULIANA OLIVERO

presentazioni del paesaggio, a volte di gusto futuristico (la via ricoperta di neve somiglia per Bedford a "un'imbottitura di puro bianco limone illuminato al sodio"), nonché alcuni spunti umoristici. Ciò che domina nella vicenda è tuttavia il senso dell'irrimediabile e dolorosa enigmaticità del reale: la bestia, come spiega Chloe, "ha molte realtà", non potendo che esiste-re proprio in quanto materializzazione simbolica di paure cristallizzate, e su chi cerca di coglierne il segreto incombe il tragico destino di Icaro.

DANIEUE ROCCA

Martyn Bedford, BLACK CAT, ed. orig. 2000, trad. dall'inglese di Giovanna Granato, pp. 274, €8,26, Einaudi, Torino 2001

In The Black Catdi Poe, un uomo è

con-dotto alla rovina dai sensi di colpa per aver ucciso in un impeto di rabbia l'amato gatto; in Melville, il capitano Achab fa del-la caccia aldel-la balena bianca Moby Dick, che lo ha reso storpio, la propria ragione di vita; nel Ragno nero di Gotthelf, un

im-mondo e ubiquo insetto terrorizza la po-polazione d'un villaggio; nei Mastino dei Baskerville di Conan Doyle, un

imbracca-bile animale semina il panico in una citta-dina. In questo Black Cat del giovane

Martyn Bedford, un misterioso essere - denominato per praticità "bestia nera" o "gatta", probabilmente una pantera - fa strage di cervi e pecore nella brughiera senza mai farsi avvistare da chi la cerca, e capitando invece nei pressi di chi vor-rebbe evitarlo. Presto Chloe, una rabdo-mante, ed Ethan, "un labirinto travestito da strada a senso unico" che per il nome e l'angoscioso mistero ricorda l'Ethan Frome di Edith Wharton, si mettono sulle tracce della bestia. Perdendo nell'indagi-ne le certezze e la libertà, nell'indagi-ne diverranno però le ennesime vittime. Punteggiano questa evoluzione, destinata a modificar-si solo nel finale, numerose riuscite

rap-A.M. Homes, L A SICUREZZA DEGLI OGGETTI,

ed. orig. 1990, trad. dall'inglese di Martina Te-sta,pp. 164, €11,36, minimum fax, Roma 2001

Considerata dal "New Yorker" tra i "venti scrittori per il nuovo millennio", l'america-na A.M. Homes è pressoché sconosciu-ta al pubblico isconosciu-taliano, malgrado un suo

romanzo, La fine di Alice,

pubbli-cato nel 1997 da Rizzoli, fosse sta-to precedusta-to d a molte polemiche per l'estrema cru-dezza di una tra-ma che indagava "nei più profon-di recessi profon-di uno psicopatico pedo-filo". Negli Stati U-niti, invece, A.M. Homes è ormai un classico per. le nuove generazio-ni dì scrittori, e i dieci racconti della raccolta La sicurezza degli oggetti, scritti nel 1990 e ora

presen-tati per la prima volta in Italia, sono ritenuti un punto di riferimento della narrativa po-stmoderna e citati ad esempio nelle scuole di scrittura creativa. Caraterizzati da una scrittura scarna e tagliente, i racconti sono incentrati su quelle nevrosi e su quelle fo-bie tipiche della middle class americana già descritte tante volte da Cheever o Car-ver: la differenza è che in Homes l'aliena-zione borghese assume i toni più esaspe-rati del surreale, sviluppandosi in plot nar-rativi estremi e ai limiti della "fantascienza emotiva". Tra queste pagine, infatti, la realtà diventa fiction del quotidiano, men-tre l'aria condizionata del nuovo incubo americano è "la sicurezza degli oggetti": vero, unico e inquietante utero materno dei nostri tempi.

GIAN PAOLO SERINO

risposti o realizzabili. La presa di coscien-za della profondità delle relazioni recipro-che e delle reciprorecipro-che inadeguatezze av-viene in un'atmosfera surreale e in un tem-po sospeso, fatto di vuoti di coscienza, sdoppiamenti di personalità, scivolamenti della realtà nella dimensione della fantasia e dell'allucinazione. Lo spazio sconfinato e deserto in cui viaggia il destino dei tre personaggi è anche lo spazio in cui viag-gia lo Sputnik, il satellite artificiale russo d a cui deriva il soprannome di Myu, il prodotto della tecnologia moderna che catapultato in una dimensione lontana attraversa si-lenzioso il buio del cosmo per l'eternità. Tuttavia non è Myu a condividere il destino dello Sputnik e a perdersi nello spazio e nel tempo, bensì Sumire, che dopo aver sofferto la delusione di una passione non ricambiata, scompare nel nulla come se non fosse mai esistita, lasciando dietro di sé solo l'eco di una musica lontana e le pa-role di un ultimo sfogo letterario. È il senti-mento di perdita e di separazione a preva-lere anche in quest'ultimo romanzo di Mu-rakami, e la scomparsa di un personaggio e l'alone di mistero irrisolto che ne deriva non sono altro che l'inquietante segnale della precarietà delle relazioni affettive e dell'incapacità di vivere a pieno amori e passioni.

VALENTINA RATTO

Haruki Murakami, L A RAGAZZA DELLO

SPUT-NIK, ed. orig. 1999, trad. dal giapponese di

Giorgio Amitrano, pp. 236, € 14,46, Einaudi, Torino 2001

Ancora una volta dimostrando di preferi-re alla tradizione della high literature

nip-ponica la cultura di massa in tutte le sue forme più occidentali, Haruki Murakami scrive un romanzo intriso di suggestioni della pop art urbana e della vita metropoli-tana senza per questo essere mai davvero realista, innalzandosi fin dalle prime pagi-ne sopra il grigiore della quotidianità per descrivere personaggi ed emozioni che appartengono a una dimensione ambigua di sogno o di visione. La ragazza dello Sputnik è Myu, affascinante imprenditrice

quarantenne, dall'aspetto elegante e sen-suale e dal passato misterioso, di cui Su-mire, giovane scrittrice alle prime armi, si innamora perdutamente. È da questo amore che prende avvio la vicenda e da cui trae ispirazione l'anonimo narratore per cominciare a scrivere la storia che le-ga fatalmente i tre personaggi in un giro-tondo di sentimenti totalizzanti ma mai

cor-ROSE D ' A R A B I A . RACCONTI DI SCRITTRICI DEL-L'ARABIA SAUDITA, a cura di Isabella Camera

D'Afflitto, pp. 200, € 12,91, e/o, Roma 2001

"Per lo più, le donne parlano con se stesse". Così si conclude Liberarsi dalle catene, di Ruqayya Hammùd al-Shabìb,

racconto che sembra riassumere il filo che accomuna tutti i contributi presenti in queste Rose d'Arabia. Nella quasi totalità

dei racconti presentati, infatti, il dialogo è inesistente. Quasi che le autrici non osino il discorso diretto, il dire "io", primo passo verso l'autoaffermazione di sé. Cionono-stante l'individualità è uno dei temi princi-pali presenti nel volume. In modo indiret-to, parlando quasi con se stesse o di se stesse, queste autrici riescono a offrire un quadro vivace di un paese - l'Arabia Sau-dita - troppo spesso assente nella crona-ca e dal punto di vista letterario certamen-te inedito. Inoltre Rose d'Arabia assume

una valenza ancor più rilevante nel contri-buire a sfatare il luogo comune che vuole le donne arabe tutte omologate al peggio, incapaci o impossibilitate a scrivere. Oggi più che mai, la letteratura è un mezzo ef-ficace per contrastare una tendenza al-la

contrapposi-zione, alla dicoto-mia pura e sem-plice fra due modi di intendere la ci-viltà: Rose d'Ara-bia apre un nuovo

orizzonte, quello delle donne mu-sulmane che, an-che in un paese dove la segrega-zione dei sessi è totale come l'Ara-bia Saudita, rie-scono a ritagliarsi spazi non solo di espressione, ma

anche di riflessione sulla propria condi-zione. Moti questi che portano, seppur en-tro i limiti del contesto citato, al cambia-mento, che forse a noi può apparire im-percettibile, ma che rappresenta una con-quista e come tale costituisce un passo avanti al quale le donne arabe non posso-no e posso-non voglioposso-no più rinunciare. E al di là del valore letterario dei racconti, non per tutti uguale, al di là delle considerazioni antropologiche, emerge un tema, quello dell'amore, che costituisce la speranza del cambiamento.

JOLANDA GUARDI

Yashar Remai, IL CANTO DEI MILLE TORI,

ed. orig. 1970, trad. dal turco di Claudia Zonghet-ti, pp. 398, €17,04, Tranchida, Milano 2001

Per dichiarazione stessa dell'autore nel risvolto di copertina dell'edizione

origina-le, Il canto dei mille tori è forse il romanzo

più realistico che Remai abbia mai scrit-to, basato su una storia realmente acca-duta, come molte delle sue opere. Narra la storia dei Karachullu yuruk, uno degli ultimi gruppi nomadi rimasti in Anatolia, in cerca di un luogo per poter pascolare gli animali e trascorrere l'inverno attorno ai monti dei mille tori, nella catena del Tau-ro. Avvenimenti storici reali costituiscono lo sfondo del romanzo. E qui risiede un primo motivo di interesse, poiché II canto dei mille fon include materiale relativo alla

tradizione orale della regione che può co-stituire una fonte per quegli storici inte-ressati alla sedentarizzazione graduale delle tribù nomadi in Anatolia. Nella notte tra il 5 e il 6 di maggio di ogni anno i Kara-chullu yuruk organizzano un Ayin-i cem,

cerimonia di culto che si ripete da gene-razioni dedicata alle figure mitologiche di Hizir e llyas. Secondo la leggenda, in questa notte le due divinità si incontrano d a qualche parte sulla terra, e quando si uniscono tutto sulla terra muore. Ma po-chi minuti più tardi tutto risorge vivificato. Contemporaneamente, due stelle cadenti appaiono in cielo e si incontrano, effon-dendo sulla terra una luce mirifica. Chi assiste all'avvenimento potrà esaudire qualsiasi suo desiderio, e la tribù in cerca di una terra ripone tutte le sue speranze nelle due divinità. Kemal ha sempre im-piegato simili figure mitologiche nella sua opera. Questa è forse la caratteristica più significativa dei suoi romanzi, romantici e storici a un tempo. In un'intervista rila-sciata a "Edebiyat: A Journal of Middle Eastern Literatures" nel 1980 egli afferma

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