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Meglio una testa dura che un'anitnula fragile

di A l d o Agosti Alessandro Natta SERRATI VITA E LETTERE DI UN RIVOLUZIONARIO pp. 366, € 19,63, Editori Riuniti, Roma 2001

A

fare un libro significati-vo e importante di que-sto studio, consegnato da Alessandro Natta all'editore appena tre giorni prima della morte, sarebbe sufficiente il fatto che esso costituisce la prima biografia in piena re-gola di Giacinto

Me-notti Serrati, una delle figure centrali della tormentata sto-ria del socialismo ita-liano, eppure, per varie ragioni che proprio in queste pa-gine sono acutamen-te analizzaacutamen-te, quasi dimenticata. Si ag-giunga che in appen-dice Natta ha pub-blicato e annotato

settantasette lettere inedite di Serrati ai famigliari, tutte rivela-trici della tempra di combatten-te del protagonista. In dicianno-ve fitti capitoli l'autore ripercor-re la "lezione alta e drammati-ca" del leader socialista "che, più di tutti, forse, (...) aveva vis-suto e sofferto il contrasto, ri-corrente nel movimento operaio italiano, tra l'esigenza dell'auto-nomia ideale e politica e della coerenza di un disegno rivolu-zionario, da una parte, e dall'al-tra l'esigenza dell'unità più am-pia", e si era speso nel tentativo di "evitare il rischio esiziale del-lo smarrimento e della caduta nella subalternità, e dall'altra parte (...) dell'arroccamento e dello spirito di scissione".

Natta non solo si conferma scrittore dalla prosa classica e fluente, bellissima a tratti (e non è una sorpresa per chi ha letto il suo L'altra

resisten-za, Einaudi, 1997), ma si rivela

storico di valore,

perfettamen-te a suo agio nel trattare sia le vicende del socialismo italia-no delle origini, in una piccola ma vivace realtà provinciale, sia la storia del Psi e delle sue anime nella crisi dello Stato li-berale e nella fase convulsa del biennio rosso. Lo fa in modo particolarmente dettagliato e con rigoroso scrupolo filologi-co per il periodo fino alla pri-ma guerra mondiale, più di scorcio, ma con puntuale effi-cacia, dopo. Uno dei moti-vi non secondari del fascino del libro sta in una narrazio-ne condotta sul filo di quella che Eric Hobsbawm ha una volta

felicemente defini-to la "zona crepu-scolare" tra storia e memoria, quella che si estende "dal punto di inizio delle tradizioni e memo-rie familiari ancora vive (diciamo dalla più antica fotogra-fia di famiglia che il familiare più anzia-no è in grado di identificare o spie-gare), fino al termine dell'in-fanzia, quando le vicende pub-bliche e quelle private sono av-vertite come inseparabili".

Per Natta, Serrati è allora an-che il "personaggio da favola" dell'infanzia, un'infanzia tra-scorsa in quell'Oneglia in cui "Menotti" fu sempre popola-rissimo e a cui rimase profon-damente attaccato. È dunque con particolare sensibilità e fi-nezza che ne ricostruisce la vita avventurosa, segnata da una coerenza quasi eroica: le perse-cuzioni fin dall'epoca delle leg-gi crispine, l'esilio in Francia, in Svizzera e negli Stati Uniti con la parentesi di un lungo viaggio in Madagascar, la for-mazione culturale da autodi-datta, l'ascesa ai vertici del Psi e alla direzione dell'"Avanti!", la battaglia disperata per salva-re l'unità del Psi dopo la guer-ra, e infine l'approdo al Partito comunista, fino a una morte che sembra il compendio di

una vita di lotta: stroncato a cinquantaquattro anni da un infarto mentre raggiunge una riunione clandestina della dire-zione del Partito.

D

i Serrati, Natta coglie be-ne i tratti che be-ne disegna-no il profilo complessivo: la fi-ducia assoluta "di aver la storia dalla propria parte, quella per-suasione, rimasta intatta e fer-ma per tutta una vita, che il proletariato avrebbe pur avuto un giorno il suo '89", le virtù del funzionario infaticabile ("il mulo del Partito", amava defi-nirsi), la grande statura di gior-nalista e di direttore di giornali, l'adamantina onestà intellettua-le. Nel racconto che fa della sua vita gli avvenimenti si intreccia-no e si sovrappongointreccia-no, con fla-shback e anticipazioni che ren-dono non sempre facile seguir-ne il filo, e soprattutto con di-gressioni che hanno il sapore dell'attualità e l'inconfondibile timbro del riferimento autobio-grafico.

A Natta Serrati appartiene doppiamente: per le comuni ra-dici onegliesi, sedimentate nel-la memoria e riscoperte in quel periodo di " o t i u m insperato" che Natta trascorre nella sua

terra dopo il ritiro dalla politi-ca attiva, ma anche per il desti-no condiviso di quella che è sentita, con lucidità e senza au-tocommiserazione, come una sconfitta. In fondo né a Serrati né a Natta è riuscita l'ardua im-presa di traghettare il partito a cui avevano dedicato la vita lungo una fase di passaggio dif-ficilissima, salvando un'iden-tità e una tradizione sentite co-me irrinunciabili e insieco-me ade-guandosi all'altrettanto inde-rogabile necessità di guarda-re avanti, ai cambiamenti pro-fondi intervenuti sulla scena internazionale e nella società italiana.

Echi di questo rovello, molto sobri ma pieni di contenuta passione, affiorano così qua e là nella narrazione di Natta, sotto forme di interrogativi o di riflessioni più critiche che au-tocritiche. Così le traversie del glorioso settimanale dei sociali-sti onegliesi, "La lima", che so-pravvive a diverse crisi attra-verso le sottoscrizioni dei suoi lettori, forniscono lo spunto per una riflessione autocritica sulle nuove forme di finanzia-mento dei partiti che hanno contribuito "a farli degenerare in macchine di potere"; ma

an-che per la difesa dello "stru-mento partito" dalla "confusa tracimante campagna di vili-pendio ingiurioso e di infantile negazione della politica stessa, delle forme e degli istituti pro-pri della democrazia".

E proprio il capitoletto inten-zionalmente intitolato De te

fa-bula narratur? si chiude con

un'esplicita dichiarazione che assomiglia a un testamento po-litico: "Sia chiaro: per me vale più l'ingenuo e ostinato Serrati, con il suo programma massimo di un mutamento globale e de-finitivo, dei tanti e saputi mae-stri che vengono oggi svelando gli abbagli e gli inganni plurise-colari ormai, degli immortali princìpi, le illusioni e i prezzi sanguinosi delle utopie, delle società nuove, dei disegni di li-berazione dell'uomo, dei sogni di un mondo di liberi ed egua-li. Meglio Serrati, testa dura e irreducibile, delle tante animu-le pavide e accomodanti, così pronte a pentirsi, a ritrattare, a dimenticare e a mettersi alla co-da dei presunti vincenti, sotto le insegne mentite della moder-nità e del realismo, nella

peren-nità del capitalismo". •

agosti@cisi.unito.it

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