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B. TERAPIA ANTIVIRALE IN MEDICINA VETERINARIA

4. Virus del cimurro

4.3.2 Infezione del SNC

4.3.2.2 Encefalomielite demielinizzante acuta e cronica

In animali adulti o in cuccioli immunocompetenti il cimurro causa una demielinizzazione multifocale della sostanza bianca del SNC, le cui lesioni si localizzano soprattutto nel cervelletto, nei peduncoli cerebellari, nella regione periventricolare del quarto ventricolo e nel midollo spinale (Baumgartner et al., 1989; Alldinger et al., 1993). Tale demielinizzazione riconosce una fase acuta ed una cronica (Axthelm e Krakowka, 1987).

Le lesioni demielinizzanti precoci compaiono circa 3 settimane post-infezione ed evolvono durante un periodo di forte immunosoppressione, dovuta agli effetti del CDV, in assenza di reazione infiammatoria (Vandevelde et al., 1982). Queste lesioni demielinizzanti sono direttamente indotte dalla replicazione del virus nelle cellule gliali della materia bianca (Vandevelde et al., 1985; Zurbriggen et al., 1993). In particolare i principali bersagli nel tessuto nervoso sono gli astrociti, cellule interposte tra i neuroni e dotate di prolungamenti che formano emidesmosomi con la lamina basale dei capillari sanguigni da una parte e il rivestimento del plasmalemma dei neuroni dall’altra, fungendo da “filtro” per il materiale scambiato tra sangue e SNC.

Le lesioni nella fase acuta dell’encefalite demielinizzante sono rappresentate da vari gradi di spongiosità della materia bianca che contiene diversi macrofagi e astrociti rigonfi, senza tracce di focolai infiammatori (Mutinelli et al., 1988).

Attraverso tecniche ultrastrutturali e l’immunicitochimica si è dimostrato come negli oligodendrociti sia molto difficile ritrovare proteine e particelle virali, al contrario degli astrociti e delle cellule della glia, che sono in grado di sostenere l’infezione (Zurbriggen et al., 1986). Recentemente è stato dimostrato che negli oligodendrociti avviene un’infezione “restrittiva” cioè incompleta in quanto al loro interno non si ritrovano intere particelle virali, ma sequenze di acidi nucleici e mRNA corrispondenti a tutti i geni virali: è possibile che la trascrizione virale ritrovata in queste cellule interferisca con funzioni specializzate necessarie al mantenimento delle membrane mieliniche e che sia correlata con una down regulation della trascrizione del gene che codifica per la sintesi di mielina ed una generale riduzione dell’attività enzimatica (Graber et al., 1993; Zurbriggen et al., 1998). Nelle aree di demielinizzazione non si nota una massiva perdita di oligodendrociti a conferma che le alterazioni metaboliche con perdita della guaina mielinica avvengono prima di quelle morfologiche, caratterizzate da microvacuolizzazione e perdita di organelli, che portano alla morte cellulare (Glaus et al., 1990).

Per contro non si può escludere che la morte di queste cellule sia il risultato di cambiamenti indotti dal virus in altri tipi cellulari. Infatti l’osservazione di sincizi astrocitari intorno ai nodi di Ranvier ha portato ad ipotizzare che la causa della degenerazione e successiva morte degli oligodendrociti fosse una loro mancata nutrizione da parte degli astrociti che, infettati, perderebbero la loro fisiologica funzione

trofica e libererebbero inoltre, nello spazio extracellulare, dei metabolici tossici (Zurbriggen & Vandevelde, 1994).

Nei soggetti che sopravvivono alla forma demielinizzante acuta, l’infezione progredisce in una forma cronica legata alla ripresa della risposta immunitaria nei confronti delle cellule infette e caratterizzata da una grave reazione infiammatoria che porta ad un incremento del danno tissutale. In questa fase della malattia alle preesistenti lesioni si vengono a sommare eventi di natura infiammatoria caratterizzati da infiltrazioni di linfociti, plasmacellule, monociti e macrofagi che si dispongono intorno ai vasi a formare i tipici manicotti perivascolari e successivamente invadono il parenchima (Vandevelde et al., 1985). Le lesioni tipiche della forma cronica sono localizzate prevalentemente nella corteccia cerebrale e cerebellare, alle quali si associano foci necrotici (Bollo et al., 1988). La reazione infiammatoria è associata alla produzione di anticorpi antivirali a livello intratecale diretti contro tutti gli antigeni virali e contro gli antigeni mielinici (Vandevelde et al., 1986). In questo caso il titolo anticorpale del liquido cefalorachidiano è spesso maggiore del titolo anticorpale sierico (Bollo et al., 1986). La caratteristica singolare di questa fase è che il virus scompare dalle lesioni e dalle cellule infette a differenza di ciò che accade nella fase acuta durante la quale il virus replica attivamente (Alldinger et al., 1993).

Rispetto alle forme acute le aree di demielinizzazione aumentano in estensione e spesso sono accompagnate da necrosi del parenchima per cui la gravità del quadro sembra essere correlato all’intensità del fenomeno infiammatorio. La progressione della demielinizzazione è dovuta alla stimolazione dei macrofagi da parte di anticorpi antivirali di origine intratecale, in particolare il legame fra anticorpo, virus e recettori Fc delle cellule fagocitarie avrebbe come effetto quello di determinare la liberazione di fattori tossici. La sintesi di queste sostanze è forse l’espressione più grave della citotossicità immunomediata in quanto il loro compito è quello di distruggere le cellule bersaglio. Tra i fattori tossici prodotti vi sono i radicali dell’ossigeno e sostanze ossigeno-attive che conducono alla necrosi selettiva degli oligodendrociti, delle cellule gliali e delle guaine mieliniche posti nelle loro immediate vicinanze (Vandevelde e Zurbriggen, 1995).

Sebbene la risposta immunitaria porti all’eliminazione del virus nei tessuti cerebrali, è possibile che esso, in parte, riesca a proteggersi dal sistema immunitario al di fuori delle lesioni infiammatorie demielinizzanti o nella loro immediata periferia (Bollo et al., 1986). Ciò spiegherebbe la continua attivazione della risposta immunitaria intratecale che determinerebbe la progressione della demielinizzazione (Botteron et al., 1992). La persistenza virale è la causa principale delle lesioni croniche, anche se il meccanismo non è ancora stato del tutto chiarito. Nello sviluppo di persistenza nel SNC, sono stati proposti fattori propri dell’organismo ospite, quali una ritardata risposta immunitaria rispetto alla replicazione e alla propagazione del virus (Zurbriggen et al., 1995; Muller et al., 1995), ma anche fattori di origine virale, come la formazione di virus incompleti o anomali come nel caso del virus del morbillo (Tobler e Imagawa, 1984; Alldinger et al., 1993), la produzione di sostanze solubili in grado di inibire la normale replicazione virale (ter Meulen e Martin, 1976) e la diffusione non citolitica del virus da cellula a cellula. Quest’ultimo fattore sembrerebbe quello più importante nel caso del CDV. In particolare, la diffusione non citolitica comporterebbe una liberazione di minime quantità di materiale virale nello spazio extracellulare con conseguente limitata esposizione degli antigeni virali al sistema immunitario (Vandervelde e Zurbriggen, 2005). Recentemente il fenomeno della persistenza del CDV nel SNC è stato principalmente ricondotto ad una differente conformazione della proteina F che partecipa normalmente alla fusione tra cellula e cellula e alla formazione di sincizi cellulari che sono il risultato della citolisi di più cellule fuse insieme (Plattet et al., 2005).