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3. DIAGNOSI DI LABORATORIO

3.2. E SAMI SPECIFICI

3.2.1. Sierologia

3.2.1.3. Enzyme-linked immunosorbent assay (ELISA)

L’ELISA fa parte dei test immunoenzimatici che si basano sull’impiego di un estratto proteico crudo di parassiti in coltura come antigene specifico: l’antigene crudo, essendo costituito dall’insieme di tutti gli antigeni proteici del parassita, ha il pregio di poter essere prodotto facilmente ed in elevate quantità, ma conferisce un’affidabilità relativamente scarsa al test immunoenzimatico, a causa delle possibili risposte aspecifiche (Ciaramella e De Luna, 1999). Inoltre i risultati forniti tramite l’uso di antigeni totali non sono facilmente leggibili con uno spettrofotometro (in alcuni casi le densità ottiche dei controlli sono superiori al minimo definito dalla casa

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Quando è presente un eccesso di antigene, non si verifica la normale reazione di agglutinazione, in quanto il reticolo tra antigeni ed anticorpi, responsabile dell’agglutinazione stessa, si forma solo al raggiungimento di un rapporto ottimale fra le due componenti.

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In base a questi risultati, gli autori consigliano di utilizzare il DAT al posto dell’IFAT nelle indagini sierologiche di massa, almeno nella zona oggetto dello studio (area di Belo Horizonte, stato di Minas Gerais).

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produttrice del kit), per cui si adattano solo ad una lettura non strumentale ovvero non obiettiva; inoltre, un tale tipo di lettura diretta, presenta discordanze molto marcate con i test di riferimento (Mancianti, 2001). Del resto, in generale nelle indagini sierologiche, l’utilizzo di antigeni totali permette di rilevare agevolmente titoli anticorpali elevati, ma in presenza di titoli bassi o borderline, propri, per esempio, delle fasi latenti o asintomatiche dell’infezione, mostra evidenti carenze (Talmi-Frank

et al., 2006). Dal punto di vista metodologico il test si effettua ponendo il siero in

esame a contatto con l’antigene, adsorbito sul fondo dei pozzetti di piastre per esami immunoenzimatici. Dopo incubazione a 37 °C per 30 minuti ed eliminazione dell’eccesso di antigene, viene aggiunta l’antiglobulina di cane coniugata con perossidasi o con altro enzima analogo. La reazione colorimetrica che si sviluppa, facendo reagire l’enzima con il suo substrato, dopo accurati lavaggi, può essere quantificata mediante lettura spettrofotometrica (Ciaramella e De Luna, 1999).

Nell’intento di ottimizzare la metodica, l’antigene crudo è stato sostituito da altri tipi di antigeni. Uno di questi è l’antigene ricombinante K39 (rK39); questo, formato da 39 aminoacidi, è stato isolato da amastigoti di L. chagasi e prodotto per clonazione del genoma corrispondente a proteine della superfamiglia delle kinesine. In uno studio del 1997 questo antigene si è dimostrato interessante per le sue elevate specificità (98,8%) e sensibilità (97,1%) (Ciaramella e De Luna, 1999). In saggi sul campo però l’ELISA basata su quest’antigene si è dimostrata poco sensibile in animali infettati recentemente e già sottoposti a terapia. I test immunoenzimatici che si avvicinano di più al test ideale, dovrebbero essere di facile interpretazione e, fornendo i risultati in termini di densità ottica, evitano la perdita di tempo necessario per la titolazione. Ma il fatto che Leishmania è organismo eucariote e quindi con un enorme numero di determinanti antigenici, rende difficile l’identificazione di frazioni specifiche e costanti: esse infatti esprimono in genere diversa immunogenicità e sono variamente rappresentate nei diversi soggetti anche in dipendenza della fase della malattia (Mancianti, 2001). Recentemente è stato descritto un nuovo metodo92 che si basa sull’ELISA e che impiega una proteina ricombinante ottenuta dall’unione dei principali determinanti antigenici di amastigoti di L. infantum: in comparazione con l’IFAT (riferimento), escludendo i titoli dubbi di 1/40, il metodo ha mostrato una

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sensibilità del 93,9%, una specificità del 97% ed una concordanza del 95.5%, mentre i risultati di un altro kit commerciale93 sono risultati rispettivamente: 94,9, 78,2 ed 86,5 (Boarino et al., 2008).

La tecnica dot-ELISA è una modificazione dell’ELISA classica; essa impiega promastigoti interi fissati su un supporto di nitrocellulosa e posti sul fondo di micropiastre; la reazione si svolge come nella metodica classica, ma non è richiesto lo spettrofotometro. Per questo motivo presenta dei vantaggi tecnici, come il fatto di poter essere utilizzata anche con sieri lipemici ed emolitici, inoltre è più rapida (1,5-2 ore), anche se richiede quantità di antigene quattro volte superiori rispetto all’ELISA. Disponendo di antigene su nitrocellulosa, il test può essere eseguito direttamente sul campo, compreso l’ambulatorio (Pizzirani et al., 1989). Comparando i risultati del dot-ELISA con quelli dell’IFAT preso come riferimento, sono stati ottenuti valori di sensibilità e specificità del 93,1% e dell’86% rispettivamente; in particolare il dot- ELISA è risultato affidabile per titoli elevati a partire da 1/320, mentre a titoli inferiori i falsi negativi sono stati numerosi, cosa che, comunque, confermerebbe la vocazione del test, che è nato per l’utilizzo sul campo (tesi Pedonese, 1994). Secondo Fisa e coll. (1997) il dot-ELISA presenta indubbi vantaggi pratici rispetto all’ELISA tradizionale ed all’IFAT: facilità e rapidità di esecuzione, semplicità dei materiali, compreso un numero minimo di reagenti, non richiede né uno spettrofotometro (come nel caso dell’ELISA) né un microscopio a fluorescenza (come nel caso dell’IFAT). Gli Autori hanno applicato il test in uno screening in Spagna, comparandolo con l’IFAT: la maggior parte dei sieri testati raggiunge il limite di positività (cutoff) di 1/80 per l’IFAT e di 1/800 per il dot-ELISA; i due test sono risultati significativamente associati con un’alta concordanza della sieropositività: 96% con cutoff a 1/400 e 94% con cutoff a 1/800; il calcolo della sensibilità e della specificità del dot-ELISA è stato effettuato in relazione ai casi con conferma parassitologica: 100% per entrambe con

cutoff a 1/400, mentre con cutoff a 1/800 la sensibilità è risultata del 90% e la

specificità del 100%; il dot-ELISA è risultato però positivo anche in soggetti che avevano altre malattie infettive (false positività): in 4 su 37 con titoli > 1/800 ed in 6 su 37 con titoli tra 1/100 ed 1/400. Secondo quanto riportato da Ferrer e coll. (1995) il

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dot-ELISA, pur essendo un buon metodo diagnostico in senso assoluto, ha una scarsa utilità nel follow-up in corso di malattia e di terapia.

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