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“Dagli aiuti scritti che dava ai chiedenti, dai numerosi visitatori, dalla larghissima corrispondenza che dovette tenere con dotti italiani e stranieri. Lo epistolario suo sarebbe di grandissima importanza, quello che accoglie le lettere che ricevette non sarebbe d’importanza meno grande”106

. Nella commemorazione dettata nel febbraio del 1868, Agostino Sagredo sceglie di rendere omaggio al defunto Cicogna richiamando l’attenzione del lettore sull’importanza dei rapporti di natura epistolare che egli aveva intrattenuto con numerosi ed illustri intellettuali. Per quanto retoriche, certo però lungimiranti, le parole pronunciate da Sagredo suonano dunque come un invito a considerare i carteggi un ideale punto di partenza per una corretta lettura della figura dell’erudito, all’interno dell’ambiente culturale del tempo107.

Strumento fondamentale di comunicazione, la lettera diventa sede privilegiata per la condivisione degli interessi intellettuali di un’eterogenea comunità erudita, qui intesa già come “repubblica delle arti”108

, che coinvolge, in un costante scambio di informazioni, diverse tipologie di uomini di cultura, da letterati a conoscitori d’arte, da artisti a collezionisti. Se al Settecento “illuminista” spetta il riconoscimento del valore sociale della corrispondenza epistolare, è con l’Ottocento che essa viene a stabilizzarsi assumendo la funzione di principale modalità comunicativa della società intellettuale. È un capitolo di storia della cultura, dunque, quello che viene a delinearsi attraverso il lavoro operoso di una fitta rete di corrispondenti impegnati a confrontarsi su temi che spaziano dalla cronaca alle questioni legate allo studio e alla ricerca storico-artistica, entro le quali convergono più approfondite riflessioni sui problemi dell’editoria specializzata, sul mercato d’arte e sulla tutela del patrimonio.

A riflettere le caratteristiche e nello stesso tempo le contraddizioni di questo lavoro “polifonico” intervengono anche i materiali privati raccolti da questi eruditi e spesso in stretta in relazione con le opere a stampa, come appunti, estratti, diari, taccuini di viaggio e che,

106 Cfr. Sagredo, 1868, p. 810.

107 La mancanza di uno studio approfondito sui carteggi intrattenuti da Cicogna è stata rilevata da Spina, 1995, pp. 200-201.

108

unitamente ai carteggi, contribuiscono ad un’immagine più autentica della società intellettuale dell’epoca e delle sue molteplici espressioni culturali.

Alla riconsiderazione del valore delle testimonianze documentarie, con particolare riguardo per la corrispondenza epistolare109, si è rivolta la critica contemporanea sollecitata da un rinnovato interesse per quella cultura erudita ottocentesca che opera attivamente prima dell’affermarsi della moderna disciplina della storia dell’arte. Pioneristica, in tal senso, è la lettura del sistema dell’erudizione tra Sette e Ottocento fornita da Giovanni Previtali nel fondamentale volume sulla fortuna dei Primitivi, pubblicato nel 1964110; nello stesso anno esce anche l’edizione italiana della monumentale Letteratura artistica di Julius von Schlosser dove la storiografia artistica locale, sebbene nell’accezione di fenomeno prettamente municipalistico, viene riconsiderata in quanto “campo straordinariamente fecondo e di carattere esplicitamente italiano” e in stretta relazione con la ricerca di una propria identità territoriale111. Gli stimoli offerti da queste riflessioni verranno ripresi negli anni Ottanta del Novecento da importanti contributi dedicati a conoscitori d’arte del secolo precedente, dai casi più autorevoli di Giovan Battista Cavalcaselle e Giovanni Morelli112, a figure minori come quella di Federico Alizeri113. Bisogna attendere il 1998 quando, a condensare protagonisti e temi di quella che viene considerata come la fase embrionale della storia della critica d’arte, sarà Fernando Mazzocca in Scritti d’arte del primo Ottocento114

. Ad una serie di convegni organizzati a livello nazionale va ricondotta, invece, una più estesa rivalutazione della produzione critico-letterario ottocentesca, a partire dalle conquiste documentarie del

109

Uno dei primi incentivi alla valorizzazione del genere epistolare viene individuato dalla critica nell’edizione della Raccolta di Lettere sulla pittura, scultura ed architettura di Giovanni Gaetano Bottari pubblicata tra il 1754 ed il 1773; concepita sul concetto di una “equanime coscienza storica”, l’impresa editoriale prende in esame una significativa selezione di lettere artistiche dal Cinquecento all’età contemporanea, comprendendo anche missive scritte dallo stesso curatore della raccolta, poi riedita da Stefano Ticozzi tra il 1822 ed il 1825; cfr. Barocchi, 1989, in particolare pp. 118-126. La studiosa prende in considerazione la fortuna ottocentesca del genere dei carteggi attraverso alcuni dei casi più importanti dall’edizione del Carteggio inedito d’artisti dei

secoli XIV, X, XVI, di Giovanni Gaye (1839-1840), dove la lettera assume valore documentario quale materiale

per una storia dell’arte, seguita, tra le altre, dalla pubblicazione delle Memorie originali italiane riguardanti le

Belle Arti di Michelangelo Gualandi (1840-1845) e delle Lettere artistiche inedite di Giuseppe Campori (1866).

Sul valore della corrispondenza artistica si veda Perini, 1992, pp. 165-183.

110 Previtali, 1964, (ed. 1989), si consideri in particolare la Nota introduttiva di Enrico Castelnuovo, pp. 25-28.

111

Schlosser, 1929, (ed. it. 1964), p. 527.

112 Per Cavalcaselle si veda Levi, 1988; fondamentali, per il profilo di Morelli e i suoi rapporti con il mondo intellettuale del tempo, sono gli interventi al convegno Giovanni Morelli e la cultura del conoscitori, a cura di Agosti, Manca, Panzeri, con il coordinamento scientifico di Dalai Emiliani, tenutosi a Bergamo nell’estate del 1987.

113

Dalai Emiliani, 1985.

114

lavoro erudito di cui ancora oggi si vale la storiografia artistica115; significativo, allora, è il contributo di Andrea Emiliani che, partendo proprio dalla corrispondenza epistolare, espressione della “vastità di questo osservatorio”, si fa portavoce della riabilitazione di “quella prima organizzazione della conoscenza non più immobile e piuttosto dinamica” cioè della prima ondata di connoisseurs che si forma tra i sommovimenti napoleonici e la svolta unitaria dell’Italia116

.

In tale scenario, si collocano le biografie scientifiche che la più recente letteratura critica ha dedicato a figure diverse di intellettuali della prima metà dell’Ottocento, attraverso il recupero di fonti dirette come diari e carteggi. Oltre alle approfondite indagini condotte da Luca Caburlotto sui rapporti epistolari di Giovanni de Lazara117, si segnalano, in particolare, lo studio sulle “dotte corrispondenze” di Amico Ricci attraverso una rilettura della sua formazione, del pensiero e dell’attività scientifica nel contesto della produzione coeva118

e il profilo biografico, tra erudizione e storia dell’arte, di Gaetano Milanesi119

; a tale ambito, anche se in una prospettiva più circoscritta, va riferita la puntuale ricostruzione tracciata da Paolo Pastres del carteggio tra Mauro Boni e Luigi Lanzi120.

Sulla scia di un rinnovato interesse per l’erudizione ottocentesca da parte della letteratura specifica, si colloca la presente indagine, a partire dalla constatazione dell’esistenza di un ricco fondo epistolare, per gran parte ancora inedito, che si è rivelato fondamentale per un’approfondita rilettura del profilo dell’erudito veneziano. L’Epistolario Cicogna, significativo per consistenza e ricchezza del materiale, riunisce un corposo nucleo di lettere trasmesse allo studioso da circa milletrecento mittenti tra il 1806 ed il 1868121. La prima corrispondenza viene spedita all’indirizzo udinese del collegio dei Barnabiti, mentre dal 1813, in coincidenza con il definitivo trasferimento dello studioso a Venezia, i recapiti sono la sede della Corte d’Appello e l’abitazione a Santa Maria Formosa. L’epistolario si compone di fascicoli, numerati progressivamente da Cicogna secondo l’ordine alfabetico dei mittenti; la

115

Sul tema si considerino gli spunti offerti in Fabio di Maniago e la storiografia artistica in Italia e in Europa

tra Sette e Ottocento, (Udine 1999), a cura di Furlan, Grattoni d’Arcano, 2001; Gioacchino di Marzo e la critica d’arte nell’Ottocento in Italia, (Palermo 2003), a cura di La Barbera, 2004; Enciclopedismo e storiografia artistica tra Sette e Ottocento, (Lecce 2004), a cura di Caracciolo, Conte, Monaco, 2006; Il collezionismo locale: adesioni e rifiuti, (Ferrara 2006), a cura di Varese, Veratelli, 2009. Inoltre, si rimanda allo studio di Bassani

Pacht, 2006.

116

Cfr. Introduzione di Andrea Emiliani, p. XXI in Ambrosini Massari, 2007.

117 Caburlotto (b), 2001, pp. 121-217.

118 Ambrosini Massari, 2007.

119 Petrioli, 2004.

120 Pastres, 2009.

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BMCVe, Cicogna 2892-2918, d’ora in poi Epist. Cicogna. Del corposo materiale in questa sede si darà una selezione di missive mirata ai protagonisti e alle tematiche più significative per cui cfr. App. Doc. I.

consistenza varia da singole lettere a nuclei di centinaia, compreso il caso limite di Francesco Caffi con più di cinquecento missive. Il fondo è formato per gran parte da lettere “in arrivo” e solo in qualche caso da minute dell’erudito122. Da qui, la necessità di un riscontro diretto sui messaggi redatti da Cicogna che, pur senza la pretesa di possedere un quadro completo del rapporto epistolare, ha richiesto l’esame di altri fondi archivistici conservati presso biblioteche, fondazioni e musei, legati all’attività dei corrispondenti o alla città di provenienza degli stessi, di cui si dirà man mano123. A compensare l’assenza di un copialettere, che senza dubbio ha contribuito a rendere difficoltoso e parziale il recupero degli autografi dell’erudito, intervengono le note registrate dallo stesso, in alcuni casi sotto forma di minute ricavate a margine delle missive inviate dai corrispondenti, che danno vita ad un articolato intreccio di scritture epistolari. Ancora, a proposito di missive inviate da interlocutori diversi, alcuni esemplari sono stati rintracciati nel corpo dei manoscritti di Cicogna all’interno della sua collezione di autografi, circostanza questa non rara nella epistolografia ottocentesca e attestata, ad esempio, per la ricca autografoteca di Bartolomeo Gamba124. Dall’analisi dei carteggi si evince come in generale gli scambi non si presentino mai troppo estesi soprattutto nei casi di frequentazione diretta e in presenza di lettere “raccomandatizie”, come accade per il carteggio dell’intellettuale veneziano Pier Alessandro Paravia.

La stretta relazione di questo materiale con i suoi appunti e con lo stampato, in particolare con le Inscrizioni Veneziane, risulta dunque sintomatico di una meditata e consapevole organizzazione dei documenti, oltre che per un uso personale, per un potenziale fruitore dell’archivio. Quest’ultimo, infatti, ancora adesso si vale delle schede manoscritte compilate e organizzate dallo stesso Cicogna. Tale scelta viene a confermare il valore che al

corpus epistolare viene riconosciuto dallo stesso destinatario, affatto propenso a mettere a

disposizione del futuro studioso pensieri e informazioni personali estrapolate dai carteggi. Per quanto riguarda la cerchia di amicizie, Cicogna poteva vantare una fitta rete di interlocutori, summa di conoscenze artistiche, storiche, archeologiche, letterarie ed erudite che si specchia nelle attività e nei molteplici interessi coltivati dallo stesso. Di questi rapporti, che

122 Il caso di Cicogna si rivela in linea con la tradizione epistolografica dove spesso i fondi risultano costituiti da lettere inviate dai corrispondenti, quindi ordinate dallo stesso destinatario, e dove solo in poche eccezioni si conserva un copialettere.

123 Le istituzioni che hanno fornito le principali serie di lettere sono: Biblioteca dell’Accademia dei Concordi di Rovigo, Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, Biblioteca del Seminario Arcivescovile di Udine, Biblioteca del Museo Civico di Bassano del Grappa, Biblioteca Bertoliana di Vicenza, Biblioteca Nazionale Marciana, Biblioteca Estense di Modena, Biblioteca Palatina di Parma, Gabinetto Vieusseux di Firenze e Biblioteca della Deputazione di storia e patria della Toscana di Firenze.

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travalicano i limiti regionali, va considerata la particolare distribuzione geografica che pare essere limitata perlopiù all’area settentrionale e centrale, con l’esclusione dell’Italia meridionale. Spiccano allora i nomi di importanti intellettuali contemporanei come il direttore dell’Archivio Storico Italiano, Giovan Pietro Vieusseux in stretto contatto con alcuni corrispondenti della rivista che figurano tra gli interlocutori del veneziano: ad esempio, da Siena, Carlo Milanesi impegnato nella riedizione delle Vite di Giorgio Vasari, l’intellettuale Carlo D’Arco da Mantova o lo studioso trentino Tommaso Gar, che vedremo occupato nella riedizione della biografia di Alessandro Vittoria. Dall’Accademia di Belle Arti di Bologna scrive il direttore Gaetano Giordani la cui poliedrica personalità affiora dalle lettere dove numerosi sono i riferimenti alle sue ricerche archivistiche per la gran parte mai pubblicate; emblematico risulta il rapporto, tra gli anni Trenta e Cinquanta dell’Ottocento, con lo storico dell’arte milanese Michele Caffi, figlio del citato musicologo Francesco, che trova nell’erudito veneziano un sostegno per le sue proficue indagini d’archivio; dal punto di vista quantitativo, una presenza rilevante è quella di Pompeo Litta che coinvolge lo stesso Cicogna nella fase di elaborazione del prezioso repertorio illustrativo dell’opera in più volumi delle

Famiglie celebri italiane, cui senza dubbio va riferita la sua fama di editore. L’ambiente

veneto-friulano trova i suoi principali referenti nelle figure del bassanese Giambattista Baseggio, del vicentino Antonio Magrini e di Pietro Cernazai da Udine, impegnati nello scambio di notizie finalizzate a pubblicazioni diverse. Infine, a rappresentare Venezia stanno alcuni nomi di importanti figure istituzionali nell’ambito delle arti, come dimostrano i casi dell’amico e collega della Giunta del Panteon Veneto Agostino Sagredo, e delle più alte cariche dell’Accademia di Belle Arti, il segretario Antonio Diedo e i direttori Leopoldo Cicognara e Pietro Selvatico.

Da qui, la panoramica sui principali argomenti oggetto di discussione epistolare, pur restringendo il nostro campo d’indagine all’ambito artistico, si rivela piuttosto ampia: la cronaca e il mercato d’arte, la ricerca storico-artistica tra uso delle fonti archivistiche e letterarie e conoscenza diretta; il settore editoriale con le discussioni sulle novità librarie e le richieste di libri; la tutela e la promozione nell’ambito dell’attività degli istituti di cultura e i protagonisti legati alla produzione dell’arte contemporanea e gravitanti attorno all’Accademia di Belle Arti.

Ad una molteplicità di interessi, di cui spesso risulta difficile individuare i confini, si rivolge l’attenzione dei numerosi corrispondenti che si identificano in quegli stessi intellettuali formatisi durante la Restaurazione e già affacciati alla svolta unitaria dell’Italia già ricordati dal citato Emiliani. All’interno di questo complesso scenario vanno ricercati

quindi i fondamenti di una prima organizzazione della conoscenza del patrimonio storico-artistico. È una consapevole presa di coscienza della situazione sofferta dai beni artistici, quella che si diffonde in tutto il territorio italiano animato da un rinnovato orgoglio patriottico; alla patria e alla storia, infatti, si guarda con nostalgia e con una chiara volontà di riscoperta e di salvaguardia, che a sua volta si esprime non solo attraverso i programmi di tutela promossi dalle istituzioni, ma anche attraverso attività di catalogazione di monumenti e di oggetti d’arte, ricognizioni sul territorio, pubblicazione di cataloghi, promozione della produzione artistica contemporanea, oltre all’inteso lavoro di ricerca scientifica e di studio da cui scaturisce la ricca produzione editoriale ottocentesca.

Si tratta di una nuova coscienza culturale in cui convivono insieme la necessità di una comprensione più consapevole del patrimonio, e che si traduce negli interessi e nelle ricerche di un’attiva comunità erudita, e l’esigenza di un’azione diretta sul territorio affidata agli istituti di cultura locali. Ecco allora che l’Epistolario Cicogna si rivela un osservatorio privilegiato per rileggere la figura dello studioso nei suoi rapporti con la società intellettuale e nelle numerose collaborazioni con diverse realtà istituzionali.

2.1 Mercato d’arte e collezionismo attraverso la cronaca epistolare

In che misura questa nuova coscienza culturale filtri attraverso i carteggi, appare chiaro dalla mole di informazioni messe in circolazione dall’erudito e dai suoi corrispondenti, impegnati in un lavoro operoso di aggiornamento e di trasmissione di dati. Accanto a questioni legate alla ricerca storico-artistica di cui si dirà a breve, sono le notizie riguardanti la cronaca ed il mercato d’arte il fil rouge tra le lettere indirizzate a Cicogna, interpellato con frequenza giornaliera su questioni riguardanti lo stato del patrimonio veneziano. E l’erudito si dimostra all’altezza di tale compito: la veridicità delle informazioni, più volte elogiata dagli amici, rivela l’efficienza della rete di contatti sia locali, sia fuori città.

Dagli scambi epistolari emerge come tale favorevole predisposizione derivi, più che da un suo attivo coinvolgimento, dalla conoscenza, diretta o indiretta, di fatti e personaggi; della sorte del patrimonio, infatti, egli sembra discutere con i suoi interlocutori più per desiderio di informazione, che per affari commerciali. L’interesse per lo stato delle collezioni e delle opere d’arte viaggia, dunque, attraverso le lettere sotto forma di richieste di notizie o di brevi segnalazioni, con numerosi rimandi a situazioni e realtà diverse, oggetto di un dialogo quotidiano che è opportuno rileggere all’interno di un più ampio contesto storico-critico.

È soprattutto nel clima familiare della corrispondenza con gli amici più stretti che è possibile ritrovare giudizi e riflessioni personali, stralci di cronaca in sé minuti, ma indispensabili a leggere l’uomo inserito nella società culturale ottocentesca. Al lettore si offre una panoramica sui protagonisti e su alcune dinamiche del mercato artistico, che si dipana in un’articolata sequenza di vicende e di nomi, e che, accanto ai casi più significativi vede affermarsi anche presenze finora poco note. Ciò che contraddistingue la presa di posizione di numerosi corrispondenti, infatti, è la volontà di contribuire alla salvaguardia della memoria artistica della propria patria, coniugando l’esigenza della conoscenza con quella della conservazione.

A semplificare le diverse modalità con cui tra le righe dell’epistolario egli si relaziona con questo mercato, sta l’esame di alcuni casi significativi che, in un’altalena di rimandi e precisazioni, ci consentono una rivalutazione delle dinamiche della realtà lagunare. Si tratta di fare luce quindi sulle tematiche più ricorrenti a partire, ad esempio, dalle richieste di notizie su librerie e biblioteche private, ma ancora più esigenti quelle sulle raccolte d’arte, e lo dimostra il caso macroscopico dell’episodio Manfrin; sullo stesso piano si collocano gli scambi di informazioni che portano alla ribalta i nomi di alcuni protagonisti del mercato veneto e riferibili a categorie diverse, dall’antiquario al mediatore, o ancora all’artista, il quale

assume un ruolo di riferimento non solo in sede di valutazione dell’opera, ma anche in fase di commercializzazione della stessa. Allo scambio di dati e notizie con interlocutori diversi, si affianca la condivisione diretta di riflessioni e di progetti con i medesimi collezionisti; una considerazione a parte, infatti, merita il caso in cui sia il conoscitore d’arte a cercare un confronto diretto con l’erudito, che qui smette la veste di solo informatore per assumere quella di “consigliere” o di mediatore, ad esempio, in occasione di lasciti o donazioni a istituti locali, come vedremo tra gli altri per Pietro Bettio, o di proposte di vendita.

Non intendiamo riprendere un percorso già avviato dalla critica, né allontanarci dal nostro campo d’indagine, quanto fare luce sui canali di comunicazione in uso all’erudito, nonchè sul valore delle sue testimonianze ai fini di una maggiore comprensione del contesto in esame, in stretta relazione con i risultati apportati dalla critica moderna. In tal senso, giova sottolineare come proprio la più aggiornata letteratura sul mercato d’arte veneziano passi quasi esclusivamente attraverso i dati, sebbene in alcuni casi circoscritti e sommari, registrati da fonti dirette contemporanee, in primis da Cicogna125. Quest’ultimo, infatti, può essere considerato, e non a torto, la fonte principale per la storia del collezionismo lagunare almeno per tutta la prima metà dell’Ottocento, aspetto questo che trova conferma e giustificazione nel ruolo di mediatore-informatore che qui andiamo a considerare.

L’immagine che prende forma da queste testimonianze fotografa un mercato dinamico e in continua crescita e che, soprattutto a Venezia all’aprirsi dell’Ottocento, beneficia di una grande quantità di beni disponibili a seguito delle soppressioni napoleoniche e dello smembramento di numerose raccolte nobiliari126. Per quanto riguarda l’esportazione del patrimonio artistico, la politica di proibizione tentata dai governi al potere non riesce a fermare un fenomeno di dispersione che, iniziato a partire dalla fine del Settecento, si protrae almeno fino agli anni dell’unificazione, se pensiamo, ad esempio, a casi come la nota vendita della collezione Barbarigo della Terrazza nel 1847 e destinata all’Ermitage di San

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Sono le informazioni raccolte dall’erudito a fungere da materiale di lavoro per Francesco Scipione Fapanni, di cui si è detto nel primo capitolo, autore di un manoscritto, compilato tra il 1877 ed il 1889, e dedicato ad una panoramica sulle principali raccolte e collezioni cittadine formate a partire del Cinquecento. Nelle duecento e più pagine dello scritto, Fapanni ricorre ampiamente al nome di Cicogna, citandolo attraverso i passi dei suoi Diari;