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Fonti e materiali per le “Inscrizioni Veneziane” e due casi significativi: le biografie di Alessandro Vittoria e Paolo Veronese

Le pubblicazioni: metodi e strumenti

3.1 Fonti e materiali per le “Inscrizioni Veneziane” e due casi significativi: le biografie di Alessandro Vittoria e Paolo Veronese

Risale alla primavera del 1817 la prima menzione di un progetto di repertorio epigrafico da cui avrà origine la voluminosa edizione in sei tomi delle Inscrizioni

Veneziane375; a quattro anni dal definitivo trasferimento a Venezia, Cicogna dà avvio al lungo percorso di preparazione di quella che può essere considerata, accanto al Saggio di

Bibliografia Veneziana, la sua maggiore fatica editoriale pubblicata a più riprese tra il 1824 e

il 1864376.

Dai propositi iniziali all’epilogo, con l’uscita dell’ultimo volume, trascorre dunque quasi mezzo secolo, un ampio arco cronologico in cui si assiste all’evoluzione di quella stessa cultura epigrafica che sta alla base del lavoro di Cicogna. L’opera delle Inscrizioni si inserisce in quel genere epigrafico-sepolcrale che trova ampia fortuna a livello nazionale e che già a metà degli anni Venti vanta pubblicazioni diverse per tipologia e destinazione, dalle più circoscritte descrizioni di singoli monumenti ai repertori di iscrizioni377.

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“Io ho una intenzione, che non so se abbia detta ancora su questi fogli, cioè quella di fare una raccolta di tutte le iscrizioni sepolcrali che abbiamo in Venezia e nelle isole vicine. La impresa dovrebbe esser grande assai, ma credo che non sarebbe affatto difficile, spezialmente essendovi cotanti uomini illustri sepolti. Consulterò la cosa con l’amicissimo mio don Pietro Bettio”; BMCVe, Ms Cicogna 2845, c. 4388, 2 aprile 1817. Del valore assunto dai Diari nella ricostruzione delle fasi iniziali del progetto delle Inscrizioni riferisce Feltrin, 2006/1007, pp. 75-83 e il breve contributo di Minutelli Rossi, 2000, pp. 112-122 e Viero, 2012, pp. 135-144.

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La data indicata convenzionalmente per la pubblicazione dell’ultimo volume, composto da due tomi, è il 1853 che fa riferimento però all’uscita del primo fascicolo del medesimo. In realtà, il termine cronologico per il secondo tomo può essere fissato al 1864 sia per i molti rimandi interni a questa data, sia per l’indicazione che ci viene offerta da Giovanni Paoletti il quale, nel dare un ragguaglio degli scritti dell’erudito, precisa che allora si trovava “sotto torchio” l’ultimo fascicolo, indicato con il numero romano XXVI contenente le Giunte; cfr. Paoletti, 1864, p. 10. Per quanto riguarda gli editori, alla ditta Picotti spetta la stampa dei primi quattro volumi, mentre alla Molinari e Andreola rispettivamente il quinto e il sesto. Com’è noto non tutto il lavoro di trascrizione delle iscrizioni verrà pubblicato da Cicogna; a rimanere fuori sono ben diciassette manoscritti per più di centoundici voci relative a chiese e luoghi pubblici solo di recente dati alle stampe in tre volumi, privi naturalmente di note, a cura di Pazzi, 2002.

377 Tra i numerosi esempi possibili, si segnalano nel primo caso le Iscrizioni antiche collocate su muri della

Scala Farnese (1818) di Pietro de Laura e la Raccolta delle iscrizioni sacre gentilesche della città e del territorio di Vicenza (1822) di Gaetano Girolamo Maccà; a queste si deve poi affiancare la produzione di repertori tra cui

Un interesse, quello dell’epigrafia, che, com’è noto, trova origine nella società erudita del Settecento e in particolare nel contributo di figure quali Scipione Maffei, responsabili del recupero del significato stesso di iscrizione, intesa come “parola che insegna” e testimonianza del passato al pari del testo scritto378. A partire dall’episodio del Musée des Monuments Français, allestito da Alexandre Lenoi nel 1795 a Parigi con sculture sepolcrali medievali, il valore museografico assegnato a questo patrimonio si afferma a livello europeo quindi anche in Italia, soprattutto in area veneta, dove a cavallo tra i due secoli si assiste ad un’ampia diffusione di raccolte lapidarie, riallestite o di nuova formazione379. Nel corso dell’Ottocento, all’interesse antiquario-collezionistico si viene ad affiancare l’impegno scientifico, assunto dalla comunità erudita sempre più consapevole dell’importanza dello studio e della catalogazione del patrimonio epigrafico con la pubblicazione di repertori e volumi, di cui il

Corpus di Theodor Mommsen rappresenta senza dubbio un esempio emblematico380.

Così se ci soffermiamo sulla produzione letteraria, non possiamo non considerare la possibile funzione di “matrice poetica” svolta dal contributo di Ugo Foscolo che certo contribuisce all’affermarsi di un gusto romantico del monumento funebre, quale luogo e momento idealizzato della memoria, rievocato attraverso suggestive immagini di tombe e iscrizioni381.

E come “Lapidario Veneto” nasce il progetto di Cicogna per il quale non si può escludere una suggestione anche indiretta da parte della visione foscoliana e della ricezione dell’opera Dei Sepolcri (1806)382

.

Punto di partenza di quella che sarà una lunga e impegnativa impresa è dunque la tradizione storiografica, a partire dalle trascrizioni manoscritte rintracciate “parte in Libreria a

pubblicate rispettivamente da Pietro Benvenuti e Luigi Cambray De Digny. A riguardo, vale la pena segnalare anche la fortuna degli scritti di tipo manualistico come, ad esempio, il Trattato dell’arte epigrafica per

interpretare le antiche iscrizioni che viene dato alle stampe nel 1813.

378 Cfr. Favaretto, 1990, pp. 254-255. Per la cultura antiquario-epigrafica settecentesca europea in relazione con la realtà italiana e, in particolare, con il pensiero di Scipione Maffei (1675-1755) si considerino i contributi pubblicati negli atti del convegno tenutosi a Verona nel 1996 e pubblicati a cura di Rovagnani, 1998.

379 Cfr. Marini, 1989, pp. 300-306 e per un quadro generale sul fenomeno in rapporto con gli studi epigrafici ottocenteschi in area veneta si consideri il volume a cura di Buonopane, 2007.

380 Sull’opera e sulla figura di Theodor Mommsen (1817-1903), tra l’altro attivo corrispondente di Cicogna, si rimanda agli atti della giornata di studi a cura Mannino, 2009. A riguardo, può essere utile segnalare il lavoro svolto da alcuni intellettuali a livello nazionale e che precedono ideologicamente quello dell’erudito veneziano per approccio alla cultura epigrafica, come accade, ad esempio, nel caso di Luigi Malaspina di Sannazzaro (1754-1834) per cui si rimanda all’ampia panoramica sull’argomento nei contributi in Albertario, 2000.

381 La riflessione viene proposta da Montiani Bensi, 1997, p. 194 per I migliori monumenti sepolcrali della

Liguria, opera pubblicata da Federigo Alizeri nel 1839. Sull’influenza di Foscolo nelle letteratura ottocentesca

veneziana si veda in specifico Pastore Stocchi, 1986, pp. 21-58.

382

Nasce con questo titolo il primo progetto di una raccolta epigrafica tratta appunto dalle lapidi, prima di passare alla versione definitiva di Inscrizioni Veneziane con cui viene data alle stampe nel 1824.

San Marco, parte nella Libreria Da Ponte”, oltre al materiale organizzato dai precedenti raccoglitori: i quindici tomi di iscrizioni venete di Giandomenico Coletti, la fondamentale serie di Iscrizioni Gradenigo, le Iscrizioni sepolcrali veneziane di Amedeo Svayer e il codice delle Inscrizioni sacre e profane di Rocco Curti 383.

Ad un primo confronto critico, invece, sono chiamati i fidati amici Pietro Bettio384 e Giannatonio Moschini, quest’ultimo, in particolare, insostituibile punto di riferimento non solo per la raccolta delle iscrizioni, ma anche in sede di elaborazione testuale, come conferma il vivace carteggio tra i due385. Definiti i criteri, l’obiettivo che si pone Cicogna è quello di prendere in considerazione tutte le iscrizioni dall’anno “1000 fino ad oggi”, scelta senza dubbio innovativa rispetto ai repertori precedenti circoscritti alle sole testimonianze antiche, basti pensare a episodi significativi come Le antiche iscrizioni perugine, una selezione di serie etrusche e latine pubblicate da Vermiglioli nel 1833386.

Dunque, è un lavoro di verifica scrupolosa sul campo a caratterizzare la fase iniziale della sua ricerca, finalizzata alla raccolta di tutte le iscrizioni sepolcrali presenti a Venezia e nelle isole vicine. Stando alle informazioni desunte dai Diari e dall’epistolario, lo studioso risulta impegnato con il riscontro sulle epigrafi fino all’autunno del 1820; dopo questa data, inizia il complesso lavoro di redazione delle note destinate ad arricchire le “spoglie” citazioni lapidarie con notizie sui relativi personaggi o su fatti qui ricordati387. È nel maggio del 1822 che Cicogna decide di dare alle stampe un “avviso” con l’annuncio della prossima pubblicazione del suo lavoro388.

383 Ad accompagnare l’erudito nelle sue ricerche è la fondamentale opera di Francesco Sansovino, Venezia città

nobilissima e singolare (1581), che ricorre con frequenza nella citazioni bibliografiche; per questi rimandi ma

più in generale per una panoramica completa sulle fonti considerate da Cicogna si veda la Prefazione al primo volume delle Inscrizioni.

384 BMCVe, Ms Cicogna 2845, c. 4394, 5 aprile 1817, data che coincide con il primo accenno al progetto durante un colloquio con Bettio. Agli scambi di pareri avuti con gli amici veneziani rimanda lo stesso Cicogna all’interno del suo Saggio del Catalogo dei Codici (…) pubblicato in Fulin, 1872, pp. 59-132.

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È una lettera, in particolare, ad illuminarci su alcune questioni con cui l’autore si confronta inizialmente e che riguardano in specifico i criteri di selezione dei testi da esaminare: se considerare solo le scritte sepolcrali o anche quelle encomiastiche o dedicatorie, così, ad esempio, se omettere o meno i “motti” riportati in occasioni particolari come nel caso dei restauri; ivi, Epist. Moschini, fasc. Cicogna, doc. n. 3, lettera di Emmanuele Antonio Cicogna, 16 maggio 1817; cfr. App. Doc. I, lettera n. 113.

386 Giambattista Vermiglioli (1769-1848), archeologo e numismatico, impegnato nello studio delle antichità perugine ed etrusche, figura tra i corrispondenti dell’erudito veneziano con il quale scambia pareri ed informazioni su questioni di natura antiquaria e bibliofila per cui si rimanda a BMCVe, Epist. Cicogna 1225/1-16. Per il profilo biografico dello studioso umbro si consideri Perotti, 1998, pp. 46-67.

387 A riguardo si considerino i rimandi rintracciati da Feltrin, 2006/2007, pp. 75-90.

388 Al gennaio del 1818 risale, invece, una prima proposta di Programma dell’opera che egli invia all’opitergino Bernardino Tomitano; ivi, Ms Cicogna 2485, c. 4470, 21 gennaio 1818. Quest’ultimo riceve la bozza manoscritta su cui risponde con alcuni suggerimenti nel gennaio 1818; ivi, Epist Cicogna 1121/49, lettera di Giulio Bernardino Tomitano, Oderzo 26 gennaio 1818).

Di certo nell’autunno dello stesso anno possono considerarsi già delineate le basi del suo metodo di ricerca, se egli invia all’amico Giacomo Capitanio il Manifesto

d’Associazione389

. E lo apprendiamo anche da una lettera scritta a Pier Alessandro Paravia

contenente alcune riflessioni sulle Chiese di Venezia edite da Giambattista Soravia390. Qui, egli espone all’amico letterato le sue osservazioni sul primo volume dedicato alla Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo; pur considerando lodevole lo sforzo del collega, diverse sono le note di critica che egli rivolge principalmente alla mancanza di un approccio critico in termini di metodo “in niuna parte nuovo (…) ma già usato da tutti i moderni scrittori di Guide”391

. Questo primo giudizio anticipa, infatti, alcune delle riflessioni svolte da Cicogna sul metodo della ricerca storico-artistica e di cui, come si apprende proseguendo nella lettura, il testo in questione sembra quasi rappresentarne il manifesto.

Ma in che cosa si differenzia la sua opera? La risposta arriva proprio dalle obiezioni sollevate nella missiva; ad esempio, alla scelta del primo di selezionare solo le lapidi “di maggiore pregio”, si contrappone quella di Cicogna di riportare quante più “esistenti iscrizioni” possibili, poiché ognuna di esse rappresenta una testimonianza della storia del passato. Così nella difficoltà di individuare “quali intendonsi per migliori, e principali” si può cogliere la modernità del suo metodo di lavoro fondato su un approccio più sistematico all’opera e al dato documentario392

. Ad essere sottoposto a giudizio è poi il disinteresse dimostrato dal collega nei confronti della “storia dei chiari personaggi tumulati”, aspetto, invece, fondante dell’opera che andiamo esaminando, dove l’intervento dell’autore non si limita alla nuda trascrizione dell’epigrafe, differenziandosi in questo anche dai precedenti raccoglitori393, ma alla spiegazione delle “cose nelle inscrizioni dette” attraverso ricche illustrazioni e note; “trattasi - precisa Cicogna - di confronti con alberi genealogici (…) di annotazioni letterarie e storiche sulla maggior parte di esse, e non soltanto su quei personaggi che vi sono sepolti”394. È una dichiarazione esplicita quella riportata all’amico Paravia,

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BMCVe, Epist. Cicogna 246/2, lettera di Jacopo Capitanio, Rovigo 22 dicembre 1822; cfr. App. Doc. I, lettera n. 29.

390 La missiva viene pubblicata dallo stesso mittente con il titolo Lettera di Emmanuele Cicogna a Pier

Alessandro Paravia nelle quali si ragiona di alcune cose dette da Giambattista Soravia nel primo volume delle chiese di Venezia descritte ed illustrate, Treviso 1822; a seguire, Lettera seconda di Emmanuele Cicogna a Pier-Alessandro Paravia nella quale si ragiona di alcun cose dette da Giambattista Soravia nel II volume delle Chiese di Venezia descritte ed illustrate, Treviso 1823. Sul rapporto con lo scritto di Soravia si consideri anche

Fulin, 1872, pp. 238.

391 Ibid., p. 5.

392 Cfr. Cicogna, 1824, I, p. 24.

393 “Come fecer Tommasini e Salomonio per quelle di Padova, Faccioli per quelle di Vicenza, ed altri”; cfr. Cicogna, 1822, p. 14.

394

dell’approccio con cui egli intende affrontare i fondamenti storiografici della sua opera con uno sguardo al relativo contesto storico-artistico. “Che ciò lunga lettura e lungo studio richiede, e corrispondenza epistolare con letterati forastieri per ritrarre da essi quelle notizie che gli esteri qui tumulati o qui ricordati riguardano”; è nel congedarsi dall’amico che l’autore sembra voler chiarire i punti nodali della sua prospettiva metodologica, su cui a due anni di distanza tornerà in occasione dell’uscita del primo volume delle Inscrizioni.

Nella presentazione del suo progetto editoriale, Cicogna dedica ampio spazio non solo a sottolineare l’“utilità” del suo lavoro, ma anche agli strumenti utilizzati, con preziose osservazioni sull’“ordine tenuto nella compilazione” dei singoli fascicoli di cui si compongono i vari volumi395. Ad esempio, egli invita il lettore a prestare attenzione alla scelta di dividere le epigrafi tra “quelle viste e lette e copiate” personalmente, e quelle “da libri trascritte”, aspetto questo che viene a confermare l’importanza della verifica diretta; ancora, sulla “maniera” di presentare le iscrizioni da cui deriva la classificazione per chiese, adottata per necessità pratiche rispetto al più dotto elenco per “classi”396

. Il primo volume viene concepito come uno strumento di studio finalizzato ad una consultazione più agevole, garantita dalla predisposizione di un articolato indice generale in cui far confluire “tutti gli indici particolari dati nei fascicoli” ordinati non solo per “nomi, e cognomi ed epoche” ma anche per materie e “storia”.

Sul valore di questi indici, ma in generale sugli aspetti innovativi dell’opera, si soffermano anche le varie recensioni su giornali e riviste specializzate, tra cui spicca quella a firma di Agostino Sagredo dedicata al penultimo fascicolo riguardante l’impegnativa Chiesa di San Giobbe397. Il giudizio si sofferma su alcuni aspetti significativi della struttura del testo e, in particolare, sulle scelte di metodo dell’autore398: “poiché il Cicogna raccoglie man mano i materiale, così volle disporre l’opera sua. Egli mette come principale d’ogni illustrazione una chiesa e ne narra la storia (…) riferisce ogni iscrizione correggendo ove occorrano errori. Poi stende la vita delle persone delle quali dice ogni iscrizione, citando le fonti (…) tesse poi

395 Sull’utilità dell’opera Cicogna ritorna anche in occasione di un articolo pubblicato, sotto altro nome, Basilio Grammatica, in risposta alle critiche avanzate da Bartolomeo Gamba, tra l’altro suo amico e collaboratore, per cui si rimanda alle Osservazioni di Basilio Grammatica sopra l’articolo inserito nel Vaglio di Venezia 10 agosto

1839, intorno alle Inscrizioni veneziane di E. Cicogna (1839). 396

Cfr. Cicogna, 1824, I, p. 25. “Sono entrato in una impresa assai grande, qual è quella delle iscrizioni. Pure la ridurrò al suo termine. M’imbarazza alcun poco il modo poi del disporle. Chi dice che le divide per classi, chi dice per alfabeto, chi dice per chiesa. Io mi appiglierei a quest’ultima e nell’indice poi vi sarebbero e l’alfabeto generale e le classi tutte. C’è tempo e ci penserò. Le annotazioni anche non saran spero, di poco momento”; cfr. BMCVe, Ms Cicogna 2845, c. 4460, 3 dicembre 1817.

397

Cfr. Sagredo, 1861, pp. 77-105.

398

il catalogo a stampa di quelle inedite (…) reca le notizie delle opere d’arte, se trattasi di un artista, accenna dove se le possano trovare. Finalmente porge le testimonianze di tutti coloro che scrissero delle persona illustrata, e correda la illustrazione con documenti inediti riferiti per intero”399

. Altro aspetto da rimarcare è il sistema di registrazione dei dati che l’erudito appunta su schede “disposte alfabeticamente” e che possono riguardare anche tematiche non pertinenti l’iscrizione in oggetto, rimanendo a disposizione per eventuali altre ricerche. Ancora, egli chiarisce la scelta dell’autore, qui derivata da una necessità pratica, di trattare nella descrizione di una chiesa le sole opere d’arte che siano in stretta relazione con l’epigrafe in esame; ne danno conferma per San Giobbe le sole citazioni della celebre Pala di San

Giobbe di Giovanni Bellini e della Presentazione di Gesù al Tempio di Vittore Carpaccio400. Rispetto alla dichiarazione fatta da Cicogna nel 1824, l’analisi dell’opera che ci viene offerta a quasi quarant’anni di distanza da Sagredo rappresenta dunque una preziosa chiave di lettura per comprendere l’evoluzione strutturale e metodologica delle Inscrizioni.

Così dall’originario progetto di un repertorio fondato sulla catalogazione delle epigrafi, si passa alle ricerche degli anni Sessanta, quando lo sforzo di verifica e di revisione dei dati si concretizza nella compilazione delle impegnative Giunte finali. Qui, l’attenzione è rivolta principalmente all’aggiornamento delle notizie che, com’è ovvio che sia considerato l’ampio arco cronologico, richiedono all’autore uno sforzo ulteriore di revisione e perfezionamento. Se scorriamo, infatti, la sezione finale, Correzioni e Giunte a tutti li sei

volumi, ci accorgiamo di come la maggior parte dei rimandi sia legata a fatti di cronaca, a

conferma di quanto detto in merito alla stretta relazione che lo studioso mantiene con la contemporaneità401. Così l’impegno continuo di verifica e aggiornamento si traduce nella registrazione di appunti preliminari alle Giunte: si tratta di fogli sciolti in cui l’autore segna le modifiche da apportarsi con precise indicazioni di rimando ai vari volumi, già individuate per pagina e numero di colonna.

Ora, non si tratta qui di tracciare la storia delle Inscrizioni, che certo richiederebbe una trattazione a parte, quanto di fare luce sulle fasi principali di compilazione dell’opera; due i punti fermi, lo studio della letteratura pregressa e l’indagine archivistica, a cui si affianca la cooperazione di numerosi corrispondenti “per aver quelle nozioni, che fra di noi potuto non

399

Cfr. Sagredo, 1861, pp. 79-80.

400 Ibid., p. 80 e Cicogna, 1853, VI/I, pp. 563-564.

401 Ad esempio, il dono della collezione di manoscritti di Pietro Buratti al Museo della Comune di Venezia (Cicogna, 1853, VI/II, p. 959); l’informazione avuta dagli archivisti Teodoro Toderini e Bartolomeo Cecchetti del ritrovamento di un documento riguardante l’artista Tizianello (ibid. p. 952); o ancora, varie precisazioni su Giacomo Franco, artista particolarmente appezzato da Cicogna, sul quale egli viene costantemente aggiornato dai suoi fidati interlocutori (ibid., pp. 886-887, 949, 956-957).

avrei rintracciare”402. L’impossibilità di riuscire a coprire un così vasto territorio aveva portato, infatti, ad avvalersi della collaborazione di studiosi e colleghi, secondo una prassi già ben consolidata al tempo.

Lo studio sulle fonti a stampa viene garantito non solo da quanto reperibile nelle varie raccolte locali pubbliche o private, ma anche dal materiale che egli poteva consultare comodamente presso la sua fornitissima biblioteca personale403. Selezionando gli scritti d’arte di provenienza diversa, si segnalano a titolo di esempio, la Storia pittorica dell’Italia (1789) di Luigi Lanzi, o ancora di Pietro Zani l’Enciclopedia metodico critico-ragionata delle Belle

Arti (1794) tra le fonti di carattere generale, così per le raccolte biografiche non possono

mancare Le Vite di Giorgio Vasari (1550), mentre nella categoria delle lettere artistiche spicca la Raccolta di lettere sulla pittura (1754-1783) di Giovanni Bottari, aggiornata e riedita da Stefano Ticozzi (1822-1825), accanto al Carteggio inedito d’artisti del secolo XIV-XV-XVI pubblicato da Giovanni Gaye (1839). Fondamentale risulta poi il supporto offerto dalla letteratura periegetica che trova espressione nelle numerose guide di città delle quali, com’è ovvio, il nostro privilegia quelle legate all’ambito veneto. A questo elenco si devono aggiungere i numerosi opuscoli dove confluiscono brevi contributi, estratti e soprattutto pubblicazioni d’occasione, per la gran parte omaggi dei suoi interlocutori404

. Sebbene in questa sede non si intenda dare conto dell’immensa bibliografia che sta alla base delle

Inscrizioni, per cui si rimanda alla citata prefazione del primo volume, può tuttavia essere

utile segnalare alcuni esempi particolarmente significativi. All’interno di questa mappa delle