4.2 Le equazioni della CFD
4.2.4 Equazioni di Navier-Stokes
Vogliamo riassumere ora le leggi che governano un fluido viscoso per il quale si presentano dei fenomeni dissipativi, quali l’attrito o la conduzione termica, che ne aumentano l’entropia. Trascurando i fenomeni legati alla diffusione della massa, otteniamo
Equazioni di continuit`a Forma non conservativa
Forma conservativa
4.2.5 Equazioni di Eulero
Se nello studio di un fluido trascuriamo i termini dissipativi otteniamo le seguenti equazioni, proprie quindi dei fluidi non viscosi.
Equazioni di continuit`a
4.3 Il metodo di Lax - Wendroff
Alla luce di quanto esposto nei primi capitoli, e dopo aver introdotto le equa-zioni proprie della fluidodinamica passiamo a dare un esempio di discretiz-zazione delle suddette equazioni. Vi sono diversi metodi per fare ci`o, ognuno dei quali `e legato al particolare fluido con cui si ha a che fare, ad esempio viscoso, stazionario, ecc. Riportiamo allora un semplice esempio con cui si implementa la discretizzazione delle equazioni della fluidodinamica, che pren-de il nome di metodo di Lax - Wendroff.
Il metodo considerato `e applicabile a soluzioni marcianti sia nello spazio che nel tempo ed `e particolarmente usato per la risoluzione di equazioni iperbo-liche.
Consideriamo dunque le equazioni di Eulero in forma non conservativa per un fluido non stazionario, bidimensionale e non viscoso
∂ρ
Eq. di continuit`a (4.57)
∂u
Eq. del momento lungo x(4.58)
∂v
Eq. del momento lungo y(4.59)
∂e Tali equazioni risultano essere per l’appunto iperboliche rispetto al tempo.
Inoltre stiamo assumendo che siano nulle sia le forze a distanza che il cosid-detto calore volumetrico, cio`e f = 0 e ˙q = 0.
Cos`ı come esposto nel capitolo 2 consideriamo una griglia nel piano xy e con riferimento alla figura 4.3 sviluppiamo in serie di Taylor una delle variabili dipendenti, ad esempio la densit`a ρ
ρt+∆ti,j = ρti,j+ Analoghe equazioni possono essere ottenute per le altre variabili, quindi
ut+∆ti,j = uti,j+
Figura 4.3: Esempio di griglia bidimensionale nel piano xy Da tali equazioni capiamo di essere in presenza di un metodo esplicito che ci consente di ottenere il valore delle variabili considerate all’istante t + ∆t a partire dai valori delle stesse sulla mesh precedente. Il passo seguente `e allora quello di discretizzare le derivate presenti nelle equazioni dalla (4.61) alla (4.64) in modo tale da poter studiare le funzioni su un reticolo.
Occupiamoci ad esempio della (4.61). Notiamo subito che il valore della derivata prima di ρ fatta rispetto al tempo `e data proprio dall’equazione di continuit`a (4.57). Approssimando le derivate con delle differenze centrali al secondo ordine, riscriviamo la (4.57) come
µ∂ρ
Ovviamente tutte le quantit`a al secondo membro della (4.65) sono note poich`e si trovano sulla mesh corrispondente al tempo t.
Per ottenere ora ∂2ρ/∂t2 deriviamo la (4.57) rispetto al tempo ottenendo
∂2ρ
+ρ ∂2v
Si rimpiazzano poi le derivate prime con le relative differenze centrali al secondo ordine, mentre le derivate miste presenti nella (4.66) sono ottenute differenziando in maniera opportuna le equazioni da (4.57) a (4.60). Ad esempio, per ottenere ∂2u/∂x∂t deriviamo la (4.58) rispetto a x
∂2u e discretizzando con differenze centrali al secondo ordine si ottiene
µ ∂2u
In questo modo si discretizza l’equazione (4.61) ed `e possibile ricavare il va-lore della densit`a nel punto di coordinate (i, j) al tempo t + ∆t. Per ottenere ci`o si fa ricorso all’informazione relativa ai punti della griglia segnati con un cerchietto nella figura 4.3. L’accuratezza di tale metodo `e del secondo ordine, sia nello spazio che nel tempo. Inoltre esso pu`o essere velocizzato attraverso altre tecniche. Vediamone una di queste, detta tecnica di MacCormack.
Secondo questo secondo metodo il valore della variabile ρ nel punto di coor-dinate (i, j) al tempo t + ∆t `e dato da
in cui con (∂ρ/∂t)M ED si indica una stima del valore di tale variabile tra gli istanti di tempo t e t+∆t. Inoltre confrontando la (4.69) con la (4.61) si nota che in quest’ultimo caso stiamo trascurando il termine relativo alla derivata seconda.
Logicamente espressioni analoghe alla (4.69) si ottengono per le variabile u, v ed e.
Procediamo dunque alla determinazione di (∂ρ/∂t)M ED. Ci`o viene fatto in
due passi.
Consideriamo nuovamente la (4.57) e sostituiamo le derivate prime con delle differenze al primo ordine di tipo forward, ottenendo
µ∂ρ
Possiamo allora ottenere una stima della densit`a (¯ρ)t+∆ti,j considerando lo sviluppo in serie di Taylor di questa funzione e fermandoci al primo ordine
(¯ρ)t+∆ti,j = ρti,j +
Quest’equazione fornisce un possibile valore della variabile ρ; dunque, `e da considerarsi soltanto come una stima accurata al primo ordine. Come sem-pre le essem-pressioni relative alle variabili ¯u, ¯v ed ¯e sono del tutto analoghe alla (4.71).
Le espressioni cos`ı ottenute vengono poi impiegate nel passo successivo per ottenere una stima del valore della derivata di ¯ρ calcolata nel punto di coor-dinate (i, j) al tempo t + ∆t. In particolare si ricorre ancora una volta alla (4.57), la si discretizza facendo uso delle differenze questa volta di tipo rearward, e si ottiene
µ∂ρ
Infine il valore della derivata presente nella (4.69) `e dato dalla media aritme-tica delle espressioni che si ricavano dalla (4.70) e dalla (4.72), quindi
µ∂ρ
La (4.73) sostituita nella (4.69) ci consente di ottenere un valore corretto della densit`a al tempo t + ∆t con molti meno passaggi rispetto al metodo di Lax-Wendroff nonostante abbia lo stesso grado di accuratezza.
In quest’ultimo capitolo abbiamo passato in rassegna le principali equazioni che governano la fluidodinamica. Come abbiamo avuto modo di dire esse assumono forme diverse a seconda del sistema sotto esame. Possono dunque essere discretizzate e usate per la risoluzione di vari problemi fisici. Per il momento il lavoro termina qui, con il proposito di continuare lo studio nella direzione segnata da questa tesi, e cio`e riguardante lo studio di funzioni e la loro implementazione numerica. Ai lettori pi`u interessati alle applicazioni fisico-numeriche delle leggi esposte in questo capitolo segnaliamo comunque [7], [8], [10].
Capitolo 5 Conclusioni
In questo lavoro di tesi abbiamo cercato di mettere in evidenza alcuni degli aspetti pi`u salienti dell’approccio alla discretizzazione di equazioni differen-ziali alle derivate pardifferen-ziali, di vario tipo, che sono di rilevanza in fisica classica.
In particolare, abbiamo analizzato il problema della stabilit`a delle discretiz-zazioni, introdotto le soluzioni marcianti per equazioni paraboliche e discusso le varie tecniche di aggiornamento su reticolo caratterizzandone la regione di influenza. Siamo poi passati a discutere uno dei casi pi`u complessi di questa procedura, prendendo in esame un’equazione con memoria della quale abbia-mo cercato di derivare delle soluzioni numeriche. Infine abbiaabbia-mo introdotto le equazioni di Navier-Stokes e discusso alcune loro discretizzazioni. Sembra quasi superfluo sottolineare che gli aspetti computazionali che abbiamo ana-lizzato si limitano solo a scalfire la superficie di un campo di studio che si arricchisce ogni anno di nuovi importanti contributi essendo l’interfaccia tra varie branche scientifiche fondamentali.
Appendice A
Dimostrazioni relative alle equazioni differenziali alle derivate parziali
A.1 Dimostrazione: la (2.28) ` e parabolica
Consideriamo l’equazione di propagazione del calore lungo una direzione messa nella forma
∂T
∂t = α∂2T
∂x2. (A.1)
Portando tutto al secondo membro otteniamo α∂2T
∂x2 − ∂T
∂t = 0. (A.2)
Notiamo una certa analogia tra la precedente e la (1.19)
ax2+ bxy + cy2+ dx + ey + f = 0 (A.3) che esprime l’equazione generale delle sezioni coniche.
Nel nostro caso possiamo porre:
a = α, b = 0, c = 0, d = 0, e = −1, f = 0. (A.4) Quindi
D = b2− 4ac = 0 ∀a ⇔ ∀α (A.5)
dalla definizione data nel paragrafo 1.1.1 segue che la (A.1) `e un’equazione parabolica.
A.2 Dimostrazione: la (2.28) ` e iperbolica
Consideriamo l’equazione delle onde (2.73)
∂u
∂t + c∂u
∂x = 0.
E’ ovvio che il differenziale totale della funzione u(x, t) `e dato da du = ∂u
∂tdt +∂u
∂xdx. (A.6)
Scriviamo quindi il sistema dato dalla (2.73) e dalla (A.6). Questo pu`o essere scritto come
½ ∂u
∂t + c∂u∂x = 0
∂u
∂tdt + ∂u∂xdx = du (A.7) o equivalentemente in forma matriciale
· 1 c
In questo caso la matrice dei coefficienti `e data da [A] ≡
· 1 c
dt dx
¸
(A.9)
La condizione da imporre per trovare le curve caratteristiche `e
|A| = 0 che corrisponde a dire
dx − cdt = 0. (A.10)
Dal momento che le variazioni sono infinitesime ma non nulle possiamo dividere tutto per dt ottenendo
dx
dt − c = 0. (A.11)
Confrontando infine la (B.4) con una tipica equazione di secondo grado e chiamando con a, b e c rispettivamente i coefficienti del termine quadratico, lineare e noto otteniamo
D = b2− 4ac = 1 > 0 ∀c, (A.12) ne consegue che l’equazione parabolica `e di tipo iperbolico.
Appendice B
Il metodo di Gauss-Legendre
La tecnica d’integrazione gaussiana permette di approssimare l’integrale di una funzione, definito su un intervallo finito, attraverso la somma dei valori che la stessa assume su un insieme discreto di punti.
In generale questo metodo viene applicato, e fornisce degli ottimi risultati, nel caso in cui la funzione integranda non varia rapidamente, quando cio`e pu`o essere ben approssimata da un polinomio. In caso contrario si pu`o sud-dividere l’intervallo di partenza in piccoli intervalli in cui la funzione varia meno rapidamente, rendendo possibile l’approssimazione considerata.
Per quanto riguarda la scelta dei punti sui quali calcolare la funzione pos-siamo fare l’ipotesi che essi costituiscano le radici di una particolare classe di polinomi, detti polinomi di Legendre, da cui il nome della relativa tecnica d’integrazione1. Proprio tale posizione viene sfruttata nella funzione gauleg.
Inoltre, dal momento che le radici risultano essere simmetriche nell’intervallo considerato, il calcolatore ne pu`o calcolare direttamente solo una met`a con un conseguente risparmio dei tempi macchina.
Supponiamo di voler calcolare l’integrale I =
Z 1
−1
f (x)dx. (B.1)
In generale, se una formula d’integrazione basata sulle serie di Taylor usa N punti, allora essa integra esattamente un polinomio di grado N − 1. Suppo-niamo quindi di avere a che fare con l’integrale di un polinomio di grado p, definito sull’intervallo [-1,1], e di voler usare a tale scopo proprio N punti.
Oltre a questi ultimi `e importante conoscere i relativi pesi, i quali rispettano
1Questa scelta non `e l’unica possibile. I punti gaussiani possono essere scelti anche in altro modo, come si pu`o vedere su [2] e [5].
la seguente condizione
Abbiamo quindi a che fare con 2N parametri, dovuti alla scelta dei punti e dei pesi Gaussiani e possiamo dunque considerare polinomi di grado 2N − 1.
Come gi`a accennato supponiamo che i punti gaussiani coincidano con le radici dei polinomi di Legendre. Naturalmente Pi `e un polinomio di grado i con i radici nell’intervallo [−1, 1]. Inoltre ogni polinomio di grado 2N − 1 pu`o essere scritto come
f (x) = Q(x)PN(x) + R(x) (B.3) in cui Q(x) e R(x) sono polinomi al pi`u di grado N − 1.
Possiamo allora riscrivere la (B.1) come I =
avendo fatto uso del fatto che PN `e ortogonale a tutti i polinomi di grado N − 1 o minori.
Possiamo quindi ottenere una stima dell’integrale definito nella (B.1) consi-derando i cui pesi gaussiani vengono dedotti dalla (B.2) nel caso in cui consideriamo come xngli N zeri del polinomio di Legendre PN. In particolare si nota come wndipende sia dai punti xn che dalla derivata di PN secondo la relazione che segue
wn = 2
(1 − x2n)[PN0 (xn)]2. (B.6) Si tenga presente, infine, che il metodo di Gauss-Legendre pu`o essere ap-plicato a tutti gli integrali definiti su un generico dominio finito [a,b]. Per applicare le formule di cui sopra baster`a quindi fare un cambiamento lineare di variabile, dato da
t = −1 + 2(x − a)
(b − a). (B.7)
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