Capitolo 1- La letteratura sull’entrepreneurial finance
1.5 Le principali alternative di finanziamento nell’entrepreneurial finance:
1.5.4 Equity Crowdfunding
In una situazione di difficile accesso alle risorse finanziarie, il crowdfunding può diventare una soluzione praticabile per le SME. In generale, questa è una forma di raccolta di finanziamenti, tramite piattaforme online che si occupano della selezione e dell’analisi dei progetti, che permette a una moltitudine di soggetti di investire piccole somme, sottoforma di donazione o in cambio di una qualche forma di ricompensa e/o diritto di voto, per supportare una certa impresa o un determinato progetto. Vi sono quattro tipologie principali di crowdfunding: ➢ Reward-based, in cui i proponenti cercano finanziamenti dai sostenitori su internet in
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pagamenti anticipati per beni che saranno consegnati solo successivamente. Se da un lato esso può agire come strumento efficace di marketing e può permettere di testare il livello di domanda per il prodotto prima della sua immissione sul mercato, dall’altro non sembra poter presidiare il gap finanziario delle piccole imprese, dato che, come evidenziato da Cox e Nguyen (2018), queste campagne vedono il successo soprattutto dei progetti più creativi, riferiti per esempio al campo musicale, impedendone la piena estensione alla generalità delle SME.
➢ Donation-based, tipologia di marginale diffusione in cui i fautori del progetto sono individui o organizzazioni non governative che raccolgono fondi per una buona causa.
➢ Lending-based, che è la categoria di crowdfunding con l’ammontare raccolto più ingente e con il quale gli investitori perseguono soprattutto obiettivi finanziari, dato che essi ricevono un tasso di interesse fisso relativo al prestito.
➢ Equity-based, che si riferisce a una forma di finanziamento in cui l’imprenditore cede un certo ammontare di capitale di rischio dell’impresa su internet e dove gli investitori sono motivati a effettuare l’investimento soprattutto per ottenere un rendimento finanziario (Block et al., 2018). In questo tipo di crowdfunding, gli imprenditori, presentando il loro progetto sulla piattaforma, dovranno definire la somma che intendono raccogliere e la proporzione di quote che andranno a offrire in cambio dell’investimento, andando così a fornire implicitamente una valutazione del loro business. Diversamente dal reward-based crowdfunding, gli investimenti nell’equity crowdfunding non sono necessariamente contenuti e il numero di investitori può non essere molto ampio.
Tra le quattro categorie, l’Equity crowdfunding è la più cruciale per lo sviluppo dell’entrepreneurial finance. Questo ha il potenziale per giocare un ruolo decisivo per la creazione di occupazione e per la crescita economica tramite il finanziamento alle SME e alle start-up, nonostante sia il modello di crowdfunding meno diffuso in Europa (De Crescenzo, 20168) e che la letteratura riguardo alle modalità con cui possa riuscire a colmare il funding gap
per queste imprese sia ancora in una fase embrionale.
Comunque si deve precisare che la possibilità di beneficiare delle esternalità positive relative all’avvio della campagna di equity crowdfunding dipenderà dalla capacità dell’imprenditore di segnalare la qualità e la credibilità del progetto ai potenziali investitori per soddisfare le loro
8Capitolo presente all’interno del volume “Crowdfunding for SMEs. A European perspective”, Bottiglia
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ingenti necessità di informazioni dovute alla scarsa esperienza nella valutazione delle opportunità di investimento, alla difficoltà di condurre i costosi processi di due diligence per analizzare l’impresa e al fatto che, trattandosi di un investimento in equity a lungo termine, vi sia un rischio superiore rispetto alle altre forme di crowdfunding. In particolare, le probabilità di successo della campagna possono aumentare grazie alla disclosure di informazioni dettagliate inerenti ai rischi e alle proiezioni finanziarie relative all’attività, alla presenza di un management altamente qualificato (Ahlers et al., 2015), alla dotazione di una estesa rete di contatti da parte dell’imprenditore (Vismara, 2016) e al mantenimento di ingenti quote di equity da parte del fondatore (Ahlers et al., 2015; Vismara 2016). Fra l’altro, un altro fattore chiave per il successo della proposta è legato all’’”Information Cascades”, una situazione in cui le persone prendono una decisione/scelta basandosi sulle osservazioni/scelte di altri, senza considerare le informazioni che le stesse detengono9: infatti, come ha notato Vismara (2016), le campagne
che hanno più investitori nelle prime fasi di avvio delle stesse hanno una più alta probabilità di successo.
Allora, nel caso in cui si verifichino le condizioni citate e l’imprenditore riesca a conseguire l’obiettivo prefissato, egli potrà trarre realmente beneficio da una serie di vantaggi come: l’abbassamento del costo della raccolta rispetto a quello che avrebbe sperimentato ricorrendo ad altre fonti, grazie alla disintermediazione offerta dalle piattaforme online; la possibilità di fare affidamento su una fonte stabile di finanziamento, non soggetta a rimborso, ideale per supportare le fasi più rischiose della vita aziendale; l‘opportunità di testare i prodotti, ricevendo utili feedback e costruendo anche una base di fiducia con i clienti.
Comunque si deve puntualizzare che le imprese che hanno raggiunto l’obiettivo della campagna dovranno riuscire a raccogliere finanziamenti anche successivamente per realizzare le loro ambizioni di crescita e una mancanza di pianificazione e lungimiranza potrebbe condurre all’incapacità di prosperare in seguito a una proposta che inizialmente era riuscita ad affermarsi sulla piattaforma.
Fra l’altro i pochi studi (dovuti soprattutto alla recente affermazione della risorsa) che hanno analizzato se una positiva campagna di equity crowdfunding si potesse tradurre in un futuro successo dell’impresa e se questo tipo di risorsa finanziaria potesse configurarsi come una forma alternativa o complementare rispetto alle altre non hanno portato a risultati definiti e
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univoci, ponendo dubbi sulla capacità dell’equity crowdfunding di riuscire a colmare il funding gap.
In relazione a questi aspetti, Signori e Vismara (2018) hanno condotto una ricerca su un campione di 212 imprese britanniche che hanno raccolto capitale su Crowdcube tra il 2011 e il 2015 da cui è emerso come il veloce raggiungimento del target di finanziamento della prima iniziativa tendesse a tradursi in un ritorno dell’imprenditore sulla piattaforma per raccogliere ulteriore capitale, in conseguenza della ricezione di un giudizio positivo del mercato al lancio della proposta iniziale. Inoltre lo studio ha rilevato che la partecipazione di investitori qualificati come VC o BA nella prima campagna è un fattore determinante per la sopravvivenza dell’impresa nel lungo termine, dato che nessuna delle iniziative che ha visto il loro coinvolgimento è fallita nel periodo considerato, con il positivo ruolo dei VC che è stato confermato anche da Hornuf et al. (2018) che hanno constatato come la loro presenza faciliti l’ottenimento di ulteriore capitale dopo la campagna.
A tal riguardo, come riporta De Crescenzo (2016), il Business Angels Europe (BAE) consiglia ai suoi membri di vedere l’equity crowdfunding come un’opportunità per eventuali co- investimenti e suggerisce di considerarlo come una utile risorsa di finanziamento nelle prime fasi di vita dell’impresa. E lo stesso vale per i fondi di VC che potrebbero riuscire ad avere una migliore percezione delle prospettive del business delle imprese, scoprire potenziali start-up da finanziare tramite la consultazione delle piattaforme di crowdfunding e suddividere il rischio di investimento e di finanziamento con gli investitori non professionali.
Comunque alcune evidenze hanno alimentato il dibattito sulla possibile assenza di saggezza della moltitudine di investitori che frequentano le piattaforme e sui potenziali impedimenti alla formazione di interrelazioni con VC e BA: fattori che potranno avere ripercussioni sul ruolo che l’equity crowdfunding potrà giocare nell’entrepreneurial finance.
In relazione al primo aspetto, si prenda ad esempio in considerazione l’indagine di Collawert et al. (2018), per la quale un insieme di imprese britanniche finanziatesi su Crowdcube ha sperimentato un tasso di fallimento superiore di 8,5 volte rispetto a quello delle imprese che si erano rivolte ad altre risorse (Ahlstrom et al., 2018).
Relativamente alla seconda criticità, Signori e Vismara (2018) hanno notato come le imprese finanziate da un vasto numero di investitori abbiano una minore probabilità di ottenere ulteriore capitale di rischio, coerentemente con l’assunto che la loro grande dispersione indebolisce i loro incentivi a monitorare in modo efficace i manager dell’impresa, diminuendo la
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probabilità di coinvolgere dopo la campagna operatori qualificati, riluttanti a partecipare viste le tensioni che si potrebbero venire a creare con la folla di investitori e considerato che potrebbero non riuscire a esercitare adeguatamente il controllo.
Inoltre, Hornuf e Schwienbacher (2014), analizzando le prassi di impiego dell’equity crowdfunding in vari Paesi e il finanziamento dei business angels, hanno notato come il crowdfunding possa ricoprire sia il ruolo di risorsa meramente alternativa che quello di opportunità complementare in base alla struttura delle piattaforme online e al framework regolamentare dei vari Paesi.
E un altro fattore limitante la capacità dell’equity crowdfunding di riuscire a colmare il funding gap è rappresentato dal suo scarso apporto in termini di risorse raccolte: a tal riguardo, come nota l’EBAN (2018), il suo mercato nelle prime fasi di vita dell’impresa contava appena 0,6 miliardi di euro nel 2017 in Europa sugli 11,4 totali del mercato degli investimenti nell’early stage.
In aggiunta, come hanno rilevato Collins e Pierrakis (2012), tale risorsa dovrebbe coprire due tipi di gap: l’uno nella fase seed in cui l’ammontare raccolto da familiari e amici è insufficiente e quello richiesto è troppo ristretto per implicare il coinvolgimento di BA, l’altro successivamente, cioè nella fase in cui si oltrepassa il livello fino al quale i BA possono spingersi ad investire e la somma richiesta è inferiore all’abituale livello di impiego dei VC e che va da circa 600/700 mila sterline ai circa 2 milioni di sterline. Se relativamente al primo l’equity crowdfunding può giocare un ruolo fondamentale, in relazione al secondo gap sembra ancora lontano dal fornire un importante contributo. Basti pensare che in Gran Bretagna, tra i leader in tale mercato, l’investimento medio per progetto sulle piattaforme si aggirava sulle 551.000 sterline nel 2016 (Estrin et al., 2018).
Figura 2- Il Crowdfunding copre l’equity gap? Fonte: “The venture crowd. Crowdfunding equity investment into business”. Collins e Pierrakis (2012).
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Comunque, come sottolineano Collins e Pierrakis (2012), il crowdfunding ha il potenziale di crescere ulteriormente in special modo grazie all’implementazione di rapporti di collaborazione con gli investitori più sofisticati. E inoltre, anche in virtù di quanto emerso dallo studio di Hornuf e Schwienbacher (2014), la portata con cui l’equity crowdfunding sarà capace di supportare le tradizionali risorse di finanziamento sarà influenzata dall’apporto che le piattaforme saranno in grado di fornire e dal modo in cui l’utilizzo di questa risorsa verrà regolato.
Per ciò che riguarda il primo aspetto, le piattaforme possono essere importanti soprattutto per garantire la protezione dei diritti di proprietà intellettuale del fondatore, per il quale il rischio di incorrere nel furto dell’idea potrebbe risultare decisamente elevato, data l’ampiezza del pubblico cui egli si andrebbe a rivolgere con l’avvio di una campagna di crowdfunding, facendolo desistere dalla presentazione del proprio progetto alla moltitudine di investitori. In relazione alla regolamentazione, si dovrebbe considerare la definizione di un set di regole differenziate per questa risorsa, in base al fatto che ci si riferisca alle start-up o alle SME, dato anche che nel primo caso è richiesta una maggiore attenzione alla tutela degli investitori. Proprio quest’ultima è fondamentale per creare un ambiente più stabile per le parti in gioco e il trade-off tra tale esigenza e quella relativa alla crescita del settore del crowdfunding, che potrebbe risultare danneggiato da restrizioni eccessive, rappresenta un obiettivo fondamentale per i vari regulator.
Considerato ciò, come è emerso più volte nel corso del capitolo, lo sviluppo delle varie risorse finanziarie alternative non è stato sufficiente da solo a colmare il funding gap presente per le piccole imprese e per le SME e questo ha reso necessaria l’implementazione di politiche, di rango sia nazionale che sovranazionale, che venissero in soccorso di queste categorie di imprese. Politiche che, a livello europeo e italiano, saranno oggetto di approfondimento nel capitolo successivo.
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