• Non ci sono risultati.

DAL TRATADO DEL AMOR DE DIOS A DEL SENTIMIENTO TRÁGICO DE LA VIDA: GESTAZIONE DI DUE TRATTAT

3.3 Esasperazione del tragicismo in ST

Se uno dei due fuochi attorno cui ruota STV già a partire dal titolo, ossia il sentimento, quindi la percezione, occupa un posto di rilievo nell’economia della revisione di T, non da meno è l’altro fuoco: il tragicismo. E al di là del “consuelo en la desesperación262”, ciò che balza all’occhio nella collazione tra i due scritti unamuniani è l’aggiunta in alcuni passi di STV dell’aggettivo

trágico e del sostantivo tragedia o la loro sostituzione ad altri aggettivi e sostantivi, se non

addirittura la comparsa del sintagma sentimiento trágico de la vida.

Ripercorrendo i primi dieci capitoli di STV, si metterà qui di seguito in evidenza come e dove Unamuno abbia apportato delle modifiche o delle aggiunte che, se non sistematicamente, di certo con una certa insistenza ribattono sul senso tragico dell’esistenza maturato (o meglio rimuginato) e consolidatosi nella coscienza di don Miguel tra il 1907 e il 1911. Si precisa (per quanto possa apparire di per sé ovvio) che non siamo di fronte ad una novatio tematica tout court: già nelle pagine di T il senso del tragico è vivo e ben visibile in molte parti: ciò che ci si accinge qui a illustrare sommariamente e a titolo esemplificativo è proprio come Unamuno abbia ribadito e corroborato quest’idea (o sentimento) di un esistenzialismo fatalistico, accrescendo la portata delle occorenze in cui sono stati introdotti uno o più elementi ed espressioni gravitanti intorno al campo semantico del tragicismo.

Il primo caso che incontriamo è quello relativo a questo frammento del quinto capitolo di STV (La disolución racional),

¡Trágico combate el de la verdad con la razón! (T, p. 51)

Es un trágico combate, es el fondo de la tragedia, el combate de la vida con la razón. (STV, p. 221).

Questa, che potremmo a buon diritto chiamare una sentenza, sintetizza perfettamente la crisi epistemologica del giovane studente di filosofia affascinato dal positivismo e, al contempo, l’idea dell’ineluttabilità del destino dell’uomo, che è, per natura, mortale. Ma l’agonia cristiano- esistenzialistica dell’intellettuale diviso tra Ragione e Fede, già in germe in T, viene qui definita !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

! "+'!

non più, solo e semplicemente, una lotta tragica (quindi, senza speranza), ma addirittura il “fondo della tragedia” stessa.

Vi sono casi, poi, in cui da un avverbio si passa ad un aggettivo legato al tragicismo. Questo si verifica, anzitutto, nel capitolo 7 (Amor, dolor, compasión y personalidad), dove si osserva l’aggiunta di trágicos ad amores a rimpiazzare l’avverbio tragicamente263, espunto rispetto al

Tratado:

Y esto se siente más clara y más fuertemente aun cuando brota, arraiga y crece uno de esos amores que tienen que luchar contra la terribles leyes del Destino, uno de esos amores que nacen tragicamente, á destiempo, antes ó después del momento en que el mundo, que es costumbre, lo hubiera recibido. (T, n.7)

Todo lo cual se siente más clara y más fuertemente aun cuando brota, arraiga y crece uno de esos amores trágicos que tienen que luchar contra la diamantinas leyes del Destino, uno de esos amores que nacen a destiempo, o desazón, antes o después del momento o fuera de la norma en que el mundo, que es costumbre, lo hubiera recibido. (STV, p. 276)

In STV l’aggettivo trágicos, in altre parole, reintegra o, meglio, compensa l’eliminazione

dell’avverbio corradicale che si aveva, invece, in T; nondimeno, questo “ritocco” morfosintattico non è da escludere che celi una visione più intensamente amara degli amori più liberi e irrazionali, quegli amori che non rientrano e non possono rientrare nei canoni statici della società, come l’amore di Paolo e Francesca. L’amore di amanti come Paolo e Francesca non semplicemente nasce in modo tragico, ma è tragico (e lo è imperscrutabilmente) esso stesso, per propria natura.

Ma, facendo un passo avanti, è senz’altro inevitabile soffermarsi sulle aggiunte dei frammenti relativi al capitolo 9 (Fe, esperanza y caridad). Esempi di questo genere certo non mancano in un capitolo (il nono) fuor d’ogni dubbio cruciale, tutt’altro che marginale nell’economia della struttura dissertativa di Del sentimiento trágico. Il capitolo nel quale, del resto, è stato registrato264 il maggior numero di aggiunte, rimaneggiamenti ed intratesti, con tutta probabilità in virtù del senso “tragico” dell’esistenza nel rapporto dialogico con la Fede, la Speranza e la Carità da parte di un animo intimamente a metà tra Scienza e Fede. Fede, Speranza e Carità: le tre virtù teologali intese come cammini verso Dio, verso un Universo cosciente, umanizzato, in una

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 263 Sic nell’autografo.

! "+(!

recherche vita natural durante tesa all’assoluto. Alla propria perpetuazione ab aeterno ed in aeternum. All’eternizzazione di sé.

Verrano qui passati in rassegna ed esaminati alcuni casi concreti relativi all’aggiunta di segmenti testuali in cui sono stati introdotti termini o espressioni legati al campo semantico della “tragedia” come sentimento nel passaggio da T a STV265.

Si veda, ad esempio, questo frammento:

Y como el amor es doloroso, como el amor es compasión, es piedad, la belleza surge de la compasión, y no es sino el consuelo que esta se busca. Acongojados al sentir que todo pasa, que pasamos nosostros, que pasa lo nuestro, que pasa cuanto nos rodea, la congoja misma nos revela el consuelo de lo que no pasa, de lo eterno, de lo hermoso. (T, p. 60)

Y como el amor es doloroso, es compasión, es piedad, la belleza surge de la compasión, y no es sino el consuelo temporal que ésta se busca. Trágico consuelo. Y la suprema belleza es la de la tragedia. Acongojados al sentir que todo pasa, que pasamos nosostros, que pasa lo nuestro, que pasa cuanto nos rodea, la congoja misma nos revela el consuelo de lo que no pasa, de lo eterno, de lo hermoso. (STV, p. 363)

Qui Unamuno nel Sentimiento addiziona “Trágico consuelo. Y la suprema belleza es la de la tragedia.”, legando inestricabilmente ed indissolubilmente il dolore della tragedia esistenziale dell’uomo alla “belleza” che scaturisce dal conforto (consuelo) insitamente connaturato ad esso, esprimendo con un ossimoro incommensurabile (Tragico consuelo) la contraddizione del vivere, la

vexata quaestio della Fede e della Speranza in qualcosa (Dio) sconosciuto e ineffabile, indicibile e

incerto (una risposta instabile e dubitabile all’ignoto che avvolge l’aldilà), che può condurre alla carità o alla disperazione (per quanto legata alla consolazione).

Un altro frammento è ragione di grande interesse:

Y tiene el dolor sus grados, según se adentra, desde aquel dolor que flota en el mar de las apariencias hasta |la sobre e|266 eterna congoja que va á posarse en el fondo de lo eterno [...]. (T, p.62)

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

265 Si rammenta che il catalogo consta di due appendici, le Ápendices A e B (contenenti rispettivamente intratextos e refundiciones), nelle quali sono stati riportati i vari segmenti testuali ordinati per capitolo, numero del frammento e rigo o righi occupati in seno al medesimo. Per esempio, con la sigla numerica 3.2.27 si fa riferimento al rigo 27 del secondo frammento tratto dal capitolo 3; con la sigla 8.1.3-10, invece, ci si riferisce all’intervallo dal terzo al decimo rigo del primo frammento nel capitolo 8.

! "+)!

Y tiene el dolor sus grados, según se adentra; desde aquel dolor que flota en el mar de las apariencias hasta la eterna congoja, la fuente del sentimiento trágico de la vida, que va á posarse en el fondo de lo eterno [...].

(STV, p. 365).

Di peso tutt’altro che trascurabile l’aggiunta la fuente del sentimiento trágico de la vida, un sintagma che andrà, poi, a costituire il titolo (o, meglio, parte del titolo) dell’opera definitiva. E “la fonte del sentimento tragico della vita” è proprio quell’ “eterna angoscia [...] che va a posarsi nella profondità dell’eterno, e lì sveglia il conforto”267. In altre parole, l’uomo, nella sua dimensione sentimentale e animica, id est nel suo profondo, è legato a filo doppio al mondo e a Dio da una angoscia esistenziale, che è, al contempo, consolazione: il dramma dell’uomo, della sua precaria e tragica condizione, dev’essere per don Miguel, a fil di logica (ma meglio sarebbe dire, forse, “sentitamente”), motivo di “lagrimas divinas268”, motivo di dolore per Dio. Da qui il conforto nella disperazione, perché il dolore e la morte non sono un male “singolativo” (intendendo con questo termine preso a prestito dalla grammatica “vissuto individualmente da ciascuno”), bensì collettivo, anzi universale, tanto da coinvolgere Dio o, se si preferisce, l’Universo personificato, umanizzato. Ma per Unamuno il mordente che lega il conforto al dolore, la vita alla morte, l’uomo a Dio è l’amore, definito nella prima frase del capitolo 7 di Del sentimiento trágico de la vida (Amor,

dolor, compasión y personalidad) come “quanto di più tragico vi sia al mondo e nella vita”269, passo270, peraltro, dal quale viene espunto rispetto al Tratado “lo más terrible”, che andava a formare una simmetrica dittologia sinonimica con l’altro sintagma “lo más 271trágico” per l’appunto, il quale viene a trovarsi in questo modo in una posizione di maggiore evidenza, dettata dalla sua unicità e dal suo isolamento nel contesto della frase. Ci soffermeremo più avanti su un’analisi dei cambiamenti stilistici tra Tratado e Sentimiento.

Un altro esempio relativo sempre al nono capitolo riguarda questo frammento:

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 266 Questo segno diacritico nel catalogo da me approntato (op. cit.) indica che l’articolo la è sovrascritto a una precedente e.

267 “[...] la eterna congoja, la fuente del sentimiento trágico de la vida, que va a posarse en lo hondo de lo eterno, y allí despierta el consuelo; [...]”

268 “Lacrime divine”.

269 “Es el amor, lectores y hermanos, lo más trágico que en el mundo y en la vida hay;[...]” 270 Excerptum 7.1.1.

271 Scelgo qui questo aggettivo perché “angoscia” (congoja) è un altro termine chiave di Del sentimiento trágico, mutuato dal Tratado del amor de Dios, e ricorrente in tutta la trattazione a descrivere lo stato d’animo esistenziale di Unamuno.

! "+*!

Y el amor no nos lleva á otra dicha que á la del amor mismo, que es dicha dolorosa. Desde el momento en que el amor se hace dichoso, se satisface, ya no desea y ya no es amor. (T, p. 63)

Y el amor no nos lleva á otra dicha que á la del amor mismo, que es dicha dolorosa, y su trágico consuelo de esperanza incierta. Desde el momento en que el amor se hace dichoso, se satisface, ya no desea y ya no es amor. (T, p. 63)

Qui, come si vede, y su trágico consuelo de esperanza incierta sostituisce que es dicha

dolorosa. È patente l’incremento della componente tragicista ottenuto mediante l’innesto

dell’ossimorico sintagma trágico consuelo, significativamente accostato all’idea di una speranza incerta, alla quale è doppiamente legato per via di quella costruzione chiastica (aggettivo- sostantivo/sostantivo aggettivo) che si sviluppa specularmente attorno alla preposizione de, introducente un complemento di specificazione inalienabile dal sostantivo (consuelo) cui si riferisce. D’altro canto, anche speranza incerta è, in certo qual modo, un ossimoro, se si considera il valore etimologico del latino spero (e la spes è, non a caso, proprio una delle tre virtù teologali che costituiscono il titolo del capitolo in questione); senza dimenticare, del resto, il duplice significato di esperar. Molto probabilmente, poi, Unamuno gioca su questa caratteristica bisemica del verbo. La forte concentrazione di ossimori (sparsi passim un po’ in tutta la trattazione e, peraltro, nell’opera omnia del poeta-filosofo di Bilbao) proprio in questo punto mette in risalto (al di là del gusto estetico letterario di Unamuno) il dissidio interiore che nasce dalla riflessione sulla morte e che, a sua volta, produce il “sentimento tragico della vita”. Un dissidio travagliato, tormentato, fatto di contrasti e inquietudini che convivono in un uomo diviso tra fede e incertezza, ateismo e speranza, di un uomo lacerato interiormente. Un dissidio per cui l’esistenza stessa è un ossimoro, o, quanto meno, quest’ultimo è la figura retorica che meglio la rappresenta; che meglio rappresenta quel mondo, quel conflitto intimo. A ben vedere, l’espressione sostituita (que es dicha dolorosa) è evidentemente un altro ossimoro; l’intento, e lo strumento adottato per perseguirlo, risultano più che giustificati e inoppugnabilmente chiari. La felicità dolorosa viene rimpiazzata dal tragico conforto

di speranza incerta, cifra di una più profonda ed esplicita consapevolezza dell’ineluttabilità

dell’umano destino, indi per cui la morte, “the undiscovered country, from whose bourn no traveller

returns”272 un tabù dietro il quale si cela il mistero dell’esistenza e dell’Universo, mentre si rende manifesta tutta la fragilità, tutta la finitudine e l’impotenza dell’Uomo.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 272 W. Shakespeare, Hamlet, III.1.

! ""+!

Nuovamente nel capitolo 9, zeppo (come si è fatto notare) di espressioni gravitanti intorno all’etimo presente nell’aggetivo trágico, nel sostantivo tragedia, et similia, è riscontrabile l’interpolazione dell’aggettivo trágico, giustappunto, all’interno di questo frammento:

Y la fórmula terrible, trágica, de la vida íntima espiritual [...]. (T, n. 10) Y la fórmula terrible, trágica, de la vida íntima espiritual [...]. (STV, p. 367).

Si tratta, quest’ultimo, di un caso diametralmente opposto a quello proposto precedentemente nel frammento relativo al settimo capitolo. Se in quello, infatti, osserviamo l’espunzione dell’espressione lo más terrible e la conservazione esclusiva del sintagma lo más

trágico, in questo avviene l’esatto contrario: all’aggettivo terrible si accosta l’aggettivo trágica,

riferiti entrambi alla formula della vita intima spirituale, che per Unamuno consiste nel raggiungere “il massimo di felicità con il minimo d’amore o il massimo d’amore con il minimo di felicità”, che, al di là del parallelismo un po’ barocco, è speculum preclaro, nonché indiscutibile della inquieta e combattuta aporia che attanaglia la coscienza insicura, vaccillante, del geniale creatore di Augusto Pérez.

Una dolorosa diatriba intima per chi non sa risolversi tra l’amore, che nasce dal dolore, e la felicità, che muore nell’illusione. Tra tragico conforto e piacere doloroso. Per l’Unamuno “post- crisi del ‘97”, dalla cui mente e dal cui cuore si generano il Tratado ed il Sentimiento, amore è abbandono totale e fiducioso a Dio, o in Dio, senza più speculazioni logiche o “scolasticamente” teologiche intorno a Lui, perché queste non possono che allontanare da Dio, avvicinando all’idea che di Lui abbiamo. Questa “formula” è un compendio di tutto l’angosciato273 dissidio interiore di don Miguel.

Ma accanto ad un’amplificazione della risonanza tragicista, già in germe in T, STV recupera dal manoscritto del 1908 anche altre due componenti: da un lato, la riflessione erostratista (o, se si preferisce, nihilista), che in quello occupava le pagine centrali e, di conseguenza, era, per così dire, in sordina; dall’altro, il chisciottismo, come risposta, pur parziale e illusoria, al tragico destino umano stesso.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

273 Scelgo qui questo aggettivo perché “angoscia” (congoja) è un altro termine chiave di Del sentimiento trágico, mutuato dal Tratado del amor de Dios, e ricorrente in tutta la trattazione a descrivere lo stato d’animo esistenziale di Unamuno.

! """!

3.4La componente erostratista

All’erostratismo, inesauribile desiderio di eternità che conduce alla distruzione di sé e degli altri, Unamuno dedicherà gran parte del terzo capitolo di STV , che, non a caso, va sotto il titolo di “El hambre de inmortalidad”, dove confluirà la maggior parte dei frammenti di T incentrati sul tema del nichilismo. A tali frammenti, dunque, vengono riservati una collocazione più eminente e maggiore spazio, ma anche (e, forse, è questo il dato più interessante) un’enfasi e un’intesità pià vivide. Don Miguel svilupperà il tema, senza variazioni, al di là dei confini del terzo capitolo: esso riaffiorerà come un fiume carsico in altri punti di STV, riflesso di una “scheggia nelle carni”,

mutatis mutandis, che è punto di partenza per la ricerca del consuelo en la desesperación, di una

nota dominante che non abbandonerà il filosofo nel corso di tutta la trattazione, a metà tra la fede (come “potenza creativa”) e il nulla. Già nel secondo capitolo di STV, ad esempio, non ci si può sottrarre dall’osservare queste aggiunte quanto meno significative rispetto al periodo di T:

Un individuo suelto puede vivir moralmente una vida buena, sana y heroica sin creer de manera alguna en Dios [...] (T, n. 3)

Un individuo suelto puede soportar la vida y vivirla buena, y hasta heroica, sin creer en manera alguna ni en la inmortalidad del alma ni en Dios [...] (STV, p. 130)

Al di là della sostituzione di vivir con soportar, spia inequivocabile di una precisazione di segno stoicistico, e di altre piccole ed irrilevanti variazioni, ciò che va evidenziato è senz’altro quel

ni en la inmortalidad del alma, dove compare esplicitamente una parola-chiave, inmortalidad,

associato ad alma, sintagma che in ultima analisi esprime, nella sua totalità, la base di quel sentimento erostratista che informerà in particolare il terzo capitolo di STV.

Passando proprio al capitolo 3, sono state registrate, infatti, aggiunte che si pongono sulla scia di una riflessione organica e sistematica all’interno del tema dell’erostratismo. La fame di immortalità di Unamuno trova riscontro non a caso in queste aggiunte disseminate precipuamente nel terzo capitolo di sostantivi ed aggettivi quali inmortalidad e inmortales o eterno e eternidad. Ecco alcuni esempi:

! ""#!

1) [...] y toda religión arranca historicamente del culto á los muertos [...] (T, p. 40)

[...] y toda religión arranca históricamente del culto a los muertos, es decir, a la inmortalidad. (STV, p.

146);

2) [...] hablando > del[o] dudoso <274 de nuestros ensueños y del riesgo de que sean vanos [...] (T, p. 45) [...] hablando de lo dudoso de nuestro ensueño de ser inmortales [...] (STV, p. 153);

3) Ser, ser siempre, ser sin término! sed de ser, sed de ser más! hambre de Dios! sed de amor eternizante! ser siempre y serlo todo! ser Dios! (T, p. 39)

¡Ser, ser siempre, ser sin término! ¡Sed de ser, sed de ser más! ¡Hambre de Dios! ¡Sed de amor eternizante! ¡Ser siempre y serlo todo! ¡Ser Dios! (STV, p. 146);

Documenti correlati