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DAL TRATADO DEL AMOR DE DIOS A DEL SENTIMIENTO TRÁGICO DE LA VIDA: GESTAZIONE DI DUE TRATTAT

4) El hambre de Dios, la sed de sobrevivir [ ] (T, p

3.6 Il mutamento silistico

Passiamo ora ad analizzare più nel dettaglio i mutamenti di ordine stilistico nel passaggio dall’una all’altra trattazione. Ciò che maggiormente colpisce è la tendenza ad una più ampia articolazione del discorso e del periodo, unitamente alla propensione a trasporre ed estendere asserzioni e osservazioni di diversa natura da un ambito intimo e personale ad un ambito più universale. Questo è ampiamente giustificato dal tono, dal carattere più dissertatorio di Del

sentimiento trágico e dal suo essere destinato alle stampe, quindi indirizzato ad un pubblico, e non

più abbozzo preparatorio nel quale confluisce un monologo intimo e autoreferenziale, “diaristico”, direi, quale era, per contro, il Tratado del amor de Dios. Questo slittamento da una narrazione in prima persona ad una relativamente più impersonale e universale impone la sostituzione di molte forme della prima persona singolare con la terza persona singolare o con una prima persona plurale (o quarta persona) che comprende non più soltanto l’io di Unamuno, ma quello di tutta l’umanità nella sua interezza (si vedano a titolo esemplificativo di questa tendenza i frammenti 9.8.2-5, 9.8.20- 22, 9.8.36-39, 9.8.40, 9.9.11-12, 9.11). L’oggetto della trattazione non coincide più esclusivamente con il sentimento che Unamuno in quanto tale nutre nei confronti delle cose, del mondo, di Dio, ma con quello di tutti gli uomini. Azzardando un parallelismo ardito, mutatis mutandis, vi è una sorta di estensione del sentimento tragico all’umanità intera, una condivisione che potrebbe ricordare sensu

lato e in modo sfumato, indefinito, la “social catena” in cui si dovrebbe stringere “l’umana

compagnia” di cui parla

Leopardi284. In vista della pubblicazione, d’altra parte, è fisiologico che si tenda, soprattutto in un testo di argomento filosofico, a oggettivare, ad affermare con maggiore vis, con maggiore enfesi, in maniera più categorica e incisiva. Questo, però, non implica un’astrazione asettica !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

284 “Social catena” e “umana compagnia” sono sintagmi de La ginestra o il fiore del deserto composta da Leopardi a Torre del Greco nel 1836. Il parallelo con Leopardi non vuole creare un rapporto di dipendenza e di identificazione tra i due poeti e filosofi, ma vuole essere semplicemente e modestamente un modo per ricordare quanto il pensiero di Leopardi, più che influenzare o condizionare Unamuno, sia stato da lui percepito e recepito come un pensiero condivisibile, anzi simpatetico (naturalmente all’interno di una personalità e di una sensibilità originali e singolarissime, di un ideale per certi versi parallelo, ma per altri agli antipodi rispetto a quello del poeta recanatese – si pensi, in tal senso, al Dios unamuniano e alla leopardiana natura maligna del Dialogo della Natura e di un Islandese). Per l’Unamuno del Tratado, Leopardi è il poeta del dolor ; per l’Unamuno del Sentimiento, Leopardi è il poeta non solo e semplicemente del dolor, ma anche dell’aniquilamiento. A contorno di questo discorso e a testimonianza dell’affinità tra Unamuno e Leopardi si ricorda, comunque, che l’exul immeritus euscaro, durante il suo “destierro” a Fuerteventura (1925) tra i pochi effetti personali che porterà con sé l’unico libro, a parte la Divina Commedia e il Nuovo Testamento, saranno proprio i Canti di Leopardi, che, detto incidentalmente, viene più volte ed esplicitamente citato in Del sentimiento trágico (si pensi all’espressione “hediondo orgullo”, tratta sempre da La ginestra o, per esempio, i versi con cui si apre il canto Amore e Morte “Fratelli, a un tempo stesso, Amore e Morte / ingenerò la sorte” (capitolo 7) nonché i versi “Perì l’inganno estremo / ch’eterno io mi credei” e il sintagma di ascendenza biblica (Ecclesiaste) “l’infinità vanità del tutto”, estrapolati dal componimento che chiude il ciclo dei canti di Aspasia: A se stesso.

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nell’esposizione, o meglio nell’espressione del “sentimento tragico della vita”. Il monologo si trasforma in soliloquio, in dialogo fittizio con cui Unamuno (come in molte sue opere, si pensi a

Como se hace una novela, per esempio) si rivolge direttamente al lettore (o ai lettori tout court) con

il vocativo lector (o lectores) e lo (li) coinvolge. In Del sentimiento trágico il tono colloquiale, talvolta finanche “omiletico”, si consolida in alcune parti ,dove viene simulato in senso letterario un rapporto dialettico tra autore e lettore, ribadito, peraltro, da alcune enfatizzazioni a livello retorico, come, oltre alla seconda persona singolare e al vocativo di cui si diceva, l’anadiplosi di parole su cui Unamuno vuole concentrare espressivamente l’attenzione, la reiterazione, insomma, di concetti chiave su cui si focalizza il discorso.

Parendo pur opportuno dissuadére da conclusioni frettolose, se Del sentimiento trágico de la

vida è frutto indiscutibilmente nato dall’humus del Tratado del amor de Dios, vero è che le due

opere, come si è cercato di mettere in luce nel corso di questo articolo, sono due entità autonome e distinte, essendo la prima non il naturale esito o sviluppo in termini genetici della seconda, intesa come abbozzo, ma un ampliamento e una ristrutturazione nella quale le diverse parti del Tratado vengono interpolate (intratextos) e, spesso, rimaneggiate (refundiciones). Sicuramente, le novità sostanziali di maggior spicco riguardano l’introduzione e l’aumento considerevole di parole correlate al campo semantico della tragedia e dell’angoscia o angustia (accanto o in vece di miseria e dolor, che vengono così connotati con più precisione); la sostituzione, nel passaggio dall’uno all’altro trattato, di termini relativi alla percezione con termini relativi al sentimento. Non è un caso, a mio modesto parere, che da un titolo in cui le parole chiave sono amor e Dios si passi ad un titolo in cui parole chiave risultano essere proprio trágico e sentimiento, a fianco di vida. Viene spontaneo osservare (come riflesso dai rispettivi titoli) che da un’opera incentrata su Dio e sull’amor di Dio si passa ad un’opera gravitante intorno ad un “tragico” esistenzialismo catafratto da un senso di inerme fragilità che è propria dell’essere umano, e che riguarda tutti gli uomini (il titolo completo dell’opera, pubblicata per la prima volta nel 1913, significativamente recita: “Del sentimiento

trágico de la vida en los hombres y en los pueblos”). I noti eventi concentrati negli anni 1909-1911

hanno, evidentemente, prodotto in don Miguel de Unamuno y Jugo, condizionandolo, una più profonda (nonché più consapevole) angoscia esistenziale, eredità, fra l’altro, della crisi cominciata negli ultimi anni dell’Ottocento (1897). Quando si confrontano il Tratado del amor de Dios e Del

sentimiento trágico de la vida conviene, in ultima analisi, considerarli come due realtà collegate ma

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APPENDICE 1

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