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Su un ordito di imagery di matrice eschilea 303 Euripide trama numerose e pregnanti inserzioni metamusicali 304 (tra cui la riproposizione, sotto l'egida delle Moàsai e di Dioniso,

299

Del resto Andromaca ed Ecuba, pur non databili con esattezza, vengono fatte risalire agli anni 425-422, risultando dunque di quasi un decennio precedenti alle Troiane: senza entrare nel merito di complesse questioni di periodizzazione dell'opera euripidea (ed attribuzione alle singole fasi di relativi caratteri drammaturgici distintivi), la contiguità tematica fra le tre pièces di argomento troiano tradisce inevitabilmente, sul piano dell'impianto poetico e allusivo, un significativo ‘scarto’ tracciato dalla tragedia più recente rispetto alle altre due.

300

Garner 1990, 140, la cui sintesi sui caratteri allusivi dell'Eracle ben si attaglia anche alla dimensione dell'intertestualità delle Troiane (la cui trattazione riceve, da parte dello studioso, spazio e attenzione piuttosto limitati: cf. 165ss.): «with allusions to other plays Euripides creates distance and alienation for his own; what sounds familiar is seen to be inapplicable in its new setting».

301

Zeitlin 1980, 54: la definizione attiene all'Oreste, «perhaps the first work of literature in which close sustained familiarity with other texts is imperative for any genuine appreciation of its meaning and achievement» (53); le avvisaglie di una tale operazione Euripide ha forse disseminate già a partire dall'Eracle.

302

Per la datazione della tragedia ci si appoggia (vd. da ultimo Barlow 1996, 18) a criteri metrici interni (Cropp- Fick 1985, 5), che ne attestano la contiguità, nella percentuale di trimetri soluti (23,2%), con le Troiane (26,8%), suggerendone dunque, come range cronologico approssimativo, gli anni 417-416 (così anche Kovacs 1998a, 303).

303

Cf. l'analisi puntuale in Garner 1990, 110-116: nella schematica appendix F (Poets' allusions by work, pp. 206-221) Eracle ed Oreste detengono, nel novero dei drammi euripidei, il più consistente portato allusivo; sull'‘autocaratterizzazione’ di marca eschilea del Coro di anziani come dÒkhma ™nnÚcwn Ñne…rwn (HF 112s., cf. Ag. 82 Ônar ¹merÒfanton ¢la…nei) cf. Bond 1981 ad l. e, ora, il ricco apparato di similia (a partire, evidentemente, da Pind. P. 8,95s. ski©j Ônar / ¥nqrwpoj) in Neri 2003b, 66 n. 3; di notevole pregnanza intertestuale, inoltre, la ripresa euripidea della metafora con cui la Cassandra eschilea predice il ritorno di Oreste ¥taj t£sde qrigkèswn (Ag. 1283), funzionalizzata da Eracle alle proprie (e autoprocurate) «tai (v. 1284): tÕn lo…sqion dł tÒnd' œtlhn t£laj pÒnon, / paidokton»saj dîma qrigkîsai kako‹j (vv. 1279s.): la sola altra occorrenza tragica dell'immagine si trova in Tro. 489s., con Ecuba che lamenta quale qrigkÕj ¢ql…wn kakîn il giungere in Grecia doÚlh gun¾ graàj. Citti 1994, 147s. segnala, in riferimento ad HF 1203s. ð tšknon, p£rej ¢p' Ñmmatwn / pšplon, ¢pÒdike, ·šqoj ¢el…J de‹xon, l'ipotesto eschileo di Ag. 1410 ¢pšdikej ¢pštamej,

della paradossale associazione tra la lira e l'aÙlÒj

305

, «the Dionysian instrument par

excellence»

306

, veicolo della bacchica mousik» che induce l'eroe alla pazzia), un insistito

¢<pÒ>polij d' œsV: ¢podike‹n è proton (e la sola occorrenza, in Euripide, è costituita dal passo dell'Eracle), sebbene verosimilmente non una neoformazione eschilea, e le «evidenti affinità strutturali» tra i due contesti (puntualmente evidenziate da Citti) rendono probabile, nella ripresa euripidea, un'intenzione allusiva (peraltro Eschilo utilizza il verbo con valore traslato, con Euripide che al contrario ne restituisce il senso letterale di "svelare", "togliere il velo", nel caso specifico il pšploj).

304

I vv. 110s. „hlšmwn gÒwn ¢oi- / dÕj éste poliÕj Ôrnij, nell'annunciare il contenuto trenodico della parodo (cf. Gostoli 2007, 184), propongono il topos del ‘canto del cigno’, che risuona dell'eco di Ag. 1444s. e ritorna (nella iunctura gšrwn ¢oidÒj) ai vv. 678s. e, in responsione, ai vv. 691-694 (pai£naj d' ™pˆ so‹j mel£qroij / kÚknoj éj gšrwn ¢oidÒj / poli©n ™k genÚwn / kelad»sw: la tenuta della ripresa ad litteram è garantita dalla congettura gšrwn di Nauck per il tràdito gÒwn: cf. Neri 2003b, 66s. n. 4; il peana per Eracle è il canto del cigno del Coro di anziani tebani: cf. anche Henrichs 1996, 60; sul topos cf. anche Arnott 1977, Cantilena 1992, 180ss.); l'immagine, poi, dell'uccello che piange la perdita dei figli (di cui si è passata in rassegna la matrice omerica, la rifunzionalizzazione eschilea e la produttività nelle Troiane) è dal Coro declinata sull'arrivo di Anfitrione, ai vv. 1039ss. Ð d' éj tij Ôrnij ¥pteron katastšnwn / çd‹na tšknwn pršsbuj ØstšrJ podˆ / pikr¦n dièkwn ½lusin p£resq' Óde (per un'interpretazione del participio katastšnwn quale descrittore di un suono che doveva risultare udibile agli spettatori, dunque alla stregua di un'indicazione di regia sonora, cf. Battezzato 1995, 149s. n.38).

305

Nella seconda strofe del II stasimo, in un tipico inserto di choral projection (vv. 680-686 œti t¦n `Hraklšouj / kallin…kon ¢e…sw / par£ te BrÒmion o„nodÒtan / par£ te cšluoj ˜ptatÒnou / molp¦n kaˆ L…bun aÙlÒn. / oÜpw katapaÚsomen MoÚsaj / a† m' ™cÒreusan. Il futuro ¢e…sw è lezione del codex unicus L, e si fa preferire al presente ¢e…dw, proposto da Elmsley, in quanto può ben trattarsi di un perfomative future: cf. Henrichs 1996, 55), l'enfasi sui «regenerative powers of mousike» (Wilson 1999/2000, 435) rimarca una dialettica polare che percorre e caratterizza l'intera pièce, quella «between Herakles' youthful strenght and the chorus of decrepit old men with their longing for rejuvenation» (Henrichs 1996, 54), e prepara una metabol» (kakîn, v. 734, con antifrastica e tragica ironia) che è altresì musicale (cf. le metallaga… dakrÚwn, che aprono il III stasimo e che <nšaj> œtekon ¢oid£j ai vv. 765ss.: l'integrazione è di Wilamowitz 1895; la prefissazione mšta-, p£li-, ¢nt…-, cifra espressiva dello stasimo, «emphasizes the reversal epitomized by the overthrow of Lycus»: vd. Rehm 1996/1997, 53), e che raggiunge l'¢km» nella dionisiaca apparizione di Lissa (v. 844): certamente «Dionysian music is to play a crucial part in this induction of mania» (Wilson 2000, 436), con l'aÙlÒj (che di quella metabol» è veicolo e simbolo: da accompagnamento musicale dell'imeneo per le nozze di Eracle e Megara, vv. 10ss., a strumento di una terrorizzante «dance of madness», sancita minacciosamente da Lissa al v. 871, t£ca s' ™gë m©llon coreÚsw kaˆ kataul»sw fÒbJ, su cui vd. Henrichs 1996, 61) a guidare con «destructive tune» i terribili e bacchici (sebbene il Coro tenti insistentemente di rimarcarne l'‘eterodossia’ rispetto alla norma: vv. 892s. kat£rcetai cÒreuma tump£nwn ¥ter, / oÙ brom…J kecarismšna qÚrsJ, 894s. prÕj a†mat', oÙcˆ t©j Dionusi£doj / botrÚwn ™pˆ ceÚmasi loib©j) core…a (vv. 896s. d£ion tÒde / d£ion mšloj ™paule‹tai) di cui l'eroe, nella sua folle azione omicida (perversa inversione di un rituale dionisiaco, come nota Anfitrione al v. 966: t…j Ð trÒpoj xenèsewj tÁsd'; Sulla particolare valenza di xšnwsij vd. Bond

utilizzo del modulo espressivo della choral self-referentiality (il cui climatico esito è un