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Un esempio di attivismo diocesano: la Padova di Pellizzo e Cecconell

pubblici, forme e scene della politica plateale

2.5. Un esempio di attivismo diocesano: la Padova di Pellizzo e Cecconell

Il male va sempre crescendo e usa sempre nuovi mezzi per combattere la religione e pervertire il popolo: dunque nuove armi devono essere impugnate.79

Alla preghiera deve andar congiunta l’Azione.

[…] Sono infatti nuovi i mali affliggenti l’umana famiglia, nuove le insidie alla fede, al buon costume, alla sana educazione della gioventù; sono nuove le ingiustizie da riparare? Si devono applicare nuovi mezzi affinché il popolo cristiano possa essere salvo. […] Stampa, associazioni, conferenze, istituzioni sono i mezzi più ovvi per questa pacifica lotta contro l’errore e il vizio, per la difesa e il trionfo della verità e virtù.

[…] Nessuno quindi, meno casi eccezionali, si tenga estraneo alla vita pubblica. […] Ogni parrocchia deve avere almeno un nucleo di elettori organizzati ed istruiti. Con eserciti ignoranti non si vince una battaglia!80

Bastano pochi passaggi tratti dalle lettere pastorali di monsignor Pellizzo al clero padovano per delineare – al di là del curioso alternarsi di espressioni bellicose e pacifiste, non raro nei proclami ecclesiastici – le intenzioni del vescovo di Padova. L’Azione, con l’A maiuscola, è naturalmente l’Azione

78 Cfr. ACS, MI, DGPS, DAGR, 1911, cat. C1, b. 19, fasc. Treviso. Ordine pubblico; per altri casi simili cfr. ivi, fasc. Verona. Ordine pubblico; ACS, MI, DGPS, DAGR, 1912, cat. C1, b. 23, fasc. Vicenza. Ordine pubblico; ivi, 1921, cat. C1, b. 76, fasc. Vicenza. Ordine pubblico. L’esempio forse più clamoroso della complessa sovrapposizione tra campanilismi e questioni ecclesiastiche è la sassaiola scatenata nel 1909 dai fedeli di Adria contro il loro vescovo, che sta annunciando il trasferimento della sede vescovile dalla stessa Adria a Rovigo (cfr. Mariotto, “La Lotta”, cit., p. 99).

79 Lettera pastorale di Luigi Pellizzo datata 15 marzo 1916 (riportata in appendice a Lazzarini, Vita sociale e religiosa nel Padovano agli inizi del Novecento, cit., p. 207).

80 Lettera pastorale di Luigi Pellizzo datata 23 luglio 1908; il documento veniva allegato dal prefetto di Padova ai suoi allarmati rapporti su Pellizzo (su cui cfr. più sotto), a riprova dell’attivismo e della spregiudicatezza del vescovo: cfr. ACS, MI, DGPS, DAGR, 1911, cat. K2, b. 47, fasc. Padova. Partito clericale.

cattolica: organizzazione e propaganda, perché «il prete deve assolutamente entrare nella vita sociale»81.

E in questa sua azione Pellizzo, per quanto dichiari formalmente di ispirarsi alle direttive di Pio X, finisce in realtà per spingere il suo «ardore giovanile»82 ben oltre le intenzioni del pontefice, tanto da dover in breve fare parziale marcia indietro di fronte alla reazioni romane (che per il momento non mireranno a lui direttamente, ma al suo braccio destro don Cecconelli). Già da diversi episodi riportati nelle pagine precedenti – si noti ad esempio come, alle apparizioni degli aborriti Podrecca e Murri, le più decise reazioni di piazza si concentrassero in territorio padovano – risulta evidente che non tutte le diocesi venete intendevano allo stesso modo il loro dovere di “uscir di chiesa” o “di sacrestia”. Premesso che, in questa fase, l’attività delle organizzazioni cattoliche non godeva della benché minima autonomia rispetto alle gerarchie ecclesiastiche, erano soprattutto l’indole, la formazione e l’età dei singoli vescovi, la rete di rapporti personali costruita attorno al pontefice veneto («il papa nostro»83) e gli equilibri politici locali a disegnare il mosaico, non riducibile nemmeno alla semplice opposizione tra intransigentismo e clerico-moderatismo; ché, anzi, per ragioni diverse la “vecchia” e la “nuova” tendenza del cattolicesimo italiano condividevano i sospetti verso un’organizzazione economico-sociale troppo attiva84.

81 Ibid.

82 Al suo arrivo a Padova Pellizzo aveva 47 anni; sulla sua appartenenza alle «forze giovanili del partito cattolico», quindi sul suo essere una testa calda, insiste in particolare il prefetto di Padova (cfr. più sotto). Luigi Pellizzo era nato presso Cividale del Friuli nel 1860 e aveva fatto “carriera” nel seminario di Udine, fino a divenirne rettore; nominato vescovo di Padova nel luglio 1906, assumeva l’incarico l’anno successivo, mantenendolo per 16 anni (per gli studi esistenti sulla figura del vescovo cfr. Lazzarini, Vita sociale e religiosa nel Padovano agli inizi del Novecento, cit.).

83 L’espressione è ancora di Pellizzo: cfr. Marcello Malpensa, Riprese e interpretazioni delle linee di governo di Leone XIII e Pio X nelle pastorali dei vescovi veneti, in Episcopato e società tra Leone XIII e Pio X. Direttive romane ed esperienze locali in Emilia Romagna e Veneto, a cura di Daniele Menozzi, Il Mulino, Bologna 2000, p. 96.

84 Il retroterra teorico più favorevole per lo sviluppo di un’azione sociale cattolica ad ampio raggio, soprattutto in campo sindacale, era semmai quella che per qualche anno apparve la possibile “terza via” del cattolicesimo italiano, ovvero un’uscita dalle chiusure intransigenti ma in direzione opposta al conservatorismo sociale dei clerico-moderati: la democrazia cristiana. E non è infatti un caso che ad essa – o meglio a quel che ne poteva rimanere, in ambito ortodosso, dopo la fuoriuscita e la condanna di Murri – dichiarassero di ispirarsi i giovani preti protagonisti di questa stagione dell’azione cattolica, in particolare padovana (sempre con la precisazione, naturalmente, che la loro era la «vera democrazia cristiana», non la versione corrotta che aveva portato alla rovina lo stesso Murri; del quale il più importante dei giovani sacerdoti veneti, don Cecconelli, si atteggiava non a caso a nemesi). Si veda ad esempio come durante un comizio nel cortile della canonica di Vigorovea (Pd) venissero affisse ai muri le scritte «W Cecconelli!», «W la Democrazia Cristiana!» (cfr. “La Difesa del Popolo”, 2-16 maggio 1909; per altri proclami pro democrazia cristiana cfr. ivi, 13 settembre e 20 dicembre 1908, 9 marzo 1910; va aggiunto che il primo direttore del settimanale diocesano da cui si prendono queste notizie, Umberto Signorini, era stato a sua volta un democratico

Così uno dei più conservatori tra i vescovi veneti d’età giolittiana, il veronese Bacilieri, ostacolava l’azione cattolica nella sua diocesi – a rimproverarglielo era addirittura il visitatore apostolico inviato da Roma – per «timore veramente soverchio ed esagerato» di tutto ciò che poteva odorare di modernismo e per diffidenza verso l’ipotetica indipendenza delle associazioni di laici; ma anche, contemporaneamente, per non compromettere l’alleanza clerico-moderata che governava la città85. All’insegna dell’intransigentismo era stato pure l’insediamento del vescovo Antonio Feruglio a Vicenza, nel 1895; egli, nella sua prima lettera pastorale, aveva addirittura indicato il «cattolicesimo liberale» tra i grandi nemici da combattere (al pari di liberalismo, socialismo e massoneria: l’esordio del nuovo vescovo era parso tanto polemico che il radical-socialista “Giornale Visentin” l’aveva soprannominato «monsignor Taferuglio»; e il vescovo avrebbe ricambiato, quindici anni dopo, “scomunicando” il giornale); in seguito assumeva posizioni più moderate, cercando in qualche modo di mediare tra la tradizione vicentina del clericalismo più retrogrado, incarnata dai fratelli Scotton, e le esigenze dei tempi nuovi; ma fu soprattutto con la sua morte e l’arrivo del nuovo vescovo Ferdinando Rodolfi (1911) che anche qui si aprirono spazi per l’azione dei “preti sociali”86. Fedelissime a Pio X erano poi le due diocesi a lui più direttamente legate, Venezia e Treviso87, con i rispettivi vescovi Cavallari (1904-1914) e Longhin (1904-1936); attente, dunque, ad intendere l’azione cattolica nei precisi termini voluti dal pontefice: associazioni laicali sotto stretto controllo ecclesiastico, lontane da ogni sospetto di modernismo, che togliessero terreno al socialismo senza compromettere il riavvicinamento dei cattolici alla classe dirigente liberale. Un equilibrio non facile da mantenere, evidentemente, e infatti non mancano nel Trevigiano singoli leader del sindacalismo bianco che rompono le briglie per assumere posizioni anti-moderate,

cristiano, fortemente avversato dal vescovo di Verona Bacilieri; cfr. Lazzarini, Vita sociale e religiosa nel Padovano agli inizi del Novecento, cit., pp. 33-34).

85 Giovanni Vian, La riforma dell’episcopato italiano promossa da Pio X attraverso le visite apostoliche. Il caso dei vescovi veneti, in Menozzi (a cura di), Episcopato e società tra Leone XIII e Pio X, cit., p. 250-251. Il cardinale Bartolomeo Bacilieri fu vescovo di Verona dal 1900 al 1923.

86 Cfr. Nardello, a cura di, La visita pastorale di Antonio Feruglio, cit., pp. XVI-LVI; Reato, Pensiero e azione sociale dei cattolici vicentini, cit., pp. 148-150; Rossi, Le origini del partito cattolico e la lotta di classe nell’Italia liberale, cit., pp. 235-236; Franzina, La classe, gli uomini e i partiti, cit., pp. 69-70.

87 Come è noto Giuseppe Sarto era nato a Riese (Tv) ed era stato patriarca di Venezia dal 1893 alla sua elezione al pontificato, nel 1903.

fino all’aperta disobbedienza alle gerarchie (si veda il caso di Italico Cappelloto, riesploso poi nel dopoguerra)88.

Ma almeno per l’età giolittiana il caso più clamoroso, e interessante dal nostro punto di vista, resta quello di Padova, spesso citato ad esempio anche dagli studi sul movimento cattolico nazionale: un’esperienza avanzata di cattolicesimo sociale che paradossalmente si colloca nel cuore del vecchio intransigentismo (nella regione, cioè, che era stata il simbolo dell’Opera dei congressi) e proprio nel momento della «grande repressione» antimodernista di Pio X89. Ad attirare su Pellizzo l’attenzione di storici non specificamente interessati alla realtà locale90 è stata, in verità, soprattutto una serie di allarmati rapporti inviati a Roma dal prefetto di Padova, Maurizio Ceccato, a partire dal 1908:

Al Cardinale Callegari, defunto nell’aprile 1906, subentrò, nel governo della diocesi di Padova, il Vescovo Monsignor Pellizzo il quale prese possesso della sua carica nel 2 maggio del successivo anno 1907. Da quell’epoca, nell’azione del partito cattolico di Padova si è notato un risveglio che era evidentemente dovuto al carattere attivo, energico e battagliero del nuovo Pastore. […] Monsignor Pellizzo, di età ancora giovane, di principii molto diversi [dal suo predecessore Callegari], di mente pronta e svegliata, di tempra forte e battagliera, ha accarezzato subito le tendenze delle forze giovanili del partito, incoraggiando l’attività e il movimento di tutti. Lo stesso suo segretario [don Cecconelli] fu ed è tuttora il centro apparente dell’azione, circondato da quell’autorità e da quell’influenza che gli deriva da la speciale sua posizione, che è quella di persona di fiducia del Vescovo, anzi, di un missionario di questi.

[…] Non è a porre in dubbio che con l’assunzione di Mons. Pellizzo a Capo della Diocesi, il partito cattolico di Padova e della provincia ha presa una estensione ed una importanza che prima non aveva: ne fanno fede, oltre il lavoro dinanzi cennato91, i continui comizii che il predetto Don Cecconelli ed altri giovani

88 Cfr. Vian, La riforma dell’episcopato italiano promossa da Pio X, cit., pp. 221-223; Bertoli, Una diocesi all’ombra di Pio X, cit., pp. 12 e segg.; Rossi, Le origini del partito cattolico, cit., pp. 237-238. L’intervento moderatore dell’azione sociale delle diocesi parte dai massimi livelli della gerarchia ecclesiastica; esplicite le lettere mandate nel 1913 da Pio X al fido vescovo di Treviso, Longhin: «Passate le elezioni, con tatto e prudenza, Ella farà bene di eliminare dalla diocesi certi individui che col loro modo di procedere distruggono anziché edificare. […] In questo modo ella disgusterà forse qualcuno dei pretini, ma farà cosa grata a tutti i membri benpensanti di una Diocesi» (cit. in Vanzetto, Contadini e grande guerra in aree campione del Veneto, cit., p. 76).

89 È la lettura che ne fa Giovanni Spadolini nel suo Giolitti e i cattolici (1901-1914), Le Monnier, Firenze 1971, p. 138; cfr. anche De Rosa, Il movimento cattolico in Italia. Dalla Restaurazione all’età giolittiana, cit., p. 313; altri studiosi sottolineano piuttosto la fedeltà della diocesi di Padova a Pio X: cfr. Vian, La riforma dell’episcopato italiano promossa da Pio X, cit., pp. 221.

90 Oltre al già citato Spadolini si veda Fiorentino, Ordine pubblico nell’Italia giolittiana, cit., p. 94.

91 In un passo precedente dello stesso rapporto (per cui cfr. la nota successiva) il prefetto delineava l’intensa attività organizzativa diretta da Pellizzo: «In pochi mesi, creò in sostituzione dell’antico “Comitato Diocesano” la “Direzione Diocesana”, organo a cui è demandata la direzione del movimento sociale della diocesi, mettendovi a capo, come dissi, un giovane e valente sacerdote,

sacerdoti vanno tenendo contrapponendosi – direi quasi – agli oratori del partito socialista, specie nei Comuni rurali più frequentati e battuti da questi ultimi. Ne fanno fede i cinquemila aderenti che ormai fanno capo alle diverse associazioni, nonché i propositi e le speranze dei Capi, i quali già pensano, persino, di organizzare per il prossimo settembre un grande Congresso Cattolico in Padova con sfilata e corteo di tutti i convenuti.92

C’è tuttavia una questione fondamentale su cui Pellizzo, a parere del prefetto, non ha ancora scoperto le sue carte: se cioè intenda usare una tale macchina da guerra a difesa dell’ordine costituito – ovvero a fianco del governo e in funzione antisocialista – o contro di esso, puntando alla costruzione di un partito cattolico autonomo, e dunque in concorrenza anche col partito liberale (è lo spauracchio di una Chiesa che lotta «su due fronti). La sua azione, infatti, non ha finora lasciato trasparire «nessuno scopo antiunitario e anticostituzionale» e la tattica di propaganda adottata, pur essendo «la stessa dei socialisti», si mantiene «nei limiti dell’ordine e della giustizia»; non per questo, tuttavia, si può abbassare la guardia:

Evidentemente lo scopo del vescovo è adunque quello di aumentare sempre più la propria influenza per potersi all’occorrenza svincolare dal partito conservatore, assicurando ai clericali quella preponderanza che hanno già assieme ai moderati in quasi tutte le Amministrazioni locali, per poter poi esercitare da solo una decisiva influenza anche nelle elezioni politiche. Di tale scopo ho già prove abbastanza evidenti, sebbene nulla, ripeto, per ora, riveli intendimenti antiunitari o, comunque, contrari alle istituzioni dello Stato. Ad ogni modo continuerò a seguire attentamente le mosse del partito per poter informare V[ostra] E[ccellenza].93

il Don Cecconelli, che fino al marzo di quest’anno era stato suo segretario. Ed intorno a la “Direzione Diocesana”, che agisce per impulso e sotto la sorveglianza diretta di lui, sono sorte subito: la “Lega per la difesa della Religione e del clero”, la “Unione Cattolica del Lavoro”, la “Federazione Giovanile”, la “Associazione Elettorale Cattolica”. Così, mentre da una parte si è pensato alla difesa del Clero e del Culto, da l’altra si sono voluti raccogliere i lavoratori di campagna, parrocchia per parrocchia sotto la rispettiva “Unione Cattolica del Lavoro” che corrisponde precisamente a la “Lega” dei socialisti, a quell’istessa guisa che, per la Città, si è fatto con la “Federazione Giovanile” che raccoglie gli aderenti al partito dai 18 ai 40 anni di età. L’associazione elettorale poi, riunisce tutte le forze del partito per lo scopo indicato da l’espressione stessa, incaricandosi di fare inscrivere nelle liste sempre nuovi aderenti e di ottenere il concorso di quelli che già si sono inscritti. Non solo; ma a fianco di queste istituzioni di carattere politico- economico, altre se ne vogliono creare od alimentare in pro dei lavoratori in ispecie (Casse rurali - Casse affitti - Casse prestiti - Banche - Cooperative) ed altre ancora aventi scopo ricreativo, sportivo, di istruzione e di propaganda (Circoli - Ricreatori - Scuole). Come si vede, è completa organizzazione delle forze cattoliche, diretta ad estendere sempre più la influenza del Clero e del Vescovo».

92 ACS, MI, DGPS, DAGR, 1911, cat. K2, b. 47, fasc. Padova. Partito clericale, prefetto di Padova a MI, 29 giugno 1908. Il congresso cui si fa riferimento nel finale è presumibilmente l’Adunanza generale delle associazioni cattoliche della diocesi, che si terrà nell’ottobre successivo nella chiesa degli Eremitani (cfr. “La Difesa del Popolo”, 18 ottobre 1908).

93 ACS, MI, DGPS, DAGR, 1911, cat. K2, b. 47, fasc. Padova. Partito clericale, prefetto di Padova a MI, 29 giugno 1908.

A togliere al prefetto ogni dubbio è la tornata elettorale del 1909, che vede il clero pellizziano opporsi – nei collegi, rispettivamente, di Abano e Cittadella – a candidati giolittiani del calibro di Luzzatti e Wollemborg94:

Mons. Pellizzo […] si atteggiò qui durante la lotta elettorale quale capo di un partito politico, imponendo i suoi candidati e sostenendoli in tutti i modi a mezzo del Presidente della Direzione Diocesana [Cecconelli] che senza nessun ritegno girava in automobile i Comuni dei vari Collegi tenendo riunioni elettorali nelle Canoniche ed incitando i preti a sostenere ad ogni costo il candidato; sicché si ebbe quasi ovunque lo spettacolo di Sacerdoti che dall’altare predicavano a favore di un candidato o contro di un altro, od inculcavano l’astensione, quasi sempre minacciando pene spirituali, o giravano di casa in casa per vincolare il suffragio degli elettori.95

Le preoccupazioni del prefetto Ceccato nei riguardi del vescovo crescevano col passare degli anni, fino ad assumere nel 1911 toni quasi isterici, da Cassandra:

L’organizzazione ideata ed attuata da Mons. Pellizzo va sempre più estendendosi ed afforzandosi come avevo preveduto, e va perciò diventando sempre più pericolosa per l’ordine pubblico in questa provincia. Rigido, tenace, astuto, detto Prelato non si fa scrupolo di ricorrere anche a mezzi illeciti e di abusare del suo spirituale ministero pur di farsi strada e di raggiungere il fine propostosi che è quello di impadronirsi delle Amministrazioni locali, di imporsi al Governo, di sovrapporsi alle Autorità Civili, di cercare quasi – insomma – in questa provincia uno Stato nuovo che si muova ed agisca a suo piacimento. […] Egli spinge il Clero specie nelle campagne, a riunire e rendersi padrone delle masse che conduce con la massima facilità alle agitazioni e alle rivolte […]. Ciò che più impensierisce è che di fronte alle organizzazioni e all’azione intensa, estesa, efficace di Mons. Pellizzo, il Governo non ha, in questa provincia, né mezzi né organi per combatterlo.96

94 Leone Wollemborg, economista, fondatore a Loreggia (Pd) della prima Cassa rurale italiana e, per breve tempo, ministro delle finanze del governo Zanardelli, fu per diverse legislature il deputato liberale del collegio Cittadella-Camposampiero.

95 ASP, GP, b. 209, XIV/3, rapporto del Prefetto di Padova, 8 aprile 1909; si veda anche quanto detto in precedenza sui parroci denunciati in occasione di questa campagna elettorale. Quanto alla propaganda “porta a porta”, era evidentemente la capillare organizzazione territoriale a renderla particolarmente congeniale ai cattolici, come confermavano nel 1914 le «informazioni dei parroci sull’azione elettorale»: «Accadeva per lo passato che al capo sezione cattolico riusciva impossibile avvicinare tutti gli elettori, penetrare nelle case, far propaganda individuale in tutte le famiglie; questa volta il capo sezione scelse in tutte le contrade alcune persone che pazientemente istruì, affidando loro l’incarico di “lavorare” un certo numero di elettori, di tenerli d’occhio, di non abbandonarli nel giorno decisivo finché non avessero deposto la nostra scheda nell’urna» (cit. in Lazzarini, Vita sociale e religiosa nel Padovano agli inizi del Novecento, cit., pp. 237-238).

96 ASP, GP, b. 209, XIV/3, riservata del Prefetto di Padova, 6 febbraio 1911; il rapporto era diretto al presidente del Consiglio nonché ministro degli Interni – all’epoca proprio quel Luzzatti la cui rielezione era stata ostacolata da Pellizzo – ma non venne mai spedito; la ragione del ripensamento va probabilmente cercata nelle dimissioni di don Cecconelli dalla Direzione diocesana, comunicate in quegli stessi giorni, che lasciavano intravedere il parziale “ravvedimento” di Pellizzo (si veda più sotto), o forse anche nell’imminenza del ritorno al governo di Giolitti, al posto del suo “luogotenente” Luzzatti (su queste ipotesi cfr. Lazzarini, Vita sociale e religiosa nel Padovano agli

E se questi ultimi rapporti paiono segnati da una sorta di ossessione, del tutto motivati risultano perlomeno i dubbi iniziali del prefetto, rafforzati dai segnali ondivaghi e contraddittori che Pellizzo e i suoi inviavano all’autorità politica. Nel gennaio 1911, ad esempio, inaugurando la bandiera di un circolo cattolico, il vescovo si atteggiava a uomo d’ordine e raccomandava ai suoi giovani seguaci l’«ubbidienza ai capi, l’unione, la preghiera e il rispetto alle autorità costituite per combattere con sicurezza i nemici della patria e della religione»97; ma appena tre mesi più tardi il quotidiano diocesano “La Libertà” faceva sobbalzare il prefetto Ceccato invitando i fedeli ad «insorgere» contro lo Stato in difesa del papa, offeso dalla stampa liberale98.

La storiografia cattolica ha comunemente definito Pellizzo un vescovo che caldeggiava le manifestazioni di massa99; ed egli stesso dichiarava in un’intervista del 1911:

Sono stato chiamato il vescovo socialista, sobbillatore di folle, il ribelle. Sciocchezze! Il movimento da me iniziato non ha alcuno scopo politico […] ma è un movimento unicamente morale economico sociale, con il quale vogliamo organizzare le masse, sempre sulla base della religione e della fede. […] In quelle regioni dove abbiamo costituito le cooperative e le altre forme di comunismo sociale, la religione non ha subito scosse, le chiese sono frequentate.100

Sarebbe ovviamente fuori luogo attribuire ad un vescovo di formazione ottocentesca una piena condivisione delle implicazioni ideologiche connesse ad un uso politico delle masse (o anche del solo concetto di massa)101; si può tuttavia

inizi del Novecento, cit., pp. 14-16).

97 ACS, MI, DGPS, DAGR, 1911, cat. C1, b. 19, fasc. Venezia. Ordine pubblico; già nella sua

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