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Esistono ‘balcanismi’ fuori dai Balcani 45 ?

Elementi balcanici e romanzi in grico

2.1 Esiste una ‘periferia’ della lega linguistica balcanica?

2.1.1. Esistono ‘balcanismi’ fuori dai Balcani 45 ?

Sull’assunto che il concetto di lega linguistica balcanica non sia geografico si basa la distinzione di Schaller (1975) tra lingue dei Balcani, parlate cioè nel territorio geografico dei Balcani, e lingue balcaniche, facenti parte della lega linguistica balcanica. Una conseguenza della distinzione tra lingue dei Balcani e lingue

balcaniche è che non tutte le lingue dei Balcani sono lingue balcaniche (lingue come

lo sloveno, o il tedesco, l’ungherese e l’italoromanzo delle minoranze non fanno parte dello Sprachbund), ma le lingue balcaniche sono sicuramente tutte lingue dei Balcani.

Tuttavia, che alcuni dei fenomeni studiati nelle lingue balcaniche si possano rintracciare anche nelle varietà dell’Italia meridionale e che sia utile tenerle in considerazione non solo per ragioni comparative o tipologiche ma anche perché probabilmente dovuti al contatto linguistico, non è un’idea del tutto nuova. Per esempio, in Trumper-Rizzi (1985) a proposito del sistema a doppio complementatore del calabrese si parla di “Fenomeni di Sprachbund ‘salentino – calabrese meridionale – balcanico’”; in Amman-Auwera (2004) si propone che il congiuntivo nelle frasi indipendenti sia da considerarsi un balcanismo e come tale viene analizzato anche nel dialetto salentino.

La prima obiezione che si potrebbe muovere all’ipotesi che il concetto di ‘periferia’ qui descritto si possa applicare ad alcune aree dell’Italia meridionale, riguarda senz’altro l’origine dei balcanismi. Al processo che ha portato lingue geneticamente diverse a sviluppare tratti comuni si sono trovate varie spiegazioni: la prima ipotesi sostratista del XIX secolo, portata avanti dai primi studiosi di balcanistica come J. Kopitar, F. Miklosich e G. Weigand, ha ceduto poi il passo all’ipotesi che i balcanismi fossero originariamente strutture di una lingua passate nelle altre come prestiti o calchi. La lingua in cui si poteva facilmente rintracciare

45 Il concetto di “balcanismo fuori dai Balcani” riprende il titolo di un articolo di Altimari 2005 sul futuro con avere in arbëresh, per cui si veda infra 2.2.2.

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l’origine della maggior parte dei balcanismi era il greco, il cui influsso sulle altre era motivato dal ruolo di lingua di prestigio che aveva avuto sia durante l’impero bizantino che nell’epoca ottomana.46

La teoria oggi generalmente accettata è piuttosto quella della convergenza: i balcanismi non sono frutto di prestiti da una singola lingua donatrice alle altre, ma risultato di processi di convergenza indotta dal contatto linguistico in comunità plurilingui. L’origine dei singoli balcanismi, quindi, non è più ricercata in una o nell’altra lingua, ma nelle particolari condizioni linguistiche che hanno portato alla nascita dello Sprachbund.47 Il ruolo del contatto linguistico tra le lingue è provato dal fatto che i balcanismi, cioè i tratti che hanno avuto più facile diffusione, sono quelli che facilitano la traducibilità e la comprensione tra parlanti di lingue diverse.48 Se il modello di nucleo da cui si dipartono le isoglosse non basta a spiegare la nascita dei balcanismi, diventa quindi difficile pensare all’esistenza di una ‘periferia’, che non sarebbe altro che il punto più esterno in cui giungono le isoglosse.

Tuttavia, l’ipotesi diviene accettabile se si prendono in considerazione casi come quello della perdita dell’infinito, normalmente citato come uno dei principali tratti comuni delle lingue balcaniche ma al tempo stesso non considerato un vero e proprio balcanismo da uno dei suoi maggiori studiosi, per il fatto che più che a un effetto di convergenza si dovrebbe attribuire a un processo di diffusione.49

L’Italia meridionale, infatti, per lungo tempo è stata zona non estranea al contatto linguistico con i Balcani: l’impero bizantino perse il controllo della Sicilia nel 902 per opera degli Arabi, mentre il dominio in Puglia ebbe fine nel 1071 per la conquista normanna. Il contatto linguistico, tuttavia, non deve essere terminato del tutto con la fine dell’impero bizantino, dato che anche dopo l’XI secolo ebbero

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È questa la tesi in Sandfeld 1930. Altri studiosi hanno in seguito sottolineato il ruolo di mediatore o il contributo dato alla formazione di singoli fenomeni da parte di altre lingue come il latino (cfr. Solta 1980) o il romanzo balcanico (cfr. Banfi 1985), o il bulgaro (in particolare per il ruolo dell’antico slavo ecclesiastico).

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Cfr. Lindstedt 1998.

48 Cfr. tuttavia a questo proposito Joseph 1983, in cui si rileva che non tutti i balcanismi si possono giustificare come tentativi di facilitazione della comunicazione interlinguistica.

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luogo spostamenti di popolazione tra Balcani e Italia meridionale, che portarono in particolare alla formazione delle comunità arbëresh. In questo senso, l’Italia meridionale può rappresentare a ben diritto la periferia ‘storica’ della lega linguistica, dato che ha preso parzialmente parte alle vicende storiche che hanno determinato la formazione della lega linguistica.

Il problema, tuttavia, riguarda l’epoca di formazione dei balcanismi veri e propri, che è generalmente fissato nel periodo ottomano, quindi in un’epoca in cui il contatto linguistico tra Italia meridionale e Balcani era, se non terminato del tutto, decisamente ridimensionato. Molti dei tratti tipici delle lingue balcaniche, tuttavia, cominciano ad essere attestati in fasi linguistiche precedenti all’epoca ottomana, segno che alcuni fenomeni di convergenza erano in atto già durante l’impero bizantino, e dai Balcani possono essere giunti nelle zone di influenza bizantina dell’Italia meridionale.50

Inoltre, nel concetto di ‘periferia’ è implicitamente contenuta l’idea che difficilmente essa prenda parte attiva ai processi che avvengono nel centro. Il fatto che i fenomeni considerati come ‘balcanismi’ siano presenti nelle lingue balcaniche, quindi, non si deve tanto alla partecipazione di queste lingue alla formazione vera e propria dei balcanismi, che sarà piuttosto da attribuire alle lingue centrali, ma al prestito. In questo senso, da un certo momento in avanti l’Italia meridionale si può probabilmente considerare solo ‘ricettrice’ di fenomeni linguistici provenienti dai Balcani.

Il modo in cui questi tratti vengono integrati nei sistemi linguistici li rende tuttavia tutt’altro che oggetti passivi nei quali rintracciare elementi assorbiti dall’esterno: al contrario, l’oggetto di studio in questo caso diventa una seconda area di contatto linguistico.

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Ad esempio, il processo di sostituzione dell’infinito con frasi finite è già attestato nel medio- bulgaro (XII-XV secolo), cfr. Joseph 1983. Il problema principale nel rintracciare balcanismi in nuce nelle lingue balcaniche in un’epoca precedente a quella ottomana consiste nel fatto che albanese e rumeno sono attestati solo a partire dal XVI secolo, quindi la ricerca di fatto si limita al greco e alle lingue slave.

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Per questo motivo, anche se la variazione spaziale generalmente rispecchia fasi della variazione diacronica, i dialetti periferici delle lingue balcaniche come il grico possono essere solo in parte considerati come fonte di informazioni sullo sviluppo diacronico dei balcanismi, ma al contrario possono mostrare come balcanismi in nuce abbiano poi avuto uno sviluppo divergente una volta posti in diverse condizioni di contatto linguistico, o per contatto con altre lingue.