2. WISE come modalità di risposta al problema del reinserimento lavorativo in Svizzera
2.4. L’esperienza di due Cantoni romandi
In questo contesto, ad oggi, né la Confederazione né i cantoni si sono attivati per definire un quadro giuridico che definisca in modo univoco le imprese sociali, così da poterle differenziare dalle altre forme organizzative e fornire loro un supporto specifico. Negli ultimi anni, riconoscendo la valenza delle imprese sociali nell’affrontare il tema del reinserimento lavorativo di persone svantaggiate, la politica federale ha iniziato ad interessarsi al tema. Questo è dimostrato da un postulato parlamentare depositato da Marina Carobbio che chiede di redigere un rapporto sulle imprese sociali in cui si illustrino: le differenti forme di imprese sociali, le basi legali cantonali, il numero di persone che lavorano nelle imprese sociali e la partecipazione finanziaria della Confederazione e degli altri enti pubblici (Carobbio, 2013). Grazie a questo postulato si vorrebbe portare una maggior chiarezza sul mondo delle imprese sociali elvetiche, cercando di migliorarne il riconoscimento sia da parte dei cantoni che da parte della Confederazione.
È interessante evidenziare come due Cantoni elvetici, Neuchâtel e Vallese, nell’ambito dell’aiuto sociale hanno proposto delle definizioni puntuali di WISE (non si esclude però che altri cantoni elvetici abbiano introdotto misure simili). Per i cantoni è possibile definire dei criteri precisi nell’ambito dell’aiuto sociale in quanto solo quest’ultimo è di competenza
cantonale. Al contrario l’assicurazione disoccupazione e l’assicurazione invalidità sono di competenza Federale. Solamente la gestione viene delegata ai singoli cantoni.
Stabilendo dei parametri specifici che definiscono le imprese sociali questi due cantoni hanno voluto distinguerle dalle organizzazioni che si occupano di valutazione della capacità lavorativa, da quelle che si occupano di riqualificazione e da quelle che sono puramente d’occupazione (atelier protetti). L’aiuto sociale di questi cantoni è così in grado di attribuire alle giuste organizzazioni le persone che necessitano di un sostegno al reintegro nel mercato del lavoro primario.
L’esperienza del Canton Neuchâtel (Bernasconi, 2013)
Nel 2011 il Canton Neuchâtel, riconoscendo nelle imprese sociali un mezzo adeguato per rispondere in modo efficace all’aumento di richieste di supporto presso gli uffici dell’aiuto sociale, nel 2011 ha lanciato un’esperienza pilota per combattere l’esclusione dal mercato del lavoro delle persone svantaggiate. I criteri definitori delle imprese sociali, identificati dal Canton Neuchâtel, si possono riassumere come segue: le imprese sociali devono essere attive con una produzione di beni o servizi sul mercato e di conseguenza disposte ad assumersi un grado significativo di rischio economico. Oltre a questo devono essere imprese senza scopo di lucro, con l’obiettivo di reintegrare le persone che beneficiano dell’aiuto sociale. Questo comporta l’impiego di persone che possono presentare una produttività ridotta. Visto il livello di rischio economico assunto, lo stato e i comuni, a fronte di un contratto a tempo indeterminato tra l’impresa e la persona, assicurano un finanziamento che compensa la ridotta produttività delle persone nella misura del 50%. I salari offerti sono pari a quelli pagati dal mercato del lavoro primario, mentre i settori di attività sono di principio di nicchia, quei settori che non permettono quindi dei rendimenti sufficienti alle imprese private. Nel caso in cui un’impresa sociale sia in concorrenza con altre imprese private “tradizionali”, i prezzi offerti dovranno essere quelli di mercato, così da non creare dumping sui prezzi.
L’esperienza del Canton Neuchâtel presenta un duplice obiettivo: quello di aiutare i beneficiari dell’aiuto sociale nell’integrazione ma anche quello di ridurre le uscite dell’ufficio degli aiuti sociali. Visti i risultati positivi dell’esperienza pilota il Cantone ha deciso di proseguire su questa via cercando nuove collaborazioni con ulteriori imprese sociali.
L’esperienza del Canton Vallese (Darioli, 2013)
Anche il servizio dell’aiuto sociale del Canton Vallese ha definito dei criteri per distinguere le imprese sociali dalle altre forme organizzative attive nell’inserimento professionale e sociale.
L’impresa sociale per essere definita tale dall’aiuto sociale del Canton Vallese deve: - coprire almeno il 60% dei costi complessivi dell’impresa sociale (compresi gli
ammortamenti sugli investimenti) attraverso la produzione e vendita di beni e servizi;
- l’impresa opera sul mercato primario ed è soggetta alle regole della concorrenza; - i salari versati agli utenti sono paragonabili a quelli in uso nel settore e nella regione; - l’impresa deve poter presentare una rendicontazione dove emerge chiaramente che i costi di produzione sono sostenuti dalle attività di produzione e vendita di prodotti e servizi mentre i costi legati alla riqualifica e sono finanziati dal settore pubblico. Il Canton Vallese ha definito una procedura chiara per poter verificare se un’organizzazione può essere ritenuta un’impresa sociale. Essa si basa sulla presentazione da parte dell’impresa sociale di un business plan al servizio dell’aiuto sociale, che deve essere verificato da un ente esterno. Questo documento deve dimostrare che almeno il 60% dei costi proviene dall’attività svolta sul mercato. Inoltre, le imprese sociali devono assumere personale che beneficia dell’aiuto sociale o in disoccupazione, devono corrispondere un salario di mercato e dare la preferenza alle persone sopra citate in caso si dovesse liberare un posto fisso all’interno dell’impresa stessa.
Benché i criteri sopra definiti sono piuttosto semplici, le sfide che ne derivano lo sono meno. Rispetto al salario di mercato ad esempio, la sfida principale riguarda la determinazione del grado di incapacità al lavoro, specialmente per le persone disoccupate o che fanno capo all’aiuto sociale. Infatti, al contrario delle persone al beneficio dell’assicurazione invalidità, queste persone non hanno subito un processo di valutazione della loro capacità lavorativa e di conseguenza diventa difficile stabilire che parte del salario debba essere coperto dal mercato e quale parte dall’ente sussidiante. Si necessita quindi un processo di valutazione, esterno all’impresa sociale, così da definire il grado di incapacità lavorativa.
Conclusione
L’esperienza positiva dei due cantoni evidenzia come l’adozione di un quadro legislativo specifico per le WISE porti dei benefici a quest’ultime che si riflettono poi sia sul Cantone sia sui beneficiari delle prestazioni erogate dalla WISE.
L’introduzione di un quadro legislativo unico a livello Nazionale potrebbe quindi garantire da un lato un miglior riconoscimento delle WISE elvetiche e dall’altro porre le basi per permettere a quest’ultime di svilupparsi e crescere fornendo quei servizi utili ad affrontare in modo efficace ed efficiente il crescente problema del reinserimento professionale delle persone svantaggiate. Questo quadro legislativo dovrebbe, tra le altre cose, tenere in
considerazione la necessità di sviluppo di innovazioni sociali in grado di affrontare efficacemente i problemi sociali legati al reintegro professionale delle persone svantaggiate nel mercato del lavoro primario.