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III. Istituzioni e politiche culturali in Francia I L’invenzione della politica culturale

III.II L’esperienza delle Maisons de la Culture

Uno dei progetti probabilmente tra i più ambiziosi di Andrè Malraux, come ministro degli affari culturali, è quello delle Maisons de la Culture. Come si può leggere nel documento L’expérience des maisons de la culture pubblicato l’ 8 gennaio 1974 da La Documentation française, conservato presso l’Archivio di Giovanni Spadolini414, l’istituzione di queste strutture a livello locale costituisce l’esito di un lungo cammino nella decentralizzazione culturale. I centri d’arte drammatica e le compagnie stabili creati durante la IV° Repubblica ad opera di Jeanne Laurent, vice direttore allo spettacolo e alla musica al Ministero dell’educazione nazionale, hanno preparato il contesto per la creazione della prima Maisons de la culture che viene istituita per la prima volta nel 1936 a Bourges e che vede molto probabilmente la partecipazione alle sue attività dello stesso Malraux415. Il modello della Maisons di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

412 Cfr. Ibidem.

413 Cfr. JORF, 22 novembre 1961, Décret n. 61-1244 portant définition et classement des salles de

cinéma d’art et d’essai pour l’administration fiscale, p. 10718.

414 Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Archivio Giovanni Spadolini, Ministero per i beni culturali e ambientali, iter legislativo, faldone 1, Notes et Etudes Documentaires, 8 janvier 1974,

L’expérience des maisons de la culture, La Documentation française. Questo documento insieme ad

un’ indagine sulle pratiche culturale dei francesi, sono inviati a Spadolini da Paolo Ungari. 415 Cfr. Ivi, p. 6.

Bourges voluta dal Front populaire, è comunque sicuramente differente416 da quello elaborato successivamente da Pierre Moinot, Gaëtan Picon, Emile Biasini, intellettuali francesi chiamati da Malraux alle dirigenze del Ministero. Il nuovo concetto appare per la prima volta nelle dichiarazioni del IVe Plan, dove le Maisons

de la culture sono presentate come luoghi di incontri culturali. Questa definizione

ritorna spesso nei discorsi tenuti da Moinot all’inizio degli anni Sessanta, allora consigliere del Gabinetto di Malraux. Durante un intervento alla Sottocommissione

Action Culturelle del IVe Plan417 afferma che le Maisons de la culture hanno come obiettivo primario quello di creare un momento di conoscenza e approfondimento della cultura e far in modo che chi vi partecipa, possa misurare se stesso con i prodotti culturali:

“la Maison de la Culture au premier chef propose, je voudrais presque dire qu’elle offre l’occasion, la tentation de la culture et que pour celui qui s’est laissé tenter elle organise une rencontre. D’une rencontre peut naitre une familiarité, un choc, une passion, une autre façon

peut-être d’envisager sa propre condition. Les œuvre de la culture étant par essence le bien

de tous et notre miroir, il import que chacun puisse mesurer sa richesse et s’y contempler”418.

Nell’ottobre del 1962, Biasini, Direttore al Teatro, Musica e Azione Culturale, elabora il documento Action Culturelle419 che in parte può essere considerato come il manifesto delle Maisons de la culture. Facendo sua la definizione dell’allora Direttore alle Arti e Lettere, Gaëtan Picon420, Biasini dichiara che le nuove strutture sono un luogo d’incontro, strumento sociale e decentramento territoriale dove si può usufruire della cultura e inconsapevolmente crearla. Una visione questa, definita teorica ma che deve essere concretizzata nella politica culturale in applicazione delle direttive del Ministro Malraux:

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416 Cfr. Ibidem. 417 Cfr. Ivi, p. 7. 418 Cit. Ibidem.

419 Ministére de la Culture e de la Communication, Comité d’histoire, Fonds Documentaire, E. J. Biasini, Action Culturelle An I 1961-1962.

“Lieu de rencontre où l’image inachevée de la culture vivante sera montrée à ceux qui participent d’elle sans toujours le savoir par ceux-là mêmes qui la façonnent, source de tentation culturelle, instrument d’épanouissement social et de décentralisation territoriale, telle apparait la maison de la culture, dans une vision théorique qu’il était nécessaire d’actualiser pour concrétiser la politique dont elle doit être le support en application des

directive du Ministre d’ Etat et des objectifs du IVe Plan quadriennal.”421

Per quanto riguarda le definizioni date da André Malraux, sia in occasione dei discorsi di inaugurazione422 o durante i dibattiti parlamentari423, egli ritiene che le

Maisons sono il luogo di contatto tra il pubblico e i capolavori della cultura.

Utilizzando poi pubblicamente il termine cathédrale 424 contribuisce ad una vera e

propria sacralizzazione dell’arte:425 “Religion en moins, les maison de la culture sont les modernes cathédrales”426. Alla base della nascita di queste strutture a livello locale ci sono la decentralizzazione e la democratizzazione culturale. La volontà da parte della politica, di una delocalizzazione per mezzo delle Maisons, deriva dalla preponderanza che ha Parigi in quegli anni, nel campo della cultura, oltre che in altri settori. Lo spiega Biasini nel suo rapporto del 1962 affermando che l’intenzione di questa iniziativa è quella di modificare profondamente la diffusione culturale in Francia, e rispondere alle richieste che vengono dalla periferia del paese, precisando per di più, che quest’azione è volta a diminuire l’effettiva egemonia della capitale:

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421 Cit. Ibidem.

422 Cfr. Les politiques culturelles en France, op. cit. Doumento nr. 18 Discours d’Andrè Malraux lors

de l’inauguration de la maison de la culture de Bourges, 18 Avril 1964; nr. 22 Discours d’Andrè Malraux lors de l’inauguration de la maison de la culture d’Amiens, 19 Mars 1966; nr. 27 Discours d’Andrè Malraux lors de l’inauguration de la maison de la culture d Grenoble, 13 Février 1968.

423 Cfr. Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Archivio Giovanni Spadolini, Ministero per i beni culturali e ambientali, iter legislativo, faldone 1, Notes et Etudes Documentaires, 8 janvier 1974,

L’expérience des maisons de la culture, La Documentation française, p. 7.

424 Cfr. L’invention de la politique culturelle, op. cit. p. 171. 425 Cfr. Les politiques culturelles en France, op. cit. p. 183.

426 Cit. A. Malraux, Assemblée nationale, 26 octobre 1966, in L’invention de la politique culturelle, op. cit. p. 171.

“[…] on peut attendre de ce programme qu’il modifie de façon profonde les courants de l’irrigation culturelle de la France et qu’il donne leurs voix aux appells jusqu’ici étouffés de la province. Que le plus moderne musée de France soit au Havre, Planchon choisisse Villeurbanne contre Paris, que Fabbri accepte à Aix ce qui eut été jusqu’ici un exil, qu’un de nos plus grands orchestres de chambre soit à Toulouse - et, citant des exemples, on s’expose à l’injustice, car il faudrait les nommer tuos!- voilà qui dit clairement combien la mutation des anciennes valeurs est déjà dans ce domaine très largement engagée. C’est l’hégémonie de Paris qu’elle vise”427.

Lo stesso Malraux ricorda più volte l’intenzione di creare una diffusione della cultura basata su strutture create sul territorio. Durante l’inaugurazione della Maisons de la

culture di Amiens, il 19 marzo del 1966, dichiara che non ci saranno mai Maisons

che faranno capo allo Stato o al Comune ma semplicemente si baseranno su quello che richiede la popolazione locale:

“Il n’y a pas, il n’y aura pas des Maisons de la Culture sur la base de l’Etat, ni d’ailleurs de la municipalité, la Maisons de la culture c’est vous. Il s’agit de savoir si vous voulez le faire ou si vous ne le voulez pas. Et si vous le voulez je vous dis que vous tentez une des plus belles choses qu’on ait tentées en France, pace qu’alors avant dix ans ce mot hideux de province aura cessé d’exister en France”428.

Ad ulteriore conferma, il 13 novembre del 1968 durante un suo intervento al Parlamento, Malraux ribadisce il concetto di decentralizzazione e la volontà di far si che anche in provincia si possa fruire e creare cultura:

“[…] l’essentiel des Maisons de la Culture c’est la décentralisation, la fin du privilège parisien et le développement en province des foyers de diffusion mais aussi de création artistique, c’est la conquête progressive d’un public qui ne serait allé ni au théâtre, ni au

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427 Cit. Ministére de la Culture e de la Communication, Comité d’histoire, Fonds Documentaire, E. J. Biasini, Action Culturelle An I 1961-1962, p. 13.

428 Cit. Les politiques culturelles en France, op. cit. Documento nr. 22 Discours d’Andrè Malraux lors

concert, ni au musée parce qu’il n’en avait pas la possibilité matérielle au parce qu’il pensait que cela ne le concernait pas”429.

La costruzione delle Maisons proposta dalla Commissione della cultura e del patrimonio del IVe Plan tiene conto di queste finalità stabilendo che la quasi totalità delle strutture devono essere create in provincia e che le loro iniziative si devono estendere su tutta l’area regionale in coordinamento con le altre attività culturali del territorio430.

Il secondo obiettivo dichiarato delle politica di creazione delle Maisons consiste nella ricerca di una sostanziale democratizzazione culturale tramite l’estensione territoriale delle attività come scrive nel suo rapporto Biasini:

“On peut en conclure que la décentralisation n’est pas en soi une panacée, mais qu’elle doit à l’extension territoriale des activités ajouter l’intensité d’une démarche sociale brisant en profondeur les structures sur lesquelles repose l’univers du loisir et du divertissement. La situation n’est donc pas si simple, ce qui explique et justifie toute l’importance donnée au caractère pragmatique de l’entreprise qui se donne pour but cette véritable révolution”431.

In questo senso la creazione di questi edifici è finalizzata a raggiungere tutta la popolazione senza distinzione di appartenenza sociale e quindi non solo per soddisfare le richieste delle élite locali, come dichiara senza equivoci Malraux durante le inaugurazioni ad Amiens e a Grenoble, affermando che le Maisons de la

culture sono per tutti432 e che non devono essere solo luoghi di intrattenimento o di impiego del tempo libero ma bensì devono poter collocare la cultura alla portata di ciascuno:

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429 Cit. Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Archivio Giovanni Spadolini, Ministero per i beni culturali e ambientali, iter legislativo, faldone 1, Notes et Etudes Documentaires, 8 janvier 1974,

L’expérience des maisons de la culture, La Documentation française, p. 8.

430 Cfr. Ibidem.

431 Cit. Ministére de la Culture e de la Communication, Comité d’histoire, Fonds Documentaire, E. J. Biasini, Action Culturelle An I 1961-1962, p. 13.

432 Cfr. Les politiques culturelles en France, op. cit. Documento nr. 22 Discours d’Andrè Malraux lors

“J’insiste sur ceci, ne voir dans la culture qu’emploi des loisirs, c’est assimiler le public des Maisons de la Culture à la bourgeoisie de naguère. La distraction de cette bourgeoisie c’étaient les tournées. La collectivité qui s’inscrit aux Maisons de la Cultire attend de nous tout autre chose que le tournées pour tous”433.

A conferma di questo impianto, nelle dichiarazioni della Commissione della cultura del Ve Plan viene sottolineato come l’obiettivo di tale programmazione sia pensato a favore di tutte le classi sociali e che questo sia il cuore stesso dell’azione culturale improntata in quegli anni434.

Le Maisons costituiscono un momento chiave nello sviluppo della collaborazione tra lo Stato, le collettività locali e gli artisti. Come afferma nel suo volume lo storico Poirrier, manifestano un problema di congestione tra lo Stato e le città ma la parità dei finanziamenti ha dato sicuramente una certa stabilità a questa configurazione435. Prosegue Poirrier spiegando che le dotazioni a disposizione permettono la messa in opera della filosofia estetica di Malraux, al servizio di una concezione giacobina del servizio pubblico, lasciando poco spazio al potere dei sindaci in materia di politica culturale. La vicenda intorno a queste nuove strutture gioca comunque un ruolo non trascurabile nella presa di coscienza delle questioni culturali da parte delle Città e apre la strada ad una reale politica culturale locale436.

Negli statuti delle Maisons possiamo trovare la definizione dei compiti cui devono adempiere queste nuove istituzioni. Questi si possono raggruppare in tre campi d’azione principali: crèation, diffusion, animation. Per la loro interpretazione si ritiene opportuno fare riferimento alla definizione che da Jean-Claude Bècane nel suo articolo “L’expérience des maisons de la culture” rinvenuto tra la documentazione di Spadolini.437 Per création si intende la volontà di fare di questi luoghi dei centri di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

433 Cit. Les politiques culturelles en France, op. cit. Documento nr. 27 Discours d’Andrè Malraux lors

de l’inauguration de la maison de la culture d Grenoble, 13 Février 1968.

434 Cfr. Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Archivio Giovanni Spadolini, Ministero per i beni culturali e ambientali, iter legislativo, faldone 1, Notes et Etudes Documentaires, 8 janvier 1974,

L’expérience des maisons de la culture, La Documentation française, p. 8.

435 Cfr. Les politiques culturelles en France, op. cit. p. 183. 436 Cfr. Ibidem.!

437 Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Archivio Giovanni Spadolini, Ministero per i beni culturali e ambientali, iter legislativo, faldone 1, Notes et Etudes Documentaires, 8 janvier 1974,

ricerca artistica, e che, come viene affermato nei loro statuti, devono favorire la ricerca al più alto livello di tutti i campi della vita artistica e intellettuale e permettere di fruire dei suoi prodotti. A questo scopo ad esempio vengono formate delle cellule

de création che spesso si traducono in compagnie teatrali438.

Per quanto concerne il concetto di diffusion come afferma Bécane, si tratta della funzione per la quale le Maisons spesso assomigliano a delle imprese di spettacolo439.

Nel caso dell’animation si fa invece riferimento al coinvolgimento dei diversi attori in uno scambio tra interpreti, creatori e pubblico assegnando un compito di mediazione alle Maisons440.

Analizzando poi, quali devono essere le caratteristiche di questi luoghi della cultura, nella sua relazione Biasini sottolinea come le Maisons de la culture per evitare di assumere una natura amatoriale devono scongiurare di essere sale per le feste o ritrovi di associazioni locali:

“Une maison de la Culture n’est pas la salle des fêtes, le Centre culturel communal, le siège des Associations, ou le foyer tant attendu par les vaillantes cohortes littéraires ou musicales de l’endroit – elle n’est pas le local rêvé par les comédiens amateurs, le professeurs de cours du soir, les peintres du dimanche ou les sociétés folkloriques, ni le conservatoire don-on-a- cruellement-besoin, ni même l’espace culturel jumeau de l’espace vert sans lesquels les plans d’urbanismes ne seraient pas tout à fait ce qu’ils sont”441.

Hanno bensì il compito di assumere la caratteristica di strutture di riferimento di alto livello culturale grazie anche con il coinvolgimento di professionisti del settore. Devono quindi essere un punto cardine per le iniziative territoriali nell’ambito della cultura:

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438 Cfr. Ivi, p. 9. 439 Cfr. Ivi, p. 8. 440 Cfr. Ibidem.

441 Cit. Ministére de la Culture e de la Communication, Comité d’histoire, Fonds Documentaire, E. J. Biasini, Action Culturelle An I 1961-1962, p. 5.!

“La Maison de la Culture doit offrir les moyens d’une expression parfaite dans le domaine du théâtre, de la musique, du cinéma, des arts plastiques, de la connaissance littéraire, scientifique ou humaine, posséder les instruments d’une rémanence permanente des actions entreprises dans les divers ordres, exciter la promotion culturelle locale, susciter la vie de club et les échanges”442.

L’altro principio che viene affermato è quello della vocazione polivalente che devono assumente queste strutture. La loro versatilità riguarda in particolare la natura delle attività culturali che dovrebbero essere tali da permettere di offrire una gamma di differenti forme d’espressione. La loro polivalenza si basa anche sull’origine o provenienza delle attività culturali che sono eseguite nelle Maisons. Cosicché, le opere possono venire da Parigi, altre dall’estero e altre dalle diverse regioni della Francia.

Per quel che riguarda la gestione delle Maisons de la culture, sono stabiliti degli statuti redatti dal Ministero degli affari culturali e approvati dal sindaco della città interessata. I principali organi che fanno parte della struttura sono: l’assemblea generale, il consiglio di amministrazione, e la direzione. I finanziamenti derivano principalmente dallo Stato e dal Comune che si assumono in parti uguali l’onere delle spese per il funzionamento delle strutture. Secondo gli ordinamenti quindi, il Municipio e il Ministero svolgono soltanto il compito di autorità di tutela delle

Maison de la culture, tuttavia, la chiave di un buona riuscita delle loro attività, si

ritrova nel dialogo e il rapporto tra centro e periferia.

Secondo quanto previsto dalla Sotto-commissione Action culturelle in preparazione del IVe Plan del 1961 le Maisons de la culture nel loro complesso devono essere strutturate in modo tale da poter ospitare un largo pubblico e specifiche attività culturali. A tale scopo devono essere composte da due sale, di cui una grande da 800-1200 posti e una piccola da 250-400 posti. Queste sono riservate alle attività teatrali e musicali e devono essere dotate di un buon sistema audio e per le proiezioni cinematografiche, devono anche poter essere adibite a luogo per riunioni, conferenze. Sono previsti inoltre uno spazio d’accoglienza, una sala di lettura e una sala di ascolto per la musica443.

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442 Cit. Ivi, p. 4. 443 Cfr. Ivi, p. 12.

In conclusione quando finisce il mandato di Malraux nel 1969, soltanto otto Maisons della ventina previste inizialmente sono edificate: Le Havre nel 1961, Caen, Bourges e il Teatro dell’Est parigino nel 1963, Amiens nel 1965, Thonon-les-Bains e Firminy nel 1966 e Grenoble nel 1968.

III.III Un printemps culturel le politiche culturali nella Francia degli anni