Cap 2.2 LA REGIONE VENETO (1999- 2004) / I PARTNER (Collezione Peggy Guggenheim, Fondazione Pinault Palazzo Grassi Punta della Dogana,
5 Il museo è àncora e memoria Il mediatore culturale/scientifico convoca la dinamica passato/ presente affinché l’eredità culturale divenga riferimento e fermento attivo del quotidiano delle
4.3 Esperienze nell'anno 2011
E’ sulla base di queste affermazioni, riflessioni e proposte che anche nel 2011, nonostante i problemi riscontrati e le difficoltà che costantemente dobbiamo affrontare, è stata rinnovata la convenzione tra il Dipartimento di Filosofia e Beni culturali e la Fondazione La Biennale di Venezia.
Per la seconda volta siamo stati invitati a ricercare e a formare mediatori culturali per la 54 Biennale Internazionale d’Arte. Ai normali spazi dell’Arsenale e del Padiglione Centrale si è aggiunto, su richiesta di Madile Gambier, commissario del Padiglione Venezia, anche questa importante struttura. Da quest’anno, infatti, il Comune di Venezia è tornato in possesso del padiglione costruito nel 1932 e restaurato da Fondaco grazie al finanziamento della Maison Louis Vuitton e da Arzanà navi Spa. Queste le dichiarazioni del Sindaco e del Commissario in occasione dell’inaugurazione avvenuta il 3 giugno 2011:
Orsoni ha espresso la sua gratitudine per la restituzione di questo spazio: "[...] E' un segnale importante creare degli spazi affinché Venezia non sia soltanto un grande palcoscenico, ma possa sviluppare cultura e vorrei far capire che la sua presenza all'interno della Biennale è una presenza attiva. [...] Anche il commissario del Padiglione Venezia, Madile Gambier, ha sottolineato l'importanza di questo ulteriore tassello nel quadro dell'importante processo di ridefinizione e allargamento degli spazi dedicati alla cultura. "La gestione del Padiglione da parte del Comune di Venezia vuole continuare ad alimentare questo processo con l'auspicio di poter in futuro fare di quest'area non solo una cittadella dell'arte aperta tutto l'anno, ma anche un importante volano economico per la Città". Il commissario ha poi illustrato un'altra importante collaborazione dell'Amministrazione con l'Università di Ca' Foscari avviata in occasione della mostra di Plessi grazie al progetto di mediazione culturale: giovani universitari appositamente formati presidieranno la mostra consentendo al pubblico una lettura attiva del percorso espositivo274.
Inoltre negli spazi dell’Università Ca’ Foscari, entrati ormai stabilmente a far parte dell’offerta delle sedi disponibili per partecipazioni nazionali o eventi collaterali legati alla Biennale275, è stata allestita la mostra personale di Dmitri Alexandrovich Prigov curata da Dimitri Ozerkov, direttore del Dipartimento di Arte contemporanea dell’
274 Vedi link: http://www.comune.venezia.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/46831.
16 giugno 2011.
275 Da quest’anno la Fondazione ha inserito nel suo sito un’area dedicata alle inserzioni gratuite
Hermitage di San Pietroburgo, in collaborazione con Il Centro di Alti Studi sulla Cultura e le Arti della Russia (CSAR) dell'Università Ca' Foscari, con la Fondazione Dmitri Prigov e con Barbarian Art Gallery by Natasha Akhmerova. Anche per questa mostra abbiamo predisposto il servizio di mediazione culturale.
I tre progetti si sono svolti in parallelo, impegnando gli stessi studenti che, a turno, hanno operato nei quattro ambienti.
La Biennale non ha modificato in alcun modo la metodologia della formazione continuando a proporre lezioni frontali di approfondimento svolte nelle sedi. Tale metodo è stato per la prima volta criticato anche dagli stessi studenti che, nelle relazioni conclusive, che sono tenuti a redigere, lo hanno giudicato limitato e insufficiente.
Quest’anno sono stati invitati 83 artisti, di cui 32 giovani, nati dopo il 1975276 e molti che, nonostante l’età, sono scoperte della curatrice e del suo team. In una situazione di questo tipo, che dovrebbe essere la norma per una Fondazione chiamata a presentare, ogni due anni, le ultimissime ricerche in fatto di arte contemporanea, dove l’assenza di informazioni e la carenza di bibliografia è fisiologica, si sarebbe dovuto prevedere e perseguire ancor di più il deciso coinvolgimento degli artisti anche e soprattutto nella fase di formazione degli operatori. Indicativo a tal proposito il comportamento, notato dai mediatori, ma anche da alcuni addetti ai lavori, di molti visitatori che, mai come quest’anno, hanno fatto ricorso alle didascalie, più fotografate delle opere stesse.
In una Biennale così “attuale” i mediatori culturali, se meglio formati e gestiti, avrebbero potuto davvero fare la differenza per il pubblico, ma neppure questa volta la Fondazione ha reso noto e pubblicizzato il servizio. Inoltre la divisa, per la seconda volta fornita dalla Biennale, nonostante la nostra precisa richiesta di produrla in proprio, è stata resa ancora più anonima e indifferenziata277. Due comportamenti che inficiano il lavoro dei ragazzi, oltre che il nostro, e che hanno causato negli studenti,
276 Dati tratti dal sito ufficiale della Biennale. Vedi link:
http://www.labiennale.org/it/arte/esposizione/54eia/.
che più volte lo hanno fatto notare, un senso di frustrazione per la scarsa valorizzazione del loro ruolo. Anche per tali motivi alcuni hanno abbandonato il progetto ritirandosi dopo poche settimane. A fronte, infatti, di un’ iniziale richiesta di 70 unità e uno staff operativo di 68 studenti a novembre il numero reale delle persone impiegate è stato di 60.
Dove invece abbiamo gestito in autonomia tutto l’iter del progetto, dalla produzione delle magliette fino alla formazione degli studenti, i mediatori hanno notato alcune differenze. In primo luogo la maggiore facilità di interazione con i visitatori merito delle costante pubblicità del servizio e della divisa in dotazione e in secondo luogo hanno valutato il periodo di formazione in modo più positivo giudicandolo più strutturato e approfondito.
Per quanto riguarda il Padiglione Venezia i ragazzi hanno incontrato due volte Fabrizio Plessi e un piccolo gruppo di lavoro, composto da un dottore di ricerca e un professionista, ha realizzato un breve documentario sull’artista con un’esclusiva intervista girata nel suo studio. Il video, molto apprezzato da Plessi e dai committenti, è entrato a far parte dell’archivio del maestro e utilizzato come materiale di approfondimento per i mediatori. I ragazzi inoltre hanno ricevuto per tempo i materiali così da potersi aggiornare sui recenti restauri, studiare la storia del padiglione e dell’artista invitato. Anche a Ca’ Foscari gli studenti hanno incontrato il curatore, seguito due lezioni tenute dalla professoressa Burini, direttrice del centro CSAR, visitato la sede in allestimento e ricevuto tutti i testi necessari allo studio. Inoltre quattro mediatrici, iscritte alla facoltà di Lingue e Letterature Europee, Americane e Postcoloniali, sono state coinvolte nella preparazione, traduzione e revisione dei brevi testi utilizzati per la guida iPod.
Dai giudizi finali la personale di Prigov è quella che ha raccolto i commenti più entusiastici con l’unico rammarico per la poca affluenza. Il Padiglione Venezia inizialmente molto ben visto e scelto da alcuni come sede esclusiva nel quale svolgere l’attività si è rivelato con il tempo inadatto all’operazione di mediazione. L’installazione “Mari Verticali”, composta da sei scafi di barche in ferro nero poste in verticale con all’interno schermi che trasmettono acque scroscianti e due salette occupate dai video dell’artista, richiedeva la totale oscurità degli ambienti, in più il rumore prodotto dall’acqua e la musica diffusa rendevano impossibile il contatto tra
visitatore e mediatore. Nei fatti il padiglione è stato trasformato in un’opera d’arte totale nella quale immergersi, un’esperienza da vivere in solitudine e silenzio. Per ovviare ai problemi posti dal lavoro di Plessi i mediatori hanno deciso di posizionarsi all’esterno del padiglione, a destra dell’unica entrata, con questo semplice escamotage hanno aumentato le possibilità di incontrare e dialogare con il pubblico. All’arrivo del visitatore lo accoglievano e all’uscita interagivano con esso. Hanno anche pensato di lasciare sul loro tavolo un guest book dove le persone potevano scrivere dei brevi commenti. Piccoli accorgimenti utili allo scopo perché la mediazione culturale è fatta anche di questo: gesti semplici che mettono in contatto persone sconosciute.
Il Padiglione Centrale e l’Arsenale, nonostante tutto, hanno garantito ai mediatori, a detta degli stessi, un’esperienza unica e completa. Abbiamo chiesto ai ragazzi di tradurre attraverso il video la loro opera di mediazione. Lavorando in piccoli gruppi hanno prodotto e presentato dei brevi video incentrati su un’opera a scelta. I lavori, alcuni preparati nei mesi, costituiscono un interessante catalogo digitale dell’evoluzione di alcune installazioni, come quella di Norma Jeane o quella spettacolare di Urs Fischer, e dei comportamenti del pubblico.
Il dato più interessante emerso in quest’ultimo progetto è l’ampliamento del bacino d’utenza sia dal punto di vista geografico che disciplinare. Sono pervenute, infatti, domande e richieste di informazioni da tutta Italia; Torino, Milano, Padova, Trieste, Firenze, Roma, Viterbo, Napoli, Palermo, Sassari e da studenti iscritti alle più diverse Facoltà (antropologia, architettura, beni culturali, filosofia, restauro, lingue) oltre ad un nutrito gruppo di neolaureati.
Alcuni studenti sono stati inseriti nell’organico; cinque studentesse della Facoltà di lettere e Filosofia di Padova, uno studente del Politecnico di Milano, tre studenti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia e quattro dello IUAV di Venezia, ma molti altri, prevalentemente per problemi di alloggio, hanno dovuto rinunciare o sono stati scartati per il mancato soddisfacimento dei requisiti richiesti dal bando.
Un interessamento di questo tipo dimostra quanto appeal possano vantare delle attività legate alla Biennale di Venezia, che “resta la più importante istituzione italiana nel settore del contemporaneo (dall’arte all’architettura, dal cinema alla
danza, dal teatro alla musica)”278, e in genere agli spazi espositivi, ma è soprattutto conferma della volontà dei giovani di mettersi in gioco affrontando esperienze nuove. Uno stage di questo tipo, infatti, è utile per gli studenti ma soprattutto per le istituzioni che decidono di ospitarli al loro interno perché la didattica museale è un terreno per molti versi ancora inesplorato e dalle potenzialità innumerevoli.
L’inserimento attivo di giovani apporta nel servizio nuove idee e intuizioni e contribuisce ad evitare la deriva verso la “routine”, che minaccia ogni didattica, anche quella museale279.
Abbiamo a che fare in sostanza con una figura difficilmente inquadrabile perché ha una competenza interstiziale. Il mediatore non svolge funzioni di guardia sala o di guida: questo è uno dei punti di forza, ma anche l’aspetto sul quale dobbiamo lavorare per farla accettare e riconoscere dal grande pubblico. Le guide, così come i guardia sala, mantengono il loro importante ruolo all’interno delle esposizioni e delle sedi museali; le prime in particolar modo per i gruppi e le scolaresche e le seconde per ragioni di monitoraggio e sicurezza.
I mediatori culturali sono indispensabili per il fruitore singolo, che spesso non ama condividere la sua visita con altre persone, ma che comunque ha bisogno di un supporto, oppure per i piccoli gruppi, che chiedono delucidazioni su aspetti specifici. A differenza di una visita guidata il percorso fatto col mediatore è intellettualmente più faticoso da sostenere perché non si tratta di una passeggiata più o meno passiva attraverso le sale seguendo “l’esperto”, ma di una conversazione, che come tale deve essere sostenuta da entrambe le parti, mirata all’ascolto reciproco e alla valorizzazione della soggettività. Aspetto quest’ultimo che potrebbe non risultare appetibile a tutti.
L’educazione è un processo permanente e i luoghi di stoccaggio della memoria-‐ musei, archivi, biblioteche-‐ devono essere, sempre più, luoghi animati. [...] L’obiettivo, quindi, deve essere quello di costruire percorsi di formazione, offerte culturali e didattiche, in termini di formazione globale, articolata, sempre più ricca ed avvincente, mostrando anche che animazione non significa soltanto gioco. Il processo dell’apprendere nel museo non può
278 TANTUCCI, Venezia merita... cit.
infatti passare soltanto attraverso forme superficiali, leggere, ma deve implicare anche una certa ‘fatica’280.
Per concludere ci sono due aspetti sui quali cui desidero soffermarmi, perché fondamentali per la buona riuscita dell’attività di mediazione culturale.
In primo luogo la formazione, che non può essere lasciata al caso o alle competenze di base di uno studente o neo-‐laureato, ma che deve essere attentamente preparata. L’Università è di certo il luogo più adatto per formare e aggiornare queste figure professionali, attività che però deve essere compiuta in sintonia con le istituzioni, i curatori, i tecnici, gli artisti ecc281. Ogni anno abbiamo, nei limiti del possibile, cercato di migliorare questo punto, forti delle valutazioni precedenti, ma siamo anche consapevoli che, nel rapporto sempre differente tra contesti, opere, pubblici e soggetti in formazione, ogni esperienza è unica e irripetibile.
Infine proprio per la difficoltà dimostrata dal pubblico nell’inquadrare, riconoscere e utilizzare i mediatori, c’è estremo bisogno di una efficace comunicazione del ruolo. Promuovendo maggiormente tale servizio non ci si scontrerebbe con l’annoso problema della confusione tra le professioni note e inoltre si offrirebbe al pubblico un servizio degno di questo nome; se un’istituzione ha deciso di avvalersi dei mediatori deve anche rivelarne la presenza.
È nostra intenzione continuare il lavoro iniziato per giungere al riconoscimento e all’uso sistematico di questa figura professionale, che tanto positivamente è stata accolta dal pubblico e dai responsabili delle istituzioni che ci hanno dato credito.
280 GIANDOMENICO ROMANELLI, Introduzione ai lavori, in LUCA BALDIN (a cura di), Le professionalità della didattica museale. Oltre la formazione, verso il riconoscimento, Atti della V Giornata Regionale di studio
sulla Didattica Museale, Venezia 30 ottobre, Treviso, Canova, 2002, pp. 15-‐ 20, qui pp. 17-‐ 18.
281 La Francia in modo ben strutturato propone, all’Universitè Sorbonne Nouvelle Paris 3, un corso di
laurea sulla mediazione culturale in campo artistico http://www.univ-‐ paris3.fr/LMEDCULT/0/fiche___formation/.
Cap. 5 A.Mu.C. Archivio Multimediale del Contemporaneo Uno dei più grandi divertimenti di un’epoca in cui la tecnologia ci sovrasta e ci circonda è cercare di conoscerne i meccanismi. Parallelamente, chi apprezza l‘arte contemporanea cerca di guardarla dentro, come fanno i bambini quando rompono un gioco, per vedere com’è stata costruita.
Angela Vettese “Si fa con tutto il linguaggio dell’arte contemporanea”1
Nel secondo anno del mio ciclo di dottorato, dopo essermi impegnata nell’attivazione di un servizio per i visitatori attraverso una figura professionale che perseguisse l’obiettivo “di far capire al pubblico che le opere esposte in un museo non sono degli oggetti distanti e astratti, ma [...] riconducibili alla quotidianità di ciascuno2”, ho elaborato un progetto che potesse racchiudere le cinque funzioni di base di un museo moderno: il recupero, la conservazione, la tutela, la ricerca scientifica, e la trasmissione culturale3.
Le prime tre azioni citate sono alla base della nascita stessa del museo; le ultime due rappresentano, invece, la novità del museo moderno che ha sviluppato azioni tipicamente pubbliche quali appunto la didattica4. Concetti che hanno via via plasmato la definizione prodotta dell’ICOM (International Council of Museums) che all’art. 2 recita:
Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e dello sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva le comunica e, soprattutto le espone a fini di studio, educazione e diletto5.
1 ANGELA VETTESE, Guardare dentro al giocattolo, in EAD. (a cura di), Si fa con tutto il linguaggio dell’arte
contemporanea, Roma- Bari, Editori Laterza, 2010, pp. 9-12, qui p. 9.
2 CONSUELO LOLLOBRIGIDA, Introduzione alla museologia. Storia, strumenti e metodi per l’educatore museale, Firenze, Le Lettere, 2010, p. 148.
3 Vedi Ivi, p. 138.
4 Vedi LANFRANCO BINNI, GIOVANNI PINNA (a cura di), Museo. Storia e funzioni di una macchina culturale dal cinquecento ad oggi, Milano, Garzanti Editore, 1980.
Definizione ampiamente condivisa e riconosciuta proprio per la sua completezza rispetto a quella contenuta nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, art. 101 comma 2 –a:
“museo”, una struttura permanente che acquisisce, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio.
Nella quale, infatti, non c’è un preciso riferimento all’attività di ricerca, aspetto qualificante e fondante dell’attività museale, e alle finalità di diletto anch’esse indissociabili dallo scopo educativo e di studio proprio di ogni istituzione culturale6. Un’attività quindi che potesse coinvolgere in prima persona studenti e studiosi nella sua realizzazione, di utilità e interesse per gli stessi oltre che per il grande pubblico. Nell’introduzione ai lavori della IV Conferenza Regionale dei Musei del Veneto, dedicata al rapporto tra museo e visitatore, si legge:
[...] gli utenti del servizio museale non sono solo i semplici visitatori, ma anche gli addetti alla ricerca, alla conservazione, alla consulenza; aspetto forse meno noto al grande pubblico, ma essenziale per definirne correttamente la funzione. Ed è proprio nel rapporto con questo pubblico variegato che il museo trova stimoli e verifiche che lo conducono ad un costante aggiornamento ed adeguamento [...]7.
Osservazione che riconduce alla generica definizione di “pubblici” opposto alla versione singolare del termine non in grado di garantire quella pluralità di interessi e motivazioni che la platea8, alla quale si rivolgono tutte le proposte museali, esprime e racchiude.
6 Cfr. LUCIA CATALDO, MARTA PARAVENTI, Il museo oggi. Linee guida per una museologia contemporanea, Milano, Hoepli, 2007, pp. 43-‐44.
7 LUCA SERRAJOTTO, Introduzione ai lavori, in LUCA BALDIN (a cura di), Il museo dalla parte del visitatore,
Atti della IV Conferenza Regionale dei Musei del Veneto, Treviso 21-‐22 settembre 2000, Treviso, Canova, 2001, pp. 19-‐ 22, qui p. 21.
8 Il termine rinvia al titolo della 49° Esposizione Internazionale d’Arte intitolata “La platea
dell’umanità” diretta da Harald Szeemann. Nella prima esposizione del terzo millennio il curatore indicava la strada da percorrere concentrandosi sul vero fruitore dell’evento: “Quest’anno la Biennale si presenta come ‘Platea dell’umanità, Plateau of Humankind, Plateau der Menschheit, Plateau de l’humanité’, come luogo verso il quale si guarda e da dove si è guardati, un luogo nel quale il pubblico è spettatore, protagonista e misura delle cose, un luogo di incontro tra artista, opera e osservatore”; HARALD SZEEMANN, La grande narrazione fuori del tempo dell’esistenza umana nel suo tempo, in ID., La
platea dell’umanità. 49° Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, catalogo della mostra,
10 giugno-‐ 4 novembre, 2 volumi, Venezia, Electa, 2001, pp. XVI-‐ XXV, qui p. XVII. Concetto successivamente ripreso e trasformato da Francesco Bonami che ha sottotitolato la sua Biennale “La
L’idea di questo secondo progetto ha origini più remote, in realtà, e prende le mosse dall’attività di ricerca del gruppo di lavoro di cui faccio parte, volta a migliorare i criteri della fruizione artistica, che si è delineato anche grazie a una serie di attività che ormai da anni coinvolgono il Dipartimento di Filosofia e Beni culturali, spesso affiancato dal Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica dell’Università Ca’ Foscari. L’occasione che ha dato lo spunto per l’avvio di questo filone di ricerca sono stati infatti gli incontri pubblici, organizzati dalla Fondazione Pinault e ospitati nell’università suddetta e allo IUAV di Venezia, intitolati “Aspettando Punta della Dogana”.
Nel 2008, in previsione dell’apertura del nuovo spazio espositivo di Punta della Dogana, la Fondazione ha invitato sei importanti artisti internazionali e l’architetto Tadao Ando9 a tenere una serie di conferenze, a ingresso libero, che avevano per oggetto il loro lavoro10. In tale occasione il gruppo, composto da cinque persone, una specializzanda, due laureate alla magistrale in Conservazione dei Beni Culturali, un dottorando e un professionista, montatore e tecnico audio, si è impegnato nell’attività di ripresa e montaggio degli incontri oltre che nella preparazione di brevi clip sugli artisti. Per rendere queste conferenze più interattive, ma soprattutto più comprensibile il lavoro dei suddetti artisti abbiamo pensato di ricorrere al linguaggio audio-‐visivo. Lo scopo dei video era quello di presentare in modo multimediale gli ospiti attraverso uno spaccato più o meno sintetico della loro biografia. Prima di arrivare al prodotto finale il gruppo di studio ha dovuto documentarsi ampiamente sull’operato del soggetto in questione ricorrendo a tutti i tipi di materiali disponibili dai più semplici (monografie, opuscoli di gallerie, foto…) ai più complessi (siti web dell’artista, delle gallerie, degli archivi on line…). Volevamo poter rispondere nel modo più ampio possibile a tutte le domande della nostra platea senza però rendere la cosa pedante o eccessivamente didascalica. Le risposte dovevano ricostruire
dittatura dello spettatore”; FRANCESCO BONAMI, MARIA LUISA FRISA (a cura di), Sogni e conflitti. La