Cap 2.2 LA REGIONE VENETO (1999- 2004) / I PARTNER (Collezione Peggy Guggenheim, Fondazione Pinault Palazzo Grassi Punta della Dogana,
5 Il museo è àncora e memoria Il mediatore culturale/scientifico convoca la dinamica passato/ presente affinché l’eredità culturale divenga riferimento e fermento attivo del quotidiano delle
4.2 Esperienze nell'anno 2010
Dati i presupposti la sperimentazione è proseguita anche nell’anno 2010 che si è inaugurato con la mostra “Russie! Memoria Mistificazione Immaginario. Arte russa del ‘900 dalle collezioni Morgante e Sandretti”237. Operazione condotta all’interno del Dipartimento di Storia delle arti e conservazione dei beni artistici “G. Mazzariol” in collaborazione con il Dipartimento di Americanistica, Iberistica e Slavistica, con il Dipartimento di informatica e con l’appoggio della Regione del Veneto.
La mostra, ospitata negli spazi espositivi dell’Università Ca’ Foscari, è il naturale proseguimento dell’attività di ricerca apertasi con l’esposizione sulla tradizione artistica cristiana etiopica. Come specifica il Magnifico Rettore, prof. Carlo Carraro, nel suo intervento in catalogo
“Russie!”[...] è un’attività di “laboratorio”, in cui docenti, dottorandi e studenti di Ca’ Foscari collaborano a costruire eventi espositivi di nuova concezione[...] sono stati quindi coinvolti diversi dipartimenti[...], differenti competenze, generazioni successive, con l’ulteriore comune obiettivo di individuare nuovi ruoli professionali nel moderno sistema delle arti e del turismo culturale[...]238.
Inoltre il Rettore specifica che gli spazi a nostra disposizione non intendono
237 BARBIERI, BURINI, Russie!... cit. 238 CARLO CARRARO, s.t., ivi, p. 7.
[...] assumere un ruolo e impostare dei rapporti di concorrenza con altri attori in uno scenario così fitto di eventi come quello veneziano. Lo scopo primario dell’università [...]è quello di sviluppare la ricerca e di trasformarla in una formazione sempre più adeguata e spendibile. [...]Laboratorio tra tanti laboratori di cui Ca’ Foscari dispone. Laboratorio di ricerca e formazione239.
Per questa attività non è stato previsto nessun compenso economico per i mediatori, ma solo il riconoscimento dei crediti formativi in base alle ore effettive di tirocinio. In questo modo abbiamo potuto raccogliere molte più adesioni e dare la possibilità ai ragazzi di limitare l’impegno. A conclusione della mostra e rivisto il budget a disposizione siamo comunque riusciti a gratificare dieci studenti, scelti tra i più meritevoli e tra quelli con un monte ore maggiore, con un piccolo riconoscimento economico.
Dato l’argomento la comunicazione è stata diffusa, attraverso i canali istituzionali, prima tra gli studenti iscritti ai corsi di lingue, in particolar modo di lingua russa, ma successivamente, rispettando l’idea di interdisciplinarietà che è sempre alla base questo tipo di progetti, l’invito è stato esteso a tutti gli studenti di Ca’ Foscari. Anche in questa occasione l’adesione è stata ampia e la ricerca si è conclusa con 37 mediatori di cui ben 16 alla terza esperienza. La continuità dimostrata da alcuni studenti è per noi motivo di orgoglio, ma anche di utilità pratica visto che la loro presenza ci ha permesso di indicarli come referenti in sede per i nuovi mediatori che potevano così interfacciarsi con coetanei già avezzi all’esperienza.
La formazione si è svolta nei modi canonici: lezione mirate tenute dai curatori e dagli specialisti dei vari argomenti (storia, arte e cinema russo, applicazioni multimediali), visite agli spazi in costruzione e allestiti oltre agli incontri con i responsabili del programma specifico.
La libertà di azione che la sede consentiva ha reso possibile l’attivazione di tutte le sovrastrutture già ampiamente analizzate connesse alla mediazione culturale: distribuzione dei questionari, costante compilazione delle schede di contatto e attenta indagine osservante. Anche per questa occasione è stata predisposta una divisa ad hoc composta dal badge, con l’indicazione linguistica, e da una maglietta rossa. La t-‐shirt presenta sul fronte, oltre ai loghi istituzionali, l’immagine creata da
Viktor Ivanov, nel 1945, e intitolata “?” (schizzo per manifesto)240, opera esposta, e sotto a essa abbiamo mantenuto le quattro azioni chiave: Camminare, Domandare, Ascoltare, Dialogare241. In sede avevamo predisposto anche la presenza dei guardia-‐ sala riconoscibili da una maglietta bianca con il logo della mostra242. L’immediata riconoscibilità delle diverse professioni è il tratto fondamentale per riuscire, già solo visivamente, ad attrarre l’interesse del pubblico che può scegliere se ricorrere o meno all’assistenza del mediatore perché, autonomamente, distingue i servizi e sa a chi rivolgersi. Anche questa semplice azione trasforma uno spazio museale da chiuso ad aperto, da criptico a chiaro. Il pubblico deve essere messo nelle condizioni di poter scegliere correttamente anche a chi rivolgersi.
L’attività non ha presentato differenze rispetto alle edizioni precedenti. All’atto pratico, infatti, abbiamo continuato a predisporre un servizio di mediazione culturale grazie alla presenza di 4/5 mediatori al giorno a disposizione del pubblico. Oltre alla normale attività, unica vera particolarità, abbiamo predisposto anche un servizio di visite dedicato alle scuole. Abbiamo però scelto di non pubblicizzarle e inserire tale servizio nell’offerta didattica perché volevamo essere liberi di poter scegliere se accettare o meno le richieste che pervenivano alla segreteria scientifica. La mostra, infatti, ha conquistato l’interesse di un pubblico molto giovane. Abbiamo ospitato una decina di classi provenienti dai licei cittadini e dalle scuole medie, in entrambi i casi si è trattato soprattutto di studenti degli ultimi anni. Per non snaturare, e venire meno alla nostra mission, abbiamo sempre preventivamente avvisato i docenti della metodologia applicata, positivamente recepita in particolare per l’occasione offerta ai loro studenti di confrontarsi con coetanei o comunque giovani studiosi che di certo, a detta loro, avrebbero conquistato l’attenzione dei ragazzi. Ai mediatori però abbiamo affiancato la presenza di alcuni dottorandi, facenti parte dello staff, che hanno introdotto e accompagnato i gruppi lasciando poi la libertà di girare per le sale e di interrogare i mediatori. Con stupore, soprattutto dei loro professori, i ragazzi hanno gradito e reagito molto bene alla proposta dimostrandosi attenti e curiosi. Alcuni
240 Vedi immagine nel DVD allegato cartella Attività 2010-‐ Russie! 241 Vedi immagine nel DVD allegato cartella Attività 2010-‐ Russie! 242 Vedi immagine nel DVD allegato cartella Attività 2010-‐ Russie!
hanno inoltre deciso di reiterare la visita, questa volta in compagnia dei genitori, a dimostrazione del fatto che spesso il motivo che spinge a visitare una mostra non è dato solo dall’argomento o dalle opere, ma anche dal modo in cui si presentano o si raccontano i segni artistici.
Nonostante abbia ribadito più volte come il mediatore sia funzionale soprattutto nei confronti del pubblico adulto e la mia ricerca sia focalizzata proprio su questo preciso aspetto, “Russie!” mi ha dato anche la possibilità di organizzare un laboratorio per bambini. Dalla lettura dei curricula avevo notato la presenza di soggetti con esperienza in tale ambito. Prevalentemente i ragazzi avevano prestato servizio in una cerchia locale, piccole realtà museali o attività ricreative, in più alcuni mi avevano esplicitamente fatto presente la loro volontà di mettersi alla prova anche in questo senso. Accogliendo quindi il suggerimento della professoressa Burini e l’interesse dei mediatori abbiamo organizzato un pomeriggio pensato per i più piccoli: “Russie! Kids” (venerdì 11 giugno 2010 dalle ore 15,30). La raccolta delle adesioni si è chiusa a quota trenta bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni.
Data la poca esperienza pratica a riguardo ci siamo fatti affiancare da Katia Margolis243 nell’ideazione e nella conduzione delle attività. Le difficoltà nell’elaborare la proposta educativa hanno riguardato l’età composita dei bambini e le tematiche affrontate nell’esposizione, complesse e, in alcuni casi, eccessivamente crude. Abbiamo quindi optato per una divisione dei bambini in piccoli gruppi omogenei ai quali è stato affidato un tutor, il mediatore, responsabile del gruppo, che doveva condurli da una sala all’altra e intrattenerli con l’attività specifica. I laboratori proposti, quattro, andavano dalla scrittura di testi al gioco, al riconoscimento dei quadri attraverso la visione di un particolare e degli oggetti basandosi sul tatto, passando per il disegno libero, attività per i più piccoli, fino alla realizzazione di incisioni su vetro. Il pomeriggio si è aperto e concluso con una “parata” sfruttando in questo modo la voglia di movimento insita nei più piccoli.
243 Artista di origini russe, residente a Venezia, presente in mostra con l’installazione “Silenzi bianchi,
2010” allestita nella sala intitolata “La doppia infanzia” messa a punto dai fratelli Margolis e dedicata a uno degli aspetti più crudi della politica comunista attuata da Stalin: la reclusione dei “figli dei nemici del popolo” negli orfanotrofi di regime. L’artista conduce in città laboratori pittorici dedicati ai bambini per questo oltre che per il suo diretto coinvolgimento nel progetto allestitivo si è ritenuto il soggetto più adatto per l’elaborazione delle proposte e per la conduzione delle stesse.
Questa è stata solo una breve parentesi, come in fondo le pseudo-‐ visite agli studenti, ugualmente significativa perché hanno dimostrato come uno staff, attentamente selezionato, consenta di rispondere, anche in breve tempo, a precise richieste esterne mantenendo comunque la cifra stilistica della nostra operazione basata sul rapporto uno a uno.
L’anno 2010 dev’essere però ricordato per l’inserimento dei mediatori culturali tra le proposte della 12 Mostra internazionale di Architettura People meet in architecture diretta da Kazuyo Sejima.
E’ stata la stessa Fondazione a contattarci e a proporci di proseguire la collaborazione avviata l’anno precedente. La proposta, di assoluto interesse, poneva però alcune problematiche riguardo alla sua realizzazione.
Il doverci confrontare con un argomento come l’architettura contemporanea, che necessita di una preparazione specifica e di conoscenze tecniche precise, consigliava di primo acchito di desistere. In secondo luogo, dopo una prima consultazione, ci siamo resi conto che questa volta avremmo dovuto ricreare completamente lo staff visto che potevamo contare sulla disponibilità di solo dieci mediatori già testati. Registravamo, infatti, alla quarta esperienza, un calo fisiologico di adesioni legato, per alcuni, alla conclusione del ciclo di studi e in parte al minor interesse per l’oggetto dell’esposizione. Inoltre, a causa della pausa estiva e dell’imminente sessione autunnale d'esami, il reclutamento di un congruo numero di mediatori si profilava difficoltoso. Abbiamo optato, per la prima volta, per l’allargamento dell’attività anche a studenti iscritti ad altri atenei, primi fra tutti lo IUAV di Venezia. A livello burocratico, la questione risultava facilmente aggirabile. Le università lavorano in rete; ricorrendo, infatti, all’attivazione di una convenzione, spesso già esistente, le pratiche amministrative si semplificano e gli studenti possono partecipare, come nel nostro caso, a un’attività sostitutiva di tirocinio svolta fuori sede. Nel bando abbiamo quindi inserito, come primo requisito per accedere all’attività, l’“Iscrizione a un corso di laurea triennale o magistrale di ambito storico-‐artistico presso qualsiasi Ateneo italiano”244.
Con l’inserimento di tale postilla siamo riusciti ad ottenere due immediati vantaggi: maggiore interdisciplinarietà all’interno del gruppo e allargamento del bacino da cui attingere i candidati. Nonostante ciò prima di raggiungere il numero totale di mediatori necessari abbiamo dovuto bandire l’attività due volte. Con la prima tranche abbiamo raccolto una trentina di adesioni, di cui ventisei sono risultate idonee, in questo modo abbiamo potuto garantire l’inizio dell’attività fissata per il 29 agosto, primo giorno di apertura al pubblico. Con il secondo bando, chiuso a fine settembre, abbiamo completato la ricerca.
La questione mi fornisce il pretesto per affrontare l’aspetto legato al coinvolgimento degli studenti in attività extra scolastiche. La difficoltà di reperimento, incontrata in questa occasione, così come l’abbandono a esperienza avviata o il calo di presenze nelle sedi, in concomitanza con momenti fissati dal calendario accademico, sono problemi insiti nel progetto stesso. La disponibilità che chiediamo ai mediatori, infatti, è subordinata agli impegni universitari che hanno sempre la precedenza. Tale imprescindibile questione porta con sé le conseguenze sopra descritte che hanno a volte creato problemi nella gestione quotidiana. Nello specifico, in tutti i progetti fin qui affrontati e nei successivi, abbiamo riscontrato un abbandono che si attesta sul 2-‐ 3% arrivando fino a punte del 5% nei casi di progetti di lunga durata, ad esempio in occasione della Biennale di Arti Visive. Questo ha comportato la risistemazione della lista degli aderenti. A volte, soprattutto nei primi mesi dell’attività, ci siamo dedicati alla ricerca di sostituti altre volte, invece, abbiamo optato per un decurtamento dei mediatori inizialmente richiesti, scelta però che ha determinato il taglio dei finanziamenti previsti. Come si può capire quindi l’argomento non è di poco conto. La sostituzione degli studenti, ad esempio, porta con sé alcune criticità come la riformulazione dei bandi che hanno tempi tecnici di attivazione e attuazione non negoziabili. Il problema si pone, nel nostro caso, per la presenza del riconoscimento economico, sul quale però non intendiamo trattare proprio per la consistenza dell’impegno richiesto agli studenti, che quindi comporta un’attenzione maggiore nella selezione e nella gestione degli aspetti amministrativi. È necessario, a nostro parere, che le istituzioni applichino, nel caso di progetti universitari, maggiore flessibilità nell’attuazione del regolamento interno e massima condivisione delle problematiche inerenti. Nello specifico riteniamo non corretto ritoccare lo stanziamento inizialmente concordato anche perché i vari progetti sono sempre stati
portati a termine nel rispetto degli accordi garantendo, indipendentemente dalla riduzione numerica o dagli impegni universitari, una presenza quotidiana numericamente sufficiente e costanza nel servizio. In più va fatto presente che le borse non assegnate sono state comunque impegnate o gestite dal dipartimento per l’organizzazione, o l’acquisto di attrezzature tecniche, necessarie all’attuazione della ricerca. Tra l’altro, in un’ottica di estesa condivisione degli obiettivi e potendo contare su una programmazione di più ampio respiro, riteniamo in futuro di poter affrontare i problemi emersi proponendo due tipi di approccio. Attraverso l’emanazione di due differenti tipologie di bando, uno dedicato ai soggetti decisi a intraprendere l’attività fin da subito e uno rivolto a studenti interessati solo a seguire la formazione, ma con la possibilità, se necessario, di essere inseriti nell’organico, potremmo tempestivamente rispondere agli imprevisti senza incappare in complicazioni amministrative. In sostanza, una lista composta dai titolari e una con le riserve. Per quest’ultimi la partecipazione ha comunque valore formativo perché equivale alla frequentazione di un breve corso e potrebbe anche garantire il conseguimento di crediti formativi245.
Comprendendo a pieno la logica che sottostà alle collaborazioni attivate con le università non si può che convenire che il lavoro di tutti deve garantire lo snellimento delle procedure di attuazione e svolgersi nel rispetto delle mission di ogni partner coinvolto.
Giulio Carlo Argan scriveva, nel 1975, in riferimento alla riforma universitaria di allora e la trasformazione del “museo-‐sacrario” in “museo-‐ laboratorio”:
La nuova funzione porterà il museo vicino alla scuola, all’università; meglio ancora se porterà l’università dentro il museo246.
Il rapporto di scambio e compenetrazione che questa frase suggerisce è oggi ancora più necessaria proprio per le nuove funzioni che si attribuiscono ai due organismi. Superato quindi il problema del reclutamento degli stagisti ci siamo interrogati su cosa uno studente di storia dell’arte o di lingue avrebbe potuto offrire ai visitatori in
245 Ritornerò sulla questione nelle conclusioni del capitolo.
246 GIULIO CARLO ARGAN, Musei italiani, in BRUNO CONTARDI (a cura di), Occasioni di critica. Giulio Carlo Argan, Roma, Editori Riuniti, 1981, p. 49.
larga parte specialisti della Biennale 2010. L’edizione si prospettava però, già dalla nomina del direttore, di rottura rispetto al passato. La curatrice, infatti, Kazujo Sejima, prima donna chiamata a dirigere il settore architettura, è una protagonista dell’architettura contemporanea fondatrice, assieme a Ryue Nishizawa, dell’apprezzato studio Sanaa oltre che autrice di edifici raffinati come il New Museum of Contemporary art di New York, il Serpentine Pavilion di Londra, il 21st Century Museum of Contemporary Art di Kanazawa (premiato nel 2004 col Leone d’Oro per l’opera più significativa della 9. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia), l’Istituto per l’arte moderna di Valencia, solo per citarne alcuni. Un’affermata progettista, quindi, e non una storica, come invece i suoi predecessori; Richard Burdett (2006) e Aaron Betsky (2008).
Siamo quindi partiti dall’analisi della lista di inviti composta da Sejima notando immediatamente la presenza di soggetti non propriamente riconducibili al tradizionale ambito di competenza di tale scienza. Tra i nomi che con evidenza lo testimoniavano figuravano Wim Wenders, Olafur Eliasson, Tom Sachs e Hans Ulrich Obrist. Di conseguenza la realizzazione delle proposte si profilava lontana dai tradizionali lavori esposti in tali occasioni. L’offerta espositiva, infatti, ha spaziato dalla fotografia247 alla pittura, passando per le produzioni video, comprendendo però anche installazioni complesse248 e opere sonore249, alle quali si associano i più classici modelli architettonici di piccola250 o grande scala251, gli schizzi e alcuni esecutivi252. La presenza di media e contenuti differenti ha quindi confermato il valore dell’attività offerta e l’importanza di predisporre un gruppo quanto mai composito e trasversale.
247 Ad esempio Luisa Lambri, Serie di fotografie a colori Menil House, 6 fotografie, e Casa das Canoas, 4
fotografie. E Walter Niedermayr Recollection 2005-2008.
248 Transsolar & Tetsuo Kondo Architects, Cloudscapes. Studio Mumbai Architects, Work Place. 249 Janet Cardiff, The Forty Part Motet.
250 Aldo Cibic, Rethinking Happiness: New realities for changing lifestules. Atelier Bow-‐ Wow, House Behaviorology.
251 De Paor architects, 4am. Aires Mateus e associados, Voids.
252 Architecten De Vylder, Vinck, Taillieur, 7 houses for 1 house/ the ordos 100 project revisited/ ordos 100#m001 id 096.
Le parole che Kazujo Sejima ha pronunciato durante l’incontro conclusivo organizzato sabato 20 novembre al Teatro alle Tese suonano come una riprova ufficiale:
Questa mostra mi ha dato quello che spero abbia offerto anche agli altri, ovvero la possibilità di aprire l’architettura a nuovi punti di vista sulle modalità di relazione tra le persone. [...] Il processo di costruzione di questa Biennale è stata anche una traduzione pratica del titolo People meet in architecture. [...] Ogni persona con cui ho parlato sembra abbia avuto un’impressione diversa. Ciascuno di loro ha trovato il proprio percorso all’interno della mostra e mi pare abbia trovato anche il modo di mettere in comunicazione ciò che ha visto con le proprie esperienze di vita253.
Parole che ben si sposano con quelle scritte dalla stessa nel catalogo:
Questa edizione della mostra consente alle persone di prendere coscienza delle varie idee emanate da contesti diversi e rispecchia il presente che incapsula in sé potenzialità per il futuro. È mia speranza che questa esposizione sia un’esperienza di possibilità architettoniche, che riguardi un’architettura creata da diversi approcci, capace di esprimere nuovi modi di vita254.
Due prevalentemente i fili conduttori dell’esposizione: l’importanza della progettazione, spesso stimolata dalle suggestioni più diverse, e il tema dell’uomo che vive l’architettura, sia in qualità di creatore sia come utente. Tematiche molto ampie e in grado di provocare riflessioni in tutti i soggetti indipendentemente dagli studi intrapresi.
Abbiamo quindi affidato il compito di supportare il pubblico a quaranta studenti, in totale e cosciente tranquillità sulle capacità dei nostri mediatori: trentatre iscritti all’università Ca’ Foscari, sei studenti dello IUAV e una studentessa iscritta all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Il gruppo proveniente dalla nostra università era così composto: 4 studentesse di Lingue, culture e società dell’Asia Orientale (magistrale), 4 di Lingue e culture del Mediterraneo e del Medio Oriente (triennale), 5 iscritti alla magistrale Egart, 6 alla triennale del medesimo corso, 14 studenti del corso di laurea in Conservazione e produzione dei beni culturali, 10 triennalisti e 4 magistrali. Ventisei di loro hanno contemporaneamente prestato servizio anche al Padiglione portoghese ospitato negli spazi espositivi dell’Università Ca’ Foscari: No
253 Vedi http://www.labiennale.org/it/architettura/mostra/sabati/sabati-‐sejima.html.
254 KAZUJO SEJIMA ( a cura di), in People meet in architecture, catalogo ufficiale, Venezia, Marsilio, 2010,
place like. 4 house 4 films255. Anche l’interessante partecipazione nazionale si è concentrata e mostrata, come il titolo specifica, attraverso quattro progetti architettonici e quattro film prodotti rispettivamente da progettisti e filmaker. Anche in una realtà più ristretta, come quella del padiglione, si riconferma la tipologia mista presente nella mostra internazionale. Da qualche anno, infatti, l’architettura ha iniziato a ricorrere, con sempre maggiore frequenza, alle collaborazioni artistiche. Se prima era l’architetto che si proponeva attraverso lavori più strettamente artistici ora assistiamo invece a interessanti collaborazioni che in qualche modo rimettono ordine tra le discipline.
Per quanto riguarda la formazione la doppia emanazione del bando ha comportato la suddivisione in due periodi anche di tale momento.
Nel caso del Padiglione portoghese avevamo a disposizione moltissimo materiale audio visivo, interviste, riprese degli studi, disegni, schizzi e opere costruite, questo perché eravamo stati chiamati a predisporre anche la guida iPod che nei mesi