Cap 2.2 LA REGIONE VENETO (1999- 2004) / I PARTNER (Collezione Peggy Guggenheim, Fondazione Pinault Palazzo Grassi Punta della Dogana,
4.1 Esperienze nell'anno 2009
L’attività di mediazione culturale in campo espositivo sviluppata dall’Università Ca’ Foscari, soprattutto attraverso il Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali2, ha preso avvio nel gennaio 2009.
In quello stesso anno l’Ateneo veneziano ha avviato una regolare attività espositiva negli spazi ricavati per tale scopo all’interno della storica sede affacciata sul Canal Grande3. La nuova stagione è iniziata il 12 marzo con l’inaugurazione della mostra intitolata “Nigra sum sed formosa. Sacro e bellezza nell’Etiopia cristiana” (Ca’ Foscari Esposizioni 13 marzo-‐ 10 maggio)4. La mostra, prima rilevante esposizione, tenutasi in Italia, sull’arte etiopica cristiana, sulle tradizioni artistiche della chiesa copta oltre a vantare un importante comitato scientifico internazionale, a raccogliere preziosi reperti, in gran parte inediti, si è avvalsa di un corposo supporto multimediale composto da filmati, fotografie e musiche opportunamente trattate.
1 ALAN BENNETT, Una visita guidata (I edizione 2005), Milano, Adelphi, 2008, p. 43.
2 Per precisione è giusto ricordare che il dipartimento citato è a dire il vero la nuova denominazione
che ha acquisito l’ex Dipartimento di Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici “G. Mazzariol” nel gennaio 2011, a seguito dell’accorpamento degli ex dipartimenti di Filosofia e Teoria delle scienze e di Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici “G. Mazzariol”.
3 Il restauro del Palazzo di Ca’ Giustinian de’ Vescovi si è concluso nel 2007. Nel settembre dello stesso
anno in occasione della Regata Storica si inauguravano, con una modesta mostra fotografia a tema, gli spazi espositivi, 800 mq circa, che hanno assunto in seguito il nome di Ca’ Foscari Esposizioni. Queste sono le mostre dall’inaugurazione fino a “Nigra sum sed formosa”: “Veri, falsi e ritrovati: la Guardia di Finanza racconta 60 anni a tutela della cultura e del'arte in Veneto” (17 giugno -‐7 settembre 2008), “ARTE AL BIVIO -‐ Venezia negli anni Sessanta” (26 settembre -‐ 9 novembre 2008). Per gli approfondimenti sulla storia del palazzo si rimanda a: GIUSEPPE MAZZARIOL (a cura di), I Palazzi del
Canal Grande, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1989; MARCELLO BRUSEGAN, La grande guida dei
monumenti di Venezia, Roma, Newton & Compton, 2005; ELSA E WANDA ELEODORI, Il Canal Grande.
Palazzi e Famiglie, Venezia, Corbo e Fiore, 2007.
4 Catalogo della mostra: GIUSEPPE BARBIERI, MARIO DI SALVO, GIANFRANCO FIACCADORI (a cura di), Nigra sum sed formosa. Sacro e bellezza nell’Etiopia cristiana, Vicenza, Terra Ferma, 2009.
Tutta l’operazione, inclusa la realizzazione di un prototipo fortemente innovativo di guida multimediale mobile realizzata in ambiente iPod, ha coinvolto in maniera assidua molti studenti. L’intento è stato, infatti, quello di utilizzare la rassegna come un vero e proprio laboratorio didattico per studenti, laureandi e dottorandi.
Gli spazi di Ca’ Foscari Esposizioni, proprio per il loro essere parte di una pubblica università, possono avere un senso soprattutto se funzionano nei termini di un laboratorio didattico e di ricerca: è del tutto naturale che vi debbano risultare impegnati, prima di altri, coloro che si trovano all’interno di un percorso formativo che deve trasformarli in storici dell’arte5 .
Una rara occasione dove poter sperimentare e testare alcune delle più innovative forme dell’edutainment6, ma non solo.
Quando la mostra ha iniziato a prendere forma è stato necessario provvedere anche alla programmazione dei servizi al pubblico, i cosiddetti “servizi aggiuntivi”, regolamentati per legge nei musei statali7 e vivamente caldeggiati, dalla trattatistica sul tema, per tutti gli spazi espositivi in genere.
5 GIUSEPPE BARBIERI, Storia dell’arte, multimedialità: perché? , in ID., DI SALVO, GIANFRANCO FIACCADORI, Nigra sum sed…cit., pp. 15-‐ 21, qui p. 18.
6 Il termine edutainment (neologismo nato dalla fusione dei termini education e entertainment) è stato
inizialmente coniato e applicato alla pratica museale per indicare le forme di comunicazione giocosa finalizzate alla didattica. Successivamente ha denotato tutto ciò che può essere comunicato, attraverso il gioco, in modo simpatico e produttivo, utilizzando i nuovi media per la formazione e la comunicazione multimediale e interattiva: dal Web ai nuovi supporti DVD, sino alla creazione di infrastrutture virtuali che aumentano il valore comunicativo e informativo nell'ambiente (ambient intelligence) ed alla Mobile Communication e Mobile Learning. Per un primo approfondimento cfr: JOHAN HUIZINGA, Homo ludens, (1938 trad. it.), Torino, Einaudi, 1946 -‐ FRANCO ANTINUCCI, Comunicare nel
museo, Roma-‐ Bari, Editori Laterza, 2004, ROBERTO MARAGLIANO, Nuovo manuale di didattica
multimediale, Bari-‐Roma, Editori Laterza, 2004, PIETRO A. VALENTINO, MARIA RITA DELLI QUADRI (a cura di), Cultura in gioco: le nuove frontiere di musei, didattica e industria culturale nell'era dell'interattività, Firenze, Giunti, 2004.
7 Con "Servizi aggiuntivi" si definiscono tutti quei servizi offerti a pagamento al pubblico dei musei per
il miglioramento della fruizione culturale definizione coniata dal legislatore Alberto Ronchey (1992-‐ 1993) che per primo, legge del 14 gennaio 1993 n. 4 o Ronchey, istituì e regolamentò tali attività. Inizialmente la legge si è occupata dei servizi editoriali e vendita, delle caffetterie, della ristorazione, del guardaroba e di altri beni correlati all'informazione museale ma successivamente il decreto legge del 29 ottobre 1999 n. 490 si è occupato anche di gestire i servizi di accoglienza, informazione, guida e assistenza didattica, pulizia, vigilanza e gestione dei biglietti d'ingresso. l'organizzazione delle mostre e di tutte le altre iniziative promozionale. Infine con il d.l del 26 marzo 2008 n. 6 i servizi aggiuntivi sono cresciuti di importanza e in ampiezza d'azione andando così a racchiudere sotto tale definizione tutti i servizi atti alla conservazione, fruizione e valorizzazione dei beni culturali. Cfr. ROSANNA CAPPELLI, Punto
In particolare bisogna affrontare l’impegno di predisporre il “supporto umano” alla visita, senza ricorrere alle soluzioni tradizionali, spesso logore e inefficaci: mi riferisco principalmente alle così dette visite guidate.
I visitatori in gruppo sono spesso definiti dalla stampa con il termine “torma”: […] “torma di studenti muti e annoiati” […] “torme di turisti”. “Torma” significa “quantità di persone che vanno insieme disordinatamente, ma anche “branco di animali8.
La torma di visitatori che si trascinano annoiati per le sale era proprio l’effetto che si voleva evitare ed esorcizzare.
Stavamo mettendo in scena un racconto, l’intenzione era di far entrare il visitatore tra le pieghe di tale racconto9: far vivere un’esperienza.
La didattica museale o, secondo un significato più ampio, l’educazione museale (di cui la didattica rappresenta dunque un’accezione più limitata), fa parte di un ambito più vasto che si può definire esperienza museale10.
Avevamo a che fare con un tema non semplice e sconosciuto ai più, anche se di grande fascino e capace di incuriosire. Ci rivolgevamo pertanto a un pubblico vario e non esisteva alcun target vero e proprio di riferimento sul quale poter costruire una precisa offerta didattica. Inoltre la mostra temporanea che stavamo costruendo era ospitata in uno spazio espositivo sui generis, non fosse altro per il fatto di non possedere una tradizione, quindi nessuna imposizione o divieto dato da precedenti illustri o ben riusciti.
La volontà di tralasciare le visite guidate tradizionali ha preso avvio da una riflessione sul pubblico dei musei e delle mostre in genere. Sylvia Lahav, Senior Education Officer dalle National Gallery di Londra, durante la giornata di studi I servizi educativi dei
8 MARIA TERESA BALBONI BRIZZA, Immaginare il museo. Riflessioni sulla didattica e il pubblico, Milano, Jaca
Book, 2006, p. 86.
9 Cfr. GIUSEPPE BARBIERI, Gli elementi di multimedialità e interattività di “Nigra sum”: una nuova per la fruizione delle opere d’arte, in FINOCCHI, La multimedialità da accessorio... cit., pp.19-‐22, qui p. 20. 10 LUCIA CATALDO, MARTA PARAVENTI (a cura di) Il museo oggi. Linee guida per una museologia contemporanea, Hoepli, Milano, 2007, p.196.
musei milanesi, tenutasi a Milano il 22 novembre 2001 aveva posto una domanda che cela una questione molto seria: “We count visitors but visitors really count?”11
Nei fatti si tende spesso insomma a trattare i visitatori come dei semplici consumatori. Per migliorare tale diffuso atteggiamento molti testi consigliano di tenere sempre a mente che il pubblico è in primo luogo costituito da singoli individui che come tali hanno aspettative, richieste ed esigenze specifiche12.
Prendendo spunto da queste riflessioni e dalle letture che andavo via via raccogliendo ho iniziato a interessarmi alla “mediazione culturale”. L’attenzione verso questa “nuova” tipologia di servizio era stata sollecitata anche dall’allora amministratore delegato di Palazzo Grassi, Monique Veaute, conoscitrice della realtà museale francese dove la figura professionale del “mediatore” è presente da tempo e strutturata all’interno di percorsi di formazione universitari.
Nel gennaio 2001 ho visitato la città di Torino in occasione della Triennale d’arte contemporanea mossa da due motivazioni. Torino era la città che meglio si prestava a confronti con Venezia sul terreno dell’analisi del “distretto” dell’arte contemporanea e inoltre il curatore della seconda edizione, intitolata “T2-‐ 50 Lune di Saturno”13, era lo stesso Daniel Birnbaum che solo pochi mesi dopo avrebbe curato anche la 53° edizione della Biennale di Venezia. Intendevo osservare e testare personalmente i servizi offerti dalla città sabauda oltre a raccogliere informazioni specifiche sull’argomento.
L’evento più importante attorno al quale ruotava l’offerta culturale dell’intera città era appunto la Triennale che si svolgeva in tre sedi distinte; il Castello di Rivoli Museo d’arte Contemporanea, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e la Promotrice delle Belle Arti14. Negli spazi della Fondazione Sandretto mi sono imbattuta nei “mediatori
11 Riferimento al più famoso testo di EILEAN HOOPER-‐GREENHILL, Si contano i visitatori o sono i visitatori che contano, in ROBERT LUMLEY (a cura di), L’industria del museo. Nuovi contenuti, gestione, consumo di
massa, Genova, Costa & Nolan, 1989. Citato anche in BALBONI BRIZZA, Immaginare il museo… cit., nota 3 p. 82.
12 Cfr. BALBONI BRIZZA, Immaginare il museo… cit., pp. 82-‐83.
13 DANIEL BIRNBAUM (a cura di), 50 lune di Saturno: T2 Torino Triennale, Milano, Skira, 2008.
14 Al Castello di Rivoli era ospitata una personale dell’artista danese Olafur Eliasson, alla Fondazione
culturali”. Per la prima volta ho visto quei giovani all’opera: erano semplicemente degli studenti che interagivano con il pubblico. Durante la mia visita due sono gli atteggiamenti che più mi hanno colpito; il modo in cui si spostavano da una sala all’altra, senza rispettare un percorso predeterminato e il fatto che si approcciavano a differenti tipologie di visitatori alle volte perché interrogati dagli stessi, altre volte in modo più spontaneo15. L’esperienza alla Sandretto era stata sufficiente a stimolare le prime riflessioni. Il servizio offerto dalla Fondazione torinese portava con sé proprio quell’evoluzione, quella svolta che volevamo imprimere alla nostra offerta didattica. Forti dell’unico precedente italiano abbiamo avviato la ricerca di volontari disposti a condividere con noi tale esperienza. Il coinvolgimento doveva riguardare anzitutto gli studenti, primi fruitori della mostra oltre che beneficiari dell’offerta formativa che stavamo attuando.
Attraverso una delle forme di comunicazione più popolari del momento, il social network Facebook16 abbiamo annunciato la necessità, da parte del Dipartimento di Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici, di avvalersi della collaborazione di Mediatori Culturali. La risposta è stata praticamente immediata. La ricerca ha utilizzato anche i canali istituzionali più tradizionali: il sito web dell’università, la mailing list del dipartimento, le comunicazioni a lezione, nonché l’immancabile passaparola tra gli studenti17.
Società Promotrice delle Belle Arti trovavano spazio quarantotto artisti di tutto il mondo. Questa suddivisione motiva anche il titolo dato all’edizione.
15 Tornerò sull’argomento successivamente in maniera diffusa.
16 Per raggiungere più studenti possibili decisi di aprire un profilo Facebook: cafoscariesposizioni2009.
Il social network, fondato nel 2004 presso l’università di Harvard, aveva avuto un grande incremento di utenti italiani solo nel 2008: era quindi molto in voga, però non ancora così diffuso. Oggi, invece, è il secondo sito più visitato al mondo (classifica presente su: http://www.alexa.com/topsites) e conta più di 500 milioni di utenti (dato fornito dal sito omonimo “500 milion stories” http://blog.facebook.com/blog.php?post=409753352130). Il nostro profilo è tutt’ora attivo e da quella prima esperienza è diventato il principale canale di informazione; per sponsorizzare mostre, attività, convegni, comunicare con il gruppo di mediatori, con i 4038 amici ecc. Vedi anche TIZIANO TONIUTTI,
Facebook supera Google, è il sito più visitato, in "Repubblica.it", 17 marzo 2010
(http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/03/17/news/facebook_supera_traffico_google-‐ 2712960/).
17 Questo è il testo dell’annuncio pubblicato e diffuso, dal 5 febbraio, attraverso tutti i canali a nostra
disposizione: “L’Università Ca’ Foscari, Dipartimento di Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici, nella persona del suo Direttore, il professor Giuseppe Barbieri, sta cercando una decina di persone che abbiano la voglia e le capacità per ricoprire il ruolo di “mediatori culturali” per la mostra “NIGRA SUM SED FORMOSA. Sacro e bellezza dell’Etiopia cristiana” che aprirà il 12 Marzo 2009. L’invito è rivolto a tutti i ragazzi e le ragazze iscritti a Ca’ Foscari, in particolar modo agli studenti di
In pochi giorni abbiamo avuto a disposizione un team di 42 ragazzi che non abbiamo ritenuto di dover selezionare, per assottigliarne il numero, quanto piuttosto orientare e formare. Molto interessante è stata la lettura delle lettere motivazionali. Oltre a raccontare del loro interesse per l’arte e a sottolineare la volontà di lavorare in quest’ambito, alcuni hanno elencato i viaggi fatti e aggiunto informazioni a prima vista superflue ma in realtà molto utili. Stavamo cercando ragazzi preparati, ma soprattutto intelligenti, educati, non troppo introversi, con la conoscenza di almeno una lingua straniera.
Lo staff, composto da 19 studenti iscritti al Corso di laurea triennale in Conservazione dei Beni Culturali, 10 iscritti alla specialistica dello stesso indirizzo, 9 studenti della Facoltà di Lingue e letterature moderne e contemporanee occidentali e 4 specializzandi in Lingue, dal punto di vista formativo era abbastanza omogeneo, ma vario per età ed esperienze personali.
I colloqui preliminari si sono svolti singolarmente perché dovevamo capire la disponibilità di ognuno, ma soprattutto il grado d’interesse verso l’esperienza. Dopo il primo incontro tutte le riunioni si sono svolte in gruppo. In questa prima fase abbiamo fornito agli studenti i ragguagli e i dettagli sull’attività che avrebbero dovuto svolgere.
Incontrarli sempre in gruppo corrispondeva a una precisa strategia: dovevano conoscersi e interagire, riconoscersi come parte di un progetto comune, di un’esperienza collettiva. Lollobrigida nel suo testo sulla museologia ricorda che agli addetti alla didattica è richiesta specializzazione, massima interdisciplinarietà, trasversalità, ma soprattutto “capacità di lavorare in gruppo”18. Per noi questa capacità va intesa non solo in senso pratico, ideare laboratori o prepararsi all'interazione con il pubblico, ma in senso assoluto: nessun rapporto gerarchico deve
storia dell’arte, storia e lingue, preferibilmente specializzandi, che desiderino cimentarsi con un’esperienza nuova che poco ha a che fare con le ormai logore visite guidate. Tutti gli interessati sono pregati di inviare il loro curriculum e dieci righe di motivazione a 955634@stud.unive.it i suddetti saranno poi contattati per un colloquio. Ai selezionati l’Università riconoscerà l’esperienza come crediti formativi oppure come attività di stage a seconda delle esigenze dello studente.”
18 CONSUELO LOLLOBRIGIDA, Introduzione alla museologia. Storia, strumenti e metodi per l’educatore museale, Firenze, Le Lettere, 2010, p. 163. Torneremo su questo aspetto che è uno dei punti nevralgici
intercorrere tra i vari mediatori e neppure nei confronti dei visitatori, anch’essi parte inscindibile di quel fantomatico gruppo. L’esatto opposto di quello che Balboni Brizza riconosce alla figura della guida: “Il rito della visita di gruppo ha un officiante nella figura della guida”19.
L’operazione della mediazione, anti-‐gerarchica in sé, prevede che il mediatore non si ponga frontalmente, come “colui che sa”, ma orizzontalmente, come colui che vuole esperire-‐ come gli altri e al pari degli altri-‐ l’opera d’arte20.
E’ proprio verso questo cambio di prospettiva che volevamo indirizzare gli studenti coinvolti.
Quello della formazione si è fin da subito rivelato come l’aspetto più delicato di tutta l’attività.
La civiltà etiope, l’Etiopia in genere, con la sua cultura fatta di tradizioni, usi e costumi non era il terreno di studi di nessuno dei ragazzi e propriamente di nessuno dei giovani collaboratori ai quali i curatori avevano deciso di affidare alcuni aspetti dell’organizzazione. Avevamo però la possibilità di coinvolgere attivamente il professor Gianfranco Fiaccadori, ordinario di Archeologia cristiana e medievale all’Università degli Studi di Milano e di utilizzare i preziosi approfondimenti, del prof. Stanislaw Chojnacki, decano dei moderni studi storico-‐artistici sull’Etiopia cristiana.
La formazione inizialmente si è articolata attraverso un breve corso sulla mostra tenuto dal professor Fiaccadori, che ha incontrato lo staff per un totale di dieci ore, proiettando dei filmati, mostrando foto e presentando alcuni oggetti. Terminato il corso è stato lasciato agli studenti il tempo per studiare il catalogo e sedimentare le conoscenze. Questa, infatti, è stata pensata fin da subito come un’attività formativa, ma soprattutto auto-‐formativa. Inoltre sono stati accompagnati a visitare il cantiere in progress. In questo modo hanno potuto osservare gli allestitori al lavoro, notare come alcune scelte curatoriali si modifichino quando si confrontano con lo spazio reale, vedere le opere imballate e poi installate ecc. Ultimo step l’incontro col professor Augusto Celentano, ordinario di Sistemi di elaborazione delle Informazioni presso
19 BALBONI BRIZZA, Immaginare il museo… cit., p. 87.
20 VALENTINA GENSINI, Incontro al Contemporaneo. Riflessioni sul ruolo e la funzione del mediatore in EAD.
(a cura di) Video d’artista, la video arte dalle origini a oggi. Proposte di mediazione per l’arte
l’allora Dipartimento di Informatica dell’Università Ca’ Foscari, sulla guida iPod, uno degli strumenti di accompagnamento all’esposizione anch’essa a disposizione gratuita del pubblico.
Completato il processo formativo abbiamo invitato i mediatori a continuare, singolarmente o in gruppo, nell’approfondimento dell’argomento. L’auto-‐formazione, infatti, va intesa non soltanto come studio ulteriore, ma soprattutto come aggiornamento continuo. Durante il periodo di mostra ho inviato loro con regolarità, ad esempio, tutti gli articoli riguardanti l’esposizione e molto spesso erano proprio loro che mi segnalavano dei link o degli scritti interessanti. Inoltre, col passare del tempo, hanno iniziato a raccogliere le domande del pubblico alle quali non erano riusciti a dare una risposta esauriente, oltre ai loro dubbi, ai quali prontamente il prof. Fiaccadori rispondeva. Anche questo era un modo per rafforzare lo spirito di gruppo, ma anche per tenere vivo l’interesse. Questo è il principio base del community learning, dello studiare assieme, scambiandosi riferimenti bibliografici, condividendo i resoconti delle esperienze o semplici consigli su come migliorare l’approccio con l’utente. Un vero e proprio percorso formativo in progress che si ridisegna e si migliora attraverso l’esperienza, lo studio, il tutto vissuto a stretto contatto con i colleghi.
I mediatori dovevano essere presenti in mostra tutti i giorni dalle 4 alle 8 ore, a seconda dei turni da loro stessi indicati, in gruppi di tre o quattro persone, in questo modo la sede non era mai scoperta. Abbiamo lasciato a loro il compito di gestire internamente le sostituzioni e le pause, io mi limitavo a recepire le richieste e a organizzare le giornate.
In questo lasso di tempo avevano il compito di spostarsi all’interno delle sale in attesa che il visitatore li avvicinasse e chiedesse loro delucidazioni. Dovevano riuscire a instaurare un rapporto col pubblico tale da far scattare il meccanismo della comunicazione. Si trattava di veicolare il principio che ogni opera d’arte, anche sconosciuta o proveniente da una realtà remota, se correttamente interrogata, risponde. Per fare questo il Mediatore Culturale non può affidarsi solo ai contenuti di una lezione imparata a memoria: il pubblico è vario e pone domande imprevedibili. Oltre alla preparazione di base i ragazzi hanno dovuto ricorrere a competenze molto
diverse, dalla geografia alla storia, dall’iconografia alla sociologia e finanche alla psicologia.
Stavamo insegnando, prima di tutto, ai nostri studenti a trasformare il “vedere” in “guardare”21, metamorfosi che si può ottenere solo attraverso il contatto continuo e diretto con le opere. I primi a mettersi in gioco sono stati quindi proprio i mediatori stessi: ricominciare a guardare, questa è la vera necessità. Solo in un secondo momento si possono cercare le relazioni con gli oggetti vicini e lontani, con lo spazio, con la storia e quant’altro22.
A posteriori possiamo affermare che è stato proprio questo atteggiamento fuori dal comune ad aver inizialmente disorientato il pubblico che, generalmente, non capiva chi fossero o quale ruolo rivestissero quei ragazzi disseminati per le sale.
I mediatori giravano e interagivano solo se interrogati, ma non accompagnavano, spesso davano risposte non completamente esaustive e non impartivano lezioni.