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L'eterno apparire dell'opera d'arte.

Nel documento LA FILOSOFIA NELL'ARTE (pagine 106-129)

accadere non aggiunge nulla al suo essere. Nel suo essere identica a se stessa, essendo insieme al Tutto, il suo accadimento è già eternamente compreso nell'essere se stessa. L'opera d'arte accade. Ma il pensiero dell'Occidente crede che questo accadere sia il risultato del fare poietico del genio artistico. Michelangelo con il suo fare poietico imprime al blocco di pietra la forma che lui ha in mente, il suo scalpello schiude progressivamente la forma di questa statua. Ogni colpo è un togliere per far emergere, è un distruggere che crea. E quando la forma della statua è compiuta, il blocco di pietra è ormai nulla. Con Nietzsche, possiamo dire che il creare è sempre un distruggere. La creazione dell'arte è sempre un divenire. Quando Nietzsche afferma che bisogna imprimere al divenire il carattere dell'essere, significa fondere in un tutto il divenire annientante con l'essere. L'eterno ritorno è, infatti, questo tentativo estremo, quello appunto di fondere l'eterno non al di là del divenire, ma nel divenire. Ma il divenire nichilistico per il linguaggio della verità dell'essere è impossibile, nessun essente può uscire e ritornare nel nulla. Tutto l'essente è da sempre e per sempre salvo presso l'essere. Ma sempre salvo non è solo la totalità degli assenti, ma anche la totalità dei nessi che tra loro vivono, in quanto anche i nessi sono essenti. Dunque, l'accadere dell'opera non può essere il risultato di una creatio ex nihilo, e non può essere comunque il risultato dell’agire della volontà di potenza. L'accadimento rientra eternamente nella medesima identità dell'opera, che è identica al suo essere insieme al Tutto dell’essente. Questo significa che quello che l'Occidente intende come l'agire poietico dell'artista che schiude l'opera, appartiene all'accadimento dell'opera. E questo appartenere

non è un partecipare attivamente dell'artista, della sua volontà. Nel senso che egli non decide di parteciparvi, ma, al di là del nichilismo, il suo parteciparvi è un nesso necessario dell'accadimento dell'opera, che egli non ha mai de-ciso, in quanto è già da sempre incluso nella verità dell'essere, di Tutto l'essere. Quando Michelangelo scolpisce il blocco di pietra, il suo “agire” è incluso eternamente nel apparire dell'opera. La volontà di potenza crede che sia se stessa che agisce, ma ogni agire è un essente necessario, già incluso nella totalità del Tutto. Si badi, che l'esser già da sempre incluso nella verità dell'essere, non può implicare la presenza di una forza trascendente che de-cide eternamente sul tutto quello che deve accadere, in quanto è anch'essa un risultato dell'isolamento del pensiero occidentale dal destino della verità. La provvidenza divina è anch'essa risultato del pensiero nichilista, in quanto è il risultato dell'isolamento della parte, ossia della hýbris, Dio, infatti, nella teologia cristiana, non è il Tutto nella sua concretezza, ma l'essere perfettissimo che sta “al di là” del mondo. È quindi anch'esso isolato dal Tutto concreto. Dunque, il già da sempre incluso dell'agire poietico nel Tutto è la medesima identità del Tutto. L'identità dell'agire poietico così come esso accade, è la medesima identità del suo essere insieme al Tutto, che, a sua volta, corrisponde necessariamente all'identità del Tutto. L'agire poietico accade così come accade, solo perché il Tutto è eternamente se stesso. Questo significa che l'agire poietico di Michelangelo così come accade, è necessario che accada, ma il significato di questo agire, nella verità dell'essere, non è espressione della volontà di potenza, che in libertà, sciolta cioè da legami necessari, de-cide di agire, questo agire è in

verità un essente eterno e necessario, che necessariamente è connesso con l’accadere dell'opera, e che, infatti, accade insieme all'accadimento dell'opera. Il fondamento dell'accadimento dell'opera è se stesso, nel senso che il suo accadimento è identico al suo esser insieme alla totalità del Tutto, ma questo esser insieme nell’apparire, è possibile solo perché il suo apparire con i nessi che con esso appaiono (l'agire poietico), è eternamente identico a se stesso. La struttura originaria è l'essenza del fondamento, perché è

immediatezza. Questo vuol dire che il fondamento non sta “prima”

dello strutturarsi del Tutto eterno, ma è questo originario

strutturarsi, che è, appunto, immediatezza originaria. Quindi il

fondamento dell'apparire dell'opera d'arte non è semplicemente il Tutto, pensato come principio antecedente allo strutturarsi, ma è l'originaria struttura del Tutto, che originariamente include la totalità dell'apparire dell'opera. Dire, quindi, che il fondamento dell'apparire dell'opera è se stessa o il Tutto, è il medesimo, in quanto l'apparire dell'opera d'arte è eternamente ciò che è in quanto è eternamente incluso nel Tutto, e il Tutto è identico a se stesso in quanto includente originariamente l'apparire dell'opera d'arte così come appare. L'opera d'arte accade. Ma il suo accadere non è il semplice apparire dell'opera, bensì è l'apparire del suo incominciare ad apparire. Incominciare ad apparire significa che l'opera d'arte, “questa statua”, esce dall'ombra del non apparire ed entra nella luce del cerchio intramontabile dell'apparire. L'incominciare ad apparire di questa opera d'arte è un essente eterno e necessario. È quindi necessario che l'opera incominci ad apparire così come appare. Questo significa che anche il passaggio è necessario, ed è

necessario che appaia. L'incominciare ad apparire dell'opera d'arte è l'apparire del passaggio tra il “prima” e il “poi”, tra loro necessariamente connessi. “Questa statua” è necessario che incominci ad apparire, ed è necessario che incominci ad apparire in connessione con Michelangelo, che non è il creatore di questo incominciare, ma un essente eterno e necessariamente in connessione con l'incominciare ad apparire. Questo non vale solo per “questa statua”, ma per tutte le opere d'arte che entrano nell’apparire, ossia che incominciano ad apparire. Anche, per un qualsiasi dipinto di Van Gogh, o per una qualsiasi sonata di Beethoven, come anche per un qualsiasi componimento poetico di Leopardi, è necessario che incomincino ad apparire. Ogni opera che appare nel apparire è necessario che incominci ad apparire, in quanto il suo incominciare ad apparire è un essente eterno ed eternamente se stesso. L'incominciare ad apparire di “questa statua” non è certamente un incominciare ad essere, in quanto sarebbe un uscire fuori dal nulla, un esser nulla. Questo comporterebbe che l'opera d'arte è il risultato di una creatio ex nihilo. Ma l'incominciare ad apparire dell'opera d'arte è eterno e immutabile, e non può mai uscire dal non essere. L'ente quando entra nel cerchio dell'apparire, non vi entra direttamente, in quanto se così fosse, prima di entrarvi il suo apparire sarebbe nulla. L'ente quindi entra nel cerchio dell'apparire assieme al suo apparire, ma, di nuovo, l'entrare nel cerchio dell'apparire è un incominciare ad entrare. Questo apparire è l'apparire dell’essente sopraggiungente. L'opera d'arte appare nel cerchio dell'apparire con tutte le determinazioni che le convengono, in quanto appare il suo sopraggiungere, ossia sopraggiunge il suo

apparire, il suo sopraggiungente apparire. Ma, a sua volta, l'apparire di questo apparire che sopraggiunge è esso stesso sopraggiungente, nel senso che l'apparire sopraggiungente ha come suo contenuto se stesso: il sopraggiungente apparire dell'apparire sopraggiungente. Il sopraggiungente, infatti, non è semplicemente un ente che entra in sintesi con l'apparire, quando l'opera d'arte appare, il sopraggiungente è già il suo apparire come sopraggiungente. L'apparire sopraggiungente dell'apparire dell'opera d'arte è esso stesso un sopraggiungente apparire, ancora meglio, l'apparire del sopraggiungere dell'apparire del sopraggiungente è lo stesso apparire sopraggiungente, ha come contenuto se stesso. In questo modo l’incominciare ad apparire non è un incominciare ad essere da parte di questo apparire incominciante, in quanto l'apparire di questo incominciare ad apparire è esso stesso incominciate. Il sopraggiungente apparire, in quanto sopraggiungente, è l'apparire del passaggio dal non apparire all'apparire. Nel sopraggiungente apparire i due estremi del passaggio non sono isolati, ma eternamente connessi. Quando quindi appare il passaggio appare necessariamente il nesso tra il non apparire e l'apparire, che non è altro che l'apparire sopraggiungente. L'apparire dell'opera d'arte nel cerchio dell'apparire appare eternamente, ossia appartiene eternamente al cerchio dell'apparire, ma il suo eterno appartenere appare come un incominciare ad appartenere al cerchio dell'apparire. Se l'apparire dell'opera d'arte appartiene al cerchio dell'apparire privato del suo incominciare ad apparire, allora non potrebbe accadere nulla, nel senso che tutto l'essente dovrebbe essere immobile da sempre e per sempre nel cerchio dell'apparire,

diventando esso stesso parte del cerchio non incominciante dell'apparire, ma questo implicherebbe anche che l'apparire incominciante sia un nulla. Ma questo è impossibile. Dunque, l'apparire di “questa statua” appare eternamente nel suo incominciare ad apparire. Vediamo adesso cosa comporta il plesso concettuale dell’incominciare ad apparire riferito all'esempio di “questa statua”. L'apparire di quest'opera d'arte appartiene da sempre e per sempre al cerchio dell'apparire, e tuttavia nel suo apparire incomincia, ossia appare il suo incominciare ad apparire, che esso stesso incomincia ad apparire. Ora, nella verità dell'essere l'incominciare ad apparire non può essere la conseguenza dell'agire poietico dell'artista che, iniziando a scolpire il blocco di pietra, incomincia a far apparire l'opera. La struttura originaria dell'essere è l'essenza del fondamento, in quanto è immediatezza del suo strutturarsi. La totalità dell’essente è già da sempre e per sempre strutturato, altrimenti il Tutto non potrebbe essere identico a se stesso. Se, infatti, ogni nesso, ogni essente, ogni cosa non fosse già inclusa così come essa “è” nell'identità del Tutto, quest'ultimo, come l'essere parmenideo sarebbe nulla, in quanto mancherebbe di qualcosa. Ma il Tutto non può mancare di nulla, in quanto la Necessità eternamente impedisce che il Tutto manchi di qualcosa, sia cioè altro da sé: infatti, Necessità inflessibile lo tiene nei legami del limite, che lo rinserra tutt'intorno, poiché è stabilito che l'essere non sia senza compimento: infatti non manca di nulla; se invece, lo fosse, mancherebbe di tutto. Dunque, l'incominciare ad apparire di quest'opera d'arte è necessario che incominci così come incomincia, in quanto l'incominciare è un essente che è eternamente e

necessariamente se stesso, ma insieme, il suo incominciare ad apparire è necessario che incominci in connessione con tutto ciò che entra in connessione con esso. Incominciando ad apparire così come è necessario che incominci ad apparire, incomincia ad apparire la totalità dei nessi necessari ed eterni che con l'apparire incominciante dell'opera d'arte incomincia ad apparire. Questo ci porterà a dire qualcosa di estremamente paradossale per il pensiero occidentale: non è l'agire poietico dell'artista che rende possibile l'incominciare ad apparire dell'opera d'arte, bensì è la Necessità dell’incominciare ad apparire così come l'opera incomincia ad apparire con tutte le connessioni che con questo incominciare ad apparire, cominciano ad apparire, che implica necessariamente il fare poietico dell'artista. Questa Necessità è la medesima Necessità del Tutto, la Necessità dell'identità del Tutto e di ogni singolo essente, che è eternamente identica a se stessa: l'identità

dell'identità. Qualsiasi “agire”, qualsiasi relazione, qualsiasi legame,

qualsiasi significare, qualsiasi essente, non è, nel destino della Necessità, qualcosa di arbitrario, di non pre-visto, di non pre- strutturato, ma tutto è originariamente strutturato, dal granello di sabbia spostato dalla brezza marina, al fare poietico di Michelangelo che schiude il suo David.

L'apparire di quest'opera non è il risultato di una decisione umana o divina, ma è la medesima Necessità del Tutto, che, si badi, non è un “decidere” cosa sarebbe accaduto all'inizio del 1500, ma è, un originario strutturarsi del Tutto, che include tutto. L'apparire del

David appartiene da sempre al cerchio dell'apparire, ma questo eterno appartenere è il suo stesso incominciare ad apparire all'inizio del 1500. Il suo necessario ed eterno apparire è identico al suo incominciare ad apparire. E il suo incominciare ad apparire è l’incominciare ad apparire dei nessi eterni con tutti gli essenti già presenti nel cerchio dell'apparire. L'incominciare ad apparire è, quindi, l'incominciare ad apparire del nesso necessario tra questa statua che incomincia ad apparire e quell’essente eterno che è l'agire poietico di Michelangelo. Questo non significa che l'incominciare ad apparire di questa statua è la causa dell'agire poietico di Michelangelo, ma che entrambi nel loro essere eternamente se stessi, che è lo stesso essere insieme al Tutto, incominciano ad apparire nella loro eterna connessione, anch'essa incominciante. Lo scalpello che Michelangelo usa per formare il blocco di pietra, la sua mano, la luce che illumina questo gesto, la medesima forma del David che egli ha in mente, sono tutti essenti eternamente connessi con questo incominciante apparire di “questa statua”, i cui nessi incominciano ad apparire in questo medesimo apparire incominciante. Ora, come l’incominciante apparire di questa statua non aggiunge nulla alla totalità del cerchio dell'apparire che, in quanto totalità dello sfondo dell'apparire, non può mutare, nel senso che il suo contenuto varia continuamente, ma il suo essere un tutto compatto non muta, anche il cessare dell'apparire di quel blocco di pietra che prima appariva, non toglie nulla al cerchio dell'apparire, neppure il suo apparire. Cessare significa “uscire dal cerchio di luce dell'apparire, entrare nell'ombra del non apparire”. Ora, tutto ciò che si è detto per l'incominciante apparire del David, bisogna dire del

cessante apparire del blocco di pietra. Il cessante apparire di questo blocco di pietra cessa esso stesso di apparire, e quest'ultimo è lo stesso cessante apparire del blocco di pietra. L'autoriflessione che abbiamo visto nell’incominciante apparire di questa statua, è presente anche nel cessante apparire del blocco di pietra. L'incominciare e il cessare sono dunque l’entrare e l’uscire dal cerchio dell'apparire da parte dell'autoriflessione dell'apparire incominciante e cessante. Ed è proprio per questa autoriflessione che non viene aggiunto o tolto nulla al cerchio dell'apparire. Come tutti gli essenti, anche il cessante apparire di questo blocco di pietra è un essente eterno e necessario, è cioè eterno e necessario il suo cessare. Ora, è vero che questo cessante apparire uscendo dal cerchio dell'apparire non appare più, ma questo non apparire dell'uscente apparire è l'uscente stesso. Come nell’incominciante apparire appare il passaggio dal non-apparire all'apparire, così nel cessante apparire appare il passaggio inverso, dall’apparire al non- apparire, appare cioè il nesso tra i due essenti, che è appunto il cessare del cessante apparire. Dunque, come l'apparire incominciante è il medesimo incominciare ad apparire di questo apparire incominciante, così il cessante apparire è il medesimo apparire che cessa di questo cessante apparire. Il cessante apparire di questo blocco di pietra è un essente eterno e necessario. Ed è quindi necessario che cessi di apparire. Infatti, perché la totalità del cerchio rimanga eternamente se stessa, è necessario che ad un sopraggiungente apparire corrisponda un cessante apparire. Ora, affermando questa necessità, è immediata la similitudine tra il divenire di Nietzsche inteso come una alternanza di distruzione e

creazione, nel senso, appunto che la creazione di qualcosa implica la distruzione di qualcos'altro. In effetti, se ai concetti di creazione e distruzione sostituiamo i concetti quali l'incominciante e il cessante apparire, sembra che il senso non cambi. Ma concetti quali creazione e distruzione implicano l'identificazione dell'essere col nulla, e l'assoluta mancanza di qualsiasi nesso necessario, ossia il totale isolamento degli essenti della terra dal destino della Necessità. Invece, incominciare ad apparire e il cessare di apparire sono ciò che sono, in quanto non provengono dal nulla e non vi ritornano, ma sono eterni; in più, nel loro essere ciò che sono è implicito il loro essere necessariamente insieme al Tutto, connessi eternamente alla totalità degli essenti. Dunque, solo perché è eternamente necessario che il sopraggiungente sopraggiunga così come eternamente sopraggiungente, è allo stesso tempo eternamente necessario che il cessante cessi così come eternamente cessa. Mentre nei concetti di creazione e distruzione le cose sono il loro estremo differire da se stesse, perché si identificano col nulla, nei concetti quali l’incominciante apparire e il cessante apparire le cose, tutte le cose sono eternamente se stesse. Il blocco di pietra che cessa il suo apparire, ossia esce fuori dal cerchio dell'apparire unitamente al suo apparire, è unitamente al suo apparire eternamente salvo nell'essere, eternamente se stesso. Dunque, è necessario che all’incominciare ad apparire da parte del David corrisponda necessariamente il cessare di apparire del blocco di pietra, il quale non toglie nulla al cerchio dell'apparire, ma non toglie nulla perché non è un cessare di essere, perfino del suo apparire cessante, in quanto quest'ultimo è il medesimo cessare del suo apparire. Nel linguaggio della verità nulla

si crea e nulla si distrugge, ma neppure nulla si trasforma, in quanto la tras-formazione implicherebbe la creazione di una nuova forma che sopraggiunge alla distruzione di quella preesistente. Il blocco di pietra non si trasforma nel David, ma, appunto, cessa progressivamente di apparire, e nel contempo la statua inizia progressivamente ad apparire. Ogni colpo fatto vibrare dallo scalpello di Michelangelo è necessariamente in connessione con il cessante apparire del blocco di pietra e il cominciante apparire del David. Ma la struttura dell'apparire non si esaurisce nell’incominciante apparire e nel cessante apparire. Quando, infatti, il blocco di pietra cessa del tutto il suo cessante apparire e l'incominciante apparire appare del tutto, incomincia ad apparire anche l'essenza di tutto ciò che ha cessato di apparire. Non solo questo, l'apparire del David incomincia ad apparire solo perché incomincia ad apparire l'ombra dell'assenza dell'apparire del blocco di pietra, che circonda ciò che appare. Anche, quindi l'apparire dell'ombra dell'assenza è un essente eterno e necessario. Vi è, quindi un legame eterno che unisce la presenza della statua con l'assenza del blocco di pietra, ed è il medesimo legame che unisce ogni parte al Tutto e ad ogni sua altra parte. La presenza della statua è eternamente connessa con l'assenza del blocco di pietra, nel senso che l'essere identico a se stesso da parte della statua è identico al suo essere necessariamente insieme all'assenza del blocco di pietra, e viceversa. Proviamo adesso con questo plesso concettuale dell'apparire ed esperire quella forma d'arte che più di tutte appare come diveniente: la musica. Ogni singola nota, ogni singolo accordo, ogni melodia, tema, variazione, divengono continuamente.

La musica è certamente l'arte che più di tutte si fonde con il divenire: è essa stessa diveniente. Non è certamente questa statua che imponente ed immobile sta davanti a noi. La musica è un flusso continuo e sempre cangiante, in cui tutto ciò che risuona subito dopo ritorna nel silenzio, un essere presente mai presente, un'”ora” sempre differente. Ogni suono è come se sgorgasse dal nulla e subito dopo vi ritorni, in continua trasformazione, in cui le stesse note che in precedenza risuonavano con altre determinate note, adesso risuonano con altre ancora, e subito dopo tutti i suoni smettono di risuonare, perché anche il silenzio, per un attimo, sia parte integrante della musica. La musica si presenta come una dialettica sempre cangiante tra suono e silenzio. Schopenhauer vede nell’arte la compiuta oggettivazione della volontà, quale noumeno del mondo. La volontà è qui volontà infinita, unica ed indivisibile, indipendente da ogni individuazione, ossia fenomeno. Ora, la compiuta oggettivazione della volontà Schopenhauer la identifica con l'idea platonica. Egli afferma che il “fine dell'arte è la

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