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Il sentiero del giorno nell’arte.

Nel documento LA FILOSOFIA NELL'ARTE (pagine 85-89)

Nella storia del nichilismo, la struttura formale dell'azione viene definita una volta per tutte da Aristotele. Ma prima ancora che nella definizione aristotelica, tale struttura si rispecchia nella conformazione stessa dell'espressione verbale del linguaggio che è destinato a diventare il linguaggio dell'Occidente. Il terreno in cui cresce il linguaggio dell'Occidente è la lingua greca. È all'interno della lingua greca che il nichilismo, per la prima volta nell’accadimento del mortale, testimonia il senso dell'essere e del niente. Con questa testimonianza, la lingua greca accade orientata esplicitamente verso un nuovo senso, il senso dell'alienazione. Questa orientazione sopraggiunge nel cerchio dell'apparire (cioè nel cerchio dell'apparire si apre la possibilità che ciò che viene chiamato “diacronia” sia il sopraggiungere in un cerchio dell'apparire), con l'orientazione nuova la lingua greca appare in una forma diversa, la

forma del nichilismo. Ma, si sta incominciando a dire, ancor prima di questa nuova orientazione la lingua greca rispecchia in sé la struttura formale dell'azione. In quanto volontà di realizzare uno scopo con i mezzi che essa ritiene più adatti e che crede di saper dominare, l'azione è la tecnica. La struttura formale dell'azione è la struttura formale della tecnica; ossia è il tratto comune all'azione, cioè alla tecnica, della preistoria e della storia dell'Occidente. Nella lingua greca e latina-e in generale nelle lingue indoeuropee- il carattere tecnico dell'agire trova espressione ancor prima che l'Occidente assuma la tecnica nell'orizzonte dell'ente nell'orizzonte dell'apparire dell'ente. Le parole costruite sulla radice “ar” indicano costantemente qualcosa che, in modo più o meno diretto, più o meno esplicito, appartiene alla struttura formale della tecnica, e cioè all' adattarsi, al convenire a un fine, da parte di certi mezzi di cui il parlante è convinto di disporre. “Ars” viene tradotto con il termine “Arte”. Ma ars indica innanzitutto ciò che si trova disposto in una connessione e in un ordine, e precisamente ciò che si trova disposto nella connessione e nell'ordine che consente al mortale di ottenere un certo scopo. Ars è cioè ogni abilità del corpo e della mente del mortale, ossia ogni attività che, disponendo le cose in un certo ordine cioè servendosi delle cose secondo un certo ordine, facendole diventare “mezzi” e “strumenti” in un certo modo determinato, è capace di conseguire uno “scopo” (Telos). Lo scopo che è metatesi di art è il compimento dell'ars. Ars sono anche le forme “superiori” di attività, cioè le artes liberales et optimae, che si distinguono dalle

sordidae et illiberales. In ogni caso la parola ars, costruita sulla

di questa parola coincide in gran parte col significato di opera, lavoro, impresa. Ma alla struttura del dominio, presente in ogni ars, non solo appartiene la preghiera e il sacrificio, ma anche l'armonia cioè l'essenza delle cose belle, la virtù e l’argomentare (cioè il mostrare la verità di ciò che si afferma) sono avvertite dal linguaggio premetafisico come un dominio che il mortale esercita su certi mezzi corporei o mentali idonei a produrre gli scopi che egli si propone. Il sacro, il bello, il bene, il vero sono così modi specifici di impadronirsi delle cose. Il linguaggio premetafisico esprime la volontà di dominio costruendo sulla radice “ar” un gran numero di parole che indicano il volere, il bramare e il decidere: ciò significa che la volontà è intesa come ars che dispone dei mezzi adatti alla produzione dello scopo. Nel termine “ars” è presente l'intera articolazione del senso dell'ars, giacché ars significa, insieme, la decisione, il limite e quindi la misura di ciò di cui si dispone, e lo scopo. L'intero costume di un popolo è “mos”. Mos è la volontà del mortale che si determina come ars praticata dal gruppo sociale. M- or-es sono l'uso pubblicamente consolidato degli ar-ma. Ma, ancora una volta, è solo nell'orizzonte del nichilismo metafisico dove le cose sono pensate come disponibili all'essere e al niente, che l’ars può decidere e disporre delle cose, separandole dal tutto e sottraendole a ogni sorte. Solo se le cose sono pensate come oscillanti tra l'essere e il niente possono essere separate dal tutto e solo se sono separabili dal tutto è possibile decidere. Prima della filosofia greca c'è soltanto il tentativo di decidere. Solo nella storia dell'Occidente i mortali possono decidere e sottrarsi alla sorte del nichilismo che è il pensiero che crede di poter dominare l'essente,

perché crede che gli essenti siano tra loro separati, privi cioè di un nesso eterno e necessario. Gli essenti sono separati tra loro solo se escono e ritornano nel niente. Ma nell'inconscio dell'Occidente dire che gli essenti escono e ritornano nel niente, significa dire che gli essenti sono niente, ossia che l'ente (il positivo) è il ni-ente (il negativo). A partire da questa persuasione l'Occidente ha eretto il suo sapere e il suo agire. Per Severino tutte le forme di saperi sono guidate da questa persuasione. Ma anche l'agire dell'uomo è anch’esso condizionato dall'inconscio dell'Occidente che identifica l'essere col niente. La forma più compiuta di questo condizionamento è la volontà di potenza, che è la volontà di credere di avere potere nei confronti dell’essente, di poterlo dominare, isolare, di poter guidare il processo di produzione e distruzione dell’essente. Nella sua storia l'arte, intesa come unità di sapere e fare (tèchne), è stata totalmente condizionata da questa persuasione. Infatti, uno dei concetti cardine dell'arte, la poiesis, è inteso, lungo tutta la storia dell'Occidente, come l'uscire e ritornare nel niente dell'ente pro-dotto. Certamente, si può obiettare che l'opera d'arte prima di essere pro-dotta, era già in potenza nella “forma” che l'artista aveva in mente, e si può anche obiettare che la “materia” prima di essere formata dall'artista, esisteva, non era cioè un niente. Eppure, quell'opera d'arte, quell'unità che indica l'essere un qualcosa di unico ed irripetibile, di essere un'unica irripetibile materia

formata, una sintesi concreta ed unica di materia e forma, la sua

assoluta identità come qualcosa di unico; ebbene, proprio questa identità proviene dal niente, è cioè novità assoluta. L'artista, pro- ducendo la sua concreta opera, porta questa unità concreta dal niente

all'essere, ma questo comporta che prima del suo produrre l'opera

Nel documento LA FILOSOFIA NELL'ARTE (pagine 85-89)