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L’Europa cosmopolitica e federale

La rinascita dei confini nel mondo globale

7. L’Europa cosmopolitica e federale

Da un lato il confine è utile per definire l’identità di un gruppo e sviluppare il senso di appartenenza alla comunità, elementi indispensabili per la vita sociale. Aiuta a definire il noi, oltre a permettere l’organizzazione dello spazio e delimitare l’autorità dello Stato che regola la vita collettiva su quel dato territorio. Ma dall’altro lato, se i confini diventano barriere, la chiusura all’interno delle frontiere nazionali provoca isolamento, stagnazione, emarginazione; senza apertura verso l’esterno, non c’è espansione, culturale prima ancora che economica, e il paese è condannato alla decadenza. La frontiera aiuta a definire il noi, ma deve anche aprirsi per includere l’altro. Il confine deve essere aperto e poter essere superato.

Tuttavia, quando si sviluppano processi di rapidi mutamenti che producono destabilizzazione e aumentano incertezza e insicurezza, si rafforza il bisogno di identità e di appartenenza, come sta accadendo in Europa da alcuni anni a seguito della crisi. Da qui la richiesta di chiudere i confini per garantire sicurezza e proteggere la propria identità; il confine è percepito come la barriera protettiva che tutela la nostra identità e i nostri interessi dalle minacce esterne.

La riconciliazione del noi con l’altro può avvenire con la separazione di Stato e nazione, due elementi differenti che si sono sovrapposti nel corso dell’Ottocento per formare lo Stato nazionale sulla base del principio di nazionalità: a ogni nazione (gruppo sociale ritenuto omogeno in quanto si suppone condivida ab origine lingua, storia, usi e costumi, religione, per qualcuno anche il sangue) doveva corrispondere uno Stato indipendente (un’autonoma organizzazione della vita collettiva) al fine di meglio salvaguardare l’identità nazionale. Come la separazione di Stato e Chiesa permette la pratica di diverse religioni all’interno dello Stato laico, così la separazione di Stato e nazione permette la convivenza di diverse popolazioni sotto una stessa legge, accomunate dall’osservanza dei principi fondativi della comunità, indipendentemente dal colore della pelle, della religione professata, della lingua materna, dell’etnia.

Ricorda sempre Savater che occorre deterritorializzare la cittadinanza, separarla dal luogo di origine, dalla comunità genealogica che ci tiene ancorati al passato e farla dipendere dalla stessa legge, da eguali diritti e doveri, che la legano all’universale e non più a tradizioni locali. Si è europei non per la purezza di sangue, ma per l’accettazione di regole condivise: l’Europa cosmopolitica accoglie come cittadini tutti i residenti indipendentemente dalla loro origine; l’Europa federale, dotata di effettivi poteri sovrannazionali, garantisce l’eguaglianza dei diritti (e dei doveri) a tutti gli abitanti e supera l’Europa nazionalistica che ha portato alle guerre mondiali.

12 Sulla cultura nazio-centrica cfr. il mio editoriale nel primo numero della rivista, “«De Europa»: Understanding

and Making European Integration”, Vol. 1, No. 1 – 2018, pp. 2-6 e E. Reves (1945), The anatomy of peace, New York and London, Harper & Brothers Publishers, cap. I.

La cittadinanza cosmopolitica e il superamento dei confini come barriere fra i popoli implicano il superamento della logica nazio-centrica con cui guardiamo alla realtà esterna, logica basata sulla centralità dello Stato nazionale e che forma il sostrato culturale che presiede all’erezione dei nuovi muri. Siamo abituati a considerare i problemi politici, economici, sociali dal punto di vista della nostra nazione, come se tutto il resto le ruotasse intorno. Secondo questa logica, i cittadini di ogni paese ritengono il proprio punto di vista nazionale corrispondente alla realtà e indiscutibilmente giustificato. Ne deriva la rivendicazione di un arbitrario primato (Prima gli italiani, Britain first, America

first ecc., equivalenti moderni del funesto Deutschland über Alles) e ogni accordo fra le

nazioni diventa impossibile; la conclusione è lo scontro, prima verbale, poi violento, fra i vari primati nazionali inconciliabili.

Noi utilizziamo le categorie ottocentesche dello Stato nazionale per cercare di capire il mondo contemporaneo che è globalizzato, cioè utilizziamo categorie tolemaiche, che hanno portato alle due guerre mondiali e alla crisi della civiltà europea, per interpretare un mondo copernicano12. Occorre una rivoluzione copernicana nel

nostro modo di pensare e di affrontare la realtà, abbandonare i paradigmi ispirati alla cultura dello Stato nazionale, che si immagina sovrano, autosufficiente e bastevole a sé stesso mentre è interrelato con gli altri e da questi dipendente, e adottare categorie appropriate per capire e indirizzare la società globale.

In un mondo globale va preso atto dell’interdipendenza e ammettere che gli Stati da soli non sono più in grado di risolvere quei problemi che travalicano i loro confini e che hanno assunto dimensioni internazionali. Occorre superare la logica nazio-centrica e pensare a un mondo interconnesso dove molte attività già da tempo funzionano ignorando i confini nazionali. L’interconnessione dei mercati, della finanza, della cultura, degli scambi deve trovare un riflesso politico e istituzionale capace di rendere la globalizzazione un’opportunità per tutti anziché un vantaggio per pochi.

34 De Europa Bibliografia

Arendt Hannah (1999), Le origini del totalitarismo, Torino, Edizioni di Comunità.

Bocchi Gianluca, Ceruti Mauro (2009), Una e molteplice. Ripensare l’Europa, Milano, Tropea Editore.

Guerot Ulrike, Menasse Robert (2016), “Europe: the reconstruction of the free world”, in

Cassese Sabino (2015), “L’inatteso ritorno dei confini”, Corriere della Sera, 1° settembre 2015 in

Greppi Carlo (2019), L’età dei muri. Breve storia del nostro tempo, Milano, Feltrinelli. Keynes John M. (1920), Le conseguenze economiche della pace, Milano, Treves.

Levi Lucio, Morelli Umberto (1994), L’unificazione europea. Cinquant’anni di storia, Torino, Celid.

Tertrais Bruno, Papin Delphine (2018), Atlante delle frontiere. Muri, conflitti, migrazioni, pref. di Marco Aime, Torino, add editore.

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