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DALL’EUROPA AI TERRITORI

quotidiano, tanto che dobbiamo fermarci un attimo per ricordarci che non è sempre stato così. Nella programmazione finanziaria europea che fa riferimen-to al periodo 2014-2020, l’audience development è alla base delle politiche cultu-rali e dei finanziamenti a esse collegati e rappresenta la “traduzione” a livello settoriale di una delle tre priorità della Strategia Europa 2020: l’inclusione. L’Unione Europea si è posta l’obiettivo ambizioso di diventare entro il 2020 “intelligente”, “sostenibile” e “inclusiva”; un’Europa cioè in grado di promuove-re, per spiegarlo in maniera molto sintetica, la ricerca e lo sviluppo industriale, l’occupazione, la lotta ai cambiamenti climatici e, per i suoi cittadini, la par-tecipazione a tutti gli aspetti della vita comunitaria, dal lavoro all’istruzione, dalla salute alla cultura.

Secondo questo approccio, favorire il più ampio coinvolgimento alla vita cul-turale di coloro che fino a oggi non hanno avuto modo di partecipare, attraver-so l’abbattimento di tutte le barriere – culturali, economiche, attraver-sociali, ecc. – che si pongono a ostacolo, favorisce la lotta all’esclusione sociale e, di conseguenza, la cittadinanza attiva.

Nel programma Creative Europe, che offre opportunità di finanziamento a tutti gli operatori delle industrie culturali e creative, a enti pubblici e privati, l’audience development ispira ogni call e sostanzia in gran parte le azioni che vengono finanziate, portandoci a immaginare e gestire la rottura di quelle bar-riere, spesso alte, tra produttore (artista) e consumatore (pubblico) di cultura, in percorsi che favoriscano la co-produzione e la co-programmazione di eventi e iniziative al fine di renderli sempre più accattivanti e “ingaggianti”.

Le nostre prime riflessioni nascono, dunque, da queste suggestioni e si arric-chiscono attraverso il confronto aperto e continuativo con una rete di esperti europei che, nei loro Paesi, si confrontano con teorie e con pratiche di sviluppo e coinvolgimento dei pubblici già da tempo, come, tra gli altri, The audience agency(UK)3, Center for Kunst & Intercult (SE)4, Asimetrica (ES)5.

Con loro si è deciso di affrontare la questione della carenza di pubblico alle manifestazioni culturali dal punto di vista delle organizzazioni e di intrapren-dere un percorso di ricerca sulle competenze, in gran parte assenti, di cui do-vrebbero dotarsi gli enti per gestire questa fase di profondo cambiamento. Sì, perché alle organizzazioni viene proposta la transizione a un nuovo modello di

management, audience oriented, che dovrebbe passare attraverso un ripensamen-to della mission, degli obiettivi e, solo in ultimo, delle attività. Un modello che metta i pubblici al centro della strategia e permetta agli enti di diventare più democratici e socialmente rilevanti, in modo duraturo e significativo. Dunque, per sviluppare sistemi audience oriented, è necessario passare attraver-so lo sviluppo e le trasformazioni dei sistemi di management delle

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ni e il rinnovamento delle competenze degli operatori. Elemento imprescin-dibile diventa la raccolta sistematica di dati e informazioni sul pubblico, sui quali strutturare azioni più democratiche e, dunque, la sostenibilità degli enti. La raccolta e l’analisi dei dati è alla base di ogni azione di audience engagement/

development e spesso è anche quella che gli enti non riescono a – o non hanno le competenze per – svolgere. È il primo ma imprescindibile step che può porta-re alla pporta-redisposizione di azioni funzionali al coinvolgimento delle comunità. Secondo questo approccio, parlare di audience development significa piuttosto ragionare su strategie di crescita e sviluppo delle organizzazioni che non del pubblico in quanto tale. Nel 2013 con il progetto ADESTE, “Audience DEve-loper: Skills and Training in Europe”6, finanziato nell’ambito del programma europeo dell’apprendimento permanente (LLP) e terminato ad aprile 2016, è stato definito un nuovo profilo professionale, quello dell’audience developer, di cui sono state tracciate abilità e competenze: alcune strategiche, come il

mar-keting, la comunicazione, la progettazione; altre relazionali, come la capacità di gestire il cambiamento, la negoziazione; e altre ancora legate alla capacità di leadership.

È risultato subito evidente che, per occuparsi di strategie di sviluppo dei pub-blici, ci sia bisogno di un team di persone con differenti expertise afferenti a più dipartimenti. Con una premessa: l’audience development deve prima di tutto di-ventare un obiettivo strategico dell’organizzazione. Solo così diventa davvero funzionale formare/coinvolgere competenze e professionalità specifiche. Senza entrare nel dettaglio del profilo dell’audience developer, consultabile sul sito www.adesteproject.eu, si intende in questa sede evidenziarne alcune carat-teristiche fondamentali:

• si tratta di una figura senior che deve possedere una profonda conoscenza dell’organizzazione culturale e delle sue relazioni con il contesto;

• è un agente di cambiamento per l’organizzazione;

• è importante che contribuisca a ridefinire mission e vision dell’organizzazione, in cui inserirà l’attenzione ai pubblici;

• dovrà agire in stretto contatto con il top management;

• è responsabile della crescita di connessioni dentro e fuori l’impresa culturale e favorisce collaborazioni anche tra posizioni differenti (per esempio con i di-partimenti artistici e la comunicazione).

A partire dal nuovo profilo professionale è stato articolato un percorso forma-tivo sperimentale che ha avuto l’obietforma-tivo di trasferire competenze e strumenti necessari ad attuare piani strutturati di audience development e ha coinvolto diverse realtà museali come il Museo zoologico, la GNAM – Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, il MUSE – Museo delle Scienze di

Trento, il Museo di Storia Naturale e Archeologia di Montebelluna, CLAC, che a Palermo gestisce l’Ecomuseo Mare Memoria Viva, e CAOS, il Centro per le Arti Opificio Siri di Terni.

L’esperienza ha messo in evidenza alcuni punti deboli delle realtà nazionali, tra cui una profonda lacuna nella conoscenza dei pubblici della cultura, cono-scenza dalla quale non si può prescindere per avviare strategie audience oriented. Pochissime organizzazioni sono solite fare raccolta di dati sui pubblici (magari attraverso semplici questionari) e chi lo fa non ha ancora competenze e stru-menti per leggerli, interpretarli e utilizzarli al meglio.

Dall’esperienza del progetto ADESTE e dal suo partenariato, è nato il pro-getto “Connect-Connecting Audiences: European Alliance for Education and Training in Audience Development”7, con un focus sulle competenze necessarie per coprire il gap tra formazione universitaria e i bisogni delle organizzazioni culturali. Dai dati della ricerca Connect, si evidenzia come nella formazione formale universitaria sia assente la tematica dell’audience development, nono-stante sia ritenuta fondamentale da studenti e operatori. Obiettivo dell’inizia-tiva è sviluppare un modulo formativo multidisciplinare, adattabile a contesti universitari e non, attraverso una metodologia che includa formazione formale e informale (action learning e mentoring) per lo sviluppo di competenze hard e

soft sia degli studenti che dei professionisti culturali.

Dunque, se davvero si vuole promuovere un nuovo paradigma culturale, non si può prescindere dal coinvolgimento di figure professionali competenti e ag-giornate e la questione delle competenze diventa strategica.

A partire dalle esperienze europee abbiamo sviluppato iniziative a livello na-zionale che ci hanno portato a riflettere sempre di più sulle connessioni tra i concetti di audience development ed engagement e quelli di “rigenerazione urba-na”. Alla base, vi è la convinzione che i principi dello sviluppo e della parteci-pazione dei pubblici siano imprescindibili per ogni iniziativa a base culturale che voglia produrre impatti significativi e duraturi, anche di tipo economico e sociale, sui territori.

Così i pubblici e il loro coinvolgimento sono diventati le leve strategiche che ci hanno guidato nell’immaginare e nel gestire interventi pubblici e privati volti alla riattivazione, fisica e/o sociale, attraverso l’arte e la cultura di periferie e/o piccoli borghi di provincia.

È il caso di Invasioni culturali8, progetto promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, in cui sono previste azioni innovative per il rilan-cio turistico del territorio piceno, con particolare attenzione ai luoghi colpiti dal terremoto, periferici e marginalizzati. Centrali sono i linguaggi contempo-ranei e lo storytelling urbano come strumenti di valorizzazione dei patrimoni

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tangibili e intangibili. Ciò che contraddistingue questa iniziativa è il coinvol-gimento diretto delle comunità locali. Ogni performance realizzata da giovani artisti under 35 è scaturita dalla lettura delle peculiarità locali, è stata realizzata attraverso l’ascolto della cittadinanza che è stata coinvolta anche nelle scel-te artistiche, rendendo i linguaggi culturali strumento di socialità, coinvolgi-mento e sviluppo dei territori. Co-produzione e fruizione artistico-culturale, dunque, come mezzi e non come fine, strumenti atti certamente a valorizzare patrimoni tangibili e intangibili locali e a favorire l’empowerment di giovani artisti, ma anche a rafforzare il senso di appartenenza delle comunità e a ri-vi-talizzare spazi che necessitano di nuove energie per attivare sistemi virtuosi di crescita e sviluppo economico.

Un caso particolare è il progetto ADA, Audience Development ad Asti, finanziato dalla Compagnia San Paolo di Torino, in cui il coinvolgimento del pubblico diventa la leva strategica di un intervento volto alla rivitalizzazione del tessuto culturale e sociale della città e al rafforzamento degli operatori locali al fine di creare un sistema di sviluppo duraturo nel tempo, una visione e un modo di raccontare il territorio del tutto nuovi rispetto al passato. La creazione di una solida comunità territoriale avverrà attraverso la realizzazione di un percorso di formazione e peer mentoring volto a promuovere la transizione a un nuovo modello di management, audience oriented, che dovrebbe passare attraverso un ripensamento della mission, degli obiettivi e, solo in ultimo, delle attività delle singole organizzazioni e della comunità più in generale. L’affiancamento sarà volto a trasmettere un modello che metta i pubblici e i loro bisogni al centro della strategia e permetta agli enti di diventare più democratici e socialmente rilevanti, in modo duraturo, sostenibile e significativo. Si prevede la struttu-razione di un sistema condiviso per la raccolta e l’interpretazione dei dati sul pubblico che si ispirerà alle più attuali ricerche europee di settore. La fase si so-stanzia in un accompagnamento alle organizzazioni, volto a trasferire le com-petenze necessarie per la gestione, l’implementazione e l’utilizzo del sistema. L’approccio prevede l’alternarsi di momenti di formazione/informazione e momenti di apertura, analisi e ascolto del territorio. Il rafforzamento della comunità e, di conseguenza, la sua sostenibilità nel tempo, passerà attraverso il potenziamento e il consolidamento dei singoli nodi della rete, dal rinnova-mento delle competenze dei suoi operatori e dalla predisposizione condivisa di un sistema di governance, in un’ottica di empowerment di tutta la comunità di professionisti.

In tutte queste esperienze, fondamentali sono state le “alleanze”, strumento chiave per l’attivazione di processi partecipativi in grado di produrre impatti significativi: per raggiungere obiettivi tanto ambiziosi e, perché no, provare

anche ad andare oltre, è infatti necessario creare una rete fatta di profes-sionalità differenti, capaci di contribuire in modo strategico al supera-mento degli ostacoli che incontriamo spesso nella gestione delle nostre iniziative complesse. E la verità è che molto spesso i territori sono ric-chi di un potenziale umano, sociale e anche professionale che fa fatica a emergere. Melting Pro, promuovendo approcci orientati al coinvolgi-mento e alla partecipazione, crea occasioni in cui questo potenziale può essere espresso.

Seguendo questo approccio, un esperto di audience development ed

enga-gement diventa attivatore di comunità, motore per lo sviluppo delle or-ganizzazioni ma anche per la crescita dei territori, attivatore di un flusso di significato e valore che parte dai patrimoni, dalle collezioni come dai saperi e si arricchisce e trasforma attraverso la fruizione e l'interpretazio-ne che l'interpretazio-ne danno i pubblici e le comunità.

Note

1. Melting Pro è una organizzazione che supporta enti nell’elaborazione di strategie, progetti e modelli finalizzati allo sviluppo di territori, comunità e persone. Facilita alleanze, costruzione di reti e collaborazioni tra enti a livello nazionale e internazionale. Realizza ricerche e attività nei seguenti ambiti: rigenerazione urbana; audience development; storytelling;

empowerment e formazione per il settore culturale.

www.meltingpro.org

2. “Per Audience Development si intende il processo strategico e interattivo messo in campo dalle organizzazioni culturali per ampliare l’accessibilità della offerta artistica. L’obiettivo è coinvolgere attivamente individui e comunità nella esperienza e nella partecipazione dei processi artistici nonché nella loro valutazione. Il focus di tali pratiche è sempre nello scambio bidirezionale. L’Audience Development integra le dimensioni culturali, economiche e sociali e si riferisce a quello spazio nel quale le organizzazioni culturali possono agire direttamente” (NdC). 3. www.theaudienceagency.org

4. www.intercultural.center 5. www.asimetrica.org

6. Il partenariato, guidato dalla Fondazione Fitzcarraldo di Torino, ha visto la partecipazione di The Audience Agency (UK), il Danish Center for Arts and Interculture (DK), la Goldsmith, University of London (UK), l’Institute of Leisure Studies (ES), l’European Network of Cultural Administration Training Centre (BE) e la municipalità di Varsavia (PL) e, ovviamente, Melting Pro. Inoltre, sono stati coinvolti partner internazionali del calibro del Los Angeles County Museum of Art (USA) e dell’India Foundation for the Arts, Bangalore.

Per approfondimenti, www.adesteproject.eu. 7. www. connectingaudiences.eu

8. www.meltingpro.org/progetti/nazionali/ invasioni-contemporanee

71 Affermare che sussiste nel nostro paese un’emergenza occupazione – e che

questa investe in particolare i giovani – restituisce in maniera oggettiva una situazione frequentemente evocata da varie fonti, prima tra queste l’ISTAT Istituto Italiano di Statistica, che colloca il dato relativo ai giovani disoccupati, secondo le ultime rilevazioni, oltre il 30%.

Affrontando il tema in ambito culturale, pur sfidando i rischi della deriva reto-rica, proponiamo alcune prodromiche riflessioni, partendo dalla constatazione che nel nostro paese convivono di fatto due visioni di cultura. Da una parte, la si considera motore di sviluppo economico e fonte di nuova occupazione, ma anche strumento di crescita civile, di inclusione; cultura come stile di vita e componente identitaria. Dall’altra, la si identifica con l’intrattenimento, col superfluo, relegandola a elemento residuale dell’economia e del mondo del lavoro. E tralasciamo di commentare le dichiarazioni (peraltro ampiamente smentite) relative alla possibilità di assumere cibo grazie alla cultura (“con la cultura non si mangia”) rilasciate anni fa da un ministro della Repubblica, una disquisizione che riserviamo alle tavole del cabaret. Certamente l’assenza di una visione condivisa, non solo a livello istituzionale, del ruolo della cultura, pone in secondo piano e non favorisce le reali potenzialità occupazionali del settore. Dal confronto con gli altri paesi dell’Unione Europea emerge uno scenario di