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6.7 Processo di iniezione ed atomizzazione

6.7.5 Evaporazione della goccia

Le condizioni termodinamiche dell’ambiente in cui le gocce sono immerse hanno una notevole influenza sul processo di cambiamento di stato. Poiché i tempi caratteristici dei processi che avvengono in fase gassosa sono inferiori ai tempi caratteristici del fenomeno di regressione della superficie, è possi- bile trascurare i termini di accumulo nelle equazioni di bilancio di materia e di energia. In questo modo il problema si riduce allo studio di una goccia di dimensioni fissate che evapora.

Per una goccia monocomponente ed isolata, sotto l’ipotesi di simmetria sfe- rica, si perviene alla nota legge D2 , rappresentata dalla equazione

D0− D2 = βvt (6.53)

dove D0 è il diametro iniziale della goccia, D è il diametro delle gocce evapo-

rate al tempo t e βv la velocità di evaporazione la quale dipende dal tipo di

fluido considerato e dalle condizioni a contorno associate al processo e risul- ta essere di difficile stima a livello analitico. Essa è legata alla diffusività termica del gas (αg) oltre che alle densità del gas e del liquido secondo la

legge 6.54 [10]: βv = dD2 dt = 8 ρg ρl αgln (B + 1) (6.54)

dove B contiene tutte le informazioni associate alle condizioni al contorno:

B = Cpg(Tind− Ts) Cpl(Ts− Tc)

Figura 6.15: Progressione dei vari meccanismi di break-up secondario della goccia in funzione del numero di Weber.

dove Ti, Ts e Tc sono rispettivamente la temperatura dell’ambiente indistur-

bato, della superficie e del centro della goccia (s è la superficie) mentre Cp,gT

e Cp,lT sono rispettivamente le entalpie sensibili di gas e liquido.

La legge D2è supportata da numerosi studi sperimentali che evidenziano co-

me la goccia attraversi prima un transitorio che la porta ad una temperatura stazionaria detta di pseudo-bulbo umido Twb leggermente inferiore a quella

di ebollizione. Successivamente tutta l’energia fornita alla goccia viene uti- lizzata per la vaporizzazione del liquido. Essendo Twb legata strettamente

con la temperatura di ebollizione appare evidente come questo valore sia di- pendente dalla pressione alla quale si trova il gas. Si può dimostrare come il periodo di vita della goccia in cui viene rispettata la legge D2 diminuisca

all’aumentare della pressione ambiente ed aumenti la frazione di tempo che la goccia spende in condizioni non stazionarie. È facile dedurre quindi che esiste una pressione al di sopra della quale la vaporizzazione è interamente non stazionaria.

Figura 6.16: Schema della goccia per l’analisi di evaporazione.

È possibile studiare il comportamento di una singola goccia seguendo lo schema riportato in Figura 6.16 per semplificare l’analisi e ricavare in prima approssimazione un valore che stimi il tempo necessario all’evaporazione. La legge 6.54 può essere espressa in maniera più dettagliata facendo delle considerazioni sul trasporto di massa che interviene durante l’evaporazione della goccia. Con riferimento a [15] si può impostare il calcolo del tempo di vaporizzazione tvapcome riportato nel seguito.

Si può assumere ragionevolmente che durante il processo di evaporazione il meccanismo di trasporto dominante sia quello convettivo visto che si tratta del modello che generalmente viene utilizzato per descrivere il processo di

trasporto di massa tra una superficie (in questo caso la goccia di acqua) ed un fluido in moto (in questo caso il flusso di gas endogeni). Analogomente a quanto avviene nella conduzione del calore anche la conduzione convettiva di massa risulta essere una complicata funzione della geometria, della ve- locità e delle proprietà fisiche dei fluidi stessi. Il caso in esame può essere associato all’analisi delle così dette binary mixtures in cui sono presenti due sole specie chimiche (considerando i gas endogeni come totalmente compo- sti da CO2). Per semplificare la trattazione è necessario definire dei gruppi

adimensionali che verranno sfruttati successivamente:

• Numero di Reynolds:

Re = ρV L

µ (6.56)

che esprime il rapporto tra le forze di massa e le forze viscose. L è una dimensione caratteristica del problema in esame mentre V è la velocità del sistema.

• Numero di Schmidt:

Sc = µ ρD12

(6.57)

che esprime il rapporto tra la diffusività cinematica e la diffusività di materia. Il termine D12 è detto coefficiente di diffusione binaria della

specie 1 nella specie 2.

• Numero di Sherwood:

Sh = gm1L ρD12

(6.58)

che rappresenta il rapporto tra trasferimento convettivo e diffusivo di massa. Il termine L rappresenta una dimensione caratteristica del problema in esame mentre il termine gm1 definisce la conduttanza di

trasferimento di massa della specie 1 all’interno della specie 2. Si mi- sura in kg/m2s. Visto che le leggi che regolano il trasferimento convet-

tivo di calore e di massa (rispettivamente la legge di Fourier e di Fick) presentano la medesima forma matematica è possibile estendere le re- lazioni valide per definire il numero di Nusselt in funzione del numero di Prandtl al numero di Sherwood in modo da esprimerlo in funzione del numero di Schmidt. Per un flusso attorno ad una sfera di diametro

Descrizione Simbolo Unità Relazione Valore

Pressione parziale vapore pv,parz bar - 0,038 Pressione del gas pg bar - 0,506 Pressione di saturazione gas secco psat bar - 0,5054 Umidità relativa HR pv,parz

psat 0,037

Pressione di saturazione gas umido p∗sat bar p∗sat= HR ∗ psat 0,0189 Rapporto tra p∗sate pg xl xl=

p∗sat

pg 0,0374

Calore specifico gas Cp,g kJ/kgK - 0,917 Entalpia del vapore fase liquida hvap kJ/kg - 2576,8 Entalpia del liquido fase liquida hliq kJ/kg - 175,3 Calore latente di vaporizzazione hvl kJ/kg hvl= hvap− hliq 24001,5 Temperatura gas Tg °C - 100 Temperatura liquido Tl °C - 20 Peso molecoare gas P Mg u - 44 Peso molecoare liquido P Ml u - 18

Tabella 6.5: Dati termodinamici necessari al calcolo delle concentrazioni e valori relativi al caso in esame

D ShD può essere definito come

ShD = 2 + (0, 4Re 1/2 D + 0, 06Re 2/3 D )Sc 0,4 3, 5 ≤ ReD ≤ 8 · 104 0, 7 ≤ Sc ≤ 380 (6.59)

Il flusso di massa jl,s che attraversa la superficie A = πD2 della goccia può

essere espresso come

jl,sA = gml(ml,s− ml,e)A (6.60)

dove si indica con ml,s la concentrazione della specie l2 sulla superficie di

scambio e con ml,e la concentrazione della specie l nel flusso esterno. Tali

quantità possono essere ricavate partendo dalla conoscenza delle caratteri- stiche termodinamiche dei due componenti. Per il calcolo di ml,e sono neces-

sarie le proprietà riportate in Tabella 6.5. Noti tali valori si può calcolare per prima cosa ml,e

ml,e = xl xl+ P Mg P Ml(1 − xl) (6.61)

2Nel seguito la specie 1 sarà indica col pedice l visto che si tratta di acqua liquida mentre la specie 2 sarà indicata col pedice g riferendosi ai gas endogeni

Successivamente si può calcolare ml,s

ml,s = ml,e+

Cpg

1, 13hvl

(Tg− Tl) (6.62)

Teoricacamente andrebbe utilizzata la temperatura di superficie della goccia ma se la differenza di temperatura tra gas e liquido è alta l’errore commesso utilizzando Tl è molto piccolo.

Invertendo l’equazione 6.58 per ottenere gml e sostituendolo nell’equazione

6.60 si ottiene

jl,sA =

ShDρgD12

D (ml,s− ml,e)A (6.63) Il bilancio di massa sulla goccia richiede che la velocità di perdita di massa sia pari alla velocità di evaporazione

d dt  1 6πD 3ρ l  = −jl,sA (6.64)

Sostituendo il termine jl,sA ottenuto mediante l’equazione 6.63 e differen-

zioando la relazione si ottiene

dD dt = −

2ShρgDlg(ml,s− ml,e)

Dρl

(6.65)

Se D0 è il diametro iniziale delle gocce integrando l’equazione precedente si

può scrivere Z 0 D0 D dD = − Z tvap 0 2ShDlg ρl (ml,s− ml,e) dt (6.66) da cui D02 2 = 2ShDlg ρl (ml,s− ml,e)tvap (6.67)

che invertita permette di ricavare il valore del tempo di evaporazione della goccia

tvap=

D2 0ρl

4ShρgDlg(ml,s− ml,e)

Si può andare a valutare il tempo di evaporazione al variare del diametro della goccia considerando cautelativamente un valore della velocità relati- va tra goccia e gas pari a 200 m/s. Come si vede dagli andamenti riportati nei grafici di Figura 6.17 il tempo di evaporazione cala con una legge più

che lineare in funzione del diametro delle gocce. È bene sottolineare come i risultati ottenuti siano caratterizzati da un alto grado di approssimazione e quindi siano utili solo per trovare l’ordine di grandezza del tempo neces- sario alle gocce per evaporare che risulta essere nell’ordine della decina di ms. Sempre effettuando una stima di massima si può calcolare lo spazio ne- cessario alla goccia per evaporare completamente che risulta decrescere al diminuire di tvapa partà di velocità.

(a) tvapin funzione di D.

(b) tvapin funzione di D (range 10 − 30µm)

Figura 6.17: Andamento del tempo di vaporizzazione in funzione del diametro della goccia

Sempre considerando una velocità relativa di V = 200 m/s e valutando che lo spazio a disposizione all’interno della cassa è di circa s = 40 cm si può ricavare il tempo a disposizione per l’evaporazione

tdisponibile =

s

V = 2 ms

Confrontando il tempo a disposizione con i tempi di vaporizzazione ricavati analiticamente si possono individuare le dimensioni delle gocce che in linea teorica riescono ad evaporare all’interno della cassa prima di entrare nella girante e quindi andare a scegliere un atomizzatore che permette di avere il diametro richiesto.

tvap(D1) < tdisponibile< tvap(D2) → D1 < D < D2

Con le dimensioni a disposizione risulta

tdisponibile= 2 ms

10 µm < D < 15 µm

per cui serve un atomizzatore che riasca a realizzare minimo gocce da 15µm. Risulta evidente come la trattazione analitica sia molto complessa anche per problemi relativamenti semplici e che l’analisi appena effettuata permetta solamente di ottenere una stima delle grandezze in gioco. Per ottenere infor- mazioni più precise relative al caso in esame si è deciso quindi procedere ad un’analisi della fase di evaporazione delle gocce iniettate per mezzo di simu- lazioni CFD come riportato nel paragrafo 7.4 e da qui trarre delle conclusioni utili a trovare una soluzione applicativa.

Capitolo

7

Simulazioni Fluent

Nel presente capitolo vengono presentate le simulazioni fluidodinamiche con il software Fluent ed i risultati ottenuti da quest’ultime; tali dati sono stati successivamente messi a confronto con quelli ricavati mediante il foglio di calcolo Excel per garantire la consistenza dei modelli utilizzati. Infine si è fornita un’interpretazione dei risultati ottenuti traendono delle conclusioni riguardo al funzionamento del compressore nelle varie configurazioni.

7.1

Introduzione alla CFD

La CFD (Computational Fluid Dynamics) è una tecnica che permette lo stu- dio di problemi termofluidodinamici anche complessi avvalendosi dell’uso dei calcolatori. I sistemi fisici vengono analizzati per mezzo di codici di cal- colo che permettono di simulare scambi di massa, di quantità di moto e di energia che avvengono all’interno dei sistemi stessi. Le relazioni fondamen- tali su cui si basa la CFD infatti sono le equazioni di bilancio delle tre gran- dezze appena citate che, espresse in forma differenziale adottando un punto di vista euleriano (sistema di riferimento non solidale con il fluido in moto), assumono la seguente forma

∂t(ρc) + div (ρcv) = divJ + ρΦ (7.1) in cui il termine c rappresenta la generica variabile estensiva massica (sca- lare o vettoriale), J il flusso di c attraverso la superficie del sistema e Φ la

generazione / distruzione per unità di massa di c all’interno del sistema. Dal punto di vista fisico il primo termine a sinistra dell’uguale indica la varia- zione nel tempo della grandezza c mentre il secondo, chiamato termine di avvezione o convezione, indica l’ingresso o l’uscita della grandezza c associa- to ai flussi di massa che attraversano la superficie che delimita il sitema; invece per quanto riguarda i termini a destra dell’uguale il primo è il termi- ne di flusso e quindi si riferisce alla quantità di c che entra o esce nel o dal sistema non associata alla flussi di massa mentre il secondo è il termine sor- gente / pozzo ed indica la generazione / distruzione di c per unità di tempo all’interno del sistema.

Nella Tabella 7.1 sono riportati in forma simbolica i valori che assumono c, J , e Φ nei bilanci considerati. Per quanto riguarda il bilancio di quantità di

Bilancio c J Φ Massa 1 0 0 Quantità di moto v T − pI f0 Energia totale u0 = u + v 2 2 −q 00+ T − pI · v q000 ρ + f 0· v

Tabella 7.1: Valore simbolico assunto dalle grandezze generiche presenti nelle equazioni di bilancio di massa, quantità di moto ed energia.

moto il termine J corrisponde al tensore di Cauchy, in cui T rappresenta il tensore deviatorico delle tensioni, mentre il termine f0 indica le forze di mas- sa presenti nel sistema. Nel bilancio di energia u0 rappresenta l’energia di

ristagno per unità di massa, che si ottiene come somma dell’energia interna e dell’energia cinetica anch’esse per unità di massa, il termine q” presente in J indica il flusso termico convettivo mentre il termine q000 presente in Φ

rappresenta la generazione di energia per unità di volume all’interno del vo- lume stesso del sistema.

Le relazioni descritte sono equazioni differenziali non lineari alle derivate parziali perciò la loro risoluzione analitica risulta essere molto difficoltosa e fattibile soltanto in pochi casi, caratterizzati da una geometria sempli- ce, in cui si impongono particolari caratteristiche al fluido ed al suo moto (esempio: fluido Newtoniano e flusso laminare). Nei casi reali però si hanno

geometrie complesse e moti turbolenti che ne impediscono una risoluzinoe analitica. Tuttavia l’avvento dei moderni calcolatori dotati di potenza di cal- colo elevata ha permesso di affrontare questi problemi tramite l’integrazione numerica per via iterativa. La risoluzione numerica necessita di equazioni di chiusura del problema che mettono in relazione tra di loro alcune delle grandezze presenti nelle equazioni di bilancio; esempi di queste equazioni sono i modelli di turbolenza, quelli che si occupano dei flussi multicompo- nente, quelli relativi all’irraggiamento termico, ecc...

Un codice CFD per funzionare necessita, oltre che di un modello matemati- co la cui base è costituita dalle relazioni presentate, di ulteriori elementi; di seguito si vanno ad elencare le componenti fondamentali che costituiscono un generico codice CFD:

• Modello matematico: costituisce l’insieme delle equazioni differen- ziali e dei modelli che rappresentano il sistema fisico in esame. Al- l’interno di ogni codice di calcolo è possibile usare più modelli, relativi ad approssimazioni numeriche diverse, per rappresentare uno stesso fenomeno (ad esempio la turbolenza); analogamente è possibile utiliz- zare vari modelli matematici in grado di riprodurre il comportamento di certe grandezze fisiche quali, ad esempio, densità o viscosità. Viene lasciata questa arbitrarietà riguardante la caratterizzazione del fluido e del suo comportamento in quanto non esiste un modello universa- le valido per ogni problema fluidodinamico. Spesso sono l’esperienza e il riscontro sperimentale a guidare l’utilizzatore attraverso scelte e semplificazioni tali da non compromettere la bontà del modello;

• Dominio di calcolo: consiste nella suddivisione in parti del dominio fisico che si vuole analizzare. Tale discretizzazione da come risultato un insieme di celle non sovrapposte (chiamato mesh o griglia di calco- lo) per ognuna delle quali ad ogni iterazione vengono calcolati i valori delle variabili incognite. La realizzazione della griglia di calcolo è un passaggio delicato in quanto una maggiore discretizzazione del domi- nio di calcolo produce una migliore accuratezza dei risulati ma anche, allo stesso tempo, una maggiore pesantezza di calcolo e possibili pro- blemi di convergenza del risultato. Al contrario un numero limitato di celle consente di ridurre i tempi di calcolo ma produce dei risultati poco

attendibili nelle zone in cui le grandezze assumono forti gradienti. Ri- sulta quindi fondamentale raggiungere un buon compromesso e questo lo si fa spendendo in modo razionale le risorse di calcolo a disposizione andando ad infittire la mesh nelle zone sensibili del dominio.

• Metodo di discretizzazione: è l’approccio che viene utilizzato nella suddivisione del dominio di calcolo e può essere di tre tipi:

1. metodo delle differenze finite; 2. metodo degli elementi finiti; 3. metodo dei volumi finiti.

La scelta di uno di questi metodi influenza il modo in cui le equazioni differenziali facenti parte del modello vengono approssimate ad equa- zioni algebriche. I codici di calcolo CFD maggiormente diffusi utiliz- zano il metodo dei volumi finiti o VFM che si basa sulla suddivisione del dominio di calcolo in un numero finito di volumi elementari o di controllo su cui vengono integrate le equazioni di bilancio una volta imposte le condizioni al contorno applicate ai confini del modello. Nota la forma integrale delle equzioni di bilancio del sistema, si ricavano le relazioni che legano le variabili termodinamiche tra volumi confinanti le quali vengono risolte numericamente tramite iterazioni successive.

• Algoritmo di risoluzione: è lo schema iterativo seguito dal codice di calcolo per giungere alla soluzione del problema a partire dalle con- dizioni iniziali. Ne esistono diversi, ma i più comuni e generalmente implementati nei codici CFD sono:

– SIMPLE; – SIMPLEC; – PISO;

Gli algoritmi SIMPLE e SIMPLEC sono usati nel calcolo di sistemi sta- zionari, non dipendenti dal tempo, mentre l’algoritmo PISO è usato per sistemi in transitorio e per modelli aventi una mesh distorta, come può accadere nel caso in cui si utilizzino funzioni di Mesh Dinamica. I vari

metodi differiscono per il processo di correzione dei valori ricavati per le variabili velocità e pressione al passo precedente. Indipendentemen- te dal tipo di algoritmo utilizzato, l’iterazione viene fermata quando si è raggiunto il livello di accuratezza della soluzione numerica desiderato, ovvero quando la differenza dei valori delle grandezze fra un’iterazione e la successiva è minore di un livello prefissato.

• Criteri di validità del calcolo: stabiliscono l’accuratezza della so- luzione numerica che ci si appresta a trovare e la sua possibilità di raggiungimento. I criteri più importanti sono:

– Consistenza: uno schema numerico è detto consistente se è possi- bile dimostrare che il sistema di equazioni che ne deriva risulta essere equivalente al sistema originario di equazioni differenziali al tendere a zero della grandezza delle celle;

– Stabilità: un metodo di risoluzione è detto stabile se non amplifica l’errore numerico ad ogni iterazione;

– Convergenza: capacità del metodo numerico di produrre una solu- zione esatta al tendere a zero della grandezza del volume o dell’e- lemento di controllo.

Una cosa molto importante da precisare è che il soddisfacimento di queste tre condizioni assicura la coerenza di una soluzione dal punto di vista numerico, ma non necessariamente la sua validità dal punto di vista fisico. Quindi una volta concluso il processo di calcolo è sem- pre necessaria un’attenta analisi critica dei risultati da parte dell’uti- lizzatore che li deve valutare in base alla propria esperienza ed alla conoscenza della fisica dei fenomeni che caratterizzano il sistema.