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Evoluzione del concetto di paesaggio

Il concetto di paesaggio ha subìto nel corso dei secoli un’evoluzione sostanziale, passando da aspetto secondario ad elemento centrale anche nelle attuali politiche di tutela del territorio. Se per molto tempo il termine era per lo più connesso al campo dell’estetica, è ora entrato a far parte della maggior parte delle discipline200, a conferma del suo carattere

multidisciplinare e soggettivo a seconda del tempo e della cultura di una società.

Il termina paesaggio deriva dalla parola francese pays201 che significa terra o regione, a cui

fu aggiunto il suffisso –age per conferirne una connotazione pittorica, pertanto estetica, di veduta. A sua volta pays trae origine dal latino pagus202, ossia delimitare i confini di una

zona attraverso dei paletti, definendo le prime basi per una concezione politica-geografica. La prima volta che il neologismo paysage compare nei dizionari è nel 1549, con l’uscita del Dictionnaire di Robert Estienne che lo definisce come un “mot commun entre les

painctres203”. Sebbene la parola sia apparsa in un dizionario soltanto nel 1549, il termine paysage era entrato a far parte del gergo dei pittori francesi già da qualche anno204. Va aggiunto altresì che nei paesi anglosassoni e fiamminghi già esisteva il corrispettivo di

paysage con connotazione artistico-culturale nei termini landscape, landschaft, o landschap,

mentre in italiano, francese e spagnolo la concettualizzazione prese tempi più lunghi205. Non

200 Oltre all’estetica, attualmente infatti sono molteplici le discipline che si occupano dello studio del paesaggio:

geografia, linguistica, antropologia, architettura, diritto ecc. Si veda, al riguardo, le fondamentali riflessioni in D. Consgrove in Formazione sociale e paesaggio simbolico, Milano, Unicopli, 1990 e E. Turri, Semiologia del paesaggio italiano, Venezia, Marsilio Editori, 2014.

201 Dal Dictionnaire de la langue Française Larousse, edizione 2015.

202 Secondo il Dictionnaire de la langue Française Larousse il termine trae origine dal latino basso pagensis

che si è poi trasformato in pagus.

203 Ovvero una parola comune tra i pittori.

204 Lo si deduce dal fatto che nell’edizione precedente del dizionario di Estienne del 1539 il termine non era

presente.

205 Le lingue anglossassoni avevano concettualizzato nei termini olandese landschap, tedesco landschaft, e

inglese landscape. Inizialmente trovano corrispondenza nel concetto di territorio, provincia, patria ecc. E’ solo con il movimento dei primi paesaggisti fiamminghi di inizio Cinquecento che questi termini cominciarono a designare il paesaggio pittorico, cominciando, appunto, con l’olandese. Secondo M. Jakob nell’opera Il

89 esiste un periodo o una data precisa in cui si può parlare di paesaggio come lo si intende attualmente ma è comunque possibile tentare di tracciarne una possibile evoluzione nel tempo. Sicuramente anche prima della comparsa del termine paysage nel dizionario francese non vi era una reale concettualizzazione del termine, ma non mancano gli spunti letterari o pittorici in cui si denotano tentativi di trovare una parola per riassumere un pensiero che stava cominciando a prendere forma. Nel primo Medioevo infatti il paesaggio con accezione estetica non esisteva206, poiché a causa degli sconvolgimenti politici, la caduta degli assetti territoriali del periodo tardo romano, l’alto tasso di mortalità ed i cambiamenti climatici, hanno portato ad una perdita del controllo del territorio e con il conseguente impaludamento delle terre. La natura era considerata ostile all’uomo, dove il sapere medioevale, che tendeva ad associare alle allegorie le varie forme della natura, contribuiva a questa tendenza: il bosco ad esempio era un luogo dove espiare i peccati e trovare la purificazione dell’anima207. Non esiste quindi una cultura dell’aspetto materiale della natura ma solo una visione teologica208.

È solo verso il XII ed il XIII secolo che vi è un nuovo approccio al territorio, grazie al miglioramento del clima e le innovazioni in campo tecnologico, artigianale ed agricolo che hanno portato altresì ad un innalzamento del tasso di natalità e al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. In questo periodo nasce una prima forma di salvaguardia dell’ambiente, dove si rende necessaria la razionalizzazione delle risorse che la natura offre. E’ proprio in questi secoli che si hanno infatti tutte le premesse per la rivelazione del concetto di paesaggio. E appunto nel 1336 si assiste per la prima volta ad una “prima testimonianza moderna sull’estetica del paesaggio”209. Si tratta dell’ascesa spirituale

al monte Ventoso di Petrarca210, nella lettera che inviò all’agostiniano Dionigi di Borgo San Sepolcro e facente parte del quarto libro delle Familiares. Petrarca va ricordato anche per quegli ambienti bucolici che si ritrovano nel concetto di locus amoenus211, dove la

paesaggio, l’affermarsi del termine tecnico landschap dal XVI secolo pone le basi della coscienza del senso estetico di paesaggio. (M. Jacob, Il paesaggio, Bologna, Il Mulino, 2009).

206 Per approfondire tali aspetti si veda G.Ortalli in “Paesaggi: fra trasformazioni e permanenze”, in G. Ortalli

(a cura di) Le trasformazioni del paesaggio e il caso veneto a cura di G.Ortalli, Bologna, il Mulino, 2010, pp. 7- 27.

207 Como non ricordare Dante che comincia il suo viaggio spirituale da “una selva oscura”. 208 Ibid, p. 18.

209 Ibid, p. 20.

210 Secondo il filologo e critico G. Billanovich (“Petrarca e il Ventoso”, in Italia medioevale e umanistica, X,

Padova, Editrice Antenore, 1967, pp. 389- 401) si tratta di una finzione letteraria dell’autore per indicare la sua ascesa spirituale attraverso la fatica della scalata del monte, unendo sia elementi simbolici e allegorici (ad esempio la scalata viene compiuta il giorno del Venerdì Santo) e i riferimenti ai classici, in particolare a Virgilio, Livio e Ovidio.

211 Il locus amoenus è un’espressione che deriva dal latino per indicare un luogo idilliaco e felice. È un topos

90 descrizione di una natura idilliaca suscita sentimenti. Jacob Burckhardt nella sua opera La

civiltà del Rinascimento in Italia, così parla di Petrarca: “L’aspetto della natura trovò nel suo

spirito un’eco immediato. Il godimento degli spettacoli naturali gli è la compagnia più grata di ogni sua spirituale occupazione: associando l’una cosa all’altra, s’intende facilmente quel desiderio di solitudine erudita a Valchiusa ed altrove, e le sue fughe periodiche dal suo secolo e dal mondo. Gli si farebbe un gran torto, se dalla sua ancor debole e scarsa potenza descrittiva della natura si volesse inferire in lui una mancanza di sentimento”212. Un’ulteriore

testimonianza dell’uso del termine paesaggio, stavolta con valenza pittorica, la si riscontra in un quadro che Tiziano invia nel 1552 al futuro re di Spagna Filippo II intitolato Paesaggio, utilizzando pertanto il termine in senso estetico213. L’emblematicità di questa opera sta nel fatto che si è di fronte ad una rivoluzione che, sebbene incominciata già con i paesaggisti fiamminghi, attesta la consapevolezza di un nuovo sguardo verso la natura nella pittura. È possibile affermare che non sono presenti sostanziali cambiamenti fino alla Rivoluzione Industriale della fine del XVIII secolo in Inghilterra. Grazie alla svolta che ha dato il Secolo dei Lumi, la Rivoluzione Industriale porta allo scombussolamento sia dell’assetto economico, con la perdita di mestieri artigiani e l’automatizzazione di molte attività che prima venivano svolte solo dall’uomo, sia dell’assetto sociale, con lo scardinamento delle attività agricole e la conseguente accelerazione del progresso e della tecnologia. In contrapposizione con questa nuova mentalità e in reazione ai principi dell’Illuminismo nel XIX secolo, si sviluppa una nuova corrente di pensiero che influenza tutte le arti: il Romanticismo. Nei romanzi214 o nelle opere d’arte215 romantiche l’anima e lo spirito dell’autore si immedesimano con la natura che diventa lo specchio delle sue emozioni. Nel 1844 esce l’opera Kosmos dello scienziato-viaggiatore Alexander von Humbold216 in cui per

occupano di canto e poesia. Il locus amoenus, concetto già appartenente alle civiltà greca e latina, viene ripreso dal Dolce Stil Novo in cui si annoverano alcuni tra i più illustri nomi della letteratura italiana come Dante, Petrarca, Cavalcanti e Guicciardini.

212 J. Burckhardt, La storia del Rinascimento in Italia, Roma, Newton Compton, 2010, p.29.

213 J.M. Reifsnyder, Tiziano e la nascita del paesaggio moderno. Catalogo della mostra (Milano, 16 febbraio

– 20 maggio 2012), Firenze, Giunti, 2012.

214 Tra gli esempi più noti si ricordano Goethe ne I dolori del giovane Werter o il movimento preromantico

tedesco di fine 1700 noto come Sturm und Drang.

215 Basti pensare a K.Friedrich ed il suo Viandante o ai quadri di W.Turner)

216 Alexander von Humboldt, geografo e naturalista tedesco, è uno dei precursori della geografia culturale,

ovvero lo studio dei segni e dei simboli che vengono attribuiti a un determinato spazio. In Kosmos, opera divisa in quattro volumi pubblicata tra il 1845 ed il 1862, von Humboldt esplora in ognuno di questi tomi la geografia fisica, il rapporto uomo e natura, l’astronomia ed il pianeta terra. Nel secondo libro in particolare viene analizzato il rapporto tra natura e mondo dell’arte, quest’ultimo inteso sia come arti figurative sia come letteratura e dell’architettura dei giardini e serre. Per il geografo infatti, il genere umano esprime i propri sentimenti verso la natura in tre diversi modi: la poesia, la pittura paesaggistica e la coltivazione delle piante.

91 la prima volta la parola paesaggio assume una connotazione geografica, non intesa come mera divisione di confini. Nella sua opera egli descrive il territorio affiancandolo alla cultura ad esso connessa.

Infine, il XX ed il XXI secolo segnano una fase di cambiamenti epocali. Per quanto riguarda lo specifico caso italiano, soprattutto nel nord Italia tra Lombardia e Veneto, gli anni del boom economico hanno segnato uno sconvolgimento di buona parte dell’assetto territoriale e paesaggistico delle due regioni, portando a non poche conseguenze a causa della velocità con cui sono state attuate. Se durante gli anni del movimento del Futurismo si ha un’esaltazione delle industrie, del progresso e della velocità, non si può dire la stessa cosa dopo gli anni del miracolo italiano. Dopo i primi movimenti ecologisti degli anni’70 in cui si prende reale coscienza della necessità della salvaguardia ambientale e paesaggistica, gli scrittori guardano ai “paesaggi” petrarcheschi con nostalgia217, poiché è stato fatto spazio ad un paesaggio abbruttito dall’azione invasiva dell’uomo. Ne sono esempi l’opera di Ceronetti

Viaggio in Italia e di Celati Verso la foce che nei loro scritti raccontano degli scempi

ambientali sparsi in Italia e in particolare nel nord (Celati infatti racconta il suo viaggio dal Monviso fino alle foci del fiume Po) con fare spesso ironico e di denuncia sociale, che denota una certa nostalgia verso un qualcosa di ormai scomparso218.

Alla luce di ciò che si è detto fino ad ora, è possibile evincere la complessa evoluzione e le diverse sfaccettature che sono state conferite al termine. La concettualizzazione del paesaggio come viene inteso al giorno d’oggi la si ritrova per la prima volta nella Convenzione Europea del Paesaggio sottoscritta a Firenze nel 2000 e firmata nel 2006 dai ventisette Paesi dell’Unione Europea. Nella definizione che viene data il paesaggio “designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”219. Grazie a questa

Convenzione si unifica questo concetto e si tenta di tutelare e salvaguardare il territorio. Viene riconosciuta altresì la valenza culturale, sociale ed ambientale e di memoria storica del paesaggio quali condizioni essenziali per assicurare la qualità della vita degli individui di una società. Il paesaggio è pertanto derivante dall’azione antropica dell’uomo sulla natura. La Convenzione concepisce il paesaggio come prodotto sociale e pertanto non ne fanno più parte solo luoghi di indubbia bellezza estetica ma anche realtà con peculiarità che esulano

217 F. Vallerani, “Paesaggi fluviali e letteratura nel Veneto della modernizzazione” nel convegno Scritti in

onore di Giovanna Brunetta, Padova, Dipartimento di Geografia, 2002, pp. 115- 134.

218 G. Ceronetti, Viaggio in Italia, Roma, Einaudi, 1983 e G. Celati, Verso la foce, Milano, Feltrinelli Editore,

1989.

92 dai canoni estetici tra cui “paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana, sia i paesaggi degradati220”.

In particolare, per citare E. Turri221, il paesaggio ormai è inteso come un teatro, luogo in cui l’uomo (ossia l’attore) agisce sul territorio (il palco). Il risultato delle relazioni dell’uomo, che nei secoli ha modificato l’ambiente a suo vantaggio, viene interpretato infatti in maniera diversa da coloro che osservano il paesaggio, in quanto vengono coinvolti tutti e cinque i sensi (che sono soggettivi) nella comprensione dell’opera territorializzante. Si è quindi arrivati alla conclusione che il paesaggio è un concetto soggettivo, che varia da individuo a individuo in base alla cultura, alle percezioni, all’educazione, al vissuto personale, ed è fisiologico che evolva nel tempo in quanto in ogni epoca la società influenza e a sua volta viene influenza dal pensiero dominante a cui essa appartiene.