Le operazioni di M&A in Italia
3.1 Evoluzione del sistema bancario in Italia
La diffusione delle operazioni di concentrazione all’interno del mercato bancario italia- no è avvenuta solamente a partire dai primi anni ’90, circa dieci anni dopo l’avvio del fenomeno negli Stati Uniti. Questo forte ritardo è stato causato da alcuni peculiari aspet- ti del settore bancario nazionale: fino alla fine degli anni Ottanta, infatti, esso era carat- terizzato da un livello di concorrenza molto basso e dalla presenza di banche non com- pletamente efficienti. Queste condizioni erano in parte mantenute anche dalle autorità di vigilanza, i cui obiettivi principali erano il controllo del mercato e la salvaguardia della stabilità del sistema.
Il modello attraverso il quale attuare questi obiettivi è stato quello della vigilanza strut- turale: esso era determinato da interventi che potevano influenzare e modificare anche significativamente la struttura stessa del sistema bancario (determinazione del numero di banche, quote di mercato, campo di attività). Questo principio nacque con la Legge bancaria del ’36 – ’38, Legge rimasta immutata fino alla fine del 1993, anno di entrata in vigore del TUB. Nel corso degli anni, la vecchia Legge non ha subito significative modifiche in quanto essa determinava con chiarezza i principi generali da dover rispet- tare e delegava alle autorità creditizie il potere di determinare la modalità di applicazio- ne.
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Nel contesto europeo, all’interno del quale l’Italia si è inserita fin dai primi anni di svi- luppo, alcuni importanti e fondamentali trattati e direttive hanno determinato l’evoluzione anche del mercato bancario domestico. Nel 1957 è stato firmato il Trattato di Roma che ha istituito la Comunità Economica Europea (CEE). Esso affermava due differenti principi:
- Libertà di stabilimento, intesa come libertà di stabilire liberamente succursali su tutto il territorio della Comunità;
- Libera prestazione di servizi, intesa come libertà di offerta di servizi in un altro Paese membro senza la necessità di apertura di uno sportello.
Con lo scopo di armonizzare le legislazioni bancarie dei differenti Stati della CEE, inol- tre, dagli anni ’70 sono state emanate differenti e importanti direttive, recepite da parte di tutti i Paesi comunitari. Nel 1977, la Prima direttiva in materia bancaria (77/780/CEE) aveva lo scopo di coordinare e armonizzare la regolamentazione dei Paesi membri. Con la Seconda direttiva bancaria di coordinamento (89/646/CEE), invece, so- no stati affermati tre fondamentali pilastri:
- Mutuo riconoscimento: le autorità di vigilanza dei Paesi membri hanno il dovere di riconoscere reciprocamente le autorizzazioni ad operare rilasciate dalle altre autorità;
- Armonizzazione minima: le norme fondamentali in materia bancaria dei diffe- renti Stati devono essere armonizzate, in modo da evitare una eventuale concor- renza tra ordinamenti;
- Home country control: per le banche presenti al di fuori dei confini domestici, l’azione di vigilanza deve essere affidata all’autorità del paese d’origine (per i profili di liquidità, di tutela del cliente e per motivazioni di ordine pubblico vige il profilo opposto dell’host country control).
Per quanto riguarda i provvedimenti specifici intrapresi dallo Stato italiano è importante ricordare la Legge Amato del 199071, che ha consentito la trasformazione delle banche da enti pubblici a privati (Società per Azioni). Questo processo di privatizzazione fu re- so necessario dalla radicata natura pubblica delle banche italiane che male si adattava
71 Decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, decreto attuativo della Legge n. 218 del 1990, detta “legge Amato”, concernente disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico.
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all’aumento del livello concorrenziale che stava iniziando a caratterizzare il contesto eu- ropeo. Deve essere, infatti, tenuto presente che le banche pubbliche non erano denotate da una forte propensione all’obiettivo di efficienza.
La regolamentazione nazionale, inoltre, non permetteva lo svolgimento e la conclusione di operazioni di M&A tra soggetti bancari di categoria giuridica diversa. Ci si rese conto che i processi di fusione ed acquisizione avrebbero permesso al sistema bancario dome- stico di raggiungere un adeguato ed ottimale livello di efficienza, in modo da poter competere a livello europeo ed internazionale: questo contesto generale fece nascere la necessità di elaborazione di una nuova normativa che consentisse alle banche di qualsia- si natura di partecipare a processi di aggregazione anche tra di loro e di una profonda riforma che permettesse ai soggetti bancari di assumere effettivamente la forma giuridi- ca di Società per Azioni.
Gli anni Novanta sono anche stati gli anni della liberalizzazione degli sportelli, attraver- so l’eliminazione dei vincoli di apertura e degli stretti controlli sulla presenza geografica della rete distributiva bancaria.
La Seconda direttiva è stata approvata con il D.Lgs. 481/92, il quale delegò al governo il recepimento effettivo. In questo contesto emerse la necessità di una completa rivisita- zione dell’intera disciplina bancaria: nasce il Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. Il TUB (D.Lgs. 385/93), che pose fine alla vecchia Legge bancaria del ’36, entrò in vigore il primo gennaio 1994 dopo una serie di importanti cambiamenti nell’ambiente creditizio e finanziario nazionale:
- Internazionalizzazione dell’attività bancaria: sempre un maggior numero di ban- che aveva deciso di intraprendere una strategia di crescita verso aree geografiche esterne ai confini nazionali ed europei; il confronto con la concorrenza esterna e la crescita della stessa concorrenza interna tra banche italiane aveva portato ad un arricchimento della gamma dei prodotti e dei servizi offerti;
- Progressiva despecializzazione e deregolamentazione dell’attività bancaria; - Innovazione tecnologica nel campo delle comunicazioni: aveva contribuito a ri-
durre le barriere geografiche della concorrenza;
- Nuova normativa comunitaria: aveva armonizzato le discipline bancarie nei Pae- si aderenti, riducendo le differenze strutturali tra i differenti mercati;
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Se i fattori sopra elencati erano comuni a tutti i Paesi europei, ve ne erano degli altri ti- pici del mercato bancario italiano come la dimensione molto contenuta delle banche (in- capaci di competere a livello internazionale), la forte specializzazione, il numero ridotto di sportelli presenti nel territorio con un basso livello qualitativo di servizi, la forte pre- senza di banche pubbliche, i vincoli di vigilanza penetranti ed incisivi.
Il TUB ha contribuito significativamente alla creazione delle condizioni per un aumento del livello concorrenziale nel settore bancario italiano (e, conseguentemente, al ricorso a strategie di crescita di tipo esterno). Il nuovo disegno normativo ha messo in evidenza il carattere di impresa della banca e ha permesso alla stessa di esercitare non solamente le attività tradizionali di raccolta del risparmio e di concessione del credito, ma anche tutte le attività connesse e strumentali. Il TUB è stato sorretto dal principio di despecializza- zione, di tipo:
- Istituzionale: le banche hanno la possibilità di assumere la forma di società per azioni e società cooperativa (banca popolare o banca di credito cooperativo); - Temporale: fino ai primi anni ’90 le banche erano suddivise tra aziende di credi-
to ordinario, abilitate a mettere in atto operazioni attive e passive con scadenza massima di diciotto mesi, e istituti di credito, le cui operazioni dovevano avere scadenza superiore a diciotto mesi; con la nuova regolamentazione tutte le ban- che divennero libere di erogare credito e raccogliere risparmio a qualsiasi sca- denza;
- Operativa: le banche ottennero la possibilità di svolgere oltre all’attività bancaria (raccolta del risparmio ed esercizio del credito) anche qualsiasi altra attività fi- nanziaria ammessa al mutuo riconoscimento.
Il TUB, quindi, adottando il modello organizzativo di impresa, ha facilitato la crescita dei fenomeni di concentrazione tra banche, operazioni prima ostacolate dal principio di specializzazione previsto dalla vecchia Legge bancaria.
Grazie al nuovo testo normativo, la Banca d’Italia ha incrementato i propri poteri in te- ma di vigilanza con compiti connessi alla salvaguardia della stabilità, dell’efficienza e della competitività del mercato bancario e finanziario e all’osservanza della regolamen- tazione. Essa ha, inoltre, maggiori poteri in relazione al mantenimento della sana e pru- dente gestione delle banche, dei gruppi bancari, delle società finanziarie, degli istituti di moneta elettronica (Imel) e di quelli di pagamento.
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