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Evoluzione, eterogeneità interna ed apertura del knowledge network di un cluster: un modello da testare

Un approccio evolutivo all’analisi dei flussi di conoscenza di un cluster

2.1 Evoluzione, eterogeneità interna ed apertura del knowledge network di un cluster: un modello da testare

La letteratura sui cluster, presentata nel capitolo precedente, ha spesso indagato l’oggetto di interesse in una prospettiva statica. I vantaggi a questo associati sono stati studiati senza tenere in considerazione la loro evoluzione nel tempo86.

Tuttavia, un’analisi dei cluster che prescinda dalle loro dinamiche evolutive può risultare incapace di interpretare in misura completa ed esauriente i meccanismi di sviluppo dell’oggetto indagato.

Solo recentemente vi sono stati alcuni tentativi di individuare anche per gli agglomerati di imprese le fasi di nascita, espansione e declino87, definendo per ciascuna di esse le caratteristiche in termini di densità e natura delle relazioni tra attori, di risorse impiegate, di strategie implementate e di vantaggi acquisiti. Si tratta, tuttavia, di analisi teoriche, senza approfondimenti di tipo empirico- quantitativo.

Le imprese appartenenti ad un cluster sono state inoltre a lungo considerate omogenee, dando poco risalto al fatto che esse sono altamente differenti in termini di capacità, strategie e routines88 e attribuendo la loro performance al loro inserimento nel cluster e al carattere localizzato del

86 MAGGIONI M.A., 2002, Clustering dynamics and the location of high-tech firms, Physica-Verlag Heidelberg/New

York; BRENNER T,. 2004. Local Industry Cluster: Existence, Emergence and Evolution, Routledge, Londra e New York; MENZEL M., FORNAHL D., 2007, ‚Cluster life cycles. Dimensions and rationales of cluster Development‛, articolo presentato alla DRUID Winter Conference.; MARKUSEN A., 1996 ‚Sticky Places in Slippery Space: A Typology on Industrial Districts‛, Economic Geography, 72, pp. 293-313; BELUSSI F., GOTTARDI G., RULLANI E., 2003, The Technological Evolution of Industrial Districts, Kluwer, Boston.

87 Si veda TICHY G., 1998, ‚Clusters: Less dispensible and more risky than ever‛, in STEINER M. (a cura di),

Clusters and Regional Specialization: On Geography, Technology and Network, Pion, Londra; SWANN G.M.P., 2002, ‚Towards a Model of Clustering in High-Technology Industries‛, in SWANN G.M.P., PREVEZER M., STOUT D. (a cura di), The Dynamics of Industrial Clustering, Oxford University Press, Oxford; WOLTER K., 2003, ‚A Life Cycle for Cluster? The Dynamics Governing Regional Agglomerations‛, articolo presentato alla Conferenza Clusters,

Industrial Districts and Firms: the Challenge of Globalization, Modena; MASKELL P., KEBIR L., 2005, ‚What qualifies as a cluster theory?‛, DRUID Working Paper n° 05-09, Danish Research Unit for Industrial Dynamics; LORENZEN M., 2005. ‚Why do clusters change?‛, European Urban and Regional Studies, 12(3), pp. 203-208; HASSINK R., DONG-HO S., 2005, ‚The restructuring of old industrial areas in Europe and Asia: Editorial‛, Environment and Planning, 37, pp. 571-580; MAGGIONI M.A., 2005, ‚The rise and fall of industrial clusters: technology and the life cycle of region‛, Institut d'Economia de Barcelona, Universitat de Barcelona

88 NELSON R.R., WINTER S.G., 1982 ‚An Evolutionary Theory of Economic Change‛, Belknap Press of Harvard

trasferimento di conoscenza.

Negli ultimi anni, però, alcuni autori hanno sostenuto il ruolo delle imprese come attori eterogenei e centrali nel processo di sviluppo economico del cluster. In quest’ottica Lazerson e Lorenzoni affermano che ‚sebbene la maggior parte della letteratura assume tacitamente che tutte le imprese di un cluster siano relativamente omogenee e che esse non meritino attenzione in quanto tali (<) noi vogliamo sottolineare che i cluster continuano ad essere modellati in misura determinante dai singoli agenti‛89. Allo stesso modo, Markusen A. afferma che non è lo spazio che auto-organizza le regole del cluster ma è il livello di decisione delle imprese, come agenti privati for-profit, che modella il territorio e il suo sviluppo90.

In particolare, per comprendere il processo di apprendimento in un cluster sarebbe opportuno porre l’impresa al centro dell’analisi e osservare i meccanismi di interazione tra l’apprendimento nel cluster e l’apprendimento nelle imprese91.

Martin e Sunley, a tal proposito, sostengono che ‚nella letteratura sui cluster manca un’analisi seria o una teoria dell’organizzazione interna alle imprese. Al contrario, si enfatizza l’importanza di fattori esterni alle imprese e in qualche modo presenti nel contesto locale. I caratteri dell’apprendimento a livello di territorio sono privilegiati lasciando ambigui sia la natura del processo di apprendimento localizzato che l’interazione di questo con l’apprendimento a livello di impresa‛92. In altre parole, nella concettualizzazione canonica del

89 LAZERSON M., LORENZONI G., 1999 (op. cit.).

90 MARKUSEN A., 2003, ‚Fuzzy concepts, scanty evidence, policy distance: The case for rigour and policy

relevance in critical regional studies‛, The Journal of the Regional Studies Association, 37 (6/7).

91 BELL M., ALBU, M. 1999 ‚Knowledge systems and technological dynamism in industrial clusters in developing

countries‛, World Development, 27, pp. 1715-34; MASKELL P., 2001 (op.cit.); TAYLOR M., ASHEIM B., 2001, ‚The concept of the firm in economic geography‛ Economic Geography, 77(4), pp. 315-328; BATHELT H., GLUCKER J., 2003, ‚Toward a relational economic geography‛ Journal of Economic Geography, 3, pp. 117-144; CANIELS M. C. J., ROMIJN H. A., 2003 ‚Firm-level accumulation and regional dynamics‛ Industrial and Corporate Change, 12 (6), pp. 1253-1278; MARTIN R., SUNLEY P., 2003, Deconstructing clusters: chaotic concept or policy panacea? Journal of

Economic Geography, 3 (1), pp. 5-35; ASHEIM B.T., COENEN L., 2005, ‚Knowledge bases and regional innovation systems: comparing Nordic clusters‛, Research Policy, 34 (8), pp. 1173-1190; BOSCHMA R. A., FRENKEN K., 2006, ‚Why is economic geography not an evolutionary science? Towards an evolutionary economic geography‛

Journal of Economic Geography, 6 (3): 273-302.

92 MARTIN R., SUNLEY P. 2003. Si veda anche a tal proposito BEST M, FORRANT R., 1996, ‚Creating industrial

cluster non è stata in genere assegnata nessuna strategia particolare alle imprese locali93.

Infine, il ruolo della prossimità geografica è stato troppo enfatizzato. La tradizionale letteratura sui cluster di imprese implicitamente assume che la conoscenza derivante da fonti non locali ha una rilevanza inferiore rispetto a quella locale per la competitività delle imprese94.

Ultimamente, tuttavia, da più parti è stata evidenziata l’importanza dell’apertura ai legami extracluster come elementi utili alle imprese clusterizzate per evitare situazioni di lock-in. Esistono però ancora poche ricerche empiriche a sostegno di ciò95.

Assumendo una prospettiva knowledge-based, l’importanza di un’analisi evolutiva, che tenga conto dell’eterogeneità delle imprese e dei processi di apertura di un agglomerato viene posta in risalto ed applicata ad un particolare oggetto di indagine, il knowledge network di un cluster, definito quale mappa dei flussi di conoscenza tra le imprese che lo compongono.

Ill knowledge network è un deposito ampio e complesso di conoscenza, expertise ed esperienza accumulata dai diversi attori del cluster, dal quale sia i membri interni che quelli esterni possono ricavare benefici.

Il knowledge, cioè la conoscenza è l’output di un processo di apprendimento. Nel suo libro Science in Action, Latour definisce il termine conoscenza quale ‚la familiarità con eventi, posti e persone con cui si è diverse volte entrati in contatto *<+. La conoscenza non può essere definita senza aver ben compreso il significato del processo di acquisizione della stessa‛96

Creating Industrial Capacity: Towards Full Employment, Oxford University Press, Oxford; HUDSON R., 1999, ‚The learning economy, the learning firm and the learning region: a sympathetic critique of the limits to learning‛

European Urban and Regional Studies, 6, pp. 59-72.

93 PANICCIA I., 2002, ‚A Critical Review of the Literature on Industrial Districts: In Search of a Theory‛, in

PANICCIA I. (a cura di), Industrial Districts: Evolution and competitiveness in Italian Firms, Edward Elgar, Cheltenham.

94 ASHEIM B.T., ISAKSEN A., 2002, ‚Regional Innovation Systems: the integration of local 'sticky' and global

'ubiquitous' knowledge‛, Journal of Technology Transfer, 27, pp. 77-86.

95 KRAFFT J., 2004, ‚Shakeout in industrial dynamics: new developments, new puzzles‛, in FOSTER J. (a cura di),

Applied Evolutionary Economics And Complex Systems, Edward Elgar Publishing.

Per estensione, allora, capire la natura, i potenziali usi e i processi evolutivi della conoscenza, necessita il raggiungimento di una certa ‚familiarità‛ con il concetto di sistema di generazione di questa.

D’altro canto, la nozione di network viene ampiamente usata in campo ingegneristico per la gestione di sistemi complessi. Con esso si fa riferimento ad un sistema (o ad una rete) di sottosistemi (o componenti) interrelati, ognuno dei quali sviluppa uno specifico compito secondo regole di massima efficacia ed efficienza. Ogni sottosistema è altamente specializzato e generalmente comporta alti livelli di conoscenza ed expertise accumulati all’interno del suo campo di operazioni. Da una interconnessione ottimale di queste componenti si raggiunge una maggiore e più complessa varietà di funzioni e capacità rispetto a quella raggiungibile da un solo componente o sottosistema. In senso teorico il sistema può non essere ottimo ma abbastanza efficace e flessibile da portare avanti un compito oltre le capacità del singolo.

Dalla prospettiva di Latour, un network implica una rete di ‚nodi‛ interconnessi dotati di ‚risorse conoscitive‛ in un determinato campo.

Un knowledge network, dunque, si forma quando:

1. i nodi che lo compongono sono ricchi di risorse conoscitive;

2. i nodi iniziano a sviluppare legami trasversali per via dell’emergere di bisogni conoscitivi;

3. i suddetti legami iniziano un processo di fertilizzazione incrociata delle loro risorse in maniera sinergica, che si traduce in un ampliamento e rafforzamento delle capacità sia dei membri del network che del network stesso.

Un dato knowledge network incorpora sia i contenuti di conoscenza dei suoi nodi che le interconnessioni di questi nodi all’interno del suo dominio così come all’esterno. Chandy e William sostengono che ogni knowledge network localizzato

understanding what *the process of+ gaining knowledge means‛ *LATOUR B., 1987, Science in Action. How to follow Scientists and Engineers through Society, Open University Press, Milton Keynes].

è parte di un più grande e complesso sistema97.

Sulla base delle riflessioni esposte in precedenza e in seguito all’approfondimento del significato di knowledge network, è possibile definire 3 research questions cui questo lavoro si propone di rispondere:

Domanda 1: Qual è la struttura del knowledge network di un cluster di imprese e