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I processi di apertura del knowledge network a flussi provenienti da legami extracluster

Un approccio evolutivo all’analisi dei flussi di conoscenza di un cluster

Domanda 3: Esistono dei collegamenti tra il knowledge network intracluster e le sorgenti di conoscenza extracluster? Quali imprese assolvono a tale compito?

2.5 I processi di apertura del knowledge network a flussi provenienti da legami extracluster

Il cluster è stato tradizionalmente studiato quale sistema caratterizzato da processi di apprendimento e di sviluppo/diffusione di conoscenza fortemente localizzato, legati alle imprese e agli attori locali, alla loro capacità d'interazione. L'elemento ‚locale‛ è stato considerato fortemente determinante delle dinamiche di apprendimento.

In realtà in passato i cluster hanno proprio funzionato come network

164 Cohen e Levinthal considerano il livello di conoscenza pregressa come determinante dell’absorptive capacity

‚we argue that the ability to evaluate and utilize outside knoweldge is largely a function of the level of prior related knowledge‛ *COHEN W.M., LEVINTHAL D.A., 1990 (op. cit.)].

prevalentemente chiusi, ossia come sistemi locali con pochi collegamenti operativi e cognitivi con l’ambiente esterno, capaci di considerare solo in maniera residua qualche linea di interazione con l’esterno165.

I mercati intermedi di beni e servizi hanno in genere assunto una configurazione interna al cluster, accessibili in via privilegiata agli offerenti e agli acquirenti locali e, anche per quanto concerne i collegamenti con i mercati di sbocco, in particolare con i mercati esteri, sono prevalse strategie di ingresso e di distribuzione a basso grado di coinvolgimento e quindi di presidio informativo dei mercati.

La chiusura ha riguardato anche la capacità di auto-generare le risorse umane e imprenditoriali, i capitali, le conoscenze necessari alla propria riproduzione.

Infine, l’impermeabilità della frontiera interno/esterno ha coinvolto anche la dimensione demografica: le popolazioni distrettuali hanno sempre segnalato tassi di natalità e mortalità fisiologicamente elevati, ma un numero esiguo di iscrizioni e cancellazioni da/verso l’esterno.

Tale densa rete di collegamenti interni, con pochi e ‚stretti‛ canali di interazione verso l’esterno è stata a lungo rappresentata quale elemento distintivo e di valore dei cluster, un punto di forza in grado di contribuire a rafforzare la coesione interna e l'identità collettiva.

La possibilità del cluster di configurare una soluzione efficiente ed efficace al problema della produzione non poteva prescindere infatti dalla costruzione e manutenzione di un sistema sociale chiuso, al pari del sistema socio-aziendale fordista, seppure in una forma ‚reticolare‛.

Oggi, però, questo carattere di quasi autoreferenzialità appare rischioso. L’auto-consistenza del cluster può infatti tradursi in fattore involutivo. Come precedentemente evidenziato, il rischio è che le imprese, soprattutto nello stadio di maturità, siano incapaci di elaborare risposte strategiche nuove, in termini di

mutamenti nei prodotti/mercati/tecnologie, confidando sul perpetuarsi automatico dei tradizionali elementi di vantaggio competitivo.

È allora importante che esso evolva verso una configurazione di rete locale integrata in network globali166 di produzione, circolazione e utilizzazione delle conoscenze167 ed è anche necessario che tale evoluzione venga studiata e analizzata quale nuovo fattore di competitività.

Il cluster è sempre più ‚obbligato‛ ad aprirsi ai set di conoscenza generati in altri luoghi del mondo168. I tradizionali meccanismi di apprendimento localizzato si intrecciano con dinamiche di apprendimento esterne ossia vengono attivati all'interno di reti di collaborazioni che vanno ben al di là dei tradizionali confini distrettuali. Si affermano, quindi, nuovi percorsi evolutivi, basati su differenti mix di globalizzazione e localizzazione.

Questo viene facilitato dalle nuove tecnologie della comunicazione le quali estendono la possibilità di codificare informazioni, dilatano le capacità

166 Mentre in passato la globalizzazione è apparsa un fenomeno guidato essenzialmente dalle strategie delle

grandi imprese, in tempi più recenti, processi di delocalizzazione produttiva e di riconfigurazione della catena del valore dell'impresa su scala globale interessano in misura crescente anche le piccole e medie imprese distrettuali. Diversi studi mostrano chiaramente questa evoluzione [CORÒ G., RULLANI E., 1998, Percorsi locali di

globalizzazione, competenze e auto-organizzazione nei distretti industriali del Nord-Est, Franco Angeli, Milano; CORÒ G., VOLPE M., 2004, Nuove forme di integrazione internazionale della produzione: un'analisi economico- industriale per le filiere del Made in Italy, in AA.VV., La governance della globalizzazione produttiva. L'osservatorio, Roma, Formez; TATTARA G., CORÒ G., VOLPE M., 2006, Andarsene per continuare a crescere. La

delocalizzazione internazionale come strategia competitiva, Carocci, Roma].

167 GANDOLFI V., 1990, ‚Relazionalità e cooperazione nelle aree-sistema‛, Economia e Politica Industriale, 65;

BECATTINI G., RULLANI E., 1993; GRANDINETTI R., RULLANI E., 1996, Impresa transnazionale ed economia globale, La Nuova Italia Scientifica, Roma; TIBERI VIPRAIO P., 1996, ‚From local to global networking. The restructuring of Italian industrial districts‛, Journal of Industrial Studies, 3(2), pp. 135-171; BRAMANTI A., MAGGIONI M.A., 1997, ‚Struttura e dinamica dei sistemi produttivi locali: un’agenda di ricerca per l’economia regionale‛, in BRAMANTI A., MAGGIONI M.A. (a cura di), La dinamica dei sistemi produttivi territoriali: teorie, tecniche, politiche, Franco Angeli, Milano; GUERRIERI P., IAMMARINO S., 2001, ‚The Dynamics of Italian Industrial Districts: Towards a Renewal of Competitiveness‛, in GUERRIERI P., IAMMARINO S., PIETROBELLI C. (a cura di) The Global Challenge to Industrial

Districts: Small and Meduim-sized Enterprises in Italy and Taiwan, Edward Elgar, Cheltenham; ZUCCHELLA A., 2006, ‚Local cluster dynamics: trajectories of mature industrial districts between decline and multiple embeddedness‛, Journal of Institutional Economics, 2, pp. 21-44.

168 LIPPARINI A., 1995, Imprese, relazioni tra imprese e posizionamento competitivo, Etas, Milano; CORÒ G.,

GRANDINETTI R., 1999, ‚Evolutionary patterns of Italian industrial districts‛, Human Systems Management, 18(2), pp. 117-129; CORÒ G., GRANDINETTI R., 2001, ‚Industrial District Responses to the Network Economy: Vertical Integration Versus Pluralist Global Exploration‛, Human Systems Management, 20 (3), pp. 189-99.; RULLANI E., 1998, ‚Globalizzazione e nuovi sistemi di governance nei sistemi produttivi locali‛, in CORÒ G., RULLANI E. (a cura di), Percorsi locali di globalizzazione, competenze e auto-organizzazione nei distretti industriali del Nord-Est, Franco Angeli, Milano; RULLANI E., MICELLI S., 2004, ‚Economia della conoscenza e impresa-rete: un altro modo di vedere i processi di internazionalizzazione dell'economia italiana‛, La governance della globalizzazione

comunicative dei soggetti, comprimono la distanza tra questi e mettono in contatto varie conoscenze e competenze specializzate, permettendo l’unificazione e la cross-fertilization dei saperi.

La riproduzione evolutiva dei distretti passa attraverso un nuovo rapporto tra dimensione locale e dimensione globale. La rete delle relazioni interne e la rete delle relazioni con l’esterno risultano infatti co-essenziali nel processo di produzione del valore e nella formazione e mantenimento del vantaggio competitivo di uno specifico cluster169.

Pur mantenendo la propria identità e la tipica coesione sistemica, il cluster si ‚apre‛ verso l’economia globale, attraverso una pluralità di punti di contatto lungo l’intera catena del valore e l’insieme dei mercati delle risorse. Questa apertura operativa e cognitiva viene pertanto a delineare un nuovo confine tra attività e competenze core, che vengono mantenute e anzi rafforzate all’interno del cluster, e attività e competenze che richiedono invece l’interazione con soggetti esterni.

È così che il location paradox170 può essere superato, facendo convivere gli storici vantaggi del radicamento locale con l'esigenza di maggiore apertura ai mercati internazionali e ai nuovi circuiti della conoscenza.

La comunicazione interattiva e la cooperazione tra gli attori del cluster rimangono fondamentali per la produzione delle conoscenze e del vantaggio competitivo, ma le relazioni intra-cluster compongono un disegno più selettivo e la loro qualità viene spinta verso standard più elevati: il valore utile e i costi delle relazioni interne divengono infatti oggetto di confronto costante con quanto risulta accessibile nei circuiti extra-cluster.

Ancora una volta è però l’eterogeneità delle imprese ad agire171. Le imprese più dinamiche sono portate ad esplorare attivamente non solo i mercati di

169 RULLANI E., 1995 (op. cit.)

170 Con questa espressione si mette in evidenza l’apparente contraddizione tra crescente globalizzazione e

localizzazione in un cluster quale elemento chiave del vantaggio competitivo di un'impresa.

171 E’ l’internazionalizzazione delle imprese-leader che può guidare l’inserimento del cluster in circuiti globali di

sbocco, ma anche i mercati esterni di fornitura, procedendo verso riconfigurazioni più o meno significative della loro catena interna/esterna del valore.

Alcune imprese funzionano da battistrada rispetto a una più ampia apertura all’economia globale che coinvolge altri operatori locali. Si può allora parlare di imprese-guida, ossia di imprese che innescano l’evoluzione del cluster o di parti significative di esso, in virtù della centralità relazionale assunta nell’ambito di una rete di imprese172 o anche solo perché trascinano processi (selettivi) di imitazione.

Le imprese guida svolgono la funzione di interfaccia intelligente tra il contesto locale e l’economia globale173 generando nuovi potenziali comunicativi/cooperativi o ridefinendo quelli già in essere. Si crea quindi un nuovo livello di divisione del lavoro nel cluster, tra generatori (interfacce tra locale e globale) e utilizzatori (altre imprese del cluster) di potenziali comunicativi e cooperativi.

Le imprese guida sono collegate, da un lato, a una rete globale, e da questo collegamento traggono la capacità di generare potenziali utili sul piano competitivo in modo autonomo. Dall’altro, esse sono immerse nella rete del cluster, e trasferiscono ai soggetti che la compongono la capacità di utilizzare potenziali che non hanno prodotto direttamente nella loro esperienza.

Le imprese guida che svolgono la funzione di interfaccia cognitiva locale/globale mettono in grado i distretti di partecipare all’economia globale senza perdere l’identità locale. Rappresentano dunque, utilizzando la terminologia proposta da Becattini e Rullani, gli integratori versatili tra i circuiti

172 LOMI A., LORENZONI G., 1992, ‚Impresa guida e organizzazione a rete‛, in LORENZONI G. (a cura di), Accordi,

reti e vantaggio competitivo. Le innovazioni nell’economia d’impresa e negli assetti organizzativi, Etas, Milano.

173 BECATTINI G., RULLANI E., 1993, ‚Sistema locale e mercato globale‛, Economia e Politica Industriale, 80; GUERRA

P., 1995, ‚I servizi all’internazionalizzazione tra sistema locale e mercato globale: un’indagine sul distretto mobiliero del Livenza‛, Oltre il Ponte, 50; ALBERTINI S., PILOTTI L., 1996, Reti di reti. Apprendimento, comunicazione

globali e locali delle conoscenze174. Per il cluster in cui operano, rappresentano al contempo una fondamentale risorsa evolutiva, in quanto consentono di conciliare la capacità delle imprese di continuare a generare conoscenza nel contesto locale e i vantaggi della globalità, poiché le imprese possono accedere tramite loro ai circuiti internazionali delle conoscenze rilevanti per il vantaggio competitivo. Le imprese-guida svolgono un ruolo fondamentale nel consentire la riproduzione evolutiva dei distretti, ossia la transizione dall’attuale modello di rete chiusa a un differente modello di rete locale che partecipa ai circuiti (operativi e cognitivi) dell’economia globale.

Con l’ultima domanda di ricerca ci si pone dunque come obiettivo l’analisi dei flussi di conoscenza esterni che vengono acquisiti dalle imprese del cluster, la loro evoluzione nel tempo e le caratteristiche dei principali attori-imprese del cluster capaci di acquisire e utilizzare tale ‚nuova‛ conoscenza.

Capitolo 3

Gli strumenti metodologici per lo studio del knowledge