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L’evoluzione naturale della sindrome PFAPA solitamente inizia nella prima infanzia ed evolve verso una guarigione spontanea nel 30% dei casi verso l’età tra 10 e 12 anni. (16)

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Dalla ricerca effettuata da Besoli et al, emerge che più del 30% dei bambini guarisce spontaneamente, di cui un 66% in un tempo inferiore a 24 mesi e il 25% restante entro 36 mesi di malattia. La PFAPA è considerata una malattia autolimitante che si risolve spontaneamente prima dell’adolescenza alla fine dell’età pediatrica pura. Da uno studio con un follow-up più lungo realizzato da Wurstel et al, si apprende che sono stati seguiti 59 pazienti di età dai 12 ai 21 anni nei quali la guarigione spontanea è stata verificata in 50 (84%) pazienti, mentre solo in 9 si sono mantenuti i tipici sintomi della PFAPA, sebbene le febbri si presentassero meno frequentemente con minore intensità e minor durata. Altri studi piu’ breve di follow up riportano una percentuale di guarigione del 20 al

32%. (44) La PFAPA è comunque una patologia a prognosi

favorevole, gli episodi febbrili tendono a diradarsi e a scomparire nel bambino più grande, con una durata totale della malattia che varia tra quattro e dieci anni.

3.G. Terapia

Possiamo differenziare la terapia in “sintomatica” finalizzata alla rapida defervescenza della febbre e “terapeutica” quella che abbia come obbiettivo la remissione completa degli episodi febbrili ricorrenti che caratterizzano tale sindrome.

La terapia sintomatica proposta costantemente durante gli episodi febbrili è costituita da una monodose di steroidi. E’ stato comprovato che il prednisone nella dose 1-2 mg/kg per i bambini e 60 mg/dia negli adulti o betametasone alla dose di 0,1-0,3 mg/kg in una sola somministrazione o raramente una seconda dose, fa scomparire la sintomatologia acuta in 6-8 ore, a volte determina comunque un aumento della frequenza degli episodi febbrili, e la conseguente

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riduzione degli intervalli inter-critici che possono arrivare fino al 50%. (45) (46)

Quest'ultimo aspetto è stato riportato anche da una revisione di 105 casi clinici di bambini con PFAPA a Farmington, USA, che hanno avuto risoluzione degli episodi individuali di febbre, di solito, con una singola dose per via orale di prednisone, a 1 mg / kg/ dose, assistendo al rilievo negativo dell’accorciamento del periodo inter- critico.

Tale terapia cortisonica è da considerarsi sintomatica perché non porta mai per il suo effetto a guarigione definitiva. (38)

In passato alcuni lavori hanno evidenziato una risposta soddisfacente alla terapia profilattica con cimetidina. (40)

Ancor più aneddotica la segnalazione di una soddisfacente risposta alla talidomide in un paziente di 22 anni con una lunga storia di episodi febbrili ricorrenti. La scarsa maneggevolezza di questo farmaco legato al potenziale teratogeno ed il rischio di effetti collaterali per l’uso prolungato, come la neuropatia periferica, sembra tuttavia limitare significativamente l’effettiva utilità di questo approccio terapeutico. (47)

In tempi più recenti è stata descritta la risposta al trattamento continuativo con Colchicina in 9 pazienti (48). I pazienti selezionati

presentavano un numero di episodi febbrili superiore a 2 al mese e sono stati trattati con un dosaggio tra 0.5 e 1 mg di colchicina, per un periodo di 6-48 mesi. Il trattamento con colchicina ha indotto un significativo aumento dell’intervallo libero da sintomi nella maggior parte dei pazienti (8 su 9), passando da una media di un episodio ogni 1,7 settimane nel periodo pre-trattamento a 8,4 settimane nel follow-up.(48) Come per altri studi, l’estrema esiguità della casistica

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bias più rilevante in questo tipo di studi sulla PFAPA che è legato alla normale tendenza alla riduzione spontanea della frequenza degli episodi nel corso del tempo.

Un recente studio condotto da Butbul e collaboratori, (febbraio 2016) randomizzato di casi e controlli, ha comparato due gruppi di pazienti con diagnosi di PFAPA in Reumatologia Pediatrica Clinic- centro Rambam Medical, Israele. Un totale di 18 pazienti con età compresa tra 4 -11 anni (maschi: femmine ratio = 11: 7) randomizzati in gruppo I, di controllo (10 bambini) e un gruppo II, di studio (8 bambini). Il Gruppo I è stato seguito per 6 mesi senza alcun intervento, e il gruppo II è stato inizialmente seguito per 3 mesi ed è stato successivamente trattato con colchicina per i seguenti 3 mesi, secondo il regime standard. Inoltre è stato analizzato il DNA per le 5 mutazioni comuni FMF in Israele, tale analisi è stato eseguito in 17 dei 18 pazienti. Dei 17 pazienti esaminati, 8 erano portatori di mutazioni di FMF (2 nel gruppo I e 6 nel gruppo II). Il numero di episodi durante i primi 3 mesi è risultato simile in entrambi i gruppi (gruppo I 3.2 ± 1.5, gruppo II 4.9 ± 2.3; p

≤ 0,12). Il Gruppo II aveva significativamente meno attacchi di PFAPA nel secondo periodo, durante la terapia con colchicina (4,9 ± 2,3 contro 1,6 ± 1,2; p ≤ 0,01), in opposizione al gruppo I, in cui non è stata rilevata alcuna differenza nel numero di attacchi tra il primo e secondo periodo di follow-up (3,2 ± 1,5 vs 2,7 ± 1,5; p = 0,33). Questo lavoro conclude che la terapia con colchicina potrebbe essere efficace per aumentare gli intervalli tra gli episodi di PFAPA. Oltre ad essere uno studio con numero ridotto di casi, presenta un alto indice di mutazione per FMF rimanendo ancora non chiaro se si tratta di una forma di FMF o di PFAPA vera è

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propria. (49) Sappiamo in oltre, che la FMF risponde bene alla terapia con colchicina.

Nel 2011 Kastner et al, dopo uno studio che ha individuato la sovraespressione delle risposte innate, compreso interleukina -1, che è una molecola importante nell’avviamento della febbre e dell’infiammazione, i ricercatori hanno supposto che la Anakinra, droga che impedisce l’unione dell’interleukina -1 al suo recettore, potrebbe avere un ruolo terapeutico.Infatti hanno somministrato l’Anakinra per iniezione a 5 bambini nel secondo giorno del loro episodio febbrile, PFAPA correlato e tutti hanno dimostrato una riduzione della febbre e dei sintomi infiammatori nelle ore seguenti. (50) Un altro caso è rappresentato da un paziente adulto di 27 anni,

resistente alla terapia con cortisone e alla tonsillectomia con una frequenza di più di 10 episodi di crisi/anno, che li è stata somministrata terapia con Anakinra nella dose di 100 mg/die. Tale paziente si mantiene asintomaticodopo6 mesi di seguimento. (51)

Storicamente la terapia con Cimetidina è stata associata con la risoluzione dell’episodio febbrile in 7/26 (27%). Mentre la tonsillectomia è stata associata alla risoluzione delle sindrome febbrili in 11/11 (100%)pazienti. (38)

Da uno studio clinico randomizzato condotto da Renko et al, nel 2007, finalizzato all’analisi dell’efficacia della tonsillectomia in bambini con un’età media di 4,1 anni (n=26) che avevano presentato come minimo 5 episodi relazionati a sindrome PFAPA, si evince che tutti quelli che sono stati sottoposti a tonsillectomia(n=14) si sono presentati liberi di sintomi al sesto mese di controllo, con la scomparsa degli episodi febbrili. Nel gruppo di controllo tenuto solo sotto vigilanza clinica, si era verificato soltanto nel 50% (6/12) la scomparsa dei sintomi. Quattro

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dei bambini sottoposti a tonsillectomia hanno presentato un episodi compatibile con febbre ricorrente, nei sei mesi dopo la chirurgia, in confronto con 34 episodi febbrili nei bambini del gruppo controllo. Tale dato rappresenta 0,05 episodi per bambino/mese nel gruppo sottoposto a trattamento chirurgico verso 0,47 episodi per bambino/mese presentati nel gruppo controllo sempre nel periodo di follow up di 6 mesi. Dopo il sesto mese di follow up, il 42% dei bambini del gruppo controllo è stato sottoposto a tonsillectomia per la persistenza dei sintomi. In questo studio si specifica che non si sono verificate complicanze chirurgiche. (52)

Un altro studio clinico randomizzato condotto da Caravello et al (2009) analizza il ruolo della tonsillectomia con adenoidectomia in

un gruppo di 39 bambini con diagnosi di PFAPA, di cui hanno eseguito terapia chirurgica (n=19) e follow up clinico (n=20). I due gruppi ricevevano terapia corticosteroidea duranti gli attacchi febbrili. La durata del follow up è stata di 18 mesi. Al termine dei quali fu verificata la presenza di 12 episodi di febbre PFAPA correlata nel gruppo sottoposto a chirurgia in confronto a 179 episodi nel gruppo controllo (0,04 episodi per bambino/mese nel gruppo con terapia chirurgica verso 0,5 episodi per bambino/mese del gruppo controllo). Risultati simili a quelli riscontrati da Renko e collaboratori. In conclusione la tonsillectomia porta a guarigione nel 63% dei pazienti versus 5% nel gruppo controllo. (54)

L'utilizzo di tecniche di meta-analisi eseguita da Peridis et al nel 2010 (53) ha consentito l'inserimento di 374 pazienti, di cui 124

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143(38.24%) sono stati trattati con antibiotici, 70 (18,72%) con cimetidina, e 257 (68.72%) con steroidi. Un campione di questa dimensione è sostanzialmente significativo, date le piccole dimensioni dei campioni precedentemente indicate in letteratura. Nonostante la significatività di questo studio, alcune limitazioni dovrebbero essere discusse: Per primo, 12 su 14 studi inclusi sono retrospettivi. (41;55-65) In questo caso, vi è una pratica considerazione

che limita il numero di casi che possono essere raccolti e analizzati. Un altro limite di questo studio è stato il ridotto numero di studi disponibili in letteratura rispetto a entrambe le terapie: medica e chirurgica (la maggior parte degli studi sono stati pubblicati dal 2006 in poi). Nonostante queste limitazioni, lo studio fornisce informazioni significative per quanto riguarda l'impatto della tonsillectomia come terapia definitiva per i bambini con sindrome di PFAPA, che possono essere utilizzati in futuro per la progettazione di studi prospettici. La sindrome è ancora materia di dibattito, e solo alcuni articoli sono stati pubblicati; la maggior parte di questi supportano l'efficacia di tonsillectomia, con recupero completo dal 64% al 100% dei casi. (55-66)

Comunque la possibilità di un recupero incompleto o di un quadro clinico stazionario è ben noto. (67-68)

Un'altra problematica, di non poco peso, si basa sulla difficoltà di diagnosi certa della sindrome PFAPA sia perché questa è fondata solo sulla base di segni e sintomi clinici, sia perché tale sindrome somiglia ad altre febbre periodiche.

In conclusine questa meta- analisi mostra i seguenti risultati: una migliore risoluzione dei sintomi della sindrome PFAPA nei bambini dopo tonsillectomia (+/-adenoidectomia), rispetto a quelli trattati con cimetidina e antibiotici. Il confronto della chirurgia rispetto

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all’utilizzo di steroidi ha mostrato che entrambe le terapie sono efficaci per la risoluzione della sintomatologia acuta della sindrome PFAPA, infatti 1 dose di prednisolone (1-2 mg / kg) provoca la cessazione del ciclo febbrile entro 12-24 ore. Tuttavia, la somministrazione di corticosteroidi non previene futuri cicli di febbre e addirittura può ridurre l'intervallo tra gli episodi. Tra le possibili terapie chirurgiche, non è stata riportata alcuna differenza nel risultato tra i pazienti sottoposti a adenotonsillectomia verso i pazienti con sola tonsillectomia. (53)

Il ruolo esatto che la tonsillectomia gioca nella risoluzione dei sintomi non è chiaro, ma fa sospettare che la sindrome possa essere causata da una risposta immunitaria generata a livello del parenchima tonsillare.

L'uso di agenti anti-infiammatori non steroidei ha dimostrato scarsi risultati nel risolvere i sintomi della sindrome PFAPA; Ace- aminophen e ibuprofene, forniscono sollievo sintomatico. Altri farmaci, tra cui aciclovir, e la colchicina, hanno fornito un minimo sollievo dei sintomi solo in alcuni casi. (65)

La somministrazione di antibiotici non ha alcun effetto.

Un 50% dei bambini è destinato a subire una tonsillectomia, (69) la

quale ha sempre interrotto gli episodi di PFAPA, o almeno li ha diradati. La tonsillectomia è considerata una potenziale opzione di trattamento per questa sindrome (70, 53)

In conclusione ad oggi, e in accordo con le prime linee guida sulla sindrome PFAPA, elaborata da Terrini e collaboratori, pubblicata nel 2016, diciamo che la tonsillectomia è da considerare come terapia in caso di pazienti con importante interessamento faringotonsillare, che gli episodi febbrili si protraggono nel tempo e non sono responsivi alla terapia convenzionale. O quando gli

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episodi di PAPFA sono frequenti e invalidanti al punto di compromettere la qualità della vita. (71, 72)

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