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2.2 I principali modelli di misurazione del rischio: VAR e ES

2.2.2 Expected shortfall

L'obiettivo principale delle regolamentazioni finanziarie è stato, tradizionalmente, sempre quello di garantire la sicurezza delle singole istituzioni finanziarie con l'obiettivo dichiarato di proteggere i “liability holders” di ogni istituzione. Tradizionalmente, quindi, l’Autorità ha sempre voluto raggiungere un obiettivo

microprudenziale17.

Tuttavia, al più tardi dalla crisi finanziaria del 2007-2009, l'ambito di regolamentazione è stato ampliato per includere obiettivi macroprudenziali che mirano a garantire la stabilità del sistema finanziario nel suo complesso. Sebbene i regulators dispongano di una vasta gamma di strumenti che li aiutino a raggiungere i propri obiettivi, la definizione dei requisiti patrimoniali continua ad essere un pilastro centrale della regolamentazione prudenziale.

17 P. KOCH-MEDINA, C. MUNARI, Unexpected shortfalls of Expected Shortfall: Extreme default profiles and regulatory arbitrage in Journal of banking and finance, p. 141 ss. 2016.

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I due principali test di adeguatezza patrimoniale utilizzati dai regulators finanziari sono quelli basati rispettivamente sul Value at risk (VaR) e sull' Expected Shortfall (ES). Nel settore bancario, il quadro di Basilea si basa ancora principalmente su VaR, anche se il prossimo accordo di Basilea è destinato ad adottare l’ES per la valutazione del rischio di mercato. Nel settore assicurativo, Solvency II prescrive un test VaR, mentre il test svizzero di solvibilità (SST) è basato su ES. A volte, a seconda della situazione, l'accento non può essere sul controllo del comportamento predefinito, ma piuttosto sul limitare il rischio di portafoglio.

Esiste una diffusa consensualità che il VaR, da un punto di vista teorico, svolge poco a sostegno di obiettivi normativi a causa di due carenze fondamentali: la cecità strutturale insita nelle code della distribuzione “far tail”, cioè incapacità di valutare le perdite eccedenti il VaR e il problema della subadditività. Con “far tail” si intende la coda al di là del quantile dell’intervallo di confidenza considerato. Mentre la cecità della coda consente ad un'impresa di assumere esposizioni incontrollate nella “far tail”, la subadditività implica che un test VaR non riesca a

dare credito alla diversificazione. La teoria delle misure di rischio coerenti articolata in Artzner et al. (1999) è stata sviluppata per fornire una solida base teorica per la progettazione di test di adeguatezza patrimoniale al di là del paradigma VaR. In questo contesto, ES è emersa come un'alternativa attraente al VaR perché non è cieca alla “far tail” e perché acquisisce la diversificazione. Si cercherà di capire in che modo l’ES cattura il rischio di coda, che consiste

sostanzialmente in come utilizzare i requisiti patrimoniali a fronte di un profitto o una perdita di un portafoglio, sulla “far tail”.

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Quindi, l’ES non solo è in grado di calcolare la probabilità di default, ma anche la grandezza media delle perdite potenziali. Ciò costituisce uno dei motivi principali tale per cui ha fatto sì che il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (2012) optasse alla valutazione del passaggio da VaR a ES, come indicato in un documento consuntivo nel 2012.

La dipendenza del VaR attualmente in vigore come metrica del rischio quantitativo deriva in gran parte dalla pratica industriale comune. Nel corso del tempo il VaR ha avuto successo perché è stato utilizzato per finalità di vigilanza. Tuttavia, una serie di punti deboli, già discussi nel paragrafo precedente ha portato il Comitato a considerare metriche di rischio alternative che possano superare tali debolezze. A differenza del VaR, l’ES misura la rischiosità di uno strumento considerando sia

la dimensione che la probabilità di perdite al di sopra di una determinata soglia. In questo modo, l'ES rappresenta il rischio di coda in modo più completo18.

Il VaR fornisce la frequenza con cui le perdite superano un certo ammontare, ma non specifica di quanto, cioè non fornisce la dimensione delle perdite superiori al VaR stesso. L’ES nasce per superare questo problema, dunque può essere

considerato come un VaR condizionato. In altre parole il VaR risponde alla domanda “quanto male possono andare le cose?”, mentre l’ES risponde ad una

domanda diversa: “se le cose vanno male, quanto ci si aspetta di perdere?”. In altre parole l’ES può essere definito come il valore atteso di tutte le perdite

superiori al VaR. Analiticamente:

𝐸𝑆 = 𝐸[𝐿|𝐿 > 𝑉𝑎𝑅]

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Se anziché alla perdita si preferisce fare riferimento alla variazione del valore di mercato Δ𝑉𝑀, la definizione diventa:

𝛥𝑉𝑀 = 𝐸[−𝛥𝑉𝑀| − 𝛥𝑉𝑀 > 𝑉𝑎𝑅]

Dalla formula si nota che l’ES dipende esplicitamente dal VaR stimato attraverso

un determinato livello di confidenza. In un certo senso, il VaR assegna il 100% del peso all’X-esimo quantile e lo 0% agli altri, invece l’ES assegna uguale peso a tutti i quantili maggiori dell’X-esimo e 0% a tutti gli altri. Inoltre c’è da precisare che l’ES rispetta la condizione di subadditività e per tale motivo, a differenza del VaR,

rappresenta una misura di rischio coerente. Per questo motivo le Autorità di Vigilanza hanno spinto per la sua introduzione nelle modalità di calcolo del requisito patrimoniale, a fronte del rischio di mercato, basato su modelli interni. Da un punto di vista economico, se il VaR rappresenta il capitale che è necessario versare in una banca per limitarne a x = 1 − α la probabilità di fallimento, anche

riguardo l’Expected Shortfall si possono fare interessanti interpretazioni. In particolare la differenza tra ES e VaR può essere intesa come:

• Il valore atteso del costo che le Autorità di Vigilanza dovrebbero sostenere per salvare la banca (ripianando le sue perdite) se il suo capitale (fissato pari al VaR) non fosse sufficiente;

• il premio che un assicuratore neutrale al rischio richiederebbe alla banca se questa volesse assicurarsi contro il rischio di perdite superiori al VaR.

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2.2.2.1 Unexpected Shortfall

Embrechts et al. (2014) delineano una presentazione completa sui dibattiti nel passaggio dal VaR a ES, ponendo un’attenzione maggiore sulle proprietà

statistiche che sulle proprietà teoriche19. In particolar modo si chiedono se l’Expected Shortfall sia in grado di soddisfare gli obiettivi macro e microfinanziari

del regulator.

Vengono evidenziate una varietà di caratteristiche, o meglio anomalie dell’ES che non sono state ancora trattate in letteratura; non da una prospettiva matematica ma da una prospettiva finanziaria: in modo particolare come l’ES tiene conto del comportamento della coda nelle distribuzioni.

Queste anomalie non riducono i meriti dell'ES come misura di rischio ma forniscono un argomento contro il suo uso indiscriminato. Nel contesto dell'adeguatezza patrimoniale, questi risultati possono essere riepilogati nell'elenco seguente, come "Unexpected Shortfall":

1. Un test basato sull’ES non sempre riesce a distinguere gli interessi dei

liability holders con quelli dell'istituzioni finanziarie. Il comportamento delle code di una distribuzione di probabilità non è un comportamento predefinito, di default, dato che la “far tail” di una posizione di capitale di un'istituzione può contenere stati in cui l'istituzione è inadempiente, in default, e stati in cui è in surplus. Quindi, effettuando una media della coda, ES mescola gli interessi dei liability holders e quelli delle istituzioni

19Embrechts, P., Puccetti, G., Rüschendorf, L., Wang, R., Beleraj, A., 2014. An academic

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finanziari, effettuando una compensazione delle perdite subite dal primo dai guadagni del secondo.

2. Un test basato sull’ES può accettare una posizione in cui i liabilty holders siano peggiori rispetto a quelli che non sono accettati. È possibile che una posizione di capitale accettabile dall’ES mostra una probabilità di default più elevata e perdite più elevate di una posizione ritenuta inaccettabile. Quindi, i liability holders possono essere ritenuti meno insolventi di alcune istituzioni finanziarie che non superano il test di adeguatezza patrimoniale e ritenuti più insolventi rispetto a chi lo passa.

3. I test basati sull’ES sono compatibili con i VaR test con stesse situazioni di

default soltanto se il test sul VaR ha un intervallo di confidenza più elevato.

Si consideri un test ES con un dato intervallo di confidenza e un test VaR con un intervallo di confidenza strettamente superiore. Data una posizione accettabile sotto il test VaR, possiamo trovare una posizione con una situazione di default identica che sia accettabile nel test ES. Inoltre, ci sono posizioni che non sono accettate dal test VaR ma sono accettate dal test ES con requisiti patrimoniali arbitrariamente negativi. In particolare, lo Swiss Solvency Test (SST) accetta situazioni di default più estremi di Solvency II. Allo stesso modo, il passaggio da VaR a ES per la valutazione del rischio di mercato di Basilea III consente di ottenere profili di perdita più estremi. 4. ES può consentire l'arbitraggio regolamentare quando viene utilizzato come

misura regolamentare globale. L'esito di un test di adeguatezza patrimoniale basato su ES dipende dall'unità di conto sottostante. Pertanto, una società

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inaccettabile può diventare accettabile da una semplice modifica della valuta in cui i rischi sono aggregati. A meno che la moneta di aggregazione non sia fissata, altrimenti le stesse istituzioni possono essere valutate diversamente solo perché hanno adottato diverse valute di aggregazione. Di conseguenza, un regime globale di solvibilità basato sulle ES effettuato nelle varie valute locali creerebbe opportunità di arbitraggio regolamentare e incentiverebbe le imprese inaccettabili a trasferirsi in una giurisdizione dove possono diventare accettabili senza la necessità di ristrutturare il proprio bilancio.

5. L’ES non può impedire alle istituzioni di aumentare il loro valore assumendo rischi eccessivi. Prevedendo dei profili di default estremi, ES consente di aumentare il valore di un’istituzione aumentando il valore dell'opzione di default che è un asset dell’istituzione. A volte si sostiene che il “franchise value” - il valore determinato dalla capacità dell'istituzione di concludere business redditizi in futuro - agisce come un deterrente per l'eccessiva assunzione di rischio. Questo perché, in genere, il “franchise

value” può essere realizzato solo se l'istituzione rimane in funzione e non

in default. Nonostante ciò, l'aumento del valore dell'opzione di default a causa di un aumento del rischio di coda potrebbe superare il danno potenziale di franchise dell'istituzione. Di conseguenza, le istituzioni possono avere un incentivo a creare un profilo di default estremo.

Le “Unexpected Shortfall” dell’ES sopra descritte evidenziano importanti aspetti che finora erano assenti nel dibattito "VaR vs ES". Queste “Unexpected Shortfall”

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non mettono in alcun modo in discussioni le critiche sul VaR. Tuttavia, la discussione di cui sopra vuole identificare quali sono i vantaggi nel passaggio da VaR a ES. Infatti, le implicazioni da prendere in considerazione sul comportamento della coda attraverso un processo di mediazione sembrano indicare che il passaggio a ES non offre un controllo fondamentalmente migliore sui liability holders e che questi possano finire per perdere in caso di default. Allo stesso tempo, nella valutazione dell'adeguatezza patrimoniale con l'ES emergono alcuni nuovi fenomeni contrastanti che non sono immediatamente riconoscibili dall’ES e che possono eventualmente compromettere un regolamento efficace.

I test di adeguatezza patrimoniale basati sul VaR sono stati ampiamente criticati principalmente per due ragioni: non danno credito alla diversificazione e non catturano il rischio di coda. In particolare a causa dell'ultimo punto, il VaR è stato spesso descritto come una misura di rischio per i shareholders: si concentra sulla probabilità e non sulla dimensione del default.

D'altra parte, l'ES è stata presentata come una misura di rischio che non soffre di queste carenze e che potrebbe quindi essere considerata come una misura di rischio che prende in una prospettiva anche i liability holders.

Tuttavia, mentre ES dà credito alla diversificazione, non riesce a risolvere del tutto il rischio di coda, riesce difficilmente a soddisfare uno degli obiettivi chiave della regolamentazione, vale a dire la protezione dei liability holders.

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CAPITOLO 3

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