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L A F ORTUNA DEL D ECAMERON NELLA CULTURA INGLESE E LE SUCCESSIVE TRADUZION

Novella X.3. L’ultimo esempio 135 di questa comparazione di Sallūm è contenuto nella terza novella della decima giornata, inerente alla cortesia di Natan Siamo di nuovo a

L A F ORTUNA DEL D ECAMERON NELLA CULTURA INGLESE E LE SUCCESSIVE TRADUZION

ARABE

Prima di passare al lavoro di raffronto testuale tra le traduzioni arabe del Decameron e il testo originario dell’opera, si ritiene opportuno illustrare, in questa sede, la fortuna del Decameron nella cultura anglo-sassone. Il tentativo di ricostruire e quindi conoscere, almeno a linee generali, l’andamento della prima e successiva diffusione del testo italiano presso gli inglesi, si crede possa essere utile per creare un cerchio completo sui movimenti dell’opera; a partire dagli ambienti locali, verso la Francia, passando in l’ nghilterra prima di finire in mano dei letterati arabi sui cui produssero le loro prime arabizzazioni: il processo di rintracciare e recuperare i testi arabi del libro boccacciano ci ha messo nella condizione di verificare, con segnali chiari, che molte traduzioni arabe del testo vennero effettuate, nella prima e seconda metà del XX secolo, sulle versioni inglesi dell’opera.

Per iniziare tale ricostruzione storica del libro potrebbe essere intanto utile ricordare che Herbert Wright in Boccaccio in England from Chaucer to Tennyson afferma che Giovanni Boccaccio è stato lo scrittore italiano più letto e più stimato nella cultura inglese.1

Della fortuna del Decamerone nella cultura inglese già dava conto Franco Sacchetti, nel Proemio del Trecento novelle:

E riguardo infino allo eccellente poeta fiorentino, Messer Giovanni Boccaccio, il quale descriveva il Libro delle Cento Novelle per una materiale cosa, quanto al nobile suo ingegno … quello è divulgato e richiesto … che infino in Francia e in nghilterra l’hanno ridotto alla loro lingua. 2

Le parole del Sacchetti lasciano intuire l’esistenza di una traduzione inglese del Decameron già nel Trecento. Si tratta tuttavia di una semplice dichiarazione non suffragata

1

In Inghilterra molti scrittori, poeti e drammaturghi inglesi trassero profitto dalla lettura di Boccaccio, come Chaucer, Spenser, Shakespeare, Ben Jonson, Dryden, Coleridge, Lyly, Sidney, Hazlitt, Landor, Keats, Shelley, Rossetti, Tennyson e Swinburne, oltre a Byron, che ne fu un grande ammiratore, come lo furono in tempi più recenti Lawrence e Aldington.

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da prove di traduzioni dell’epoca nella cultura inglese. La prima versione a noi nota è invece quella di William Painter che tradusse sedici novelle nella sua raccolta Palace of Pleasure, pubblicata nel 1566, mentre la prima traduzione completa del libro risale al 1620. Altre edizioni verranno stampate ulteriormente negli anni ‘25,’55,’57 e ‘84 dello stesso secolo.

Molto probabilmente le traduzioni inglesi ebbero alla loro base versioni francesi del Decameron. Una traduzione francese dell’opera fu fatta da Laurent de Premierfait nel 1414, a cui seguirono altre versioni, di cui la più famosa è quella di Antoine Le Macon nel 1545.

Il primo personaggio che fece conoscere, anche se in parte, il Decameron in inglese fu Gilbert Banester, che restituì la novella di Guiscardo e Ghismonda, la prima novella della quarta giornata, come Legenda Sismond.

Questa novella ricomparve in Inghilterra nella seconda metà del XV secolo, ma stavolta tramite le intermediazioni della versione francese3. Sarà necessario aspettare fino al XVI secolo e oltre per trovare una traduzione delle altre novelle dell’opera.

Fu tuttavia durante il XV secolo che l’intero Decameron iniziò ad emergere: e solo nel 1620 arrivò la sua versione integrale, probabilmente opera del Florio, basata anche questa volta non sul testo originale ma su quello elaborato da Leonardo Salviati.

Il Cinquecento. Nel XVI secolo il primo interesse nei confronti dell’opera del Boccaccio si manifesta nelle tre versioni realizzate tra il 1531 e il 1532. Si tratta del libero adattamento della novella di Tito e Gisippo, inserita da Thomas Elyot nel suo Governour (1531), e delle due versioni in rima di William Walter, di cui una ha per oggetto la stessa novella4, mentre l’altra ha come tema la storia di Tancredi e Ghismonda (1532). Walter traduce la prima novella dalla versione latina di Filippo Beroaldo, la seconda da quella di Leonardo Bruni. Il contatto quindi è indiretto e basato su singole novelle ed azioni. Sarà necessario attendere fino alla prima metà del secolo per veder emergere l’interesse nei

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Bisogna ricordare che, fino alla fine del XVsecolo, prima Gilbert Banester e poi un anonimo basarono le loro versioni della novella di Tancredi e Ghismonda su una traduzione francese anonima della versione latina dell’originale, eseguita da Leonardo Bruni. Entrambi le traduzioni sono in versi e gestite con una certa libertà nell’interpretare i vari caratteri.

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confronti del Decameron: interesse che si manterrà vivace fino alla fine del XVI secolo. Infatti solo intorno al 1547-1549 si hanno notizie di due plays, entrambe perse, scritte da Ralph Radcliffe: De Patentie Griselda e De Titi et Gisippi amicitia. Ma è dal 1560 circa che traduzioni e rifacimenti si fanno più frequenti.5

La fortuna del capolavoro boccacciano nella cultura inglese del Cinquecento fu, a differenza di quella francese, piuttosto limitata, dal momento che i traduttori inglesi non colsero il valore unitario dell’opera e non sentirono il bisogno di produrre una traduzione integrale. Mentre già dall’inizio del XV secolo esisteva in Francia una traduzione integrale e complessiva di Laurent De Premierfait, e nel 1445 si dette vita alla versione accurata di Antoine le Macon, suggerita da Margherita di Navarra, che a sua volta modellò il proprio Heptameron sull’opera dello scrittore fiorentino.

Il criterio di selezione delle novelle anglicizzate era basato sulle esigenze morali del lettore inglese di allora: i traduttori individuarono infatti racconti caratterizzati da contenuti esemplari. Non c’è quindi da meravigliarsi se una delle novelle più popolari fu quella di Tito e Gisippo (Dec.,X.8), che tra il 1531 e il 1593 si propose come fonte di almeno sette traduzioni e adattamenti6.

Anche la novella di Griselda (Dec.,X.10) ebbe la sua particolare fortuna, ma godette di un rilievo minore, forse perché molti preferirono evitare il confronto con The Clerk’s Tale di Chaucer. Essa venne riprodotta soltanto in tre adattamenti: due teatrali e uno in forma di ballata. L’esemplarità di questa novella, centrata sulla pazienza illimitata della donna, duramente messa alla prova dalla bestialità del marito, il Marchese di Saluzzo, è presente anche nella Patient Grissel di John Philipp7.

Tra le novelle di carattere non esemplare che godettero di ampia fortuna nel Cinquecento inglese è da citare quella di Tancredi (Dec.,IV.1): la prima versione venne

5 La serie delle traduzioni inizia con una versione condotta direttamente dall’italiano: l’accesso diretto al testo originale, tuttavia, rimane alquanto raro. Per approfondimento si veda HERBERT GLADSTONE WRIGHT, Boccaccio in England from Chaucer to Tennyson, London, Athlone Press, 1957, pp. 131-88.

6 Per maggiori approfondimenti su queste versioni, nel XVI, e relativi autori e commenti si veda GIUSEPPE GALIGANI Il Boccaccio nella cultura inglese e anglo- americana, cit., pp.38-40.

7 G

IUSEPPE GALIGANI Il Boccaccio nel cinquecento inglese in Il Boccaccio nella cultura inglese e anglo- americana. Atti di Convegno, Certaldo, 14-19 settembre 1970, Firenze, Olschki, 1974, p.40.

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realizzata da Walter (1532), la seconda da William Painter, contenuta nel Palace of Pleasure. Esistono inoltre due ulteriori rielaborazioni teatrali: la prima è il Gismond of Salerno in Love (1567), la seconda è il Tancred and Gismund (1591).

In sintesi, le tre novelle già citate sono quelle che godettero di larga fortuna in Inghilterra durante il XVI secolo: quella di Tito e Gisippo fu presentata in ben sette adattamenti, quella di Tancredi in quattro e quella di Griselda in tre. Tutte le altre – circa quaranta – furono tradotte una sola volta, o raramente due, e incluse in collane di altro genere.

Il Seicento. Nel XVII secolo si assiste ad una veloce affermazione del Boccaccio nel mondo letterario inglese. Diversi scrittori fanno riferimento al Decameron in varie loro raccolte di novelle, in prosa e in versi: Edward Philips, nipote di John Milton e autore di una serie di biografie letterarie intitolata Theatrum Poetarum, che si riferisce al Boccaccio come «the most generally known and extolled Florentine Writer, and worthily rank’d among the Poets»; John Evelyn, che lo definisce «witty» – arguto – (in Memoirs,1674); e infine Sir William Temple, che lo colloca tra i moderni «great wits», geni o uomini estremamente intelligenti (in On Ancient Modern Learning, 1690).

In seguito Wotton, autore delle Rlflections upon Ancient and Modern Learning, riecheggiando il noto giudizio sulla melodiosità della lingua italiana espresso da Dryden nella prefazione ad Albion and Albanius («the language has in a manner been refin’d and purify’d from the Gothik, ever since the time of Dante» e «it’s so very musical that no art can mend it») viene poi a parlare del contributo offerto dal Boccaccio allo sviluppo della quella lingua esprimendosi in tali termini:

in Boccace’s time, … talian was a formed language, endued with that peculiar smoothness which other european languages wanted; and it has since suffered no fundamental alterations, not any, at least for the better since, in the Dictionary of the Academy della

Crusca, Boccace’s Writings are often appealed to in doubtful cases which concern the

Niceties of the Tongue.8

8 In Reflections upon Ancient and Modern Learning, 1694. Cfr. Critical Essays of the seventeenth Century, III, p.205

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Nel 1621 Robert Burton, in The Anatomy of Mellancholy, ricorda che le novelle del Boccaccio costituivano a quel tempo i passatempi invernali più graditi, mentre Sir Thomas Brown, verso la conclusione della famosa Religio Medici del 1642, dichiara, riferendosi alla felicità terrena, che niente altro più dilettevole si poteva trovare meglio di una novella di Plinio o Boccaccio.

Un’ulteriore ondata di flussi boccacciani si riscontra nel teatro seicentesco inglese, in specie negli intrecci secondari delle tragedie: enorme appare, in particolare, la fortuna della novella di Guiscardo e Ghismonda (Dec.,IV.1) presso i drammaturghi inglesi del XVII secolo. Fu soprattutto la traduzione integrale del Decameron del 1620, attribuita a John Florio, a incrementare la diffusione dell’opera in nghilterra. Questa traduzione, che in seguito godette di diverse edizioni9, fu condotta sulla versione francese del Le Macon (letta nella edizione parigina del 1578 o del 1579) e sul testo espurgato di Lionardo Salviati. Si tratta di una traduzione moralizzata, che del Decameron condanna quelli che si potrebbero definire gli eccessi di contenuto e le irregolarità della forma.

Le diverse edizioni che si rifecero a quella del 1620 di Florio sono cinque. La prima è The Decameron containing an hundred pleasant Novels wittily discoursed, between seven Honourable Ladies, and Three Noble Gentelmen, London, printed by Isaac Iaggard, 1620. La seconda edizione è del 1625 e reca un lungo titolo. La terza, del 1634, presenta un titolo quasi identico alla seconda. La quarta risale al 1657. La quinta è del 1684. Moderna è infine l’edizione di Hutton (Tudor Translations) XLI-XLIV, 1909 in 4 vol., basata a sua volta sul testo del 162510.

Tra gli altri inglesi che nel corso del Seicento, si rifanno al Decameron è opportuno citare il Burton, Samuel Rowlands, William Winstanley, Walter Pope, e, per quanto riguarda le opere teatrali, William Percy, Wilmot e Fletcher. Da notare anche il caso dell’anonimo drammaturgo che riprese la storia di Guiscardo e Ghismonda contenuta nel manoscritto 34312, conservato presso la British Library Museum, con il titolo attribuito per

9 Si veda ciò che dice Alfredo Obertello a p. XXX della Bibliografia contenuta in Un dramma inglese inedito e adespoto del secolo diciassettesimo: The lover’s Stratagem, or Virtus Rewarded, Genova, 1952, dove elenca tutte le edizioni della prima versione del 1620.

10 Si veda H

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convenienza Ghismonda o Tancred. Tale manoscritto non riporta una data precisa, anche se si ritiene composto tra il 1620 e il 1628.

Al 1682 risale inoltre la commedia The London Cuckolds di Edward Ravenscroft, nella quale i caratteri dell’intreccio richiamano notevolmente quelli della novella di Isabella, Leonetto e Lambertuccio11.

Il Settecento. Per quanto attiene al XVIII secolo, si potrebbe notare una lieve diminuzione della fortuna boccacciana nella compagine culturale inglese. Iniziando subito dalle traduzioni dell’opera dell’autore toscano, sarà sufficiente citarne due. La prima è quella del 1702, a cui manca il Proemio e la conclusione12: si tratta di una traduzione, come afferma Sergio De Marco, «migliorata, abbellita, e rimodernata». Più vicina al testo originale è tuttavia la traduzione eseguita da Charles Balguy nel 1741: in essa gli interventi sul testo sono meno evidenti, anche se è ancora presente l’omissione di alcune novelle, che la corrente moralizzante del tempo riteneva non convenienti alla società. Da ricordare anche il caso di Alexander Smith che, nella sua History of the most Noted Highway-Men13, tentò con successo di trasformare un paio di novelle del Decameron, tra cui quella di Andreuccio da Perugia, in storie di malavita inglese. Tale prova venne ripresa più tardi14 da Charles Johanson nella General History of the Lives and Adventures of the most famous Highwaymen, Murderes, Street-Robbers.

Nel corso del secolo appariranno altri importanti rifacimenti del Decameron. Uno dei più noti è quello del Goldsmith del 1759, che rielabora notevolmente alcune novelle del Decameron e in particolar modo quella di Tito e Gisippo. In essa egli avvia un processo di abbellimento del testo, operando diverse omissioni, tagliando importanti passaggi e sorvolando su altri: come per esempio quando non rivela il motivo della confessione dell’amore di Tito, o quando, nel passo relativo al matrimonio con Sofronia, censura, forse per principi moralistici, l’episodio dell’unione sessuale tra i due.

11 G

IOVANNI BOCCACCIO, Decameron, novella VII.6.

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L’opera si presenta, come dichiara il sottotitolo, “Accomodated to the Gust of the present age”. Si veda SERGIO DE MARCO, Il Boccaccio nel Settecento Inglese, in GIUSEPPE GALIGANI, Il Boccaccio nella cultura inglese e anglo-americana, Firenze, Olschki, 1974, p.95.

13

ALEXANDER SMITH, History of the most noted highway-men, foot-pads, house-breakers, shop-lifts and cheats 1718.

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Altro caso simile al Goldsmith è quello del Durfey che, all’interno della stessa novella, non esita a trattenere Gisippo nella grotta romana per tre mesi anziché, come narra il Boccaccio, per una notte. Lo stesso Goldsmith del resto, tra i suoi interventi di modifica, aveva inserito addirittura il pianto di Gisippo dentro la grotta.

In questo secolo la presenza del Decameron non verrà meno neppure sulle scene teatrali: a questo proposito ricordiamo il famoso caso dell’attore David Garrick con il suo Cymon del 1776, commedia assai popolare e fortemente debitrice nei confronti del Dryden.

Ancora più interessante è la personalità di Susannah Centilivre, una scrittrice teatrale che nel 1709, molti anni prima del Garrick, pubblicò la sua The Busy Body, commedia derivata da due novelle del Decameron.

L’Ottocento. Nel corso del XIX secolo il Decameron fu presente in Inghilterra con la famosa edizione Pickering, realizzata, a cura e con la prefazione del Foscolo, nel 1825.

A questa seguì la traduzione espurgata del 1741, attribuita a Charles Balguy15, ristampata quasi per tutto il secolo. L’edizione a cui fecero riferimento i maggiori letterati del secolo (come Coleridge, Hazlitt e Keats) fu tuttavia quella del 1620 attribuita a John Florio. Di quest’ultima l’Ottocento vide solamente una ristampa, tra l’altro parziale: 40 novelle a cura di Henry Morley nel 188416. La ristampa totale di quella traduzione si è avuta solo, come già accennato, nel 1909, per i tipi di Tudor Translations17.

A questa edizione si può aggiungere quella del Tennyson, che nel 1869 aveva rielaborato la novella di Messer Gentile dei Carisendi (X.4) nella sua opera Cena d’Oro, proponendo in versi, dieci anni dopo, la storia di Federigo degli Alberighi (V.9).

15

The Decameron or Ten Days Entertainment, Translated from the Italian, London R. Dodsley, 1741. 16

The Decameron: including forty of its hundred novels, with the introduction of Henry Morley, London, G, Routledge and Sons, 1884.

17 The Decameron preserved to posterity by Giovanni Boccaccio and translated into English anno 1620, with an introduction by Edward Hutton, London, David Nutt, 1909, 4 vol. Le prime cinque giornate di questa ristampa sono riprese dall’edizione del 1625 e non da quella del 1620.

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La più accurata traduzione del Decameron, assai valutata anche per le sue qualità artistiche, si ebbe infine solo verso la fine del secolo, nel 1886, a cura di John Payne18. In sintesi, il numero totale delle novelle utilizzate in questo secolo fu 46. Di queste, 33 comparvero in traduzione per una sola volta (26 tradotte dal Moor e 7 da altri) mentre le altre 13 videro la luce almeno due o più volte.

Le traduzioni arabe del Decameron. Complessivamente, nelle pagine precedenti abbiamo potuto osservare, a largo raggio, tutto quello che riguarda l’autore toscano nella cultura araba: confronto con Dante, i privilegi di Boccaccio, ciò che pensano gli intellettuali arabi del Decameron e come hanno mentalmente preparato, in periodi contemporanei ed ulteriori alle traduzioni, i lettori di quella cultura ad accogliere questo libro, tramite non solo l’approssimazione alla loro antica arte narrativa ma anche per via dell’esaltazione dell’autore toscano stesso, e di come quest’ultimo sviluppò, mondialmente, tale arte. Inoltre, per ultimo, si è verificata la fortuna dello stesso autore nella cultura inglese, che favorirà l’accesso degli arabi al testo del Decameron.

Le pagine che seguono rappresentano la porta d’ingresso al lavoro filologico di questa tesi: si tratta, dal prossimo capitolo, di iniziare un’analisi testuale tra le versioni delle prime traduzioni arabe del Decameron (quelle derivate molto probabilmente dalle edizioni inglesi dell’Ottocento, soprattutto la ristampa di quella di Florio del 1620) e l’originale italiano.

Prima di entrare nel merito di questo confronto, si ritiene conveniente ed utile proporre subito, tramite una tabella sintetizzata, un regesto di tutte le possibili traduzioni dell’opera eseguite dai letterati e traduttori arabi. Successivamente, tali testi saranno analizzati nel dettaglio con l’obiettivo di esplorare la loro sequenza cronologica e le caratteristiche del lavoro dei primi traduttori, soprattutto quello di Kāmil Kīlānī, che si ritiene il primo traduttore arabo del Decameron. Le edizioni arabe del libro di Boccaccio presenti nella tabella che vi stiamo per offrire, saranno divise, nella loro analisi, per capitoli: il secondo e terzo capitolo conterranno, nel dettaglio, esclusivamente il lavoro di

18 The Decameron of Giovanni Boccaccio: now first done into English prose and verse by John Payne, London, Villon Society, 1886, vol.III, ristampato in 2 vol. nel 1893 con le illustrazioni di Louis Chalon.

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Kīlānī. Tutte le altre edizioni saranno analizzate nel quarto capitolo, in quanto contengono meno interventi sul testo rispetto al primo traduttore appena citato.

Ecco la tabella che offre l’elenco cronologico di tutte le traduzioni arabe del Decameron, esistenti e già rinvenute da noi.

Edizione Traduttore Anno di

pubblicazione Tipo di pubblicazione

Numero di novelle tradotte Qiṣaṣ Boccaccio

Novelle di Boccaccio

?19 Prima dell’anno 1929 (Egitto), ? ?

Muḥtār Al-Qiṣaṣ Selezione di Novelle

Kāmil Kīlānī

1929 (Egitto),

dall’inglese e francese Antologia 10 novelle

Ağa’ib Min Qiṣaṣ ‘l-Ġarb Meraviglie dai Racconti

dell’Occidente

Kāmil Kīlānī

1933 (Egitto), dall’inglese e francese

Antologia 9 novelle

Rivista «Arrissālah» Diversi traduttori

Tra 1933 e il 1953 (Egitto, Baghdad e Beirut), dall’inglese. Rivista letteraria più di 8 novelle

Il Decameron: mille e una

notte italiane Ismā īl Kāmil

1956 (Egitto), dall’inglese.

Libro. traduzione.

parziale del Decameron 22 novelle

Il Decameron Fawzī Šāḥìn 1994 (Egitto) Libro. Festival della

lettura per tutti. Riscrittura di 6 novelle

Traduzione di 10 novelle Ḥusseīn aḥmoud 1997 (Egitto), dall’italiano. Tesi di dottorato 10 novelle

Il Decameron Ṣāleḥ Almānī

2006 (Damasco, Baghdad e Beirut),

dallo spagnolo.

Libro. Edizione

integrale Tutta l’opera

19

Anche se siamo certi che questo lavoro è stato eseguito per mano di Kāmil Kīlānī, abbiamo preferito lasciare libero il nome dell’autore fino al momento del possesso di una copia del libro.

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Capitolo II