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Fallimenti e successi dell’applicazione del burden-sharing

CAPITOLO I L'EVOLUZIONE DEL PRINCIPIO DI BURDEN-SHARING E

2. Il burden-sharing nel regime internazionale di protezione dei rifugiati

2.3 Fallimenti e successi dell’applicazione del burden-sharing

L’UNHCR ha tentato di porre rimedio all’assenza di obblighi giuridici degli Stati nei confronti dei rifugiati che non hanno raggiunto il loro territorio, promuovendo la collaborazione tra i Paesi del sud del mondo, dove è presente il maggior numero di rifugiati, e quelli occidentali, i quali hanno maggiori capacità di accoglienza. Non esistendo una struttura giuridica chiara a sostegno del principio di burden-sharing, tale cooperazione si è limitata a iniziative ad hoc indirizzate a risolvere situazioni di crisi localizzate in determinate aree geografiche.

                                                                                                               

162 UNHCR, Conclusion on International Protection, No. 85 (XLIX), 9 Ottobre 1998: “access to asylum and the meeting

by States of their protection obligations should not be dependent on burden-sharing arrangements first being in place, particularly because respect for fundamental human rights and humanitarian principles is an obligation for all members of the international community”.

163 UNHCR, Conclusion on International Protection, No. 22, 1981, para. II: “member states affirm that in situations of

large-scale influx, asylum seekers should be admitted to the State in which they first seek refuge and if that State is unable to admit them on a durable basis, it should always admit them at least on a temporary basis […] In all cases the fundamental principle of non-refoulement including non-rejection at the frontier must be scrupulously observed”.

Sotto la guida dell’UNHCR si sono tenute diverse conferenze internazionali grazie alle quali le parti interessate, ossia gli Stati di origine, di primo asilo e di reinsediamento, hanno concluso accordi multilaterali, definiti Piani di Azione Globale (in inglese Comprehensive Plan of Action da cui l’acronimo CPA). Attraverso i CPA sono state stabilite le responsabilità e i contribuiti di ciascuno per la soluzione della specifica situazione di crisi164. L’approccio globale, che ha caratterizzato tali accordi, ha consentito di agire su diversi piani, attraverso l’avvio di processi diplomatici e politici, l’assistenza economica e tecnica ai paesi di primo asilo, i meccanismi di coordinamento e i programmi di evacuazione dei profughi.

Attualmente i Piani di Azione Globale rappresentano gli unici strumenti di burden-sharing adottati a livello internazionale, il cui esempio più importante e di maggiore successo è quello per i rifugiati indocinesi. Nel 1978 gli Stati del sudest asiatico si trovarono ad affrontare l’esodo di 62 mila profughi, conseguente alla riunificazione del Vietnam e all’avvento dei regimi comunisti in Cambogia e Laos. Tale esodo comportò l’assunzione di oneri sproporzionati per i Governi di primo accoglimento/accoglienza, i quali adottarono misure drastiche, come le espulsioni collettive e l’impedimento di nuovi arrivi165. Per affrontare tale crisi umanitaria fu quindi attuato un programma di burden-sharing, secondo cui i Paesi di primo arrivo garantivano una protezione temporanea e l’esame delle richieste di asilo; i Paesi di reinsediamento accoglievano coloro i quali erano stati riconosciuti come rifugiati; mentre il Vietnam, Stato di origine dell’esodo, consentiva il rimpatrio di quelli a cui era stata rigettata l’istanza di asilo e promuoveva la legalità dell’esodo sorvegliando le proprie frontiere166.

Tuttavia, il successo degli strumenti ad hoc di burden-sharing, e quindi il raggiungimento di una soluzione duratura al problema dei rifugiati creatosi in un’area geografica, dipendeva principalmente dal numero di adesioni e di finanziamenti ricevuti. L’UNHCR tentò quindi di promuovere lo sviluppo di una normativa sul burden-sharing a livello globale che andasse ad affiancare la Convenzione di Ginevra -completando il regime internazionale di protezione dei rifugiati- e che potesse essere applicata per rispondere a eventuali esodi massicci di profughi o situazione prolungate di crisi167. L’iniziativa, significativamente denominata Convention Plus, fu lanciata nel 2002 dall’Alto Commissario, il quale dichiarò che la sola Convenzione di Ginevra non era più sufficiente, ma occorreva realizzare un sistema internazionale di condivisione degli oneri                                                                                                                

164A. Betts, International Cooperation in the Global refugee regime, Global Economic Governance Working Paper, pp.

1-31, 2008, (pp.15-18).

165 R. Towle, Processes and Critiques of the Indo-Chinese Comprehensive Plan of Action: An Instrument of

International Burden-Sharing?, International Journal of Refugee Law, pp. 537-570, 2006.

166 E. Feller, International refugee protection 50 years on: The protection challenges of the past, present and future,

International Review of the Red Cross, pp.581-605, 2001.  

che definisca i ruoli e le responsabilità dei paesi d'origine, di transito e di potenziale destinazione168. Lo strumento per realizzare gli obiettivi di Convention Plus fu identificato negli “accordi speciali” tra l’UNHCR e i Governi, previsti dall’art. 8 lett. b) dello Statuto dell’UNHCR169. Tuttavia, il mancato raggiungimento del consenso tra gli Stati sui criteri di ripartizione delle responsabilità portò alla chiusura nel 2005 dell’iniziativa senza che fosse stato prodotto alcun accordo internazionale sul burden-sharing170.

In conclusione, l’evoluzione del concetto di burden-sharing in materia di asilo dimostra che la comunità internazionale ha acquisito consapevolezza sulla necessità di rendere più equa la distribuzione globale delle responsabilità nell’ambito della protezione dei rifugiati. Infatti, il principio del burden-sharing è richiamato in diversi strumenti di soft law ed è attualmente al centro del dibattito politico e mediatico sulla gestione della crisi umanitaria siriana. Tuttavia, il fallimento dei tentativi di definire a livello internazionale un meccanismo vincolante di ripartizione delle responsabilità dimostra che l’obiettivo di tradurre in concreto tale principio è ancora lontano. Quindi, allo stato attuale la sua implementazione nel regime di protezione dei rifugiati risulta molto debole rispetto al ruolo che ricompre in altri settori del diritto internazionale quali la sicurezza e l’ambiente.

     

                                                                                                               

168 Speech of the High Commissioner, European Union Justice and Home Affairs Council, Copenhagen, 13 Sept. 2002.

Chairman’s Summary, Inaugural Meeting of the Forum, 27 Giugno 2003.

169Statuto dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, art 8: “L'Alto Commissario assicurerà la

protezione dei rifugiati che rientrano nelle competenze dell'Alto Commissariato: b) perseguendo, a mezzo di accordi particolari con i governi, la messa in opera di tutte quelle misure destinate a migliorare la sorte dei rifugiati e diminuire il numero di coloro che hanno bisogno di protezione”.

170 UNHCR High Commissioner’s Forum, ‘Convention Plus Core Group on Addressing Irregular Secondary