• Non ci sono risultati.

Il meccanismo temporaneo di ricollocazione

3. L’Agenda europea sulla migrazione e gli strumenti di burden-sharing

3.1. Il meccanismo temporaneo di ricollocazione

Al fine di alleviare la forte pressione che pesa sul sistema di asilo di Italia e Grecia, il Consiglio ha adottato le decisioni 2015/15231031 e 2015/16011032 che prevedono la ricollocazione, entro il 26 settembre 2017, di 160.000 richiedenti asilo da tali Paesi verso gli altri Stati membri1033. Esse sono state promulgate, previa consultazione del Parlamento, sulla base dell’art. 78 par. 3                                                                                                                

1028 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e

al comitato delle regioni. Agenda europea sulla migrazione /* COM/2015/0240 final */

1029 Tale definizione, che in inglese corrisponde a “sharing people”, è utilizzata dalla dottrina per individuare quelle

misure di burden-sharing che implementano l’idea di una ripartizione degli oneri “fisici”, ossia dei rifugiati e dei richiedenti asilo. R. Thielemann, Burden-sharing, in E. Jones, A. Menon, S. Weatherill (a cura di), The Oxford Handbook of the European Union, cit. pp. 816-818 ; H. Gray, Surveying the Foundations: Article 80 TFEU and the Common European Asylum System, Liverpool Law Review, pp. 175-193, 2013, pp. 187-191.

1030 La seguente suddivisione è basata sul ragruppamento in tre categorie di strumenti di burden-sharing individuate

dalla dottrina e seguito dagli stakeholder: Parlamento Europeo, Direzione generale politiche interne, Unità tematica C: Diritti dei cittadini e affari costituzionali, What system of burden-sharing between Member States for the reception of asylum seekers?, Studio, PE 419.620, 22 gennaio 2010; ECRE, Enhancing intra-eu solidarity tools to improve quality and fundamental rights protection in the common european asylum system, gennaio 2013; International Centre for Migration Policy Development, An effective asylum responsability-sharing mechanism, ICMPD Asylum Programme for Member States,ottobre 2014.

1031 Decisione (UE) 2015/1523 del Consiglio, del 14 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della

protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, Documento 32015D1523, GU L 239 del 15.9.2015, pagg. 146–156.  

1032 Decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della

protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, Documento 32015D1601, GU L 248 del 24.9.2015, pagg. 80–94.

1033 Il Regno Unito, l’Irlanda e la Danimarca non sono vincolati dalle decisioni in esame ma possono decidere di

aderire. La Norvegia e la Svizzera hanno stipulato accordi bilaterali con l’Italia e la Grecia sulla base dell’art. 11 delle Decisioni in esame. Report della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e al Consiglio, Second report on relocation and resettlement, Brussels,12.4.2016 COM(2016) 222 final, p.3

TFUE, il quale prevede la possibilità di adottare “misure temporanee a beneficio degli Stati membri” che “debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi”. Nonostante la scelta delle istituzioni di utilizzare per la prima volta la procedura semplificata prevista dall’art. 78.3 TFUE, l’adozione delle Decisioni 2015/1523 e 2015/1601 è stata preceduta da un lungo e difficile negoziato. In particolare, gli aspetti su cui si è focalizzato il dibattito politico, e sul quale gli Stati membri hanno avuto maggiori difficoltà a raggiungere un accordo, sono stati quelli relativi ai criteri in base ai quali stabilire le quote spettanti ad ogni Paese UE e la loro natura vincolante, o meno.

L’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Repubblica Slovacca e la Romania hanno rifiutato tout court tale meccanismo, votando contro l’adozione delle Decisioni. Particolarmente significativo è il rifiuto dell’Ungheria, poiché essa in tal modo ha scelto di non voler beneficiare della ricollocazione di 55.000 richiedenti asilo già presenti sul suo territorio, originariamente stabilita dalla Decisione 2015/1601/EU1034. L’opposizione al sistema di ricollocazione, condotta soprattutto dagli Stati membri dell’Europa centrale, è proseguita anche dopo l’adozione delle due Decisioni. Infatti, la Polonia si è unita agli altri “dissenzienti”, ritenendo che gli attacchi terroristici verificatisi a Parigi il 13 novembre 2015 avessero evidenziato esigenze legate alla sicurezza nazionale che richiedono una revisione delle quote di ricollocazione1035. Inoltre, come vedremo meglio in seguito, l’Ungheria e la Slovacchia hanno impugnato la Decisione 2015/1601/EU dinanzi alla Corte di Giustizia, chiedendone l’annullamento1036. Infine, anche gli altri Stati Membri stanno dimostrando poca volontà politica a rispettare gli impegni assunti con tali Decisioni, come dimostrato dal limitato numero di individui attualmente ricollocati1037. Infatti, dopo circa 6 mesi dall’entrata in vigore del meccanismo temporaneo di ricollocazione è stato realizzato solo lo 0,7% delle operazioni di trasferimento stabilite e, come evidenziato dal Presidente della Commissione Europea: “If we continue at that rate, we will be there by 2101”1038.

Il motivo di questa lentezza è identificabile nell’ampio margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri in diversi suoi aspetti, il quale va a pregiudicare l’efficacia della natura vincolante del meccanismo. La Decisione 2015/152 non prevede delle quote o dei criteri di ripartizione                                                                                                                

1034 Con la Dichiarazione EU-Turchia del 18 marzo 2015, la quota di 55.000 posti è stata assegnata al reinsediamento

dei siriani dalla Turchia. Al riguardo, si veda paragrafo 2.1 del presente lavoro.

1035 Parlamento Europeo, Hotspots and emergency relocation. State of play, Briefing, Marzo 2016, p. 6.

1036 Ricorso proposto il 3 dicembre 2015 – Ungheria / Consiglio dell'Unione europea (Case C-647/15) (2016/C 038/56);

Ricorso proposto il 2 dicembre 2015 – Repubblica slovacca / Consiglio dell'Unione europea (Causa C-643/15)

1037 Finora essi hanno formalmente indicato solo 4.516 posti rapidamente disponibili per la ricollocazione, di cui solo

1.145 di questi sono stati utilizzati, attraverso il trasferimento di 530 individui dall’Italia e 615 dalla Grecia. I dati indicati risalgono all’11 aprile 2016. Report della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e al Consiglio, Second report on relocation and resettlement, cit. p.3.

dell’obbligo di ricollocare 40.000 persone1039. Di conseguenza, il contributo di ciascuno Stato al raggiungimento di tale obiettivo è di natura volontaria e dipende dalla disponibilità espressa da ciascun di essi circa il numero di richiedenti asilo che intende trasferire sul proprio territorio.

La decisione 2015/1601 stabilisce, invece, un meccanismo di ricollocazione con quote vincolanti calcolate sulla base di criteri oggettivi per ogni Paese UE1040. Tuttavia, anche in questo caso sono lasciati dei margini di manovra a questi ultimi, i quali possono chiedere alla Commissione e al Consiglio una proroga, di massimo 12 mesi, del termine entro cui ricollocare fino al 30% dei richiedenti asilo assegnatigli. Tale deroga viene riconosciuta qualora, a causa di “circostanze eccezionali”, lo Stato membro richiedente sia temporaneamente incapace di partecipare al processo di ricollocazione e a condizione che i motivi alla base della richiesta siano “debitamente giustificati e compatibili con i valori fondamentali dell’Unione”1041. Inoltre, entrambe

le Decisioni prevedono la possibilità di sospendere la partecipazione di uno Stato Membro alla ricollocazione, qualora anche quest’ultimo si trovi in una situazione di emergenza a causa di un flusso migratorio improvviso1042.

Nonostante le deroghe fin qui descritte abbiano carattere eccezionale, la loro applicazione è stata richiesta già nei primi mesi dell’entrata in vigore delle decisioni. Nello specifico, la Svezia ha notificato, il 16 dicembre 2015, la domanda di sospensione della sua partecipazione, sulla base dell’art. 9 di ambedue le Decisioni1043; mentre l’Austria si è avvalsa dell’art. 4 par. 5 della

Decisione 2015/1601, ottenendo la proroga di un anno del 30% della sua quota1044.

Un altro elemento di debolezza del meccanismo in esame è rappresentato dalla mancata previsione di cadenze periodiche entro le quali gli Stati devono rendere disponibili una determinata percentuale dei posti totali di ricollocazione1045. L’unico obbligo a breve termine è l’indicazione “a intervalli regolari e almeno ogni tre mesi […] il numero di richiedenti che sono in grado di                                                                                                                

1039 Dei 40.000 posti previsti per la ricollocazione dalla Decisione 2015/152, 24.000 sono assegnati all’Italia e 16.000

alla Grecia.

1040 il PIL, la popolazione e il tasso di disoccupazione, considerati indicatori della capacità di uno Stato di assorbire e

integrare i rifugiati; nonché la media delle domande di asilo presentate negli ultimi cinque anni per milione di abitanti, al fine di prendere in considerazione anche gli sforzi compiuti dal Paese nell’accoglienza dei richiedenti e nell’esame delle domande.

1041 Decisione (UE) 2015/1523 e Decisione (UE) 2015/1601, art. 4 par. 5. 1042 Ibidem, art. 9.

1043 Proposal for a Council Decision establishing provisional measures in the area of international protection for the

benefit of Sweden in accordance with Article 9 of Council Decision (EU) 2015/1523 and Article 9 of Council Decision (EU) 2015/1601 establishing provisional measures in the area of international protection for the benefit of Italy and Greece; Strasbourg, 15.12.2015 COM(2015) 677 final.

1044 Proposal for a Council implementing decision on the temporary suspension of the relocation of 30% of applicants

allocated to Austria under Council Decision (EU) 2015/1601 establishing provisional measures in the area of international protection for the benefit of Italy and Greece; Brussels, 10.2.2016 COM(2016) 80 final 2016/0045 (NLE)

1045 M. Borraccetti, “To quota” or “not to quota”? the EU facing effective solidarity in its asylum policy. Eurojus, 31

ricollocare rapidamente nel loro territorio”1046. Ciò implica che la quota di posti messi a disposizione periodicamente dagli Stati può anche corrispondere a zero, come è avvenuto da parte dell’Austria, della Croazia, dell’ Ungheria e della Repubblica Slovacca1047.

Infine, è emerso un utilizzo distorto della procedura di ricollocazione da parte di alcuni Stati Membri che hanno avviato/accettato il trasferimento sul loro territorio. La Commissione ha, infatti, segnalato la prassi di indicare specifiche preferenze circa il profilo degli individui che gli Stati intendono accogliere e, di conseguenza, rigettare le proposte di ricollocazione che non soddisfano tali parametri1048. Ciò comporta una violazione dell’art. 5 par. 7 delle decisioni, il quale indica i motivi tassativi, attinenti a ragioni di sicurezza e ordine pubblico, per i quali è consentito rifiutare la ricollocazione1049. L’indicazione di preferenze può avvenire esclusivamente al fine di favorire l’integrazione del soggetto nello Stato Membro di destinazione e, quindi, dovrebbero riferirsi a caratteristiche rilevanti a tale scopo, come, ad esempio, le qualifiche, le competenze linguistiche e i legami familiari, culturali o sociali della persona da ricollocare1050. Inoltre, nella scelta di questi ultimi dovrebbe essere data priorità agli individui vulnerabili, ai sensi dell’art. 21 della direttiva 2013/33/UE1051. Al contrario, la maggior parte degli Stati Membri usa le preferenze come strumento per escludere alcune categorie di possibili candidati, che spesso corrispondono proprio a quella delle persone vulnerabili1052.

Tale comportamento degli Stati di ricollocazione, aggiunto alla prassi di effettuare controlli di sicurezza aggiuntivi nei confronti del richiedente da ricollocare, prima di accettarne il trasferimento, rallentano notevolmente la procedura, che spesso supera il limite massimo di due mesi stabilito dalle decisioni1053. La Commissione ha quindi specificato che il Paese di destinazione dovrebbe approvare il trasferimento entro due settimane dalla data di ricevimento della richiesta di ricollocazione presentata dall’Italia o della Grecia1054. In generale, la dilatazione dei tempi delle operazioni di trasferimento è favorita dalla mancata previsione di termini perentori o di meccanismi

                                                                                                               

1046 Decisione (UE) 2015/1523 e Decisione (UE) 2015/1601, art. 5 par. 2.

1047 Report della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e al Consiglio, Second report on relocation

and resettlement, cit. p. 3.

1048 European Commission, First report on relocation and resettlement, cit., p. 9-10.

1049 Decisione (UE) 2015/1523 e Decisione (UE) 2015/1601, Art. 5 par. 7 Gli Stati membri conservano il diritto di

rifiutare la ricollocazione del richiedente solo qualora sussistano fondati motivi per ritenere che la persona in questione costituisca un pericolo per la sicurezza nazionale o l'ordine pubblico, ovvero in presenza di seri motivi per applicare le disposizioni in materia di esclusione stabilite agli articoli 12 e 17 della direttiva 2011/95/UE.

1050 Decisione 2015/1523/EU, ventottesimo considerando 28, Decisione 2015/1601/EU, trentaquattresimo considerando. 1051 Decisione (UE) 2015/1523 e Decisione (UE) 2015/1601, Art. 5 co 3.

1052 European Commission, First report on relocation and resettlement, cit., p. 7. 1053 Ibidem, p. 9

1054 Report della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e al Consiglio, Second report on relocation

di silenzio-assenso nei diversi passaggi della procedura1055. Infatti, le decisioni utilizzano locuzioni generiche quali “quanto prima”1056 e “con la massima tempestività”1057 per individuare i tempi in cui l’Italia e la Grecia devono fornire tutte le informazioni rilevanti sulle persone ricollocabili agli altri Stati membri, nonché prendere una decisione su ogni singolo trasferimento.

Il margine di discrezionalità riconosciuto agli Stati Membri circa le modalità di implementazione dello schema di ricollocazione non è controbilanciato dalla garanzia delle medesime possibilità nei confronti del richiedente asilo. Infatti, il suo trasferimento è basato esclusivamente sull’accordo degli Stati Membri coinvolti, non essendo necessario il consenso dell’individuo1058. Le decisioni, in tal modo, derogano uno degli elementi essenziali della ricollocazione intra-europea, affermato in altri strumenti di diritto derivato dell’UE, ossia il consenso del soggetto beneficiario1059. Al contrario, esse incorporano l’aspetto del Sistema Dublino

oggetto di maggiori critiche, nonché principale causa del suo fallimento: il mancato coinvolgimento del soggetto nella decisione relativa al suo trasferimento. Così come il richiedente protezione internazionale non ha il diritto di scegliere lo Stato membro competente per l’esame della sua domanda di asilo, allo stesso modo il beneficiario della ricollocazione non può decidere il Paese UE in cui essere trasferito.

Anche il diritto al ricorso avverso la decisione di ricollocazione è calibrato su quello stabilito dal Regolamento Dublino, consentendo il blocco del trasferimento solo qualora il ricorrente dimostri che, nello Stato Membro di destinazione, sussista un rischio di violazione dei suoi diritti fondamentali1060. Non rientra, quindi, tra i motivi validi di impugnazione la mancata considerazione degli elementi che potrebbero favorire la sua integrazione, i quali non hanno natura vincolante1061.

L’irrilevanza della sua volontà nello schema di ricollocazione rischia di produrre gli stessi problemi rilevati nell’implementazione del Sistema Dublino, ovvero atteggiamenti poco cooperativi                                                                                                                

1055 Asilo in Europa, La crisi dell'asilo in Europa - La ricollocazione dei richiedenti asilo fra gli Stati europei. Cos'è,

come funziona? Analisi delle Decisioni 1523 e 1601 del 2015, 6 Ottobre 2015. www.asiloineuropa.blogspot.com (ultima consultazione il 30.3.2016.

1056 Decisione (UE) 2015/1523 e Decisione (UE) 2015/1601, Artt. 3 e 6. 1057 Ibidem, art. 4.

1058 L. Tsourdi, P. De Bruycker, Relocalisation: une réponse adéquate face à la crise de l’asile ? Note d’analyse.

Newsletter EDEM, Settembre 2015, pp.16-25. www.unclouvan.be.

1059 Il trentesimo considerando della Decisione (UE) 2015/1523 e il ventitreesimo considerando della Decisione (UE)

2015/1601 prevedono una deroga al consenso del richiedente protezione internazionale di cui all'articolo 7, paragrafo 2 del Regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014 , che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, che modifica la decisione 2008/381/CE del Consiglio e che abroga le decisioni n. 573/2007/CE e n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2007/435/CE del Consiglio. Il consenso alla ricollocazione all’interno dell’Unione è previsto anche per i beneficiari di protezione internazionale dall’art. 5 del Regolamento (UE) n. 439/2010 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010 che istituisce l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo.

1060 Decisione (UE) 2015/1523 e Decisione (UE) 2015/1601, Artt. 30 e 35.

1061 S. Peers, Relocation of Asylum-Seekers in the EU: Law and Policy. EU Law Analysis, 24 Settembre 2015,

nell’ambito delle operazioni di trasferimento e tentativi di elusione della procedura di ricollocazione1062. Le istituzione hanno messo in conto tale pericolo e hanno scelto di prevenirlo con i medesimi mezzi coercitivi previsti dal Regolamento Dublino: esse indicano come opportuna l’adozione da parte degli Stati Membri di misure volte ad evitare i movimenti secondari dei ricollocati, quali, ad esempio, l’imposizione dell’obbligo di presentarsi alle autorità, la fornitura di beni solo in natura e non in denaro, il divieto di rilascio di documenti di viaggio nazionali1063. Qualora questi ultimi entrino nel territorio di uno Stato Membro diverso da quello di ricollocazione, senza un titolo di soggiorno valido, sono obbligati a “tornare immediatamente” verso il Paese Ue loro assegnato che, a sua volta, deve riprendere in carico il soggetto in questione “senza indugio”1064.

Tuttavia, la scarsa efficacia di tali misure è già stata dimostrata dal funzionamento del Sistema Dublino e, anche nel caso della ricollocazione, si apre la prospettiva di un rallentamento nell’implementazione dei trasferimenti a causa di un utilizzo massivo, da parte dei richiedenti, del diritto di impugnare la decisione adottata nei loro confronti. Infatti, le carenze strutturali non sussistono solo in Italia e Grecia ma sono state riscontrate anche in alcuni Stati membri di ricollocazione, come l’Ungheria e Malta. Inoltre, vi è il rischio che i paesi UE che finora hanno ricevuto un bassissimo numero di richiedenti asilo risultino incapaci di gestire il notevole incremento delle domande di protezione internazionale, derivanti dal meccanismo di ricollocazione1065.

In conclusione, possiamo affermare che le decisioni in esame rappresentano una deroga temporanea al Regolamento Dublino1066, ancorché limitata all’ambito dei criteri di determinazione dello Stato Membro compente all’esame della domanda di asilo, non intaccando, quindi, gli elementi più critici del Sistema Dublino e rischiando di incontrare i medesimi problemi di quest’ultimo nella sua implementazione.

Tali effetti derogatori nell’applicazione dei criteri del Regolamento Dublino, previsti dallo schema di ricollocazione, sono a loro volta circoscritti ad una determinata categoria di richiedenti                                                                                                                

1062Episodi di resistenza all’identificazione da parte dei richiedenti asilo nell’ambito delle operazione di ricollocamento

sono già stati riportati: Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani- Senato della Repubblica – XVII Legislatura Rapporto sui centri di identificazione ed espulsione in Italia (Febbraio 2016), p.23. Su tale tema, in riferimento al Regolamento Eurodac, si rimanda al capitolo III del presente lavoro.

1063 Decisione (UE) 2015/1523, considerando trentaduesimo e trentaquattresimo; Decisione (UE) 2015/1601,

considerando trentottesimo, trentanovesimo e quarantesimo.

1064 Decisione (UE) 2015/1601, art 6 par. 5 1601; Decisione (UE) 2015/1523, art. 6 par. 5, tuttavia in questa

disposizione non è utilizzato il termine “senza indugio”.

1065 Ad esempio il Portogallo ha ricevuto nel 2014 solo 440 domande di asilo mentre, sulla base della proposta della

Commissione, dovrebbe accogliere circa 1.700 persone in due anni; o l'Estonia la quale ha ricevuto 155 domande nel 2014 e dovrebbe predisporre la ricollocazione di quasi 750 persone in due anni da Italia e Grecia.

asilo: le “persone in evidente bisogno di protezione internazionale” che, arrivate in Italia e Grecia dopo la data di applicazione delle decisioni1067, hanno ivi presentato domanda di asilo1068. Quindi, il rilevamento delle impronte del richiedente, e la loro trasmissione al sistema centrale Eurodac, è una condizione necessaria all’effettuazione della ricollocazione1069. E’ inoltre specificato che l’individuo, al fine di rientrare nella categoria di “persone in evidente bisogno di protezione internazionale”, deve appartenere a una nazionalità per la quale il tasso di riconoscimento in prima istanza della protezione internazionale nell’UE è pari o superiore al 75%, in base agli ultimi dati medi trimestrali Eurostat1070.

Di seguito vedremo come la combinazione dei due requisiti sopra descritti, ossia l’applicazione del regolamento Eurodac e la restrizione della categoria dei soggetti ricollocabili, pregiudichi il raggiungimento dell’obiettivo di alleggerire la pressione sui sistemi italiano e greco. Le principali nazionalità che soddisfano tale requisito sono, attualmente, quella siriana, eritrea e irachena; le quali, tuttavia, non corrispondono ai maggiori Paesi di origine delle persone che finora hanno presentato domanda di protezione in Italia e Grecia1071. La discrepanza tra le cittadinanze dei richiedenti asilo che risultano prevalenti nell’Unione Europea e nei due Stati Membri in questione è imputabile soprattutto alla carente applicazione del regolamento Eurodac1072, la quale ha consentito ai siriani, iracheni ed eritrei di transitare in Italia e Grecia, evitando il rilevamento delle impronte digitali, al fine di presentare domanda in uno Stato membro più congeniale alle loro aspettative1073.

Quindi, paradossalmente, il meccanismo di ricollocazione si rivolge ad una specifica categoria di soggetti che finora non aveva pesato sui sistemi di asilo italiani e greci. Inoltre, il requisito dell’evidente bisogno di protezione internazionale comporta l’esclusione di quelle persone i cui motivi alla base delle loro domande di asilo non sono evidenti e, quindi, necessitano di una valutazione più complessa; oppure non sono validi ai fini del riconoscimento della protezione

                                                                                                               

1067 Ibidem, art. 21. 1068 Ibidem, art 3 par. 1.

1069 Ibidem, quinto considerando. 1070 Ibidem, art. 3 par. 2.

1071 When the Council Decisions were adopted, the nationalities eligible for relocation were Syria, Iraq and Eritrea. At

the first update- (Q3-2015), the nationalities eligible for relocation were: Bahrain, Central African Republic, Eritrea, Iraq, Syria, Swaziland and Yemen. Based on the latest Eurostat quarterly data (4th quarter of 2015), the nationalities eligible for relocation are currently Burundi, Central African Republic, Eritrea, Costa Rica, Saint Vincent and the Grenadines, Bahrain, Iraq, Maldives, Syria, and British overseas countries and territories. European Commission, First report on relocation and resettlement, cit., pp.6-7.

1072 Regolamento (UE) N. 603/2013 del 26 giugno 2013, cit.

1073 Ad esempio nel 2014 in Italia i richiedenti asilo dall’Eritrea erano 474, dalla Siria 502 e dall’Iraq 784. Questo trend

è confermato nelle statistiche del 2015 e nei primi tre mesi del 2016 dove tali paesi di origine non risultano tra quelli