• Non ci sono risultati.

Fantascientifico ma alla rovescia

Nel documento CALVINO E LA RISCRITTURA DEI GENERI (pagine 169-200)

FORME ALLOTROPICHE DEI GENERI

II. 1) Fantascientifico ma alla rovescia

L‟incrocio, realizzato ne Le Cosmicomiche, tra un‟ estetica “bassa”, popolare, e un‟ estetica “alta”, rappresenta il riferimento paradigmatico per definire l‟idea calviniana di letteratura e il suo obiettivo di creare un lettore nuovo, “un lettore che ancora non esiste, o un cambiamento nel lettore qual è oggi”1, mediando tra una prospettiva che tenga conto della “soddisfazione del lettore” e il gioco al rialzo culturale, che può produrre “insoddisfazione” ma è condizione indispensabile per non cadere nella normalizzazione livellizzante dell‟estetica del Midcult, anche con il superamento degli estremismi cui approda il modernismo “feticista” e il suo isolamento narcisistico2: si tratta di trovare una via alternativa sia all‟ “illeggibilità” dell‟antiletteratura che si rivela “una passione troppo esclusivamente letteraria per essere all‟altezza dei bisogni culturali attuali”3, sia alle tentazioni di una estetica “positiva”, in cui “ogni tentativo d‟edulcorare la situazione con palliativi – una letteratura “popolare” – è un passo indietro, non un passo avanti”4.

La fantascienza è probabilmente il terreno più adatto sul quale tentare questa operazione di mediazione, per il suo carattere polimorfico e sfuggente, a metà tra favola e conte philosophique, pura “spontaneità” creativa e allegoria, per il fatto di essere un genere-limite che, sin dalla sua

1 Cfr. Italo Calvino, Per chi si scrive? (Lo scaffale ipotetico) (1967), in Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, cit., p. 193.

2 Cfr. Terry Eagleton, Capitalism, Modernism, Postmodernism, in “New Left Review”, 152, luglio-agosto 1985, p. 67.

3 Cfr. Italo Calvino, Per chi si scrive? (Lo scaffale ipotetico) (1967), in Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, cit., p. 195.

origine, si è sottratto ai rigidi canoni storicisti di selezione: nel segno della fusione e contaminazione verticale dei generi e dei registri linguistici, della differenziazione organizzata, i racconti cosmicomici si inseriscono in un analogo spazio-limite, quello che Bruce Sterling definirebbe Slipstream5, nel quale coesistono fantasia e realtà, artificio e semplicità, narrativa premodernista e sperimentale, letteratura popolare e sofisticata, inaugurando un nuovo, personalissimo, genere che va al di là dell‟oscillazione tra “realismo a carica fiabesca” e “fiaba a carica realistica”, in cui Calvino era stato ingabbiato.

A monte dell‟attenzione di Calvino verso la fantascienza è sicuramente il ruolo esercitato da Poe, non solo come punto di riferimento per i primordi del genere in opere come The conversation of Eiros and

Charmion o Eureka an Essay on the Material and Spiritual Universe6, ma anche come primo teorizzatore delle contaminazioni tra generi impostate sulle strutture del racconto fantastico, dal quale derivano tutte le diverse espressioni della letteratura popolare d‟evasione: «Oggi, se dovessi dire qual è l‟autore che mi ha influenzato di più, non solo in ambito americano ma in senso assoluto, direi che è Edgar Allan Poe, perché è uno scrittore che, nei limiti del racconto, sa fare di tutto. All‟interno del racconto è un autore di possibilità illimitate; e poi mi pare come una figura mitica di eroe della letteratura, di eroe culturale, fondatore di tutti i generi della narrativa che saranno poi sviluppati in seguito»7.

Il caso di Poe, significativo all‟interno di una logica di produzione culturale di massa ai suoi albori, mette in evidenza la paradigmaticità della fantascienza che ha assunto la sua forma e i suoi caratteri specifici nell‟ambito dei pulp-magazines, le riviste popolari a larghissima tiratura ed estremamente standardizzate, nelle quali si verifica un ribaltamento di prospettiva a livello di lingua narrativa: soprattutto Amazing Stories, la prima rivista interamente dedicata alla scientifiction, fondata nel 1926 da

5 Cfr. Roger Luckhurst, Border Policing: Postmodernism and Science Fiction, in “Science Fiction Studies”, 55, vol. 18, parte 3, novembre 1991, p. 364.

6 Cfr. anche Enrico Ghidetti, Il fantastico ben temperato di Italo Calvino, in “Il Ponte”, I, 2, marzo-aprile 1987, p. 119.

7 Italo Calvino, La mia città è New York, in Ugo Rubeo, Mal d‟America, Editori Riuniti, Roma 1987, p. 158.

Hugo Gernsback, ha una funzione polarizzatrice e di definizione dei canoni estetici, con una predisposizione didattica e realistica che verrà superata da

Astounding Stories of Super-Science, la rivista nata nel 1930, in cui si

riconosce un cambio di tendenza verso una fantasia speculativa più immaginativa ed “evasiva”.

All‟interno di questa produzione viene operata una ricodificazione del meraviglioso, perché la sua introduzione nell‟ambito delle strutture del romanzo tradizionale ne amplia notevolmente i limiti, fino a includere mondi imprevisti e perturbanti, capaci di produrre uno choc che sposta il lettore dal piano delle sue certezze quotidiane e provoca una nuova consapevolezza: come nota acutamente Daniela Guardamagna, “quando il meraviglioso è una necessità editoriale attesa e prevista, perde il suo carattere di impatto violento, e si ingenera il paradosso di un meraviglioso che, convertito in norma, si trasforma nel suo opposto”8.

Proprio per la sua predisposizione “spugnosa”9, la fantascienza si rivela l‟unica scrittura a partire dalla quale è possibile pensare una nuova forma e un nuovo ruolo della letteratura dopo lo sfruttamento di ogni stile di racconto e di ogni significato: è un genere che interpreta le modalità e il funzionamento della società dell‟informazione, per la sua natura di mezzo indifferente al contenuto, funzionante come un dispositivo ludico ed estremamente elastico, ricettivo, rispetto al polimorfismo del consumo e a modi attuali di produzione dell‟immaginario come il cinema o la televisione, che riproducono e realizzano gli assunti tecnologici della fantascienza.

Per la sua capacità di sfruttare e fagocitare, risemantizzandoli, i generi più diversi e di esprimere il versante narrativo dell‟industria culturale all‟interno di una logica multimediale di “spettacolo”, la fantascienza si afferma come forma di letteratura di massa per eccellenza e rilancia le strutture della fiaba e del mito nei termini di un “meraviglioso strumentale”, perché anche in questo caso, attraverso la razionalità del supporto scientifico

8 Cfr. Daniela Guardamagna, Analisi dell‟incubo. L‟utopia negativa da Swift alla fantascienza, Bulzoni, Roma 1980, p. 64.

9 Cfr. Alberto Abruzzese, Prefazione, in Adolfo Fattori (a cura di), L‟immaginazione tecnologica. Teorie della fantascienza, Liguori, Napoli 1980, p. XVI.

e la materializzazione fantastica di un‟ipotesi teorica, il lettore non mette mai in dubbio di trovarsi in una realtà legittima e accettabile10.

Analogamente, per Calvino la fantascienza costituisce un pretesto per dare un nuovo rilievo a situazioni e immagini quotidiane, in un contesto straniante, e rendere ogni associazione legittima, come lo stesso scrittore esplicita nella prefazione a La memoria del mondo e altre storie

cosmicomiche (1968), marcando tuttavia le distanze dalla science-fiction:

«La prima differenza […] è che la “science-fiction” tratta del futuro, mentre ognuno dei miei racconti si rifà a un passato remoto, ha l‟aria di fare il verso d‟un “mito delle origini”. Ma non è soltanto questo: è il diverso rapporto tra dati scientifici e invenzione fantastica. Io vorrei servirmi del dato scientifico come d‟una carica propulsiva per uscire dalle abitudini dell‟immaginazione, e vivere anche il quotidiano nei termini più lontani dalla nostra esperienza; la fantascienza invece mi pare che tenda ad avvicinare ciò che è lontano, ciò che è difficile da immaginare, che tenda a dargli una dimensione realistica o comunque a farlo entrare in un orizzonte d‟immaginazione che fa parte già d‟una abitudine accettata»11.

Se il ricorso ai linguaggi della scienza recupera un campo di possibilità illimitate alla scrittura, la “familiarizzazione” dei contenuti, ottenuta anche attraverso l‟uso di frasi ed espressioni trite e colloquiali, li rende concreti, leggibili, e investe il paradigma fantascientifico di effetti comici, parodizzanti: questa tensione tra recupero e dissoluzione dei generi produce un effetto straniante, tipico di una prospettiva postmoderna inclusiva e pluralista.

Calvino, come l‟ha definito Montale, è “fantascientifico ma alla rovescia”12, non solo perché, ne Le cosmicomiche, egli si rivolge al “più oscuro passato” piuttosto che alle “conquiste della scienza futura”, ma anche perché fenomeni naturali grandiosi vengono spiegati con comportamenti e oggetti usuali: si tratta di una declinazione del fantastico comunque diversa

10 Cfr. Tzvetan Todorov, Fantascienza, fantastico, meraviglioso, in Adolfo Fattori (a cura di), L‟immaginazione tecnologica. Teorie della fantascienza, cit., p. 76.

11 Italo Calvino, Prefazione a La memoria del mondo e altre storie cosmicomiche, Club degli Editori, Milano 1968, pp. 5-6.

12 Cfr. Eugenio Montale, È fantascientifico ma alla rovescia, in “Corriere della Sera”, 5 dicembre 1965; ora è in Marco Belpoliti (a cura di), Italo Calvino. Enciclopedia: arte, scienza e letteratura, “Riga”, 9, Marcos y Marcos, Milano 1995, pp. 127-128.

rispetto a quella indicata ne La letteratura fantastica di Todorov, che vede ne La metamorfosi di Kafka il testo più emblematico del fantastico novecentesco13.

In base ai canoni fissati da Suvin, per il quale “la fantascienza è […] un genere letterario le cui condizioni necessarie e sufficienti sono la presenza e l‟interazione di straniamento e cognizione, e il cui principale procedimento formale è una cornice immaginaria alternativa all‟ambiente empirico dell‟autore”14, Calvino opera un‟inversione del processo di straniamento, che mette in discussione il principio suviniano del novum, per quanto i racconti cosmicomici rientrino nella categoria della fantascienza “analogica”, in contrapposizione a quella rivolta al futuro o “estrapolativa”.

Mentre per la fantascienza tradizionale si può parlare di “irrealtà realistica”, per la sua tensione ad avvicinare ciò che è lontano, “a dargli una dimensione realistica o comunque a farlo entrare in un orizzonte d‟immaginazione che fa parte già di un‟abitudine accettata”, nel caso di Calvino vengono invece allontanate e de-realizzate le cose più vicine della vita quotidiana attraverso un “delirio dell‟antropomorfismo”15, nel quale la vertiginosa frammentazione delle immagini delle cose dà all‟uomo l‟impressione di “moltiplicare i suoi occhi e il suo naso tutt‟intorno in modo che non sappia più dove riconoscersi”: si tratta sempre di un effetto di straniamento, ma nell‟ambito più ristretto di un‟utopia “che volta le spalle alla realizzabilità”16, polverizzata, limitata a parziali allargamenti della coscienza.

Sul piano del novum creato dalla “cornice immaginaria alternativa”, del conseguente straniamento e della cognizione raggiunta attraverso questi due fattori, la fantascienza si discosta dalla narrativa realistica, dal mito e da generi non cognitivi o anticognitivi come la fiaba e il fantasy, avvicinandosi piuttosto alla narrativa naturalistica e alla dimensione straniante

13 Cfr. Tzvetan Todorov, La letteratura fantastica (1970), tr.it., Garzanti, Milano 1977, pp. 172-179.

14 Cfr. Darko Suvin, Le metamorfosi della fantascienza. Poetica e storia di un genere letterario (1979), tr.it., Il Mulino, Bologna 1985, p. 23.

15 Cfr. Italo Calvino, Due interviste su scienza e letteratura (1968), in Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, cit., p. 190.

16 Cfr. Italo Calvino, Per Fourier 3. Commiato. L‟utopia pulviscolare (1973), in Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, cit., p. 252.

dell‟allegoria, nella quale c‟è la stessa reciprocità tra mondo della norma e mondo del novum, con la differenza che nella fantascienza le metafore vengono attualizzate per tradurre realtà inesistenti.

Se lo “straniamento finzionale”17 e i “limiti estremi del desiderio”18 accomunano morfologicamente la fantascienza, il mito e la fiaba, la demarcazione netta è segnata dalla cognizione, in quanto il mito e la fiaba evadono dall‟orizzonte empirico dell‟autore ed entrano in un mondo chiuso collaterale, indifferente alle possibilità cognitive: la fantascienza è invece un genere metaempirico, che è entrato nella sfera del pensiero antropologico e cosmologico, fungendo da diagnosi dei rapporti tra l‟uomo e l‟universo e tracciando un quadro di alternative possibili.

Rispetto al fantasy, il cui novum non è convalidato cognitivamente, la fantascienza è suggellata da una scienza che è “corpo aperto di conoscenza”19 e quindi da un novum estetico che si rivela “una traslazione di cognizione storica e etica nella forma, oppure (nella nostra epoca forse più spesso) una creazione di cognizione storica e etica come forma”20: la sua efficacia esplicativa deriva dalla capacità di collegare letterario ed extraletterario, romanzesco ed empirico, formale e ideologico, rivelando sempre una forte e irriducibile storicità, che è analogica più che mitopoietica ed è legata anche al fatto che il novum plasma il “cronotopo” della fantascienza, ovvero “la connessione essenziale di relazioni temporali e spaziali” in cui “le caratteristiche del tempo sono manifestate nello spazio, mentre lo spazio assume significato e viene misurato attraverso il tempo”, con la fusione di entrambi nella struttura della trama21.

I racconti cosmicomici ci danno la misura della fantasia multidimensionale e multispaziale di Calvino, che, nello stesso tempo, rimane centripeta, ben ancorata alla realtà: sono un esempio di letteratura “di massa”, capace, come direbbe Petronio, di dare ai propri lettori “in modi

17 Cfr. Darko Suvin, op. cit., p. 44.

18 Cfr. Northrop Frye, Anatomia della critica (1966), tr.it., Einaudi, Torino 1969, p. 177. 19 Cfr. Darko Suvin, op. cit., p. 104.

20 Ibidem, p. 102.

realistici o fantasiosi, diretti o metaforici […] una visione epica di sé e del mondo in cui vive”, presentando “eroi con i quali identificarsi”22.

Emblematico è il racconto Tutto in un punto, nel quale Calvino spiega fenomeni naturali grandiosi con comportamenti e oggetti usuali, mostra mondi geometrici delle remote origini, raccontando che tutta la materia dell‟universo era concentrata in un solo punto prima di espandersi nello spazio e descrivendo la difficile quotidianità della vita in esso: solo un sentimento vero, come uno slancio d‟amore, la generosità spontanea della Signora Ph(i)nk che si offrirebbe di preparare per tutti le tagliatelle se solo avesse spazio, riesce a provocare l‟esplosione del Big Bang, la nascita del concetto di spazio e della gravitazione universale, rendendo possibile l‟esistenza dei pianeti, di soli, di campi di grano, di allevamenti di vitelli con cui si potrà fare il sugo.

La fusione di “cosmico” e di “comico” realizza l‟intreccio di livelli “alti” e di livelli “bassi”, di cui è sintomatico il ricorso a metafore gastronomiche per dare corpo alle teorie della scienza contemporanea che, come osserva Calvino, “non ci dà più immagini da rappresentare”23: «La Galassia si voltava come una frittata nella sua padella infuocata, essa stessa padella friggente e dorato pesceduovo; ed io friggevo con lei dall‟impazienza»24.

Ciò che sta a cuore a Calvino è l‟esplorazione dell‟ampia possibilità di forme contenute nella fantascienza, superando così la dicotomia tra una fantascienza “ottimistica” e una fantascienza “pessimistica”, nella stessa direzione enunciata da John Huntington: «Sebbene a livello di messaggio di superficie un romanzo o una storia possano asserire una semplice ideologia, il paradosso della scienza, come conoscenza che libera dalla necessità, funziona tuttavia a un livello profondo nella fantascienza. Può sembrare che la fantascienza ottimistica, che (mentre diffonde una visione della facile libertà che la scienza porta) trionfa spesso in bruto potere e totalitario controllo, neghi l‟elemento di libertà del paradosso. In quanto fictio sulla

22 Cfr. Giuseppe Petronio (a cura di), Letteratura di massa, letteratura di consumo, Laterza, Roma-Bari 1979, p. LXXI.

23 Cfr. Italo Calvino, Prefazione a La memoria del mondo e altri racconti cosmicomici, cit., p.5.

scienza, comunque, assume ugualmente l‟intero paradosso anche se a livello superficiale lo volgarizza e trivializza. Similmente la fantascienza pessimistica, attaccando la scienza come semplicemente oppressiva, in superficie limita la portata del paradosso, ma lo riafferma a livello più profondo. I due poli ideologici della fantascienza differiscono nelle attitudini pubbliche che assumono: la fantascienza pessimistica fa appello alle ansietà del pubblico circa la scienza, quella ottimistica alle speranze nella scienza del suo pubblico. Ma condividono comunque una struttura profonda che unisce in qualche modo necessità scientifica e libertà immaginativa»25.

Alla base de Le cosmicomiche ci sono gli stessi principi che hanno ispirato “Futuro”, una delle prime riviste italiane di science-fiction, nata nel 1963, in un periodo di grande vivacità del genere (ricordiamo soltanto le esperienze di “Interplanet” e del festival internazionale di Trieste, nato nello stesso 1963), con la medesima rivendicazione della priorità della “cifra esteriore” e del “procedimento” rispetto all‟esattezza del dato scientifico, come emerge chiaramente nel “manifesto” pubblicato sul primo numero da Lino Aldani: «Noi torniamo a sostenere il carattere essenzialmente fantastico della science-fiction e il ruolo del tutto secondario che l‟elaborazione del presupposto scientifico può assumere in essa […] Ma l‟elemento fantastico non può non risentire, oggi, l‟influenza dello stadio scientifico che l‟umanità ha raggiunto. Questa influenza si fa sentire non tanto sul contenuto della moderna narrativa fantastica, quanto sul procedimento che sta alla base di essa. In altri termini, l‟autore di science-fiction più che badare all‟attendibilità del presupposto, sta bene attento a sviluppare coerentemente la premessa, anche la più inverosimile, rispettandola come se fosse inoppugnabile verità scientifica. A questo, in sostanza, si riduce l‟aspetto scientifico della narrativa di fantascienza, a qualcosa cioè che riguarda la forma e non il contenuto. La science-fiction non è, come molti credono, scienza vestita di fantasia, ma esattamente il

25 John Huntington, La fantascienza e il futuro (1975), in Adolfo Fattori (a cura di), L‟immaginazione tecnologica. Teorie della fantascienza, cit., p. 140.

contrario, cioè fantasia purissima pudicamente ricoperta dai veli di una elaborazione razionale, non importa se dispiegata paradossalmente»26.

Viene propugnata “un‟idea della letteratura come finzione, attraverso cui la science-fiction assurgerebbe a forma narrativa esemplare del tempo dello spettacolo; e la scienza annegata nei giochi dell‟immaginazione, costretta allo spazio della parola, disegnerebbe una dimensione fittiva, nella quale il „presente‟ si eclissa”27.

Le cosmicomiche contaminano continuamente la fiaba, il racconto

fantastico e la fabulazione fantascientifica, invertendo la parabola filogenetica proposta da Caillois, con un forte sbilanciamento verso la fiaba, interpretabile anche come reazione a una scienza in ascesa, di fronte alla quale il fantastico è una risposta “compensatoria” e la fantascienza una risposta “ipertrofica”: come rileva bene Celli, Calvino “si mette a raccontare la scienza non dalla parte della veggenza, ma da quella della memoria, non sconfinando nel futuribile, rigoroso e tecnologico, ma nel fiabesco, miracoloso e mitologico. […] fa parlare della scienza alla fiaba e ottiene come risultato lo spaesamento”, perché “la scienza vista dalla fiaba è come l‟adulto visto da bambino, e l‟effetto è spesso comico, anzi cosmicomico”28.

In quest‟ottica, Calvino, in linea con la convinzione di Guillén che non esiste l‟esemplificazione pura di un genere letterario29, ha sottolineato la tendenza della fantascienza a farsi dispositivo intertestuale, a decomporsi nelle forme storiche con cui ha avuto maggiori contatti e ibridazioni, ovvero il romance, la favola, l‟epica e la parodia, fondendo diversi registri linguistici, da quello scientifico a quello pubblicitario a quello della quotidianità, e dando così una risposta anche al problema della crisi del romanzo che non deve più essere considerato “come qualcosa di stabilmente unitario, unidimensionale”: «Il romanzo non è in crisi. È anzi la nostra

26 Bruno Brunetti, Rileggendo “Futuro” (1963-64). Note su un‟esperienza della fantascienza italiana, in Romanzo e forme letterarie di massa. Dai “Misteri” alla fantascienza, Edizioni Dedalo, Bari 1989, pp. 151-152.

27 Ibidem, p. 152.

28 Cfr. Giorgio Celli, Palomar, la scienza è fiaba, in “la Repubblica”, 28 novembre 1986, pp. 24-25.

29 Cfr. Claudio Guillén, L‟uno e il molteplice. Introduzione alla letteratura comparata (1985), tr.it., Il Mulino, Bologna 1992, in part. pp. 21-29.

un‟epoca in cui la plurileggibilità della realtà è un dato di fatto fuori del quale nessuna realtà può essere accostata»30.

Racconti “lunari” come La distanza dalla luna sono vere e proprie riformulazioni ariostesche basate sugli schemi del romance, che prevedono ad esempio un storia d‟amore non ricambiato, come quella tra Qfwfq q Vhd Vhd, in cui la moglie del capitano è a sua volta innamorata follemente del sordo che, invece, le preferisce la Luna, fino al trionfo di quest‟ultima che si allontana con Vhd Vhd sul suo dorso squamoso per raggiungere l‟orbita attuale, dove riacquista quell‟alone di mistero e di irraggiungibilità caro ai poeti e agli innamorati, ispirati dalla distanza “che rende la Luna la Luna e che ogni plenilunio spinge i cani tutta la notte a ululare e io con loro”31.

Per Calvino la Luna non ha significati mistici o compensatorii né rappresenta il polo alternativo di un culto fantascientifico, ma è soprattutto nucleo di possibilità speculative, strumento di “conoscenza: uscita dal nostro quadro limitato e certamente ingannevole, definizione d‟un rapporto tra noi e l‟universo extraumano”32: in questo senso, è l‟emblema della “struttura anticipativa della science-fiction” che “le consente di inglobare di continuo i progressi scientifico-tecnologici del mondo contemporaneo, e farne la base per successive elaborazioni sempre tese al futuro”33, rivelando così una forte componente di strutturazione utopica.

Sebbene per Calvino non si possa parlare propriamente di

Nel documento CALVINO E LA RISCRITTURA DEI GENERI (pagine 169-200)

Documenti correlati