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Fare sistema e sistemi nella statistica ufficiale

Coordinatore:

Riccardo Innocenti Presidente Usci

Relatori:

Claudia Cingolani

Istituto nazionale di statistica Grazia Marchese

Banca d’Italia

Gaetano Santucci e Paola Minasi

Centro nazionale per l’informatica nella PA

Discussant: Guido Audasso Regione Liguria Claudio Gagliardi Unioncamere Rossella Salvi Provincia di Rimini

sessione parallela

Introduzione

Questa sessione è dedicata al Sistema e ai sistemi nella statistica ufficiale. Si parlerà di or-ganizzazione e di relazioni ma anche al plurale, cioè di organizzazioni e relazioni multi-ple. Penso che vada interpretato in questo modo il titolo della sessione. In particolare la precisazione che si parli sia di sistema sia di sistemi. Naturalmente stiamo parlando nel-l’ambito della statistica ufficiale, quindi della statistica prodotta all’interno del Sistema sta-tistico nazionale. Un altro sistema o il sistema che raccoglie questi tipi di attività? Naturalmente tutto questo, come trovate anche nella stringatissima presentazione, serve per incrementare la qualità e la tempestività, l’efficacia delle azioni di governance, non solo a livello nazionale ma anche a livello più decentrato, a livello territoriale, come si usa dire. Il discorso vale per le norme, e comunque per l’ordinamento che regola il sistema o i sistemi, e vale anche naturalmente per gli strumenti, tra cui è il caso di considerare quelli di tipo tecnologico. Per iniziare darei la parola alla dottoressa Grazia Marchese, della Banca d’Ita-lia, che ci illustrerà una collaborazione multiforme nell’interesse della collettività. Prego.

Buonasera a tutti, innanzitutto vorrei ringraziare l’Istat per avermi dato l’opportunità di condurre insieme a voi qualche riflessione su un tema di così grande importanza come quello proposto per questa sessione. Ho scelto di parlare della collaborazione tra l’Istituto di statistica e la banca centrale non solo per l’ovvia ragione che sono una di-pendente di questa istituzione ma per due motivi a mio parere importanti. Il primo è che reputo questa collaborazione un asset: un grande valore, sia per la Banca d’Italia sia – e sono certa di poterlo dire senza tema di smentita – per l’Istat, che produce frutti nell’interesse della collettività nazionale. Il secondo motivo è che credo che la collabo-razione, così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi anni, stia per subire importanti cambiamenti, sui quali vale la pena iniziare a ragionare per valutarne le conseguenze sulle principali direttrici e le modalità del lavoro comune che ci attende.

Vorrei articolare le mie riflessioni sui seguenti punti: richiamerò le ragioni della si-gnificativa collaborazione tra Istat e Banca d’Italia; ne delineerò brevemente la cor-nice istituzionale, sottolineando il parallelismo fra l’assetto nazionale e quello internazionale; ricorderò i punti salienti della collaborazione così come la conosciamo e infine illustrerò quelle che sono, a mio parere, le nuove sfide che ci si pongono. Innanzitutto è importante riflettere su un fatto: la collaborazione fra i nostri due enti è una realtà di lunga data, profondamente radicata nella coscienza e nella pratica quo-tidiana dei membri dell’una e dell’altra organizzazione. Ci si può chiedere come mai, nonostante l’esistenza di sistemi di governance diversi e la collocazione della Banca d’Italia al di fuori del Sistema statistico nazionale, la tradizione di collaborazione tra le due istituzioni sia così forte. Io credo che il fattore che ci accomuna sia la produzione di statistiche per la policy. Ciò assimila in misura profonda le nostre prassi, la cultura e l’etica professionale delle nostre organizzazioni.

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Riccardo Innocenti

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Le diversità nella governance della funzione statistica della Banca rispetto all’Istat sono invece il necessario portato delle più generali finalità delle due istituzioni. Mi spiego con un esempio. A differenza dell’Istat, la Banca d’Italia non è tenuta a produrre un pro-gramma statistico da sottoporre al vaglio e all’approvazione di un qualche organismo esterno. Perché questo? Il motivo può essere individuato nel fatto che l’attività statistica della Banca è, in un certo senso, un sottoprodotto o, per meglio dire, un “prodotto con-giunto” delle sue funzioni istituzionali: politica monetaria, vigilanza, sorveglianza sui mercati finanziari e sul sistema dei pagamenti. L’ordinamento normativo le attribuisce funzioni di policy ben precise e, per poterle svolgere adeguatamente, le conferisce il po-tere di raccogliere e produrre statistiche di cui è essa stessa il primo e il principale utente. L’ambito delle attività statistiche della Banca è dunque ben delineato “a monte”, in rela-zione alle sue specifiche funzioni. Ben diversamente, l’Istat e gli altri enti del Sistan lavo-rano per soddisfare i fabbisogni informativi che si genelavo-rano da tutte le istanze e le politiche economiche e sociali del Paese. Da qui la necessità di un vaglio da parte della collettività sulla completezza, la corretta individuazione delle priorità e la generale rispondenza del programma statistico del Sistan ai bisogni complessivi che la collettività esprime. La Banca d’Italia non fa parte del Sistan, per coerenza con lo status di indipendenza che una banca centrale deve avere, in Italia come in tutta l’Europa e negli altri paesi. Tut-tavia la Banca d’Italia collabora intensamente con il Sistan; la stessa legge istitutiva del Sistan pone l’obbligo di tale collaborazione. La Banca d’Italia è presente in molti organi del Sistan, nella Commissione di garanzia per l’informazione statistica, nella Com-missione per l’indirizzo e il coordinamento della funzione statistica e, infine, in molti Circoli di qualità del Sistan. Quello dei Circoli è un terreno particolarmente importante di scambio e di collaborazione: è lì che nasce il Programma statistico nazionale ed è im-portante che ciascuna istituzione possa venire a conoscenza dei progetti a cui le altre stanno lavorando o hanno intenzione di sviluppare, in modo che le sinergie possibili siano massimamente favorite, a beneficio dell’economicità, del contenimento degli oneri sui rispondenti e della qualità dell’informazione prodotta. I termini della colla-borazione tra l’Istat e la Banca d’Italia si sono estesi anche oltre gli obblighi previsti dalla legge: un solo esempio per tutti è quello della convenzione stipulata nel 1996 per regolare più da vicino i rapporti di reciproca collaborazione, che ha consentito di in-dirizzare lo scambio di informazioni e la collaborazione scientifica al più ampio livello fra i due enti.

Vorrei ora ricordare rapidamente quali sono stati, nell’ultimo decennio, i termini della nostra collaborazione. Mi limiterò alle forme strutturate di interazione, alle quali da sempre si sommano quelle informali riguardanti gli interessi di ricerca e gli appro-fondimenti metodologici. Un aspetto importante della collaborazione strutturata ri-guarda lo scambio di dati fondanti per le attività di ciascuno: l’Istat, ad esempio, fornisce dati alla Banca d’Italia per la costituzione dei campioni delle proprie indagini. Dalla Banca d’Italia in cambio riceve, ad esempio, le informazioni sulla matrice dei conti delle banche: una fonte importante per la contabilità nazionale settoriale. Un altro caso rilevante riguarda la bilancia dei pagamenti, dove la compilazione dei dati rela-tivi alle merci, ai servizi e ai trasferimenti unilaterali richiede un articolato scambio di flussi informativi e di elaborazioni tra i due istituti.

Uno dei campi dove più forte è la necessità di collaborazione è infine quello della com-pilazione del sistema dei conti finanziari per settore istituzionale. Come è noto, questo compito, che richiede la disponibilità di un insieme molto esteso e articolato di fonti pri-marie, è svolto prevalentemente dalla Banca d’Italia; tuttavia molte delle fonti di cui questa si avvale provengono dall’Istat e da altri componenti del Sistan, quali il

Mini-stero dell’economia – con il Dipartimento del tesoro e la Ragioneria generale dello Stato – l’Isvap, l’Ania. La collaborazione non consiste semplicemente nello scambio di dati. Una parte determinante riguarda il confronto sulle metodologie impiegate: i conti finanziari sono infatti parte di un sistema statistico integrato, caratterizzato dalla “spe-cularità” tra la componente “reale”, di competenza dell’Istat, e la componente “finan-ziaria” elaborata dalla Banca, che deve essere elaborata in conformità con gli standard definiti in ambito internazionale.

È stato proprio l’affermarsi degli standard statistici internazionali, dettato dalla neces-sità di disporre di informazioni confrontabili e aggregabili tra i vari paesi, soprattutto in ambito europeo, a imprimere un carattere sempre più strutturato alla collabora-zione tra banche centrali e istituti di statistica. La nostra collaboracollabora-zione si è intensifi-cata anche perché l’Unione europea ci ha richiesto un salto di qualità. Un esempio molto recente è rappresentato dall’avvio della compilazione dei conti settoriali trime-strali per l’Unione: si tratta di statistiche con requisiti molto stringenti anche in termini di tempestività, che ci inducono a ricercare le tecniche di elaborazione più efficienti e ci spingono ad avvalerci reciprocamente, quanto più è possibile, dell’informazione già in possesso dell’altro ente.

Una forte spinta alla collaborazione è derivata dalla cosiddetta “procedura sui disa-vanzi eccessivi”, che sta al centro del Trattato di Maastricht, e dalla produzione dei pa-rametri del debito e del disavanzo pubblico in rapporto al Pil. Vorrei illustrare molto sinteticamente la relazione che intercorre tra i vari indicatori delle condizioni della fi-nanza pubblica che sono oggetto della notifica alla Commissione europea ai sensi della procedura sui disavanzi eccessivi. Il disavanzo è un dato di contabilità reale ed è cal-colato dall’Istat; la variazione del debito è calcolata dalla Banca d’Italia; la variazione delle attività finanziarie è anch’essa calcolata dalla Banca d’Italia ma prevalentemente con fonti provenienti dal Ministero dell’economia. Al netto degli aggiustamenti statistici (sfasamenti cassa-competenza; differenze di valutazione eccetera) il disavanzo pub-blico deve risultare pari alla differenza tra la variazione del debito e la variazione delle attività finanziarie: il rispetto di questa relazione fra i dati, che è un indicatore della loro qualità, è severamente controllato dall’Eurostat. Si tratta dunque di statistiche di im-portanza cruciale per lo scenario politico europeo e penso si possa affermare che l’ef-ficacia della collaborazione tra vari enti del Sistan e la Banca d’Italia, che ha portato negli anni recenti a notevoli progressi nella qualità delle informazioni prodotte, ha si-curamente contribuito a far crescere la reputazione internazionale del nostro Paese. Sappiamo che anche a livello europeo la produzione delle statistiche ufficiali si articola su due poli: da un lato il Sistema statistico europeo coordinato dall’Eurostat, di cui fanno parte gli istituti di statistica nazionali; dall’altra il Sistema europeo delle banche centrali, formato dalla Bce e dalle banche centrali dei paesi membri. Anche in Europa, come a li-vello nazionale, i sistemi di governance dei due poli sono diversi e la diversità ha natura e fondamenti simili a quelli prima richiamati con riferimento all’Italia. Ci sono però dei principi che accomunano i due sistemi: quelli espressi nel Codice della statistica euro-pea, pienamente sottoscritti anche dalla comunità delle banche centrali. Questi prin-cipi, che condividiamo a livello nazionale e a livello europeo sono – è importante ricordarli – quelli dell’imparzialità, dell’obiettività delle statistiche prodotte, dell’indi-pendenza professionale di chi le produce, del rispetto della confidentiality, dell’appli-cazione del criterio della cost effectiveness – vale a dire che i benefici devono valere i costi che sono necessari per la raccolta e l’elaborazione dei dati – della minimizzazione degli oneri sui soggetti delle rilevazioni e dell’alta qualità delle informazioni prodotte. Analogamente a quanto è accaduto in Italia, anche a livello europeo istituti di statistica

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e banche centrali hanno sentito la necessità di affiancare al quadro normativo e regola-mentare accordi specifici che chiarissero più nel dettaglio i termini della collaborazione. Tali accordi prendono il nome di Memorandum of Understandings e definiscono gli ambiti statistici di interesse comune, le rispettive aree di responsabilità specifica e quelle nelle quali vi è una condivisione di compiti. Com’è facile immaginare, l’Eurostat ha re-sponsabilità primaria nelle statistiche economiche, negli indicatori congiunturali, negli indici dei prezzi al consumo e nelle statistiche della contabilità reale; la responsabilità primaria della Bce riguarda le statistiche monetarie, bancarie e finanziarie e quelle sulle riserve e i tassi di cambio dell’euro. L’ambito di responsabilità condivisa è simile a quello che vige in Italia tra Istat e Banca d’Italia e comprende: la bilancia dei pagamenti e la po-sizione patrimoniale verso l’estero, laddove l’Eurostat è primariamente responsabile per il conto corrente e il conto capitale e la Bce per il conto finanziario e per la compilazione della bilancia mensile dell’area dell’euro; i conti economici per settore, nell’ambito dei quali competono all’Eurostat la compilazione dei conti annuali dell’Unione e alla Bce quella dei conti finanziari trimestrali dell’area dell’euro. Il coordinamento tra il Sistema statistico europeo e il Sebc nelle materie definite dal Memorandum è affidato al Comi-tato per le statistiche monetarie, finanziarie e di bilancia dei pagamenti.

Come abbiamo avuto modo di vedere in questa rapida carrellata sui contenuti della collaborazione tra sistema statistico e banca centrale nel nostro Paese e in ambito eu-ropeo, fin qui il focus si è mantenuto sulle statistiche macroeconomiche. Ma cosa ci at-tende in futuro? A mio parere il nuovo scenario che si apre è invece rivolto principalmente alla dimensione micro. Ciò accade per due ragioni. La prima, e forse più ovvia, è che l’interesse per le informazioni di natura microeconomica è molto forte da parte degli economisti e dei ricercatori in campo economico, in quanto la

micro-foundation è ormai la mainstream della teoria e dell’analisi in tale campo. La seconda

ragione, e forse la più pressante, è che il ricorso ai microdati consente di contenere il costo complessivo delle statistiche perché permette di utilizzare per una molteplicità di scopi l’informazione elementare una volta che la si è raccolta. Questa caratteristica è di estrema importanza per l’Europa. Si pensi ad esempio alle conseguenze del fatto che in Europa si sovrappongono diversi ambiti territoriali delle policies – il livello locale (re-gionale), quello nazionale e quello sovranazionale – e che su ciascuno di questi insi-stono una pluralità di politiche economiche, ognuna con le proprie specifiche esigenze informative. Ne consegue che la matrice di richiesta di informazioni che si riversa sui medesimi soggetti è estremamente variegata e complessa; diviene dunque vitale l’ado-zione di strategie per contenere il costo dell’informal’ado-zione statistica, sia per i soggetti che devono fornire i dati di base sia per coloro che debbono elaborarli.

Un corollario di questa spinta al contenimento dei costi della statistica è che può innescarsi una competizione tra diversi modelli organizzativi nazionali, che non necessariamente condurrebbe a risultati ottimali; può infatti accadere che la competizione spinga verso un modello in cui il costo è basso ma anche la qualità dei dati prodotti è bassa. È dunque ne-cessario attrezzarsi e fornire risposte che evitino il rischio di un decadimento della qualità. Come possiamo gestire in modo ottimale il trade-off tra costi e qualità delle statistiche? Una leva importante è proprio quella della fungibilità delle medesime informazioni per più di uno scopo, risultato che si ottiene rilevando l’informazione di base al livello il più possibile disaggregato; è poi necessario utilizzare al massimo le fonti ammini-strative già esistenti e ricorrere, laddove possibile, a indagini campionarie. Tutto ciò ri-chiederà di rafforzare la collaborazione tra i nostri istituti, estendendola dalla discussione degli aspetti metodologici e dallo scambio delle informazioni macro alla condivisione delle fonti primarie delle statistiche che produciamo. Richiederà di

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segnare, almeno in parte, le stesse fonti primarie per renderle quanto più è possibile mo-dulari e dunque fungibili per più scopi; a questo fine è auspicabile che i dati di base ven-gano conservati in data repository comuni, a cui le varie istituzioni possano attingere per i propri scopi specifici. Il Registro europeo delle imprese potrebbe essere una delle prime realizzazioni del “nuovo corso”.

Cosa potremmo utilmente fare, nell’immediato, per favorire gli sviluppi che ho appena tracciato? Innanzitutto potremmo ripensare, ciascuno per proprio conto ma anche a be-neficio dell’altro partner, gli schemi di rilevazione delle informazioni che correntemente utilizziamo, in modo che siano maggiormente modulari e quindi maggiormente fruibili anche dall’altro ente; in Banca d’Italia abbiamo già cercato di perseguire questo obiet-tivo con la recente riforma della matrice dei conti bancaria. Potremmo inoltre favorire lo sviluppo degli standard per lo scambio delle informazioni tra organismi e paesi, in-dividuare le aree nelle quali la condivisione dei microdati di base recherebbe maggiori benefici; riflettere sui sistemi per salvaguardare la riservatezza dei dati individuali pur consentendone una circolarità più ampia. Infine, ma come punto di massima impor-tanza e priorità, potremmo promuovere l’evoluzione del quadro normativo europeo in materia di collaborazione tra le istituzioni responsabili della produzione statistica – il Sistema statistico europeo e il Sebc – e al loro interno tra i membri che li compongono. Le due regulation gemelle che fissano i poteri statistici del Sistema statistico europeo e del Sistema europeo delle banche centrali (regolamento del Consiglio Ce 322/97 per il Sse e regolamento del Consiglio Ce 2533/98 per il Sebc) sono sul punto di essere rifor-mate nella direzione appena indicata. Io credo che questo sia un passo importante della costruzione europea, che ci proietti immediatamente in una dimensione nuova del fare statistica, vitale per il successo delle politiche economiche dell’Unione, e che per questo vada sostenuto con convinzione nelle sedi appropriate. Vi ringrazio dell’attenzione.

Grazie dottoressa Marchese. Il contributo è apparso di un interesse profondo, anche perché ha posto sul piatto il problema della relazione tra due realtà esistenti in un si-stema dato, tra due grandi enti, non tra un grande ente centrale e uno piccolino sparso alla periferia del Paese, ma due grandi enti con due grandi mission fondanti, ciascuna nel proprio ambito, che devono non solo collaborare ma integrarsi in un unico conte-sto e riferimento normativo. Sembra questa l’importanza di questa relazione, soprat-tutto perché cominciano a emergere due termini essenziali: i principi di riferimento e le garanzie dell’ordinamento, tutte tese verso il problema della qualità. Credo che que-sto sia l’argomento della prossima relazione, quella della dottoressa Cingolani.