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FARMACI CHE AGISCONO SULLE FUNZIONI MITOCONDRIALI PER CONTROLLARE LA CRESCITA DELLE CELLULE TUMORALI [21-23]

Il ruolo centrale dei mitocondri nella morte cellulare programmata ha indirizzato la ricerca verso agenti radio- e chemio-terapici in grado di provocare la morte di cellule cancerose [24]. La maggior parte dei farmaci anticancro convenzionali sfrutta indirettamente i mitocondri per svolgere l’azione citotossica, per esempio attraverso l'attivazione multipla delle vie che coinvolgono la proteina p53 o la morte dei recettori. Quindi, bersagliare direttamente le funzioni mitocondriali potrebbe essere di significativa rilevanza terapeutica, dal momento che la crescita rapida e continua delle cellule tumorali è altamente energia- dipendente, che le cellule tumorali spesso sviluppano farmaco-resistenza, causando resistenza nei confronti dei segnali pro-apoptotici. Di conseguenza, oggi i mitocondri offrono diversi potenziali bersagli per la terapia anti-cancro, e sono stati proposti vari approcci per interferire con le loro funzioni all'interno delle cellule tumorali [25] (figura 7).

Questi organuli cellulari, oltre ad offrire un'ulteriore strategia per la cura del cancro, rappresentano anche il bersaglio di numerosi farmaci, usati o sviluppati per il trattamento di altre malattie, in particolare quelle neurodegenerative e cardiovascolari, come pure il diabete e certe infezioni virali.

Composti che alterano il potenziale di membrana

Non c’è dubbio che i mitocondri giochino un ruolo centrale nella morte cellulare programmata, infatti alcune modificazioni mitocondriali sono state descritte come tappe cruciali dell’apoptosi: diminuzione del potenziale della membrana mitocondriale (∆Ψ), blocco del trasporto elettronico e della fosforilazione ossidativa, sintesi delle specie attive dell’ossigeno e rilascio di fattori pro- apoptotici, come citocromo c, Smac/Diablo, AIF, ecc., che inducono l’attivazione delle caspasi. Poiché i mitocondri svolgono un ruolo chiave nell’induzione dell’apoptosi, è di grande interesse la possibilità di sfruttare la loro funzione pro- apoptotica per ridurre la crescita e la sopravvivenza delle cellule tumorali. Sono stati considerati essenzialmente due approcci farmacologici correlati all’apoptosi: l’inibizione della famiglia delle proteine Bcl-2 e la formazione dei pori di transizione di permeabilità.

L’inibizione della permeabilità della membrana mitocondriale (MMP), che blocca il rilascio del citocromo c, contribuisce alle funzioni anti-apoptotiche della proteina Bcl-2 situata nella membrana mitocondriale esterna.

Sono state messe a punto strategie diverse per annullare la proprietà anti- apoptotica delle proteine della famiglia Bcl-2. L’inibizione dell'espressione di

Bcl-2 o dei suoi affini Bcl-XL è stata ottenuta mediante un anticorpo a singola

catena o con oligonucleotidi antisenso a singolo filamento, i quali possono ibridare con il mRNA bersaglio e inibire il suo trasferimento all’interno della proteina Bcl-2. Infatti, l’associazione di Genasense (Oblimersen sodium, gp3139), un oligonucleotide antisenso 18-merfosforotiato attivo su mRNA-Bcl-2, con farmaci citotossici convenzionali, ha dato risultati incoraggianti, anche se la monoterapia con l’oligonucleotide antisenso è fortemente compromessa.

Una strategia alternativa è lo sviluppo di piccole molecole capaci di mimare il dominio di dimerizzazione BH3, identificato in praticamente tutte le proteine correlate a Bcl-2. L’ interazione di tali composti con Bcl-2 induce apoptosi caspasi-dipendente delle cellule cancerose. È il caso del derivato del cromene, permeabile alle cellule, HA14-1 (etil 2-amino-6-bromo-4-(1-ciano-2-etossi-2- ossoetil)4H-cromene-3-carbossilato), il quale si lega alla tasca di superficie del Bcl-2 e stimola l’apoptosi. Altre molecole di natura non peptidica, antagoniste di Bcl-2 e Bcl-XL sono state sviluppate recentemente, come il derivato della diazocina diossido NSC365400 e il composto tiazolidinico BH31-2, che si è mostrato un inibitore del peptide BH3, che si lega a Bcl-XL (figura 8).

Figura 8. Farmaci che agiscono su Bcl-2 o sui pori di transizione della membrana.

Il composto più recente di questo gruppo di molecole è il gossipolo, farmaco polifenolico di derivazione naturale che, oltre ad essere un contraccettivo maschile, possiede in vivo proprietà antitumorali. Questo composto rappresenta il prototipo della piccola molecola che interagisce con BH3, capace di inibire Bcl-2, Bcl-XL e Mcl-1; infatti, sembra che sia in grado di agire direttamente sulle

molecole Bcl-2 presenti nella membrana mitocondriale esterna. Il gossipolo è capace di bloccare l'eterodimerizzazione di Bcl-XL con Bax o Bad, come di promuovere l'attivazione della caspasi-3 ed il rilascio del citocromo c in cellule che sovraesprimono Bcl-2 e Bcl-XL. Poiché tale composto mostra una marcata capacità di distruggere vari tipi di cellule cancerose, la sua attività antitumorale è stata testata nel corso di sperimentazioni cliniche su pazienti con tumore della prostata refrattario alla terapia ormonale e su soggetti con tumore mammario in fase avanzata. Attualmente, numerosi derivati del gossipolo vengono studiati come potenziali agenti antitumorali; tra questi si può citare l’enantiomero (-) del gossipolo, che ha dimostrato di esercitare un'azione selettiva nei confronti delle proteine della famiglia Bcl-2, superando così la resistenza all’apoptosi.

Attivazione del poro di transizione della permeabilità

Le alterazioni nella permeabilità della membrana mitocondriale svolgono un ruolo chiave nella via apoptotica.

I mitocondri usano pompe-canale e le vie ossidative per mantenere un potenziale di membrana costante di circa – 180 mV, attraverso il loro doppio strato lipidico. Un valore simile non viene raggiunta in alcun altro organulo; il potenziale che si registra nei mitocondri è doppio rispetto a quello delle cellule eccitabili della membrana plasmatica, e circa sei volte maggiore di quello delle cellule non eccitabili. Le caratteristiche peculiari della membrana mitocondriale la distinguono dagli altri organelli intracellulari, offrendo un’opportunità unica di bersagliare selettivamente i mitocondri.

Un improvviso crollo del potenziale di membrana (∆Ψ), evidenziato valutando la perdita di fluorescenza di fluorocromi cationici lipofili, come la rodamina123, è spesso associato alla formazione di un megaporo, il poro di transizione della permeabilità, nella membrana interna.

La composizione e la struttura del poro PTP deriva dall’associazione di diverse proteine, ovvero l’adenina nucleotide traslocasi (ANT), situata nella membrana mitocondriale interna, il canale ionico voltaggio-dipendente (VDAC), localizzato nella membrana esterna, il recettore periferico delle benzodiazepine (PBR) e la peptidil-prolil isomerasi ciclofilina D (Cyp-D) (figura 9).

Figura 9. Poro di transizione della permeabilità mitocondriale.

Questo complesso proteico crea un canale che collega la matrice mitocondriale al citosol. L'apertura di questo canale permette il libero passaggio di molecole di dimensioni fino a 1,5 kDa, e la dissipazione del gradiente protonico che danneggia le funzioni della catena respiratoria. L’ingresso di soluti e acqua provoca il rigonfiamento della matrice e la rottura della membrana esterna, determinando il rilascio di proteine, come il citocromo c, che attivano le caspasi.

Un certo numero di farmaci chemioterapici sperimentali agiscono direttamente su MMP inibendo l'apertura del poro, legandosi ad uno dei componenti della proteina PTP. Per esempio, la ciclosporina A, un potente immunosoppressore, si lega con elevata affinità alla ciclofilina D, determinando l’inibizione dei fattori che aprono il PTP. Questa inibizione non dipende dall’azione immunosoppressiva della ciclosporina A, dal momento che l’analogo N-metil-Val-4-ciclosporina è capace di bloccare il PTP ma non è in grado di inibire la calcineurina né bloccare i geni delle citochine. Il legame della ciclosporina A al PTP impedisce la morte cellulare dovuta a necrosi da stress ossidativo, la tossicità del trasportatore del Ca2+ e l’ischemia.

L’apertura del PTP può essere inibita non solo attraverso il legame diretto di un farmaco, ma anche impedendo l’accumulo di Ca2+ con composti quali la tapsigarina, un inibitore della Ca2+ -APTasi del reticolo endoplasmatico, che determina apoptosi in varie linee cellulari.

La tapsigarina e la ciclosporina A inibiscono entrambe l’apertura del PTP (figura 10).

Figura 10. Schema del poro di transizione mitocondriale (PTP) e farmaci che

interagiscono con proteine costituenti il PTP.

La situazione contraria, invece, è stata osservata recentemente con il complesso dinucleare oro(I)-carbene e con il composto vegetale soforanone, un flavonoide isoprenoide-sostituito isolato dalle radici di Sophora subprostrata, ed estratto dal tradizionale medicinale cinese Shan Dou Gen. Il soforanone stimola la produzione di ROS all’esterno dei mitocondri, induce l’apertura del PTP ed il rilascio del citocromo c, provocando l’apoptosi delle cellule di leucemia U937. Il bersaglio specifico del soforanone non è ancora stato individuato, comunque la sua attività selettiva sui mitocondri giustifica gli studi rivolti alla scoperta di una sua potenziale attività antitumorale.

Una molecola particolarmente interessante, attiva sui mitocondri, è l' N- metilpiridinio o F16 (figura 14), che inibisce selettivamente la proliferazione delle

cellule dell’epitelio mammario che sovraesprimono il protoncogene erb-2/neu e altri oncogeni, come c-myc e v-Ha-ras.

Figura 11.

Questo composto lipofilo, che presenta una struttura piuttosto semplice, scoperto attraverso lo screening di una libreria di composti, si accumula all’interno dei mitocondri, principalmente nella matrice, causando, mediante la dissipazione del gradiente protonico che si forma attraverso la membrana mitocondriale interna (diminuzione di ∆Ψ), danneggiamento mitocondriale, apertura del poro di transizione della permeabilità, rilascio di citocromo c, blocco del ciclo cellulare, fino alla morte della cellula. Il danneggiamento delle funzioni mitocondriali da parte di F16 potrebbe essere all’origine della sua capacità di indurre apoptosi o necrosi a seconda della struttura genetica della cellula tumorale bersaglio. L'interesse nella ricerca di molecole analoghe che inducano tossicità mitocondriale, è comunque condizionato dall'osservazione che la struttura del composto F16 somiglia al 1-metil-4-fenilpiridinio (MPP+), una nota tossina che

causa parkinsonismo (metabolicamente prodotta per ossidazione della neurotossina nigrostriatale MPTP).

L'acido betulinico, un triterpene lupano-simile, la lonidamina, l’anidride arseniosa (una delle cure più efficaci per la leucemia promielocitica acuta) e l'acido 6[3- adamantil-4-idrossifenil]-2-naftalen carbossilico (CD437) inducono la MMP attraverso un’azione diretta su ANT (figura 12).

Comunque, anche se queste molecole hanno un effetto simile sulla MMP, esse inducono l’apoptosi secondo meccanismi diversi. L’inibizione della fosforilazione ossidativa indotta dall’inibitore della F0-F1-ATPasi oligomicina rende più sensibili le cellule alla morte cellulare indotta da lonidamina, mentre sia l’inibizione della fosforilazione ossidativa che la glicolisi sono necessarie per sensibilizzare le stesse cellule alla morte provocata da anidride arseniosa.

Si è cercato quindi di comprendere l’esatto bersaglio dell’anidride arseniosa. Utilizzando un anticorpo policlonale VDAC, capace di inibire selettivamente il rilascio di citocromo c mediato da VDAC e indotto da Bax e Bak, e liposomi contenenti VDAC, si è arrivati a definire che il VDAC è il bersaglio principale dell’anidride arseniosa. In effetti, il meccanismo d’azione dell'As2O3 è pleiotropico, dal momento che implica dissipazione del ∆Ψ, conseguente rilascio del citocromo c e inibizione della respirazione mitocondriale attraverso l’aumento della sintesi di ROS, riuscendo a promuovere l’apoptosi in cellule di leucemia primaria. Questo composto è anche in grado di causare la degradazione della proteina di fusione PML-RARα in cellule affette da leucemia promielocitica acuta.

La situazione risulta più chiara nel caso della lonidamina (LND), che induce l’apoptosi attraverso un’azione diretta sul poro di transizione della permeabilità mitocondriale.

LND, che deriva dall'acido carbossilico 3-indazolico, mostra proprietà sia antispermatogeniche che antineoplastiche. Essa ha vari effetti sulle cellule, sebbene la sua attività principale sia quella di regolare l'energia nelle cellule cancerose. La lonidamina ha dimostrato di bloccare la glicolisi attraverso

l'inibizione della esochinasi II, che si trova spesso in quantità elevata nelle cellule cancerose. L'attività di questo composto si basa sulla deplezione dell'ATP, sull'inibizione del consumo di ossigeno nelle cellule di tumore ascitico di Ehrlich e della produzione di lattato in condizioni aerobie e anaerobie. Fenomeni apoptotici di scarsa rilevanza si sono osservati in corso di terapia con la sola lonidamina o con radioterapia, mentre un significativo aumento dell'apoptosi si osserva trattando cellule di melanoma maligno resistente alla radioterapia con l'associazione dei due agenti terapeutici. LND aumenta anche la citotossicità di diversi farmaci antitumorali, tra cui doxorubicina, cisplatino, carmustina (BCNU) e 4-idroperossiciclofosfamide (4-HC). Numerosi studi clinici con lonidamina da sola e in associazione con altri agenti chemioterapici sono stati condotti su pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule, del seno, ovarico e glioblastoma.

Un composto più recente è l'oxamato, che inibisce la lattato deidrogenasi (LDH), un enzima NADH-dipendente responsabile della trasformazione del piruvato a lattato.

Oxamato

In diverse linee cellulari epiteliali di tumore mammario nel topo, l'attività dell'LDH-A è maggiore, se paragonata a quella nelle cellule sane. Alcuni studi

hanno dimostrato, attraverso la misurazione del lattato prodotto, che la velocità di glicolisi in cellule HeLa S3 trattate con oxamato viene ridotta; inoltre, anche la crescita cellulare e l'assorbimento di glucosio vengono inibiti da questa molecola. Un altro studio sostiene che l'enzima LDH sia bersaglio del composto utilizzando l'α- chetobutirrato come sostituto del piruvato: l'addizione di α- chetobutirrato blocca l'inibizione della crescita e l'assorbimento del glucosio in presenza di oxamato nelle cellule HeLa. Tuttavia, l'α- chetobutirrato, da solo, inibisce la crescita cellulare. La sintesi di LDH-A umano ricombinante mostra che l'oxamato inibisce in modo competitivo l'enzima, e ciò viene confermato anche in vitro. L'inibizione della crescita è stata osservata sia in vitro che in vivo trattando cellule di adenocarcinoma mammario MDA-MB-231 con oxamato. La perdita di ATP nelle cellule HeLa per azione di questo composto, sembra anche contribuire all'inibizione della crescita e ad aumentare la citotossicità mediata da doxorubicina. Inoltre, l'oxamato ha dimostrato di inibire l'attività dell'aspartato aminotrasferasi (AAT) umana ricombinante, che lavora in associazione con la malato deidrogenasi, un enzima TCA che ossida il malato ad ossaloacetato, per facilitare il trasporto dei due metaboliti fra i mitocondri e il citosol.

Un altro farmaco selettivo verso i mitocondri da menzionare, è l’imexone (figura 14), un imminopirrolidone contenente aziridina, il quale mostra la capacità di inibire selettivamente la crescita del mieloma multiplo. Questo derivato cianoaziridinico, nelle cellule con mieloma, provoca stress ossidativo, alterazioni mitocondriali e apoptosi, attraverso il legame covalente con composti sulfidrilici biologicamente importanti. Le cellule di mieloma RPMI8226/I resitenti all’imexone presentano importanti alterazioni morfologiche dei mitocondri ed una

maggiore espressione delle proteine mitocondriali con funzione anti-apoptotica, come la Bcl-2. La potente azione pro-apoptotica dell’imexone associata alla sua capacità di interagire selettivamente con i mitocondri, rende questa molecola un composto interessante per lo sviluppo di nuovi aziridino-imminopirrolidoni ad azione antitumorale.

Per quanto riguarda il composto dicloroacetato (DCA), sembra che uno dei meccanismi d'azione sia l'inibizione della chinasi piruvato deidrogenasi (PDK), che a sua volta provoca l'attivazione della piruvato deidrogenasi (PDH). PDH è responsabile della trasformazione del piruvato ad acetil-CoA, che può, in questo modo, entrare nel ciclo degli acidi tricarbossilici. La fosforilazione di PDH ad opera dell'enzima PDK causa l'inibizione dell'attività della piruvato deidrogenasi. Alcuni studi hanno dimostrato che il dicloroacetato è in grado di ridurre l'iperpolarizzazione del potenziale della membrana mitocondriale nelle cellule di glioblastoma, di tumore al polmone non a piccole cellule e al seno, mentre lo stesso non avviene nelle cellule sane. L'analisi dei parametri metabolici nel corso del trattamento con DCA di cellule di tumore polmonare ha dimostrato che il composto è capace di ridurre sia la glicolisi che l'ossidazione degli acidi grassi, mentre aumenta l'ossidazione del glucosio. In più, il dicloroacetato è in grado di indurre l'apoptosi, una forte produzione di H2O2 e di attivare il canale del potassio Kv1.5 nelle cellule A549. Il trattamento di cellule di carcinoma della testa e del collo con DCA ha indotto una riduzione dose-dipendente della forma fosforilata dell'enzima PDHα nelle cellule primarie UM-22A.

Dato che la membrana mitocondriale presenta un potenziale negativo, altri agenti sono caratterizzati da un gruppo carico positivamente, che si serve delle forze elettrostatiche per raggiungere il suo bersaglio.

La rodamina 123 e composti analoghi, contenenti gruppi cationici all’interno di una struttura altrimenti non polare, hanno la capacità di attraversare la membrana lipidica mitocondriale sfruttando il gradiente di potenziale negativo di questo organello come forza motrice elettrostatica. In accordo con l’equazione di Nernst, esso può comportare un aumento dell’accumulo di 100-500 volte. La rodamina 123 e i suoi analoghi sono stati usati per valutare l’accumulo di questo gruppo di coloranti fluorescenti nei mitocondri, e come risultato del successo e della riproducibilità della loro selettiva incorporazione all’interno dei mitocondri, i coloranti contenenti rodamina sono stati messi a punto per saggi mitocondriali correntemente utilizzati.

Rodamina 123

La rodamina 123 è stata usata con successo come molecola chaperone per introdurre altri composti ad essa legati, nei mitocondri. Il farmaco antitumorale cisplatino è stato selettivamente introdotto nei mitocondri di cellule cancerose utilizzando questo metodo, ed approcci dello stesso genere sono stati sperimentati

con altre piccole molecole. Il risultato più importante degli studi sulla rodamina è stato la scoperta dell’utilità dell’effetto chaperone, il quale è stato ulteriormente sfruttato per lo sviluppo di sali lipofili di trifenilfosfonio (TPP).

Questo ultimo gruppo di composti comprende la maggior parte degli agenti non- peptidici mitocondri-specifici sintetizzati fino ad oggi (figura 13).

Figura 13. Composti cationici lipofili.

Dal momento che l’assorbimento e il profilo di selettività dei derivati TPP alchilici sono simili a quelli degli analoghi strutturalmente più complessi della rodamina, sono stati sintetizzati vari cationi TPP lipofili legati a molecole antiossidanti, con interessanti risultati.

Altri cationi lipofili, che mostrano selettività verso i mitocondri, potrebbero costituire un’opportunità importante per lo sviluppo di veri e propri farmaci (figura 14).

La flupirtina è un analgesico non-oppioide localizzato all’interno dei mitocondri che può proteggere dal danno cellulare indotto da N-metil-D-aspartato e dal danno

ischemico, oltre a prevenire l’aumento indotto da glutammato, dei livelli di Ca2+ , causando apoptosi.

Il composto MKT-077 si accumula nei mitocondri grazie alla sua funzione amminica in forma cationica ed al suo scaffold relativamente non-polare. Tuttavia, invece di agire in modo protettivo, MKT-077 mostra una tossicità selettiva verso i mitocondri di cellule cancerose; tale selettività è legata al potenziale della membrana mitocondriale, che nelle cellule tumorali risulta aumentato rispetto al valore che si registra nelle cellule sane.

Per quanto i cationi lipofili proteggano dal danno mitocondriale, la loro dipendenza dal potenziale di membrana mitocondriale costituisce tuttavia la limitazione più importante. Infatti, con l'aumento del numero di cationi lipofili all’interno dell’organello, il gradiente di potenziale diminuisce fino ad un valore in cui si ha la rapida fuoriuscita dell’inibitore dal mitocondrio, con perdita di attività, finché non viene ripristinata l’entrata. Quindi, a meno che l’inibizione sia irreversibile, non si può verificare un'attività costante del catione lipofilo. Questo inconveniente può costituire un problema, legato alla velocità con cui le specie cationiche entrano ed escono dai mitocondri.

Il decalinio è un composto lipofilico con due cariche positive e una catena laterale alifatica di 10 atomi di carbonio. Clinicamente, questa molecola è stata usata come antibiotico topico per mezzo secolo. Come altri cationi lipofilici, si ritrova principalmente nei mitocondri delle cellule tumorali. Il trattamento prolungato con questo composto altera drasticamente la morfologia dei mitocondri, causando il

cambio globulare e la distribuzione perinucleare. Esso inibisce, inoltre, la capacità della calmodulina, una proteina che lega il calcio, di attivare la fosfodiesterasi, per cui impedisce la proliferazione cellulare. Il decalinio bersaglia selettivamente le cellule cancerose, danneggia la proliferazione, la migrazione e l'invasione delle cellule di carcinoma, e prolunga la sopravvivenza dei topi in cui erano state impiantate cellule di tumore della vescica e del colon.

Introduzione alla