D
IPARTIMENTO DI
F
ARMACIA
Corso di Laurea specialistica in Farmacia
Sintesi di nuovi derivati benzotiopiranopirazolici con
potenziale attività sulla permeabilità mitocondriale
Candidato:
Paolo Santini
Relatori:
Dott.ssa Silvia Salerno
Prof. ssa Anna Maria Marini
INDICE
Pag.
Parte generale………..
1I mitocondri………. 4
Ruolo dei mitocondri nelle cellule tumorali……….. 11 Farmaci che agiscono sulle funzioni mitocondriali per controllare la crescita delle cellule tumorali………..
29
Introduzione alla Parte Sperimentale……….
47Parte Sperimentale………...
59Il tumore è una massa abnorme presente in un organo o in tessuto, con caratteristiche di crescita incontrollata e di struttura aberrante, che persiste anche dopo la cessazione degli stimoli che hanno iniziato il processo, e non spiegabile secondo i meccanismi conosciuti che stanno alla base delle malattie. Ogni tumore primario deriva da una singola cellula aberrante che subisce mutazione. La neoplasia, termine che significa nuova crescita, descrive questa tendenza alla eccessiva crescita incontrollata. La caratteristica comune a tutti i tumori, infatti, è che le loro cellule si comportano in modo da eludere alcuni, se non tutti, i meccanismi di controllo della crescita e dell’organizzazione anatomica delle cellule normali. La capacità di eludere tali meccanismi risulta nella formazione di una massa tumorale; tuttavia talvolta la migrazione di cellule tumorali al di fuori dei confini di formazione è tale da bilanciare la proliferazione e, conseguentemente, non si forma una massa tumorale propriamente detta [1]. Il tumore, quindi, è sostanzialmente definibile come una malattia a carico delle cellule caratterizzata da una deviazione patologica nei meccanismi che presiedono all’accrescimento e alla proliferazione cellulare; la crescita incontrollata può comportare secrezione anomala di fattori di crescita, un'anomalia nel recettore del fattore di crescita, o segnalazioni anomale tra i recettori di superficie delle cellule e recettori nucleari che codificano per la crescita e la differenziazione. Quando i meccanismi che presiedono alla crescita e alla proliferazione sono divenuti insufficienti si verifica una proliferazione cellulare clonogenica eccessiva e quindi una crescita autonoma che ha perso la capacità di regolazione e di inibizione da contatto [2,3]. Questo si verifica in seguito all’accumulo di alterazioni genetiche dovute al fallimento dei sistemi di riparazione, in particolare, alla neoplasia si
arriva in seguito a 5 eventi mutazionali non corretti. Se l’individuo presenta un genoma che ha ereditato eventi mutazionali, il numero di mutazioni necessarie allo sviluppo della patologia risulta minore. I tumori costituiscono un gruppo eterogeneo di malattie con cause multifattoriali. Gli individui possono avere una predisposizione ereditaria, ma l’espressione può non avvenire a meno che un'appropriata combinazione di cause ambientali venga soddisfatta. L'opinione corrente è che, anche se i cambiamenti del DNA sono coinvolti in tutti i tumori, fattori ereditari contribuiscono solo circa il 20% per la causalità generale, mentre i fattori ambientali contribuiscono all'80%. I tumori possono essere classificati in base al tessuto di origine (in senso istologico), in base all’organo di origine e infine in maligni o benigni, in relazione al comportamento clinico. Esistono comunque criteri generali che permettono di ricondurre ciascuna neoplasia al gruppo di tumori benigni o di quelli maligni. Più le cellule si allontanano dalle caratteristiche originali, maggiore è il rischio di anaplasia (ovvero scarsa differenziazione) e, contestualmente, di malignità. Le caratteristiche del nucleo e delle altre strutture interne, le dimensioni della cellula, l’architettura del tessuto formatosi, il numero di mitosi e la capacità di svolgere le normali funzioni sono caratteristiche che orientano verso una maggiore o minore differenziazione o anaplasia. I tumori maligni tendono a svilupparsi in modo più rapido rispetto a quelli benigni poiché una delle loro caratteristiche è la perdita di inibizione alla crescita.
Le cellule dei tumori ben differenziati sono simili a quelle del tessuto di origine e tendono a essere benigne. I tumori benigni in generale sono dotati di una struttura coesa e sono delimitati da una capsula fibrosa. I tumori maligni,
invece, tendono a infiltrare ed erodere i tessuti circostanti, penetrando all’interno delle strutture adiacenti. Essi non riconoscono limiti anatomici e possono permeare i vasi ematici e linfatici o diffondersi nelle cavità. Il processo di diffusione è aiutato dalla secrezione di proteasi (enzimi proteolitici come metalloproteinasi) dalle cellule tumorali, che facilitano il loro passaggio attraverso le membrane basali e nella matrice extracellulare del tessuto connettivo locale.
La migrazione delle cellule neoplastiche dal tumore primario in sedi lontane è la fase chiave in un tumore maligno. Le cellule che migrano si localizzano su altri organi e tessuti e provocano tumori secondari (Metastasi). I tumori secondari di solito crescono molto più velocemente rispetto al tumore primario perché sono più piccoli e quindi meglio perfusi, inoltre tendono anche ad essere più resistenti alla chemioterapia. Le modalità di trattamento di un tumore sono:
• Chirurgia (asportazione del tumore primario) • Radioterapia
• Farmacoterapia (chemioterapia citotossica, la terapia endocrina, la terapia biologica, immunoterapia, terapia genica)
Per quanto riguarda la farmacoterapia, la quasi totalità dei farmaci antitumorali agisce mediante l’induzione dell’arresto del ciclo cellulare o della morte cellulare programmata (apoptosi), indipendentemente dalla struttura chimica o dal meccanismo di azione.
I MITOCONDRI [4,5]
Fino alla seconda metà del XX secolo, i mitocondri erano considerati esclusivamente la centrale energetica della cellula, organelli le cui particolari architettura e composizione biochimica assolvevano allo scopo primario di produrre energia attraverso la fosforilazione ossidativa. A partire dalla fine degli anni '80, l'attenzione dei ricercatori si è invece progressivamente focalizzata sul ruolo di primo piano svolto da questi corpuscoli nelle funzioni biochimiche fondamentali per l’equilibrio omeostatico dell’organismo: essi possono infatti essere considerati i principali arbitri del ciclo vita/morte delle cellule, rappresentando un punto di convergenza per i segnali di morte scatenati da iniziatori intra- ed extracellulari. Studi recenti dimostrano che patologie quali il cancro, la neurodegenerazione, il Parkinson, il diabete mellito, l’Alzheimer e anche l’invecchiamento sono in generale influenzate da deficit o disfunzioni a livello mitocondriale.
Gli sforzi maggiori compiuti al fine di individuare target mitocondriali utili per lo sviluppo di un innovativo strumento terapeutico, hanno riguardato principalmente il cancro, sebbene siano stati indagati anche trattamenti per malattie neurodegenerative, metaboliche ed ischemiche.
In tutte le cellule eucariotiche, i mitocondri occupano una consistente frazione del citoplasma (fino al 25% del suo volume totale). Essi, infatti, sono tra gli organelli cellulari più voluminosi: le loro dimensioni equivalgono a quelle del batterio E. Coli, mentre il diametro di 0,5-1µm ne permette l'osservazione al microscopio ottico. Essi vengono comunemente descritti come rigidi cilindretti
allungati, ma avvalendoci di metodi più sofisticati come, ad esempio, la microscopia elettronica, si rivelano piuttosto mobili e plastici, in continuo mutamento di forma, e perfino capaci di fondersi gli uni con gli altri, per poi tornare a separarsi; durante il loro movimento all'interno del citoplasma, inoltre, sembrano spesso associarsi ai microtubuli, determinando probabilmente l'orientazione e la distribuzione caratteristiche dei mitocondri nei diversi tipi cellulari: in talune cellule, ad esempio, essi vanno a formare lunghi filamenti o catene mobili, mentre in altre rimangono fissi in una posizione ben definita. Strutturalmente, presentano un sistema a doppia membrana altamente specializzato, costituito dalla membrana mitocondriale esterna (MOM) e dalla membrana mitocondriale interna (MIM), le quali individuano due compartimenti sub-mitocondriali: lo spazio intermembrana, di esigue dimensioni e chimicamente equivalente al citosol, e la matrice, detta anche compartimento centrale. (Figura 1).
Figura 1. Struttura del mitocondrio.
Membrana interna Membrana esterna
Matrice
Spazio intermembrana Cristae
La membrana mitocondriale esterna (MOM), che costituisce il liscio rivestimento perimetrale di questi organelli ed è costituita all'incirca per metà da lipidi e per metà da proteine, risulta permeabile a tutte le molecole fino a 10000 Dalton: la presenza nella MOM delle porine, molecole proteiche che formano canali transmembrana strutturalmente simili a quelli presenti nei batteri Gram-negativi, ne permette, infatti, la libera diffusione nello spazio intermembrana, il cui contenuto in ioni e piccole molecole è perciò simile a quello del citoplasma, a differenza della matrice, che, invece, racchiude un insieme di piccole molecole altamente selezionato. Insieme alla membrana interna che la racchiude, la matrice rappresenta il principale componente funzionale del mitocondrio: essa ne contiene il sistema genetico e gli enzimi responsabili delle reazioni centrali del metabolismo ossidativo, tra cui quelli che metabolizzano il piruvato e gli acidi grassi producendo AcetilCoA e quelli che ossidano l'AcetilCoA nel ciclo dell'acido citrico.
La MIM costituisce il sito principale della produzione di ATP, ed il suo ruolo cruciale è insito nella sua struttura: essa appare altamente convoluta, andando a formare, nello spazio della matrice, una serie di pieghe note con il nome di Cristae la cui presenza va ad aumentare notevolmente l'area superficiale di questa membrana, potenziandone, di conseguenza, la capacità di sintetizzare ATP; non è un caso, ad esempio, che nelle cellule muscolari cardiache e scheletriche, per le loro maggiori esigenze energetiche, si riscontri un numero di creste 3 volte più elevato che nei mitocondri epatici. La membrana interna è costituita all'incirca per il 20% da lipidi e per il restante 80% da proteine, una proporzione maggiore di quella che si osserva nelle altre membrane cellulari.
Numerose proteine di trasporto contenute nella MIM assicurano che le piccole molecole destinate ad essere metabolizzate o richieste dai vari enzimi che si concentrano nello spazio della matrice, riescano ad attraversare la membrana interna, che comunque rimane la principale barriera di permeabilità tra il citosol e la matrice mitocondriale: in questo senso, gioca un ruolo fondamentale la presenza della cardiolipina (difosfatidil-glicerolo), un fosfolipide che rende impermeabile la membrana interna alla maggior parte degli ioni e ai protoni, in modo sufficiente da consentire che attraverso di essa possa stabilirsi un gradiente protonico che supporti la fosforilazione ossidativa.
In condizioni aerobie, le proteine della catena di trasporto elettronico (ETC), localizzate nella MOM, riducono l’ossigeno ad acqua tramite una serie di step che impiega NADH e FADH2 derivanti dal ciclo dell’acido tricarbossilico e dalla glicolisi; tali riduzioni, effettivamente, permettono il passaggio di protoni (H+), così che questi ioni si accumulano nello spazio intermembrana (IMS) creando, attraverso la MIM, un gradiente di pH che contribuisce ad un gradiente elettrochimico complessivo, impiegato a sua volta dalla F1F0-ATPasi
mitocondriale come sorgente di energia per la sintesi di ATP da ADP e fosfato, all'interno della sequenza di reazioni nota come fosforilazione ossidativa.
Nelle cellule sane, il fatto che la membrana mitocondriale interna, il confine tra lo spazio intermembrana/intercristae e la matrice siano praticamente impermeabili a tutti gli ioni, compresi i protoni, ha un significato ben preciso: come appena detto, ciò consente ai complessi I-IV della catena respiratoria, di costituire, attraverso la MIM, il gradiente protonico necessario per la
fosforilazione ossidativa: esso verrà poi utilizzato dal complesso V della catena respiratoria per sintetizzare ATP. (Figura 2).
Figura 2. Schema riassuntivo della fosforilazione ossidativa.
Lo sbilanciamento di carica che deriva dalla generazione di un gradiente elettrochimico attraverso la MIM ha un significato importante, dal momento che crea le condizioni per la nascita del potenziale di transmembrana mitocondriale (∆Ψm). Il mantenimento del gradiente protonico è, quindi, di vitale importanza per
la bioenergetica cellulare, e ciò significa che tutti i costituenti della matrice mitocondriale e tutti i metaboliti che attraversano la MIM lo fanno in modo altamente regolato con l’aiuto di proteine di trasporto e di canali altamente selettivi; infatti, sebbene la perdita transitoria del ∆Ψm attraverso
“l’ondeggiamento” di uno dei vari pori della MIM possa avvenire anche in condizioni fisiologiche, una duratura o permanente dissipazione di ∆Ψm è spesso
Anche la permeabilità della membrana mitocondriale esterna (MOM) è ben regolata, sia nelle cellule in vita che nella morte cellulare.
Nella morte cellulare, la permeabilità della MOM spesso aumenta, consentendo il rilascio di proteine solubili che normalmente sono localizzate nello spazio intermembrana (IMS). La morte associata alla permeabilizzazione non è solo un processo casuale, ma anche un fenomeno altamente regolato, con varie conseguenze in salute e malattia; non è un caso, infatti, che la IMS riesca comunque a trattenere proteine specifiche quali citocromo c, smac/Diablo (secondo attivatore mitocondriale delle caspasi/inibitore diretto della proteina di legame apoptotica) ed AIF (fattore di induzione dell’apoptosi), il quale, una volta rilasciato nel citosol, attiva le caspasi e induce l'apoptosi.
Un processo per il rilascio di questi fattori proteici di morte coinvolge lo swelling (rigonfiamento) mitocondriale: la membrana esterna si rompe dando origine al poro di transizione di permeabilità mitocondriale (MPTP), un megacanale che comprende varie proteine tra cui il trasportatore nucleotidinico (ANT), localizzato nella MIM, un canale anionico voltaggio-dipendente (VDAC) localizzato nella MOM, il traslocatore proteico (TSPO), esochinasi, ciclofillina D, e probabilmente anche Bcl-2 e Bax. (Figura 3).
Figura 3. Segnali convergenti sul mitocondrio per indurre la permealizzazione della membrane mitocondriale (MMP)
RUOLO DEI MITOCONDRI NELLE CELLULE TUMORALI.
Fino ad oggi, sono sei le principali alterazioni fisiologiche conosciute che, nel loro insieme, potrebbero indurre trasformazioni maligne: auto-sufficienza nei segnali di crescita, mancanza di sensibilità ai segnali che inibiscono la crescita (anticrescita), replicazione incontrollata, angiogenesi sostenuta, invasione tissutale e metastasi, resistenza alla morte cellulare programmata (apoptosi). In più, studi sempre più approfonditi, indicano che ciascuna delle peculiarità delle cellule tumorali (per esempio, la loro dipendenza dalla glicolisi per la sintesi dell’ATP), potrebbe essere aggiunta a questo elenco.
Nel 1926, Otto Warburg [6] stabilì che le cellule tumorali producono la maggior parte del loro ATP per via glicolitica, perfino in condizioni aerobiche, e che esiste una correlazione tra produzione glicolitica di ATP e aggressività delle cellule tumorali. Warburg suppose che questa “glicolisi aerobica” è una caratteristica universale delle cellule maligne, e suggerì che il cancro è causato da un alterato metabolismo mitocondriale. Egli ipotizzò che queste cellule potrebbero essere eliminate attraverso l’inibizione della fosforilazione ossidativa mitocondriale (per esempio, con dosi moderate di radiazioni ionizzanti), che dovrebbe ridurre l’attività di questi organelli al di sotto della soglia di sopravvivenza, lasciando inalterata invece, nelle cellule sane, la capacità mitocondriale di sintetizzare ATP. Allora, ulteriori studi verificarono questa idea, rivelando che i mitocondri delle cellule cancerose non respirano e non producono ATP. Sia che la respirazione mitocondriale sia ridotta oppure no, le cellule tumorali non mostrano un alto tasso di glicolisi – aerobica o anaerobica. L’ampia
utilizzazione del glucosio da parte delle cellule maligne viene oggi frequentemente sfruttata per visualizzare i tumori attraverso la tomografia ad emissione di positroni, mettendo in risalto l’importanza delle osservazioni di Warburg. Comunque, la scoperta degli oncogeni, ed altre recenti osservazioni sulla biologia del cancro, ha spostato la ricerca dagli studi sul metabolismo energetico verso altre aree.
Oggi stiamo assistendo alla rinascita della fondamentale osservazione di Warburg. Studi condotti negli ultimi dieci anni, hanno messo in luce alcune delle caratteristiche peculiari della funzione mitocondriale nelle cellule cancerose: l’effetto Warburg è più strettamente correlato ad alterazioni delle vie di segnale che regolano la captazione del glucosio ed il suo utilizzo, che a difetti mitocondriali di per se. L’impatto delle attività mitocondriali sulla fisiologia cellulare non è limitato alla produzione di ATP per soddisfare le richieste metaboliche. I mitocondri producono anche specie reattive dell’ossigeno (ROS), le quali sono coinvolte nella regolazione di molti processi fisiologici, ma che potrebbero anche risultare dannose per la cellula, se prodotte in eccesso. Inoltre, i mitocondri sono fondamentali per il mantenimento dell’omeostasi intracellulare del Ca2+, ed elementi chiave nella regolazione delle vie che portano alla morte cellulare. Ovviamente, tali funzioni sono di cruciale importanza per la fisiologia, la crescita e la sopravvivenza della cellula tumorale.
Tutto ciò si è scoperto nel corso di studi sulla funzione dei mitocondri nelle cellule cancerose. In particolare, si sono messi a fuoco i meccanismi alla base della upregulation della glicolisi, oltre a descrivere la modalità di intervento
sulle vie bioenergetiche cellulari che potrebbe rendere le cellule tumorali più sensibili al trattamento anticancro e all’induzione dell’apoptosi.
Alterazioni delle vie che producono energia nelle cellule tumorali
Una delle principali caratteristiche delle cellule cancerose è la loro rapida proliferazione. Per questa ragione, crescendo velocemente, i tumori facilmente diventano ipossici, a causa dell’incapacità del sistema vascolare locale di fornire un’adeguata quantità di ossigeno. Condizioni di ipossia simili, sono normalmente letali per le cellule non-maligne. Invece, le cellule tumorali sono in grado di sfuggire alla morte da ipossia grazie ad una ridotta espressione o alla mutazione della proteina p53. [7] A causa dell’incapacità dei mitocondri di garantire ATP sufficiente per la sopravvivenza della cellula in condizioni di ipossia, le cellule tumorali sono costrette a sovraregolare la via glicolitica. Ciò avviene mediante l’induzione del fattore ipossia-inducibile 1 (HIF-1). [8] HIF-1 stimola i passaggi chiave della glicolisi, ma regola i geni che controllano l’angiogenesi, la sopravvivenza cellulare e l’invasione. Comunque, si dovrebbe tenere presente che, in alcuni tumori, alti livelli di HIF-1 sono osservati anche in condizioni di ossigenazione. Ciò indica che, oltre all’ipossia, altri fattori (per esempio, ormoni e fattori di crescita) potrebbero indurre l’espressione di HIF-1.
L’induzione di HIF-1 può anche essere stimolata dagli stessi mitocondri. Quando la respirazione mitocondriale nelle cellule tumorali è sottoregolata, l’accumulo dei substrati del ciclo di Krebs potrebbe fungere da segnale per la stimolazione della glicolisi. Il succinato ha dimostrato di inibire HIF-1α prolil idrossilasi nel citosol, causando la stabilizzazione e l’attivazione di HIF-1α.
L’accumulo del succinato nei mitocondri deriva dall’inibizione della succinato deidrogenasi. Mutazioni a livello di questo enzima si riscontrano nella predisposizione familiare a tumori benigni; quindi, la succinato deidrogenasi può essere considerata un classico soppressore tumorale. Un effetto stabilizzante simile è stato descritto per lattato e piruvato. Analogamente, il cattivo funzionamento dei mitocondri può portare all’attivazione dell’Akt. Difetti nella respirazione mitocondriale causano un aumento dei livelli di NADH, che possono, a loro volta, inattivare PTEN (fosfatasi e omologo della tensina; fosfatasi lipidica antagonista di PI3K; quindi, inibisce a valle il segnale attraverso Akt) mediante un meccanismo di modificazione redox. [9] Oltre la upregulation della via glicolitica, HIF-1 può stimolare l’apoptosi attraverso la stabilizzazione di p53 e/o l’induzione di alcune proteine pro-apoptotiche, come BNIP3 (proteina Bcl-2 e di interazione di 19 kDa). Questi cambiamenti concordano con l’induzione, mediata da ipossia, delle proteine anti-apoptotiche, come IAP2 (inibitore dell’apoptosi 2), e con la downregulation della proteina pro-apoptotica Bax. [10] Quindi, durante l’ipossia, emerge un difficile bilancio fra i fattori che stimolano e quelli che inibiscono l’apoptosi.
Possibili meccanismi di silenziamento mitocondriale nelle cellule tumorali
Quando i tumori, in rapida crescita, spostano la produzione di ATP verso la glicolisi, in risposta a HIF-1 o ad altri fattori, l’attività mitocondriale rallenta. In queste circostanze, i mitocondri consumano meno ossigeno, e la loro produzione di ATP diminuisce. L’analisi delle possibili alterazioni nel complesso della fosforilazione ossidativa in alcuni tumori, ha rivelato la sottoregolazione della
subunità catalitica dell’ATP sintasi mitocondriale (β-F1-ATPasi). Ciò è stato osservato nella maggior parte dei carcinomi umani. Da notare, il livello di espressione della proteina β-F1-ATPasi, proporzionale in maniera inversa, alla velocità di glicolisi aerobica. L’inibizione della fosforilazione ossidativa ad opera dell’oligomicina nel carcinoma polmonare, ha mostrato di indurre un rapido aumento della glicolisi aerobica. Tale scoperta ha dimostrato che le cellule tumorali possono diventare glicolitiche in seguito all’azzeramento della produzione di energia mitocondriale. Analogamente, l’inibizione della respirazione in alcune linee cellulari umane del tumore polmonare, ha dimostrato di sovraregolare la glicolisi in maniera significativa. Comunque, mentre la glicolisi era inibita, le cellule tumorali erano incapaci di sovraregolare in modo sufficiente la fosforilazione ossidativa mitocondriale, indicando un parziale danneggiamento di questi organuli. [11]
Il ridotto contributo dei mitocondri alla produzione cellulare di ATP in condizioni aerobiche, non è una prerogativa delle sole cellule tumorali; esso è stato osservato in una varietà di cellule sane che crescono rapidamente. L’inibizione della respirazione mitocondriale per stimolazione della glicolisi, è un fenomeno noto come effetto Crabtree, ed è osservato in cellule che hanno all’incirca le stesse capacità glicolitiche e respiratorie per sintetizzare ATP. Sono stati ipotizzati vari meccanismi per spiegare l’effetto Crabtree nelle cellule tumorali. [12]
HIF-1 e soppressione dell’attività mitocondriale
Il ruolo di HIF-1 non è ristretto alla sovraregolazione degli enzimi che stimolano l’utilizzazione del glucosio. Recenti scoperte indicano che, in più, HIF-1 sopprime la funzione mitocondriale nelle cellule tumorali, suggerendo che esso regoli la relazione reciproca tra glicolisi e fosforilazione ossidativa. Il passaggio fra glicolisi e fosforilazione ossidativa è controllato dalle attività relative di due enzimi, piruvato deidrogenasi (PDH) e lattato deidrogenasi (LDH) (figura 4).
Figura 4. Via di utilizzo del glucosio.
L’attività di PDH è regolata dalla piruvato deidrogenasi chinasi 1 (PDK1). HIF-1 ha mostrato di indurre PDK1 e, quindi inattivare PDH e, di conseguenza, di inibire il ciclo di Krebs e la respirazione mitocondriale (figura 5). [13]
Figura 5. Meccanismi di silenziamento mitocondriale nei tumori.
L’inibizione dell’ossidazione del piruvato attraverso la upregulation di PDK1 mediata da HIF-1, potrebbe, a sua volta, proteggere le cellule dalla produzione di quantità citotossiche di ROS. Così, in fibroblasti embrionali di topo carenti di HIF-1, il livello di ROS è aumentato drasticamente, causando la morte cellulare. I livelli di ROS e la morte cellulare sono stati marcatamente ridotti in subcloni transfettati con un vettore di espressione codificante PDK1. [14] HIF-1 ha mostrato anche di stimolare l’espressione del gene codificante per la lattato deidrogenasi A, la quale favorisce la trasformazione del piruvato in lattato. Tale effetto, inoltre, diminuirebbe l’utilizzazione del piruvato da parte dei mitocondri, inibendo la respirazione mitocondriale. In più, HIF-1 può regolare l’espressione della citocromo ossidasi (COX).
In condizioni di ipossia, la composizione della subunità di COX è alterata per migliorare la sua attività; l’espressione della COX4-subunità 2 viene aumentata, mentre COX4-subunità 1, che aumenta l’attività di COX in condizioni aerobiche, è degradato per attivazione della proteasi mitocondriale LON.
p53 e regolazione dell’attività mitocondriale
Recenti osservazioni hanno rivelato che p53, oltre al suo ruolo come regolatore principale della risposta allo stress cellulare, può modulare l’equilibrio fra la via glicolitica e la fosforilazione ossidativa mitocondriale. [15] Il componente chiave di questa regolazione è il gene che codifica per la Sintesi del Citocromo c Ossidasi 2 (SCO2), il quale, insieme alla proteina SCO1, è necessario per l’assemblaggio della citocromo c ossidasi. Analisi dei potenziali geni bersaglio di p53 capaci di influenzare la funzione mitocondriale, hanno rivelato che SCO2, ma non SCO1, viene indotto secondo una modalità dipendente da p53, come dimostrato da un aumento di nove volte dei trascritti. La mutazione di p53 causa, nei tumori, la downregulation della respirazione mitocondriale, in seguito alla carenza di COX ed allo spostamento del metabolismo energetico cellulare verso la glicolisi. Al contrario, la stimolazione dell’attività mitocondriale può essere ottenuta, nelle cellule cancerose, ripristinando la funzione trascrizionale di p53. Infatti, è stata recentemente messa in luce un’interessante relazione fra p53 ed il metabolismo del glucosio: l’inibizione della glicolisi per carenza di glucosio, ha dimostrato di fungere da segnale per la fosforilazione e l’attivazione di p53. Quindi, in condizioni di stress cellulare da lieve a moderato, come quelle causate dalla perdita di glucosio, l’attivazione di p53 potrebbe aumentare l’espressione di SCO2, e, di conseguenza, stimolare la respirazione mitocondriale e la produzione di ATP.
Danno da ROS della funzione mitocondriale
L’ambiente ipossico del tessuto tumorale proliferativo favorisce la produzione di ROS. L’ipossia cellulare e la ri-ossigenazione sono due elementi essenziali del danno da riperfusione conseguente a ischemia, ed un’enorme produzione di ROS è normalmente osservata durante la ri-ossigenazione del tessuto ipossico. Comunque, i livelli di ROS possono essere aumentati anche dall’ipossia, quando i complessi di trasporto elettronico si trovano allo stato ridotto. [16] Quindi, in condizioni di ipossia e, in particolare, dopo il ripristino delle riserve di ossigeno, la produzione di ROS può essere incrementata, nelle cellule tumorali, fino ad un livello che potrebbe causare il danneggiamento dei componenti vitali della cellula, tra cui il DNA mitocondriale (mtDNA). Ciò potrebbe indurre un ciclo nocivo (per esempio, ipossia, produzione di ROS, mutazioni del mtDNA, malfunzionamento della catena respiratoria mitocondriale, ulteriore stimolazione alla produzione di ROS ecc.), danneggiando così la funzione mitocondriale e causando uno spostamento verso la produzione glicolitica di ATP.
Conseguenze della upregulation della glicolisi nelle cellule cancerose
La ragione apparentemente più ovvia dello spostamento verso la glicolisi nelle cellule cancerose è che l’ossigeno molecolare, nelle cellule in rapida proliferazione, diventa inutilizzabile, e, quindi, i mitocondri non possono più produrre ATP in maniera appropriata. Tuttavia, perfino dopo il ripristino delle riserve di ossigeno, le cellule tumorali tendono ad utilizzare il glucosio mantenendo inibita l’attività mitocondriale.
Apparentemente, la produzione di ATP non è l’unica ragione per cui le cellule cancerose preferiscono questa via energeticamente svantaggiosa. Inoltre, è dimostrato con crescente evidenza che la quantità di glucosio che entra nelle cellule tumorali supera la loro richiesta di energia. L’alto tasso di glicolisi che si registra nella maggior parte dei tumori, non soltanto compensa il malfunzionamento mitocondriale, ma si è reso necessario anche per rendere possibile la proliferazione cellulare. Alte concentrazioni di glucosio intracellulare permettono alla cellula di convogliare il prodotto finale accumulato della glicolisi, il piruvato, verso la sintesi di lipidi, necessaria per la costituzione delle membrane. Infatti, l’inibizione dell’ATP citrato liasi, enzima chiave che catalizza la trasformazione del citrato ad acetil-CoA nel citosol, e, per questo, collega il metabolismo del glucosio alla sintesi lipidica, ha dimostrato di inibire in vitro la proliferazione e la sopravvivenza della cellula tumorale, di ridurre in vivo la crescita tumorale e indurre la differenziazione. Inoltre, uno spostamento verso la via glicolitica con produzione di lattato, determina un ambiente acido, che facilita l’invasione da parte delle cellule cancerose, dal momento che l’ambiente acido è tossico per le cellule non-maligne. [17]
Un’altra importante conseguenza dello spostamento verso la glicolisi nelle cellule tumorali, è l’acquisita resistenza alla morte per apoptosi. Delle due principali vie apoptotiche note, quella estrinseca (mediata da recettore) recluta l’iniziatore pro-caspasi-8, il quale, a sua volta, attiva la pro-caspasi-3 ed altre caspasi effettrici. Al contrario, la via intrinseca determina la permeabilizzazione della membrana mitocondriale esterna (OMM), seguita dal rilascio del citocromo c e di altre proteine dallo spazio intermembrana dei mitocondri. Una volta nel
citosol, il citocromo c interagisce con il suo adattatore, una proteasi apoptotica che attiva il fattore-1 (Apaf-1), determinando il reclutamento e l’attivazione della caspasi-9. La forma attiva della caspasi-9, a sua volta, taglia e attiva la pro-caspasi-3 e la pro-caspasi-7; queste caspasi effettrici sono responsabili della segmentazione di varie proteine cellulari, determinandone le caratteristiche biochimiche e morfologiche responsabili della morte cellulare per apoptosi. Quindi, la permeabilizzazione dell’OMM è considerata un evento cruciale della fase precoce del processo apoptotico. Varie osservazioni sostengono che lo spostamento verso la glicolisi rende i mitocondri delle cellule tumorali meno sensibili alla permeabilizzazione dell’OMM, e, dunque, meno sensibili anche all’attivazione dell’apoptosi mitocondriale. Quali sono, allora, i meccanismi della permeabilizzazione dell’OMM nell’apoptosi, e in che modo la stimolazione della via glicolitica, potrebbe rendere i mitocondri resistenti alla permeabilizzazione?
Stabilizzazione della membrana mitocondriale nelle cellule tumorali glicolitiche
Ruolo delle proteine Bcl-2 nella permeabilizzazione dell’ OMM
Le proteine della famiglia Bcl-2 sono un gruppo di regolatori dell’apoptosi che si è conservato nel corso dell’evoluzione. Fino ad oggi sono state identificate più di venti proteine correlate alla famiglia Bcl-2. Esse comprendono fattori di sopravvivenza del tipo Bcl-2 e Bax, e fattori di morte del solo tipo BH3. La permeabilizzazione dell’OMM richiede la forma oligomerica di Bax. L’oligomerizzazione di Bax può essere ottenuta attraverso il suo legame alla forma troncata della proteina Bid del tipo BH3, tBid, che viene tagliata da varie
proteasi, tra cui la caspasi-8 (figura 6a). Proteine anti-apoptotiche (per esempio, Bcl-2, Bcl-XL, Mcl-1 e Bcl-w) interagiscono con le proteine pro-apoptotiche Bax
e Bak, per impedire la loro oligomerizzazione (figura 6b). Dunque, l’equilibrio fra proteine pro-apoptotiche ed anti-apoptotiche nell’OMM è cruciale per l’induzione dell’apoptosi, e sembra che, in molti tumori, la via apoptotica mitocondriale venga inibita dallo sbilanciamento fra mediatori anti- e pro-apoptotici, in favore dei primi. [18]
Figura 6. Stabilizzazione dei mitocondri contro la permeabilizzazione dell’OMM nelle
cellule tumorali.
Uno squilibrio nei livelli cellulari delle proteine della famiglia Bcl-2 può contribuire, indirettamente, anche alla stabilizzazione dell’OMM (per esempio, mediante il legame di Bcl-2 al canale anionico voltaggio-dipendente [VDAC], una
proteina situata sull’OMM e responsabile del passaggio della maggior parte dei metaboliti tra il citosol e i mitocondri). La chiusura di VDAC sull’ingresso del fattore di crescita induce l’apoptosi mediante l’inibizione dello scambio ADP-ATP e la conseguente diminuzione nel passaggio di metabolita attraverso le membrane mitocondriali, che può causare degenerazione mitocondriale e rilascio di citocromo c.
La proteina anti-apoptotica Bcl-XL impedisce l’apoptosi mantenendo
VDAC aperto. Comunque, non è chiaro in che modo la chiusura di VDAC possa causare la permeabilizzazione dell’OMM, nonostante sia stato suggerito che VDAC mostra, generalmente, una permeabilità al Ca2+ maggiore allo stato chiuso che allo stato aperto. Dunque, l’ingresso di Ca2+ potrebbe, probabilmente, stimolare l’induzione della transizione della permeabilità mitocondriale (MPT), altro meccanismo della permeabilizzazione dell’OMM dovuto all’apertura di un poro non-specifico nella membrana mitocondriale interna (IMM), comunemente noto come MPT poro.
L’apertura dell’MPT poro può essere facilitata da fosfato inorganico, ossidazione di NAD(P)H, diminuzione di ATP, pH acido e ROS. Si pensa che l’MPT poro sia un complesso multimerico, formato da VDAC nell’OMM, adenina nucleotide traslocasi (ANT), una proteina integrale della IMM, ed una proteina della matrice, la ciclofillina D (Cyp-D). Questo complesso è localizzato nei siti di contatto fra la membrana mitocondriale interna e quella esterna. Inoltre, altre proteine, tra cui chinasi (per esempio, esochinasi, creatina chinasi) ed il recettore periferico delle benzodiazepine, possono legarsi al complesso del poro e modulare la sua permeabilità.
L’MPT è attraversato da un flusso di acqua e ioni diretto verso la matrice, determinando rigonfiamento mitocondriale, rottura dell’OMM e rilascio di proteine dello spazio intermembrana, come il citocromo c, nel citosol.
I mitocondri delle cellule tumorali sono relativamente meno sensibili a MPT indotto dal Ca2+ . La differenza di sensibilità potrebbe essere legata ad una maggiore espressione della proteina Bcl-2 nelle cellule cancerose, nonostante l’esatto meccanismo della resistenza mediata da Bcl-2 sia ancora poco chiaro. È stato recentemente osservato che la permeabilizzazione dell’OMM può anche derivare dall’apertura dei cosiddetti canali mitocondriali indotti dall’apoptosi (MACs). I MACs costituiscono pori dell’OMM specifici per il passaggio delle proteine dello spazio intermembrana, soprattutto il citocromo c, nel citosol.
Cosa molto interessante, la permeabilità dei MACs ha anche dimostrato di dipendere dalla presenza di proteine della famiglia Bcl-2. In alcuni sistemi, Bax è un costituente essenziale dei MACs; le caratteristiche elettrofisiologiche dei MACs sono molto simili a quelle dei canali costituiti da Bax, e la diminuzione di Bax riduce significativamente l’attività dei MAC. Invece, la sovrespressione di Bcl-2 ha mostrato di inibire la formazione dei MACs ed il rilascio del citocromo c. L’apertura dei MACs non sembra alterare l’integrità della IMM né quella dei mitocondri, al contrario dell’MPT.
Il rilascio del citocromo c dipendente sia da Bax (o Bak) che da MPT, è favorito da ROS. In circostanze normali, il citocromo c è legato, attraverso interazioni elettrostatiche ed idrofobiche, all’unico fosfolipide mitocondriale della superficie esterna della IMM, la cardiolipina. L’ossidazione della cardiolipina causa il distacco del citocromo c; tale evento potrebbe costituire una spiegazione
plausibile degli effetti anti-apoptotici di numerosi enzimi antiossidanti mitocondriali [19].
Esochinasi e stabilità dell’OMM
L’esochinasi gioca un ruolo centrale nel processo attraverso il quale i mitocondri vengono protetti dalla permeabilizzazione dell’OMM nelle cellule tumorali glicolitiche. Sono note quattro isoforme dell’esochinasi: esochinasi-I, esochinasi-II, esochinasi-III e esochinasi-IV, conosciute anche con il nome di glucochinasi. Fra gli enzimi della glicolisi, le esochinasi, ed in particolare le esochinasi I e II, sono uniche per la loro capacità di legarsi direttamente ai mitocondri. Al contrario, l’isozima di tipo III manca della sequenza idrofobica N-terminale, cruciale per il legame degli isozimi I e II ai mitocondri.
Le forme tumorali sono caratterizzate dalla upregulation dell’esochinasi-I (nei tumori cerebrali) e dell’esochinasi-II (in quasi tutti gli altri tumori). L’interazione con VDAC permette all’esochinasi di utilizzare, selettivamente, l’ATP prodotto nei mitocondri, per fosforilare il glucosio, promuovendo in questo modo un alto tasso di glicolisi. L’interazione dell’esochinasi con VDAC non soltanto facilita la fosforilazione del glucosio, ma mantiene anche VDAC nello stato aperto, il che impedisce la permeabilizzazione dell’OMM. Un’ulteriore conseguenza dell’interazione esochinasi-VDAC è che tale enzima va ad occupare siti di legame per le proteine pro-apoptotiche sll’OMM, impedendo in tal modo la stimolazione dell’apoptosi.
Infine, l’esochinasi è implicata anche nella regolazione dell’apertura dell’MPT poro. Al contrario dell’esochinasi-II, l’esochinasi-I induce la chiusura di VDAC,
inibendo così l’attività mitocondriale e stimolando, invece, la sintesi di ATP per via glicolitica.
Il prodotto della fosforilazione del glucosio, il glucosio-6-fosfato, allenta la chiusura di VDAC indotta dall’esochinasi-I, in modo che la produzione mitocondriale di ATP possa essere ripristinata. Ciò avviene quando la glicolisi si è arrestata dopo la formazione del glucosio-6-fosfato. Perciò, l’interazione dell’esochinasi-I con VDAC potrebbe essere considerata un meccanismo che protegge i mitocondri dall’induzione di MPT. Comunque, un recente studio genetico indica che VDAC mitocondriale non è indispensabile per l’induzione dell’MPT e per l’apoptosi. È comunque evidente che il ruolo di VDAC nella permeabilizzazione dell’OMM nel corso dell’apoptosi, richieda ulteriori studi [20].
ANT e stabilità dell’OMM
Un altro fattore che contribuisce alla resistenza dei mitocondri contro l’induzione di MPT nelle cellule tumorali, è la modalità di espressione dell’ANT, componente chiave del complesso del poro. Analisi sull’espressione delle isoforme di ANT in diverse linee cellulari umane trasformate, hanno dimostrato la predominante espressione di ANT2, un’isoforma priva della capacità apoptotica che invece si osserva in ANT1. La transitoria sovrespressione di ANT3, o di ANT1, ha mostrato di stimolare l’apoptosi. Quindi, come con l’esochinasi-I, che si lega a VDAC, la sovrespressione di ANT2, nei tumori, potrebbe contribuire alla resistenza dei mitocondri contro la permeabilizzazione dell’OMM.
Stabilizzazione dell’OMM mediata da Akt
Come ricordato sopra, la serina-treonina chinasi Akt-PKB è il principale effettore della sopravvivenza cellulare mediata dal fattore di crescita. L’attivazione della via Akt-PKB è nota per proteggere le cellule dall’apoptosi, nonostante fino ad oggi non se ne conosca il preciso meccanismo. Comunque, l’attivazione di Akt impedisce il rilascio del citocromo c dai mitocondri, e, quindi, l’attivazione delle caspasi. Al contrario, Akt non è capace di impedire l’apoptosi indotta dalla microiniezione citoplasmatica di citocromo c, dimostrando che l’effetto anti-apoptotico di Akt si esplica prima della permeabilizzazione dell’OMM. In che modo, allora, Akt potrebbe aumentare la stabilità dell’OMM? È stato dimostrato che l’attivazione di Akt inibisce l’espressione, mediata da p53, di Bax, azzerando in questo modo la probabilità che l’OMM venga resa permeabile. Inoltre, la forma attiva, e non quella inattiva, di Akt, ha mostrato di fosforilare la proteina pro-apoptotica Bad, impedendo l’interazione di quest’ultima con l’OMM e riducendo la sua capacità di indurre l’apoptosi. In seguito all’attivazione di PI3K, Akt si accumula rapidamente nei mitocondri, dove si ritrova nella membrana sia interna che esterna, come pure nella matrice. La forma attiva di Akt potrebbe avere effetti anche sull’oligomerizzazione di Bax, passaggio indispensabile per la permeabilizzazione dell’OMM. Comunque, la forma attiva di Akt, l’espressione dei mitocondri bersagliati, non altera i livelli della forma monomerica di Bax, mentre viene marcatamente ridotta la sua dimerizzazione. In più, Akt ha mostrato di facilitare lo spostamento dell’esochinasi verso i mitocondri, dove interagisce con VDAC mitocondriale. Inoltre, uno studio genetico evidenzia che Akt è necessaria anche per prolungare
l’associazione fra esochinasi e mitocondri, la quale, a sua volta, potrebbe facilitare l’interazione esochinasi-VDAC ed i suoi effetti sull’apertura dell’MPT poro. Lo scioglimento indotto di questa associazione danneggia la capacità dei fattori di crescita e di Akt di inibire il rilascio del citocromo c e l’apoptosi.
Contributo della perdita della funzione di p53 alla stabilizzazione dell’OMM
Mutazioni, o la downregulation del fattore di trascrizione p53, non soltanto contribuiscono ad inibire l’attività respiratoria mitocondriale, ma potrebbero giocare un importante ruolo anche nella resistenza dei mitocondri alla permeabilizzazione. p53 regola l’espressione delle proteine del solo tipo BH3, il modulatore dell’apoptosi sovraregolato da p53 (PUMA) e NOXA (latino, sta per “danno”), le quali promuovono la permeabilizzazione dell’OMM durante l’apoptosi. PUMA e NOXA si legano a proteine anti-apoptotiche, liberando prima Bax e Bak da tali complessi. Studi di co-immunoprecipitazione hanno dimostrato che NOXA lega Bcl-2 e Bcl-XL, ma non Bak. p53 può anche regolare la permeabilizzazione dell’OMM mediante l’attivazione diretta di Bax. Nonostante il preciso meccanismo di questa attivazione sia ancora sconosciuto, è indubbio che la perdita della funzione di p53 nelle cellule tumorali possa portare alla stabilizzazione dell’OMM, attraverso la downregulation di proteine pro-apoptotiche della famiglia Bcl-2, secondo meccanismi diversi.
FARMACI CHE AGISCONO SULLE FUNZIONI MITOCONDRIALI PER CONTROLLARE LA CRESCITA DELLE CELLULE TUMORALI [21-23]
Il ruolo centrale dei mitocondri nella morte cellulare programmata ha indirizzato la ricerca verso agenti radio- e chemio-terapici in grado di provocare la morte di cellule cancerose [24]. La maggior parte dei farmaci anticancro convenzionali sfrutta indirettamente i mitocondri per svolgere l’azione citotossica, per esempio attraverso l'attivazione multipla delle vie che coinvolgono la proteina p53 o la morte dei recettori. Quindi, bersagliare direttamente le funzioni mitocondriali potrebbe essere di significativa rilevanza terapeutica, dal momento che la crescita rapida e continua delle cellule tumorali è altamente energia-dipendente, che le cellule tumorali spesso sviluppano farmaco-resistenza, causando resistenza nei confronti dei segnali pro-apoptotici. Di conseguenza, oggi i mitocondri offrono diversi potenziali bersagli per la terapia anti-cancro, e sono stati proposti vari approcci per interferire con le loro funzioni all'interno delle cellule tumorali [25] (figura 7).
Questi organuli cellulari, oltre ad offrire un'ulteriore strategia per la cura del cancro, rappresentano anche il bersaglio di numerosi farmaci, usati o sviluppati per il trattamento di altre malattie, in particolare quelle neurodegenerative e cardiovascolari, come pure il diabete e certe infezioni virali.
Composti che alterano il potenziale di membrana
Non c’è dubbio che i mitocondri giochino un ruolo centrale nella morte cellulare programmata, infatti alcune modificazioni mitocondriali sono state descritte come tappe cruciali dell’apoptosi: diminuzione del potenziale della membrana mitocondriale (∆Ψ), blocco del trasporto elettronico e della fosforilazione ossidativa, sintesi delle specie attive dell’ossigeno e rilascio di fattori pro-apoptotici, come citocromo c, Smac/Diablo, AIF, ecc., che inducono l’attivazione delle caspasi. Poiché i mitocondri svolgono un ruolo chiave nell’induzione dell’apoptosi, è di grande interesse la possibilità di sfruttare la loro funzione pro-apoptotica per ridurre la crescita e la sopravvivenza delle cellule tumorali. Sono stati considerati essenzialmente due approcci farmacologici correlati all’apoptosi: l’inibizione della famiglia delle proteine Bcl-2 e la formazione dei pori di transizione di permeabilità.
L’inibizione della permeabilità della membrana mitocondriale (MMP), che blocca il rilascio del citocromo c, contribuisce alle funzioni anti-apoptotiche della proteina Bcl-2 situata nella membrana mitocondriale esterna.
Sono state messe a punto strategie diverse per annullare la proprietà anti-apoptotica delle proteine della famiglia Bcl-2. L’inibizione dell'espressione di
Bcl-2 o dei suoi affini Bcl-XL è stata ottenuta mediante un anticorpo a singola
catena o con oligonucleotidi antisenso a singolo filamento, i quali possono ibridare con il mRNA bersaglio e inibire il suo trasferimento all’interno della proteina Bcl-2. Infatti, l’associazione di Genasense (Oblimersen sodium, gp3139), un oligonucleotide antisenso 18-merfosforotiato attivo su mRNA-Bcl-2, con farmaci citotossici convenzionali, ha dato risultati incoraggianti, anche se la monoterapia con l’oligonucleotide antisenso è fortemente compromessa.
Una strategia alternativa è lo sviluppo di piccole molecole capaci di mimare il dominio di dimerizzazione BH3, identificato in praticamente tutte le proteine correlate a Bcl-2. L’ interazione di tali composti con Bcl-2 induce apoptosi caspasi-dipendente delle cellule cancerose. È il caso del derivato del cromene, permeabile alle cellule, HA14-1 (etil 2-amino-6-bromo-4-(1-ciano-2-etossi-2-ossoetil)4H-cromene-3-carbossilato), il quale si lega alla tasca di superficie del Bcl-2 e stimola l’apoptosi. Altre molecole di natura non peptidica, antagoniste di Bcl-2 e Bcl-XL sono state sviluppate recentemente, come il derivato della diazocina diossido NSC365400 e il composto tiazolidinico BH31-2, che si è mostrato un inibitore del peptide BH3, che si lega a Bcl-XL (figura 8).
Figura 8. Farmaci che agiscono su Bcl-2 o sui pori di transizione della membrana.
Il composto più recente di questo gruppo di molecole è il gossipolo, farmaco polifenolico di derivazione naturale che, oltre ad essere un contraccettivo maschile, possiede in vivo proprietà antitumorali. Questo composto rappresenta il prototipo della piccola molecola che interagisce con BH3, capace di inibire Bcl-2, Bcl-XL e Mcl-1; infatti, sembra che sia in grado di agire direttamente sulle
molecole Bcl-2 presenti nella membrana mitocondriale esterna. Il gossipolo è capace di bloccare l'eterodimerizzazione di Bcl-XL con Bax o Bad, come di promuovere l'attivazione della caspasi-3 ed il rilascio del citocromo c in cellule che sovraesprimono Bcl-2 e Bcl-XL. Poiché tale composto mostra una marcata capacità di distruggere vari tipi di cellule cancerose, la sua attività antitumorale è stata testata nel corso di sperimentazioni cliniche su pazienti con tumore della prostata refrattario alla terapia ormonale e su soggetti con tumore mammario in fase avanzata. Attualmente, numerosi derivati del gossipolo vengono studiati come potenziali agenti antitumorali; tra questi si può citare l’enantiomero (-) del gossipolo, che ha dimostrato di esercitare un'azione selettiva nei confronti delle proteine della famiglia Bcl-2, superando così la resistenza all’apoptosi.
Attivazione del poro di transizione della permeabilità
Le alterazioni nella permeabilità della membrana mitocondriale svolgono un ruolo chiave nella via apoptotica.
I mitocondri usano pompe-canale e le vie ossidative per mantenere un potenziale di membrana costante di circa – 180 mV, attraverso il loro doppio strato lipidico. Un valore simile non viene raggiunta in alcun altro organulo; il potenziale che si registra nei mitocondri è doppio rispetto a quello delle cellule eccitabili della membrana plasmatica, e circa sei volte maggiore di quello delle cellule non eccitabili. Le caratteristiche peculiari della membrana mitocondriale la distinguono dagli altri organelli intracellulari, offrendo un’opportunità unica di bersagliare selettivamente i mitocondri.
Un improvviso crollo del potenziale di membrana (∆Ψ), evidenziato valutando la perdita di fluorescenza di fluorocromi cationici lipofili, come la rodamina123, è spesso associato alla formazione di un megaporo, il poro di transizione della permeabilità, nella membrana interna.
La composizione e la struttura del poro PTP deriva dall’associazione di diverse proteine, ovvero l’adenina nucleotide traslocasi (ANT), situata nella membrana mitocondriale interna, il canale ionico voltaggio-dipendente (VDAC), localizzato nella membrana esterna, il recettore periferico delle benzodiazepine (PBR) e la peptidil-prolil isomerasi ciclofilina D (Cyp-D) (figura 9).
Figura 9. Poro di transizione della permeabilità mitocondriale.
Questo complesso proteico crea un canale che collega la matrice mitocondriale al citosol. L'apertura di questo canale permette il libero passaggio di molecole di dimensioni fino a 1,5 kDa, e la dissipazione del gradiente protonico che danneggia le funzioni della catena respiratoria. L’ingresso di soluti e acqua provoca il rigonfiamento della matrice e la rottura della membrana esterna, determinando il rilascio di proteine, come il citocromo c, che attivano le caspasi.
Un certo numero di farmaci chemioterapici sperimentali agiscono direttamente su MMP inibendo l'apertura del poro, legandosi ad uno dei componenti della proteina PTP. Per esempio, la ciclosporina A, un potente immunosoppressore, si lega con elevata affinità alla ciclofilina D, determinando l’inibizione dei fattori che aprono il PTP. Questa inibizione non dipende dall’azione immunosoppressiva della ciclosporina A, dal momento che l’analogo N-metil-Val-4-ciclosporina è capace di bloccare il PTP ma non è in grado di inibire la calcineurina né bloccare i geni delle citochine. Il legame della ciclosporina A al PTP impedisce la morte cellulare dovuta a necrosi da stress ossidativo, la tossicità del trasportatore del Ca2+ e l’ischemia.
L’apertura del PTP può essere inibita non solo attraverso il legame diretto di un farmaco, ma anche impedendo l’accumulo di Ca2+ con composti quali la tapsigarina, un inibitore della Ca2+ -APTasi del reticolo endoplasmatico, che determina apoptosi in varie linee cellulari.
La tapsigarina e la ciclosporina A inibiscono entrambe l’apertura del PTP (figura 10).
Figura 10. Schema del poro di transizione mitocondriale (PTP) e farmaci che
interagiscono con proteine costituenti il PTP.
La situazione contraria, invece, è stata osservata recentemente con il complesso dinucleare oro(I)-carbene e con il composto vegetale soforanone, un flavonoide isoprenoide-sostituito isolato dalle radici di Sophora subprostrata, ed estratto dal tradizionale medicinale cinese Shan Dou Gen. Il soforanone stimola la produzione di ROS all’esterno dei mitocondri, induce l’apertura del PTP ed il rilascio del citocromo c, provocando l’apoptosi delle cellule di leucemia U937. Il bersaglio specifico del soforanone non è ancora stato individuato, comunque la sua attività selettiva sui mitocondri giustifica gli studi rivolti alla scoperta di una sua potenziale attività antitumorale.
Una molecola particolarmente interessante, attiva sui mitocondri, è l' N-metilpiridinio o F16 (figura 14), che inibisce selettivamente la proliferazione delle
cellule dell’epitelio mammario che sovraesprimono il protoncogene erb-2/neu e altri oncogeni, come c-myc e v-Ha-ras.
Figura 11.
Questo composto lipofilo, che presenta una struttura piuttosto semplice, scoperto attraverso lo screening di una libreria di composti, si accumula all’interno dei mitocondri, principalmente nella matrice, causando, mediante la dissipazione del gradiente protonico che si forma attraverso la membrana mitocondriale interna (diminuzione di ∆Ψ), danneggiamento mitocondriale, apertura del poro di transizione della permeabilità, rilascio di citocromo c, blocco del ciclo cellulare, fino alla morte della cellula. Il danneggiamento delle funzioni mitocondriali da parte di F16 potrebbe essere all’origine della sua capacità di indurre apoptosi o necrosi a seconda della struttura genetica della cellula tumorale bersaglio. L'interesse nella ricerca di molecole analoghe che inducano tossicità mitocondriale, è comunque condizionato dall'osservazione che la struttura del composto F16 somiglia al 1-metil-4-fenilpiridinio (MPP+), una nota tossina che
causa parkinsonismo (metabolicamente prodotta per ossidazione della neurotossina nigrostriatale MPTP).
L'acido betulinico, un triterpene lupano-simile, la lonidamina, l’anidride arseniosa (una delle cure più efficaci per la leucemia promielocitica acuta) e l'acido 6[3-adamantil-4-idrossifenil]-2-naftalen carbossilico (CD437) inducono la MMP attraverso un’azione diretta su ANT (figura 12).
Comunque, anche se queste molecole hanno un effetto simile sulla MMP, esse inducono l’apoptosi secondo meccanismi diversi. L’inibizione della fosforilazione ossidativa indotta dall’inibitore della F0-F1-ATPasi oligomicina rende più sensibili le cellule alla morte cellulare indotta da lonidamina, mentre sia l’inibizione della fosforilazione ossidativa che la glicolisi sono necessarie per sensibilizzare le stesse cellule alla morte provocata da anidride arseniosa.
Si è cercato quindi di comprendere l’esatto bersaglio dell’anidride arseniosa. Utilizzando un anticorpo policlonale VDAC, capace di inibire selettivamente il rilascio di citocromo c mediato da VDAC e indotto da Bax e Bak, e liposomi contenenti VDAC, si è arrivati a definire che il VDAC è il bersaglio principale dell’anidride arseniosa. In effetti, il meccanismo d’azione dell'As2O3 è pleiotropico, dal momento che implica dissipazione del ∆Ψ, conseguente rilascio del citocromo c e inibizione della respirazione mitocondriale attraverso l’aumento della sintesi di ROS, riuscendo a promuovere l’apoptosi in cellule di leucemia primaria. Questo composto è anche in grado di causare la degradazione della proteina di fusione PML-RARα in cellule affette da leucemia promielocitica acuta.
La situazione risulta più chiara nel caso della lonidamina (LND), che induce l’apoptosi attraverso un’azione diretta sul poro di transizione della permeabilità mitocondriale.
LND, che deriva dall'acido carbossilico 3-indazolico, mostra proprietà sia antispermatogeniche che antineoplastiche. Essa ha vari effetti sulle cellule, sebbene la sua attività principale sia quella di regolare l'energia nelle cellule cancerose. La lonidamina ha dimostrato di bloccare la glicolisi attraverso
l'inibizione della esochinasi II, che si trova spesso in quantità elevata nelle cellule cancerose. L'attività di questo composto si basa sulla deplezione dell'ATP, sull'inibizione del consumo di ossigeno nelle cellule di tumore ascitico di Ehrlich e della produzione di lattato in condizioni aerobie e anaerobie. Fenomeni apoptotici di scarsa rilevanza si sono osservati in corso di terapia con la sola lonidamina o con radioterapia, mentre un significativo aumento dell'apoptosi si osserva trattando cellule di melanoma maligno resistente alla radioterapia con l'associazione dei due agenti terapeutici. LND aumenta anche la citotossicità di diversi farmaci antitumorali, tra cui doxorubicina, cisplatino, carmustina (BCNU) e 4-idroperossiciclofosfamide (4-HC). Numerosi studi clinici con lonidamina da sola e in associazione con altri agenti chemioterapici sono stati condotti su pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule, del seno, ovarico e glioblastoma.
Un composto più recente è l'oxamato, che inibisce la lattato deidrogenasi (LDH), un enzima NADH-dipendente responsabile della trasformazione del piruvato a lattato.
Oxamato
In diverse linee cellulari epiteliali di tumore mammario nel topo, l'attività dell'LDH-A è maggiore, se paragonata a quella nelle cellule sane. Alcuni studi
hanno dimostrato, attraverso la misurazione del lattato prodotto, che la velocità di glicolisi in cellule HeLa S3 trattate con oxamato viene ridotta; inoltre, anche la crescita cellulare e l'assorbimento di glucosio vengono inibiti da questa molecola. Un altro studio sostiene che l'enzima LDH sia bersaglio del composto utilizzando l'α- chetobutirrato come sostituto del piruvato: l'addizione di α- chetobutirrato blocca l'inibizione della crescita e l'assorbimento del glucosio in presenza di oxamato nelle cellule HeLa. Tuttavia, l'α- chetobutirrato, da solo, inibisce la crescita cellulare. La sintesi di LDH-A umano ricombinante mostra che l'oxamato inibisce in modo competitivo l'enzima, e ciò viene confermato anche in vitro. L'inibizione della crescita è stata osservata sia in vitro che in vivo trattando cellule di adenocarcinoma mammario MDA-MB-231 con oxamato. La perdita di ATP nelle cellule HeLa per azione di questo composto, sembra anche contribuire all'inibizione della crescita e ad aumentare la citotossicità mediata da doxorubicina. Inoltre, l'oxamato ha dimostrato di inibire l'attività dell'aspartato aminotrasferasi (AAT) umana ricombinante, che lavora in associazione con la malato deidrogenasi, un enzima TCA che ossida il malato ad ossaloacetato, per facilitare il trasporto dei due metaboliti fra i mitocondri e il citosol.
Un altro farmaco selettivo verso i mitocondri da menzionare, è l’imexone (figura 14), un imminopirrolidone contenente aziridina, il quale mostra la capacità di inibire selettivamente la crescita del mieloma multiplo. Questo derivato cianoaziridinico, nelle cellule con mieloma, provoca stress ossidativo, alterazioni mitocondriali e apoptosi, attraverso il legame covalente con composti sulfidrilici biologicamente importanti. Le cellule di mieloma RPMI8226/I resitenti all’imexone presentano importanti alterazioni morfologiche dei mitocondri ed una
maggiore espressione delle proteine mitocondriali con funzione anti-apoptotica, come la Bcl-2. La potente azione pro-apoptotica dell’imexone associata alla sua capacità di interagire selettivamente con i mitocondri, rende questa molecola un composto interessante per lo sviluppo di nuovi aziridino-imminopirrolidoni ad azione antitumorale.
Per quanto riguarda il composto dicloroacetato (DCA), sembra che uno dei meccanismi d'azione sia l'inibizione della chinasi piruvato deidrogenasi (PDK), che a sua volta provoca l'attivazione della piruvato deidrogenasi (PDH). PDH è responsabile della trasformazione del piruvato ad acetil-CoA, che può, in questo modo, entrare nel ciclo degli acidi tricarbossilici. La fosforilazione di PDH ad opera dell'enzima PDK causa l'inibizione dell'attività della piruvato deidrogenasi. Alcuni studi hanno dimostrato che il dicloroacetato è in grado di ridurre l'iperpolarizzazione del potenziale della membrana mitocondriale nelle cellule di glioblastoma, di tumore al polmone non a piccole cellule e al seno, mentre lo stesso non avviene nelle cellule sane. L'analisi dei parametri metabolici nel corso del trattamento con DCA di cellule di tumore polmonare ha dimostrato che il composto è capace di ridurre sia la glicolisi che l'ossidazione degli acidi grassi, mentre aumenta l'ossidazione del glucosio. In più, il dicloroacetato è in grado di indurre l'apoptosi, una forte produzione di H2O2 e di attivare il canale del potassio Kv1.5 nelle cellule A549. Il trattamento di cellule di carcinoma della testa e del collo con DCA ha indotto una riduzione dose-dipendente della forma fosforilata dell'enzima PDHα nelle cellule primarie UM-22A.
Dato che la membrana mitocondriale presenta un potenziale negativo, altri agenti sono caratterizzati da un gruppo carico positivamente, che si serve delle forze elettrostatiche per raggiungere il suo bersaglio.
La rodamina 123 e composti analoghi, contenenti gruppi cationici all’interno di una struttura altrimenti non polare, hanno la capacità di attraversare la membrana lipidica mitocondriale sfruttando il gradiente di potenziale negativo di questo organello come forza motrice elettrostatica. In accordo con l’equazione di Nernst, esso può comportare un aumento dell’accumulo di 100-500 volte. La rodamina 123 e i suoi analoghi sono stati usati per valutare l’accumulo di questo gruppo di coloranti fluorescenti nei mitocondri, e come risultato del successo e della riproducibilità della loro selettiva incorporazione all’interno dei mitocondri, i coloranti contenenti rodamina sono stati messi a punto per saggi mitocondriali correntemente utilizzati.
Rodamina 123
La rodamina 123 è stata usata con successo come molecola chaperone per introdurre altri composti ad essa legati, nei mitocondri. Il farmaco antitumorale cisplatino è stato selettivamente introdotto nei mitocondri di cellule cancerose utilizzando questo metodo, ed approcci dello stesso genere sono stati sperimentati
con altre piccole molecole. Il risultato più importante degli studi sulla rodamina è stato la scoperta dell’utilità dell’effetto chaperone, il quale è stato ulteriormente sfruttato per lo sviluppo di sali lipofili di trifenilfosfonio (TPP).
Questo ultimo gruppo di composti comprende la maggior parte degli agenti non-peptidici mitocondri-specifici sintetizzati fino ad oggi (figura 13).
Figura 13. Composti cationici lipofili.
Dal momento che l’assorbimento e il profilo di selettività dei derivati TPP alchilici sono simili a quelli degli analoghi strutturalmente più complessi della rodamina, sono stati sintetizzati vari cationi TPP lipofili legati a molecole antiossidanti, con interessanti risultati.
Altri cationi lipofili, che mostrano selettività verso i mitocondri, potrebbero costituire un’opportunità importante per lo sviluppo di veri e propri farmaci (figura 14).
La flupirtina è un analgesico non-oppioide localizzato all’interno dei mitocondri che può proteggere dal danno cellulare indotto da N-metil-D-aspartato e dal danno
ischemico, oltre a prevenire l’aumento indotto da glutammato, dei livelli di Ca2+ , causando apoptosi.
Il composto MKT-077 si accumula nei mitocondri grazie alla sua funzione amminica in forma cationica ed al suo scaffold relativamente non-polare. Tuttavia, invece di agire in modo protettivo, MKT-077 mostra una tossicità selettiva verso i mitocondri di cellule cancerose; tale selettività è legata al potenziale della membrana mitocondriale, che nelle cellule tumorali risulta aumentato rispetto al valore che si registra nelle cellule sane.
Per quanto i cationi lipofili proteggano dal danno mitocondriale, la loro dipendenza dal potenziale di membrana mitocondriale costituisce tuttavia la limitazione più importante. Infatti, con l'aumento del numero di cationi lipofili all’interno dell’organello, il gradiente di potenziale diminuisce fino ad un valore in cui si ha la rapida fuoriuscita dell’inibitore dal mitocondrio, con perdita di attività, finché non viene ripristinata l’entrata. Quindi, a meno che l’inibizione sia irreversibile, non si può verificare un'attività costante del catione lipofilo. Questo inconveniente può costituire un problema, legato alla velocità con cui le specie cationiche entrano ed escono dai mitocondri.
Il decalinio è un composto lipofilico con due cariche positive e una catena laterale alifatica di 10 atomi di carbonio. Clinicamente, questa molecola è stata usata come antibiotico topico per mezzo secolo. Come altri cationi lipofilici, si ritrova principalmente nei mitocondri delle cellule tumorali. Il trattamento prolungato con questo composto altera drasticamente la morfologia dei mitocondri, causando il
cambio globulare e la distribuzione perinucleare. Esso inibisce, inoltre, la capacità della calmodulina, una proteina che lega il calcio, di attivare la fosfodiesterasi, per cui impedisce la proliferazione cellulare. Il decalinio bersaglia selettivamente le cellule cancerose, danneggia la proliferazione, la migrazione e l'invasione delle cellule di carcinoma, e prolunga la sopravvivenza dei topi in cui erano state impiantate cellule di tumore della vescica e del colon.