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I farmers market

Nel documento Food and the city (pagine 95-102)

Capitolo III – Il sistema della filiera corta

4. I farmers market

I mercati contadini si sono sviluppati a partire dagli ’90 in California, in seguito ad una iniziativa di Alice Waters, chef americana ed attivista, vicepresidente di Slow Food Interna- tional: sono mercati, generalmente all’aperto, dove i produt- tori agricoli vendono direttamente i loro prodotti. Con i farmers market, in America è stato registrato un aumento delle vendite pari al 78% dal 1994 al 2002, anno in cui se- condo un’indagine dell’USDA (United States Department of Agriculture) si potevano contare ben 4000 farmers mar- ket nel territorio statunitense.

Negli Stati Uniti sono notevoli le differenze tra i singoli mercati contadini, dovute alle diverse leggi che li regolano: oltre alle leggi federali, i farmers market seguono leggi sta- tali, provinciali e regolamenti comunali. Possiamo comun- que individuare delle regole fisse, comuni a tutti i farmers market: i venditori devono lavorare in una azienda ubicata all’interno della Contea dove si svolge il mercato ed almeno il 75% degli alimenti deve essere prodotto dall’agricoltore/venditore o sotto la sua diretta supervisione. Sono ammessi alla vendita, oltre all’agricoltore, anche uno o più dei suoi familiari. Per essere accettato come venditore al mercato, l’agricoltore deve sottoporsi ai controlli sanitari da parte delle strutture competenti, e deve compilare un modulo (pagando contestualmente una tassa) da consegnare al manager. Il manager del mercato riveste un ruolo centra- le: seleziona e registra i venditori, assegna gli spazi, racco- glie tasse e contributi, amministra le finanze del mercato,

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commina le sanzioni a chi non rispetta le regole, risponde a domande e reclami di venditori e consumatori, rende il mer- cato conforme alle disposizioni vigenti132.

L’esperienza statunitense dei farmers market, è stata ripresa in molti altri Paesi, primo tra tutti la Gran Bretagna: nel lu- glio del 2002, la NFU (National Farmers Union) ha realiz- zato un’indagine circa i farmers market presenti sul territo- rio inglese contandone 450, la maggior parte dei quali a ca- denza settimanale.

Allo stesso modo si sono diffusi in tutta Europa, compresa l’Italia, dove leggi regionali disciplinano i regolamenti della vendita diretta nei singoli mercati contadini.

Uno degli aspetti dei mercati contadini che più hanno inte- ressato l’Italia è stata la sicurezza a livello qualitativo degli alimenti venduti all’aperto. La disciplina di riferimento è, oltre al Regolamento (CE) n.852/2004 sull’igiene dei pro- dotti alimentari, l’ordinanza del 3 Aprile 2002 del Ministro della Salute (Gazzetta Ufficiale n. 114 del 17 maggio 2002), che disciplina i “Requisiti igienico-sanitari per il commercio dei prodotti alimentari sulle aree pubbliche”.

In particolare dal combinato dell’articolo 1 commi 1 e 2, si ricava che l’ordinanza riguarda, tra le altre cose, anche l’attività di vendita di prodotti alimentari al dettaglio effet- tuata nelle aree pubbliche dove si effettuano i mercati per il commercio dei prodotti alimentari stessi; rientrano quindi in

132 GALISAI T., OLMEO G. e USAI G., I farmers’ markets: aspetti

normativi e caratterizzazione dei consumatori, in “Agriregionieuro-

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questa disciplina i Farmers Market generalmente intesi. Agli articoli 3, 4 e 5 sono puntualmente definite le caratteri- stiche rispettivamente delle costruzioni stabili, dei negozi mobili, dei banchi temporanei. All’articolo 6 sono enunciate prescrizioni particolari rispetto al tipo di alimento venduto. La vendita in spazi aperti è quindi del tutto legittima. Curio- sa una sentenza del tribunale di Nola in composizione mo- nocratica dell’11 aprile 2013 che ha condannato un agricol- tore/venditore alla pena dell’ammenda, ritenendolo colpe- vole della contravvenzione di cui all’articolo 5, lettera b, della legge n.283 del 1962 (È vietato impiegare nella prepa- razione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vende- re o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione) per aver detenuto per la ven- dita 3 cassette di verdura collocandole all’aperto, e quindi, secondo il tribunale, esposte agli agenti atmosferici.

Ricorso in Cassazione, all’agricoltore viene riconfermata la condanna, in virtù del rispetto del c.d. ordine alimentare, in quanto «ai fini della configurabilità del reato, non vi è la necessità di un cattivo stato di conservazione riferito alle caratteristiche intrinseche delle sostanze alimentari, essen- do sufficiente che esso concerna le modalità estrinseche con cui si realizza, che devono uniformarsi alle prescrizioni

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normative, se sussistenti, ovvero, in caso contrario, a regole di comune esperienza»133.

Quindi i prodotti alimentari, per il solo fatto di essere stati esposti in un ambiente esterno ed aperto, erano considerati potenzialmente dannosi, pur non apprezzandosi visibili se- gni di deterioramento, né essendo ammesse analisi di labo- ratorio o perizie. E, insiste la Corte, «la messa in commercio di frutta all’aperto ed esposta agli agenti inquinanti costi- tuisce una violazione dell’obbligo di assicurare l’idonea conservazione delle sostanze alimentari e rispettare l’osservanza di disposizioni specifiche integrative del pre- cetto».

Il 7 aprile del 2014 è la stessa Cassazione a correggere la precedente interpretazione, con sentenza n. 15464, chiaren- do che non è sufficiente una presunzione di inquinamento, ma è necessaria l’analisi del rischio in concreto. Così che, ad oggi, possiamo ribadire che i farmers market, all’aperto ed in ambiente urbano, sono legittimi e gli alimenti qualita- tivamente adeguati (salvo eventuali specifiche colpe del venditore/agricoltore).

5. E-Commerce

L’e-commerce è una delle forme di vendita diretta a distan- za, forse la più attuale e comune, che si perfeziona tramite la rete internet. La forma di commercio elettronico di pro-

133 Suprema Corte di Cassazione, Sezione III, Sentenza 10 febbraio

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dotti agroalimentari è, per vero, quella più criticata nel no- stro Paese per abitudini alimentari, per cultura, per resisten- za delle imprese stesse134. Tuttavia «le indagini svolte dall’

“Osservatorio Anee/Assinform sul commercio elettronico in Italia” evidenziano anche che l’acquisto di prodotti alimen- tari in rete è stata la novità del 2003» soprattutto come strumento per esportare i prodotti Made in Italy all’estero135. Ed è notizia del gennaio 2017 che Amazon.it

ha aperto le porte ad Agricommy, la vetrina che permette al- le imprese agricole della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) di vendere i prodotti made in Italy sfruttando l’innovazione tecnologica. Si dice, nella pubblicità del sito, che “Agricommy è l’ecommerce per gli agricoltori della fi- liera corta”.

Benché la vendita diretta a distanza sia regolamentata da ol- tre 17 anni con la Direttiva europea numero 31 del 2000 (c.d. Direttiva sul commercio elettronico), per quanto ri- guarda la particolare fattispecie della vendita di prodotti alimentari occorre far riferimento al più recente Regolamen- to numero 1169 del 2011136 che coniuga l’esigenza classica

134 Per vero, il mancato decollo dell’e-commerce era analizzato agli

inizi del 2000 come fenomeno comune a tutte le aree merceologiche dovuto non solo a motivi economici, ma anche socio-culturali ed in particolare la scarsa informatizzazione dei cittadini e la diffidenza ver- so un sistema virtuale oltre che la difficoltà di accesso al commercio elettronico dovuto alla scarsa disponibilità di reti avanzate ed all’incapacità di comunicazione tra azienda e consumatore (CASSA- NO G., Il commercio via Internet, Piacenza, 2002, pp. 41-44).

135 RABITTI F, Il commercio elettronico come forma di filiera corta

dei prodotti agroalimentari, su “Rivistadiagraria.org”, Anno 2010, n.

96 – 15 febbraio 2010.

136 Regolamento (UE) numero 1169 del Parlamento Europeo e del

Consiglio del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori.

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della tutela del consumatore con il diritto alla salute tipica- mente riconosciuto in ambito alimentare. Ed è quanto si evince dai considerando 2137 e 3138 al Regolamento stesso.

Oggetto del Regolamento è la protezione dei consumatori in materia di informazione sugli alimenti, definendone i prin- cipi, i requisiti e le responsabilità139. Il capo II del Regola-

mento è dedicato in particolare ai “Principi generali delle informazioni sugli alimenti” e prevede quattro obiettivi ge- nerali140: garantire la protezione della salute e degli interessi

dei consumatori attraverso la fornitura di chiare informazio- ni; realizzare la libera circolazione degli alimenti legalmen- te prodotti e commercializzati proteggendo anche gli inte- ressi legittimi dei produttori; consultare in modo aperto e trasparente i cittadini direttamente o attraverso organi con- sultivi. Lo stesso capo regola inoltre i “Principi che disci- plinano le informazioni obbligatorie sugli alimenti”141.

Per quanto attiene la vendita a distanza, la premessa di ca- rattere generale è contenuta al considerando 27 del Regola- mento: “Al fine di garantire la disponibilità di informazioni

137 Considerando 2 Reg. UE 1169/2011: La libera circolazione di ali-

menti sicuri e sani costituisce un aspetto essenziale del mercato interno e contribuisce in modo significativo alla salute e al benessere dei citta- dini, nonché alla realizzazione dei loro interessi sociali ed economici.

138 Considerando 3 Reg. UE 1169/2011: Per ottenere un elevato livello

di tutela della salute dei consumatori e assicurare il loro diritto all’informazione, è opportuno garantire che i consumatori siano ade- guatamente informati sugli alimenti che consumano. Le scelte dei con- sumatori possono essere influenzate, tra l’altro, da considerazioni di natura sanitaria, economica, ambientale, sociale ed etica.

139 Articolo 1 Reg. UE 1169/2011. 140 Articolo 3 Reg. UE 1169/2011 141 Articolo 4 Reg. UE 1169/2011.

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sugli alimenti, è necessario prendere in considerazione tutte le forme in cui gli alimenti sono forniti ai consumatori, compresa la vendita di alimenti mediante tecniche di comu- nicazione a distanza. Anche se è evidente che qualunque alimento fornito mediante la vendita a distanza dovrebbe rispettare gli stessi requisiti di informazione degli alimenti venduti nei negozi, è necessario chiarire che, in tali casi, le informazioni obbligatorie sugli alimenti dovrebbero essere disponibili anche prima che sia effettuato l’acquisto”. All’articolo 2, lettera u si definisce la “tecnica di comunica- zione a distanza” come “qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del consumato- re, possa impiegarsi per la conclusione del contratto tra dette parti”.

L’articolo 14 del Regolamento si occupa di disciplinare in concreto la vendita a distanza: la distinzione ivi contenuta è tra gli alimenti preimballati, le cui informazioni obbligato- rie142 devono essere disponibili prima della conclusione del-

142 Le informazioni obbligatorie sono contenute all’articolo 9 del Reg.

UE 1169/2011: a) la denominazione dell’alimento; b) l’elenco degli ingredienti;

c) qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico elencato nell’allegato II o derivato da una sostanza o un prodotto elencato in detto allegato che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma altera- ta;

d) la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti; e) la quantità netta dell’alimento;

f) il termine minimo di conservazione o la data di scadenza; g) le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego;

h) il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare di cui all’articolo 8, paragrafo 1;

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la vendita senza eventuali costi aggiuntivi per i consumatori e le cui indicazioni obbligatorie devono essere disponibili al momento della consegna, dagli alimenti non preimballati, le cui disposizioni sono contenute all’articolo 44 del Regola- mento che prevede l’indicazione obbligatoria degli allerge- ni, rimandando per le altre informazioni alla disciplina sta- tale.

Una delle differenze tra la disciplina normativa della vendi- ta a distanza di prodotti commerciali e quella dei prodotti alimentari, riguarda il diritto di recesso: la differenza è do- vuta alla particolarità degli alimenti di deperire. In partico- lare l’articolo 52 del Codice del Consumo143 prevede un pe-

riodo di 14 giorni in cui il consumatore può recedere da un contratto di vendita a distanza, senza motivazione alcuna. Sono esclusi da questa norma, tra gli altri, i beni alimentari “suscettibili di deteriorarsi o scadere rapidamente”144.

Nel documento Food and the city (pagine 95-102)

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