• Non ci sono risultati.

Food and the city

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Food and the city"

Copied!
175
0
0

Testo completo

(1)

1

Indice

Introduzione . . . 5

Capitolo I – Le politiche alimentari nello spazio rurbano

Premessa . . . 8

1. La prima importanza del diritto agroalimentare: la dicotomia uomo-natura . . . . 8 2. Le politiche alimentari urbane della paura . 11 3. Lo sviluppo industriale moderno: dalle paure

ali-mentari urbane alla grande distribuzione . 17 4. Le politiche alimentari urbane oggi . . 21 5. Fonti e soggetti delle politiche alimentari

moderne . . . 24 5.1 La Costituzione . . . 29 5.2 Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione

Europea . . . . 33 5.3 Agenda 2030 . . . 35 6. Le politiche alimentari urbane del futuro:

dall'inter-naziona-lizzazione all'agricoltura smart . 39 6.1 La smart farm e l'occupazione giovanile in

agricoltura . . . . . 45

Capitolo II – Globalizzazione e localizzazione

Premessa . . . 56

1. La globalizzazione . . . . 56 1.1 Il globalismo di mercato . . . . 59

(2)

2

1.2 La globalizzazione e le politiche alimentari

urbane . . . . . . 62 2. Da globale a locale . . . . 64 2.1 I prodotti locali . . . 66

Capitolo III – Il sistema della filiera corta

Premessa . . . 70

1. Definizione di filiera corta . . . 72 2. Filiera corta e chilometro zero . . . 84 3. La vendita diretta . . . 88 4. I farmers market . . . 95 5. E-commerce . . . 98 6. I Gruppi di Acquisto Solidali . . . 102

Capitolo IV – Gli orti urbani

Premessa . . . 107

1. Gli orti urbani in Italia . . . . 108 1.1 Il fenomeno dell’abusivismo . . . 115 1.2 L’esperienza bolognese . . . . 117 1.3 L’esperienza catanese . . . . 119 2. Gli orti all’estero . . . 125 3. Gli orti sociali . . . 132 3.1 Gli orti collettivi . . . 138

Capitolo V – Il consumo collaborativo e sistemi locali al-ternativi

Premessa . . . 143

1. Gli ecovillaggi e le transition towns . . 145 2. La gestione collettiva dei terreni . . 148

(3)

3

3. La sharing economy ed il consumo

collaborativo . . . 149

Conclusioni . . . . 159

Bibliografia . . . 163

Sitografia . . . 171

(4)
(5)

5

Introduzione

Il fenomeno dell’abbandono delle campagne e del progres-sivo inurbamento della popolazione pone alle città alcune sfide legate alla sostenibilità. Una di queste sfide riguarda il cibo, che da un lato deve garantire la nutrizione dei cittadi-ni, dall’altro rappresenta un veicolo culturale per il progres-so della progres-società. Così le politiche alimentari urbane vanno ben oltre l’esigenza di “nutrire la città”, investendo l’innovazione sociale ed economica, le politiche di welfare, il governo delle aree urbane e le rappresentanze democrati-che.

La centralità delle città in questo contesto mette in discus-sione le politiche euro-unionali impostate a livello naziona-le, e propone una struttura orizzontale in cui la condivisione delle buone pratiche è elemento chiave per riformare in mo-do sostenibile, equo e sano il sistema agroalimentare mon-diale1.

Al fine di contestualizzare l’attuale stato delle politiche ali-mentari urbane, la prima parte dell’analisi intende concen-trarsi sull’evoluzione storica e sociale del concetto stesso di food policy nello spazio urbano, delineando gli aspetti prin-cipali delle politiche alimentari nello spazio che, come dirò, può essere definito “rurbano”.

Saranno poi esaminate le scelte politiche tese ad incentivare l’applicazione delle nuove tecnologie in ambito agricolo per migliorare la qualità della produzione sul campo e

1 CALORI A. e MAGARINI A., Food and the cities: politiche del cibo

(6)

6

re l’agricoltura di precisione che molti studiosi considerano la “terza rivoluzione verde”: sostenere l’agricoltura intelli-gente è il primo passo per rendere possibile un sistema pro-duttivo localizzato, a discapito del sistema di globalizzazio-ne avviato tra il XIX ed il XX secolo.

Tale ultima tendenza alla localizzazione della produzione alimentare è resa evidente dalla diffusione dei prodotti ali-mentari locali, e dalla scelta di sostenere sistemi di filiera corta per quanto attiene alla produzione alimentare urbana, tanto a livello nazionale quanto a livello comunitario ed in-ternazionale. Saranno oggetto dell’elaborato le specifiche forme dei sistemi di filiera corta: la vendita diretta, i far-mers market, l’e-commerce, i gruppi di acquisto solidali. A seguire saranno studiate le pratiche indicate generalmente con il termine di “orticoltura urbana”: sin dalle loro origine queste riaffermano l’effimera divisione tra città e campagna e tendono a favorire una impostazione di base in favore del-la localizzazione dei prodotti, proponendosi proprio come esempio di forma di produzione alimentare nello spazio ur-bano/cittadino.

In conclusione, l’elaborato si concentrerà sull’analisi delle forme di città sostenibili alla cui base sono dettate politiche alimentari in cui la localizzazione della produzione alimen-tare completa un più ampio stile di vita alternativo al mo-dello delle città industriali globalizzate. In questo senso sarà introdotta la pratica del consumo collaborativo come poten-ziale mezzo per veicolare positivamente le buone politiche alimentari a livello urbano.

(7)
(8)

8

Capitolo I – Le politiche alimentari

nello spazio rurbano

Sommario: Premessa; 1. La prima importanza del diritto agroalimentare: la dicotomia uomo natura; 2. Le politiche alimentari urbane della paura; 3. Lo sviluppo industriale moderno: dalle paure alimentari urbane alla grande distri-buzione; 4. Le politiche alimentari urbane oggi; 5. Fonti e soggetti delle politiche alimentari moderne; 5.1 La Costitu-zione; 5.2 Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Euro-pea; 5.3 Agenda 2030; 6. Le politiche alimentari urbane del futuro: dall'internazionalizzazione all'agricoltura smart; 6.1 La smart farm e l'occupazione giovanile in agricoltura.

Premessa

L’ evoluzione della cultura alimentare è lenta e graduale, determinata da molteplici fattori che variano dai condizio-namenti ambientali, alla cultura religiosa locale, alle tradi-zioni culinarie2. Potremmo definire questa evoluzione come

“pluridimensionale”: si tratta di una storia che interessa aspetti economici, sociali, politici e giuridici.

1. La prima importanza del diritto agroalimentare: la dicotomia uomo-natura

L’uomo storicamente nasce come onnivoro. E’ cacciatore, secondo alcuni studiosi “ladro di carcasse”, seppure

(9)

9

zialmente vegetariano nella definizione di Jean-Luis Flan-drin e Massimo Montanari, storici ed antropologi moderni, come dimostrato tanto dai ritrovamenti negli insediamenti dei primi ominidi in Africa orientale risalenti a 2,5/1,5 mi-lioni di anni fa, quanto dall’analisi chimica delle ossa che si sono conservate fino ai nostri giorni, che ci forniscono un quadro chiaro ed esaustivo di quella che era allora la vita ti-po degli uomini, molto lontana da quella che intendiamo noi oggi.

Con la scoperta del fuoco e con i mutamenti climatici che hanno permesso lo scioglimento dei ghiacciai, l’uomo cac-ciatore inesperto inizia la sua lenta trasformazione legata al-la scoperta del territorio e dell’ambiente circostante. La cac-cia diventa specac-cializzata e successivamente si assiste alle prime forme di agricoltura ed allevamento: prende avvio un cambiamento non solo alimentare ma generale dello stile di vita dell’uomo3.

Si parla infatti di “prima rivoluzione alimentare” proprio in riferimento all’età preistorica, che va a stravolgere lo stile di vita dell’uomo. Con l’agricoltura e l’allevamento l’uomo cessa di procacciarsi il cibo utile al sostentamento ed inizia a produrlo, modificando l’ambiente circostante (ad esempio abbattendo alberi o bruciando arbusti) per renderlo ospitale ed adatto ai campi da coltivare. Il lavoro dell’uomo si spe-cializza e da nomade diventa stanziale, insediandosi nei

3 FLANDRIN J-L. e MONTANARI M., Storia dell’alimentazione,

(10)

10

primi villaggi; da un punto di vista puramente giuridico, si viene a creare il presupposto del diritto di proprietà4.

Ma è poi soltanto successivamente, con l’avvento delle pri-me civiltà urbane del mondo greco prima e latino poi, che si viene a costruire il primo vero modello di spazio urbano. I campi e la campagna dal rappresentare il centro della vita quotidiana divengono un annesso strutturale della polis e della civitas5. Tra città e compagna si crea una distanza

maggiore tanto dal punto di vista geografico, quanto dal punto di vista sociale6.

Con i regni romano-barbarici, poi, si assiste all’unificazione di due stili di vita completamente opposti: quello barbaro, che vede la Natura, il selvatico, primeggiare in un modello produttivo basato sullo sfruttamento della foresta, con atti-vità come la caccia, la raccolta, la pastorizia; quello di tra-dizione classica, romano e greco, fondato sulla Cultura qua-le base dell’agricoltura. Da questo momento i due modelli produttivi diventano parte integrante dello stesso sistema, in cui non si contrappongono più Natura e Cultura, bensì si co-struisce un rapporto tra gli uomini e l’ambiente7.

4 FRUGONI C. e MAGNETTO A., Le origini del nostro futuro,

Bolo-gna, 2003, pp. 26-32. Si ritiene che le prime forme di proprietà riguar-darono l’abitazione e la terra circostante. In particolare, si considera-vano “proprietà collettive” quelle utili a tutto il villaggio; “proprietà private familiari” quelle a beneficio della singola famiglia.

5 A differenza delle prime civiltà della Mesopotamia, sviluppatesi

pro-prio in virtù di un terreno particolarmente fertile e prospero, per cui “il campo” rappresentava il fulcro della vita.

6 Per approfondimento si consiglia la lettura dell’articolo online “La

Polis Greca” pubblicato da Alessandro Polizzi su “PolizziEditore.com” nel 2017.

(11)

11

Rimane inalterata la distanza tra la città e la campagna an-che con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 e con la riorganizzazione della società nei regni romano-barbarici prima, e nel c.d. sistema curtense dopo, fino allo svilupparsi della ben nota “società feudale”.

Per quanto riguarda il feudo medievale, questo si fonda su un rapporto di fiducia e fedeltà che viene ad instaurarsi tra il Signore ed il vassallo, e più in particolare nella concessione da parte del primo di un appezzamento di terreno, in cambio della piena lealtà dal punto di vista militare. La terra diviene il bene più prezioso, la merce di scambio più ambita, ed i proprietari terrieri sono i signori al vertice di un sistema po-litico forte.

A fianco di questa territorializzazione della signoria fondia-ria, si produsse un altro fenomeno: l’incastellamento dei centri signorili. Un fenomeno che non riguardava solo la Francia, dove effettivamente il feudalesimo è nato, ma tutta l’Europa. Il continente nel 1050 era frammentato in centri autonomi di potere, chiusi nelle enormi e possenti fortezze che dividevano la città dalla campagna8.

2. Le politiche alimentari urbane della paura

Fino alla fine del Medioevo, permane questo carattere for-temente rurale della società europea, in cui i capitali veni-vano investiti nell’acquisto di terreni ed insieme a quelli, di poteri politicamente rilevanti. Un orientamento che venne

(12)

12

confermato anche in Italia, con l’avvento dei Comuni citta-dini e che perdurò fino al XIV secolo9.

E’ il periodo buio per l’Europa tutta, un secolo caratterizza-to da un calo demografico, da una profonda crisi economi-ca, e dalla diffusione della peste nera.

La “mortifera pestilenza”, così chiamata da Boccaccio nella prima giornata del suo Decamerone, mette di nuovo tutto in discussione. La città è davvero sicura? Bastano le mura ad impedire che la “campagna” penetri devastando tutto? E’ in quegli anni che si può effettivamente iniziare a parlare di paure alimentari: Jean de Levis nel 1303 redige la Charta di Mirepoix, contro i pericoli derivanti dalle malattie di ori-gine animale ed in particolare quelli derivanti dal consumo della carne, per difendere la città entro le mura dai pericoli della campagna; allo stesso modo gli statuti del macello a Firenze. Regola comune per quanto riguarda la macellazio-ne è che gli animali devono fare il loro ingresso in città en-trando sulle loro zampe.

Ma non solo la carne crea paure e preoccupazioni: dalle er-be, ai nuovi prodotti importati dall’America nel Tardo Me-dioevo, sono sempre di più gli alimenti considerati poten-zialmente dannosi10.

9 CAMMAROSANO P., Le campagne nell’età comunale, Torino,

1974.

10 FERRIERES M., Storia delle paure alimentari, Roma, 2004, pp.

(13)

13

Paure che si moltiplicano nell’età moderna, con le nuove esplorazioni geografiche e l’apertura delle città al mondo circostante.

Del resto, la paura è da sempre un elemento di fondamenta-le importanza nella storia delfondamenta-le città, e ne ha da sempre de-terminato la formazione e la composizione. E’ stata la paura a fare issare le mura intorno alle città medievali, e successi-vamente sempre la paura permea l’agglomerato urbano del-la società industriale, dove si fronteggiano le cdel-lassi detentri-ci dei mezzi di produzione e le classi non possidenti11.

Un nuovo assetto cittadino accentuato a partire dal 1500 quando il commercio diventa la principale attività lavorativa e le città con le loro enormi piazze diventano i principali centri della vita quotidiana, fulcro degli scambi economici. Tale assetto viene riconfermato ed estremizzato con la rivo-luzione industriale e la diffusione delle fabbriche all’interno della città.

«Tra il 1820 ed il 1900 vennero a crearsi nelle grandi città distruzioni e disordini paragonabili a quelli di un campo di battaglia e proporzionati alle dimensioni delle attrezzature e alla potenza delle forze impiegate. Nelle nuove province dell’urbanistica, l’attenzione deve ora essere concentrata sui banchieri, sugli industriali e sugli inventori. Furono lo-ro i responsabili di buona parte del bene e di quasi tutto il male, loro che crearono un nuovo tipo di città a propria

11 PAONE S., Città in frantumi, Franco Angeli Editore, 2008, pp.

(14)

14

immagine; quella che Dickens in Tempi difficili chiamava Coketown»12.

Così Lewis Mumford, urbanista e sociologo statunitense, raccontava della trasformazione delle città in seguito alla industrializzazione. In un certo senso, si viene a costruire lo stereotipo moderno della città industrializzata, profonda-mente diverso dalle realtà che lo stesso Mumford individua nelle regioni più povere e che denomina “pionierismo agri-colo” in contrapposizione al “pionierismo industriale”. Non è tutto: l’autore individua nell’ agricoltura dei migranti nelle aree del mondo inesplorate il più grande aiuto all’incremento demografico. Sarebbe infatti grazie a questo aumento delle risorse alimentari che le città industriali sono sopravvissute alla fame13.

Nel periodo dell’industrializzazione torna a riproporsi il contrasto tra la vita in città e la vita in campagna, ed in par-ticolare si assiste ad una netta differenziazione tra i poveri che vivono in ambiente urbano ed i meno abbienti del con-tado agricolo. E’ una differenza basata tutta sulla produzio-ne agricola: se infatti i primi devono razionalizzare i pasti, prediligendo il cibo acquistato per strada o nelle osterie, i secondi godono della possibilità di produrre da soli il pro-prio pasto (c.d. autoconsumo), da consumare in ambiente familiare, a casa. E ci sono differenze anche tra operai di

12 MUMFORD L., The City in the History, New York, 1961, pp.

557-589 come citato in Sociologia Urbana di G. F. Elia, pp. 110.

13 ELIA G.F., Sociologia Urbana, Editore Ulrico Hoepli Milano, 1971,

(15)

15

settori diversi, che hanno un guadagno diverso e di conse-guenza un regime alimentare completamente differenziato. In questo senso sono rivolte le riforme dello Stato liberale: non solo a colmare le differenze tra Nord e Sud dell’Italia, ma anche quelle tra città e campagna e tra lavoratori appar-tenenti in teoria alla medesima classe sociale ma impiegati in differenti settori. Ma soprattutto a rispondere a quell’esigenza di sicurezza particolarmente sentita in gene-rale in tutta la nazione. Ed il canale scelto per queste rifor-me è proprio quello delle politiche alirifor-mentari, in quanto il cibo assume un ruolo nuovo, con la consapevolezza che si tratti di un elemento della vita indispensabile. Si assiste così al crollo del tasso di mortalità in quegli anni, dovuto da un insieme di fattori tra cui assume una forte importanza il mi-glioramento delle condizioni dell’alimentazione, come te-stimoniato da uno studio commissionato dall’ONU nel 1953 e dalle teorie di Thomas McKeown14.

Le istituzioni politiche fanno fronte a questa situazione adattando il sistema ad una prima superficiale ripartizione

di competenze che comprendono

quelle che oggi definiremmo “politiche alimentari”.

In Italia, ad esempio, nasce quello che oggi è denominato “Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali”, e che comprendeva in origine materie assai diverse (agricoltu-ra, industria, commercio): nel 1916, per far fronte ai cre-scenti bisogni connessi all’agricoltura causati dalle esigenze

14 SCARPELLINI E., A tavola! Gli italiani in 7 pranzi, Bari, 2012,

(16)

16

belliche della prima guerra mondiale, fu costituito l’apposito Ministero per l’Agricoltura, riassorbito nel 1923 nel Ministero dell’economia nazionale, che andava a ricom-prendere le materie prettamente economiche quali industria, commercio e lavoro. Dal 1929 si torna a parlare di Ministe-ro dell’agricoltura e delle foreste, ma bisognerà attendere il 1993 perché si possa parlare di Ministero delle risorse agri-cole, alimentari e forestali15.

Un procedimento simile, almeno nella logica storica che lo precede, si verifica negli Stati Uniti, seppure oggi sia consi-derato un modello alternativo rispetto a quello europeo per quanto riguarda in generale l’alimentazione. Anche negli Stati Uniti, infatti, il processo prende avvio da un primo ten-tativo di combattere le paure alimentari in favore di una maggiore sicurezza del consumatore: a partire dal 1930, gli organismi dello United States Department of Agricolture e la Food and Drug Administration, hanno gettato le basi per una politica alimentare attenta alle esigenze dei consumato-ri, fortemente legata alla sicurezza alimentare, insieme a programmi di sostegno agli agricoltori (si pensi al Farm Bill, creato come sostegno agli agricoltori nel periodo della Grande Depressione), salvo poi essere con il tempo attenua-te e surclassaattenua-te, a vantaggio delle lobbies dei produttori agroalimentari.

15 Notizie tratte dalla sezione “storia” del sito internet del Ministero

(17)

17

3. Lo sviluppo industriale moderno: dalle paure ali-mentari urbane alla grande distribuzione

E’ questo il periodo del forte e rapido sviluppo della indu-stria della trasformazione alimentare nei paesi anglosassoni, favorita dalle innovazioni del settore meccanico e del setto-re chimico volte a migliorasetto-re la conservazione degli alimen-ti, ed affiancata dallo sviluppo dell’attività distributiva, e che segnerà la diffusione della grande distribuzione orga-nizzata in tutto il mondo. Così il 27 Novembre del 1957 a Milano viene aperto il primo supermercato italiano, mentre in America se ne contano già più di 30.000. E’ un mutamen-to radicale non solo dal punmutamen-to di vista commerciale ma an-che sociale: una rivoluzione degli usi e costumi del consu-matore abituato alla piccola bottega. Cambiano le abitudini, e fare la spesa diventa un piacere più che un bisogno, domi-nato dalla legge del risparmio16.

Uno dei motivi dello sviluppo rallentato in Italia del sistema distributivo è rinvenuto nella farraginosa normativa di rife-rimento: fino agli anni ’90 infatti era in vigore la legge nu-mero 426 dell’11 giugno 1971 che lasciava ampio potere regolamentare a Regioni e Comuni. Si prevedeva nella leg-ge che l’apertura di esercizi fino a 400 metri quadrati, o fino a 1500 nei comuni con più di 10000 abitanti, doveva essere regolamentata da un apposito piano comunale; in assenza la decisione era rimessa alla decisione del Sindaco, previo pa-rere vincolante della Commissione comunale per il com-mercio. La legge inoltre stabiliva che per l’apertura di un

16 INNOCENTI M., 27 Novembre 1957: nasce il supermarket,

(18)

18

punto vendita di superficie superiore ai 400 o ai 1500 metri quadrati, in relazione alla dimensione del Comune, era ri-chiesto un nulla osta regionale, senza però stabilire un ter-mine massimo entro il quale dovesse essere rilasciato. La semplificazione avviene nel 1998 con il decreto legisla-tivo numero 114 del 31 marzo (c.d. decreto Bersani) con cui la disciplina del settore è stata riformata con lo specifico in-tento di modernizzare e liberalizzare la distribuzione nel settore alimentare, in virtù dei principi di trasparenza del mercato, di concorrenza, di libertà d’impresa, di tutela del consumatore, di evoluzione tecnologica, ma soprattutto di efficienza. E’ l’avvento della grande distribuzione.

In base ad uno studio condotto dalla società Nielsen tra il 2002 ed il 2006, sui prezzi medi unitari della pasta di semo-la secca, dell’olio extravergine e del pomodoro in polpa (che rappresentavano una quota stabile e significativa dei consumi alimentari delle famiglie italiane), emerge che au-menta la gamma di offerta per le tipologie di beni conside-rati, grazie all’espansione della grande distribuzione orga-nizzata, e di conseguenza ne variano le quote di mercato. Cala così la vendita di prodotti locali, ed aumenta quella dei prodotti a diffusione nazionale. Nascono i private label, prodotti realizzati da imprese industriali commercializzati con il marchio dell’impresa della grande distribuzione

(19)

orga-19

nizzata, venduti a prezzi inferiori rispetto ai prodotti loca-li17.

In questo senso possiamo dire che diventa abitudine trovare in città un supermercato i cui scaffali sono pieni di prodotti variegati, a prezzi relativamente più bassi rispetto a quelli dei produttori locali e delle piccole botteghe (quello che og-gi è chiamato “il grande inganno del sottocosto”)18. Ma non

è questa l’unica conseguenza della grande distribuzione or-ganizzata. Da un punto di vista non economico ma sociale cambia la vita delle famiglie: acquistano valore le industrie alimentari, che arrivarono a coprire in poco tempo oltre la metà del fabbisogno alimentare, che non riusciva ad essere colmato con la sola produzione agricola; viene rivalutata la figura della donna, individuata nel periodo fascista come la destinataria di un chiaro messaggio di propaganda e di pro-mozione delle campagne di quel periodo (da un lato le don-ne dovevano sostedon-nere il fascismo, partecipando alle parate paramilitari, dall’altro dovevano riconoscersi nei ruoli do-mestici e familiari, limitando le attività extradomestiche), e che evolve con il tempo fino alla consapevolezza riportata sulla rivista “La cucina italiana” nella metà degli anni ’50, nell’articolo “La donna d’oggi”, per cui il ruolo della

17 VIVIANO E., La grande distribuzione organizzata e l’industria

ali-mentare in Italia, “Questioni di economia e finanza”, Numero 119,

Marzo 2012, Banca d’Italia.

18 CICONTE F. e LIBERTI S., Supermercati, il grande inganno del

sottocosto, “Internazionale.it”, 27 febbraio 2017. E’ una strategia di

marketing delle catene della grande distribuzione organizzata quella che consiste nel pubblicizzare offerte sottocosto e promozioni, a disca-pito della qualità dei prodotti stessi: la conseguenza è la nascita di una categoria di consumatore opportunistico, che segue le offerte senza che si crei una forma di legame con la catena di distribuzione, e che ha per-so la percezione del giusto valore di un prodotto alimentare.

(20)

20

na è cambiato sia che lavori in casa, sia che lo faccia fuori. Le donne, considerate da sempre le custodi del focolare domestico, potevano acquistare il necessario per la propria famiglia (alimenti e non) in un unico luogo, il supermercato, risparmiando tempo prezioso. A ciò si aggiunse la diffusio-ne del frigorifero che insieme agli altri elettrodomestici con-tribuì alla rivoluzione della cucina intesa tanto come spazio per preparare i cibi, quanto come luogo sociale. Il lavoro in cucina diviene meno faticoso grazie alla tecnologia dome-stica, senza tuttavia emancipare le donne dal ruolo imposto di casalinghe sorridenti19. Solo successivamente si consentì

alle donne di avere del tempo per lavorare ma anche del tempo libero da passare lontane dalla cucina20.

Lo spazio urbano è, in definitiva, non solo il luogo degli uomini e delle fabbriche, ma l’area in cui si sviluppano le politiche per i cittadini, uomini e donne, tra le quali le poli-tiche alimentari; e si predilige l’urbanizzazione quale ele-mento determinante per lo sviluppo economico, costituendo uno dei fattori che contribuiscono ad incrementare il con-sumo (in base agli studi, tra gli altri, di Simon Kuznets)21.

19 SCARPELLINI E., A tavola! Gli italiani in 7 pranzi, Bari, 2012,

pp.173-175.

20 Per un approfondimento si consiglia il documentario “Il carrello e il

supermercato” della serie “Italia in 4d” realizzata da GIANNOTTI G., SAVELLI D. e FARIOLI VECCHIOLI E. per “Rai Storia”.

21 SCARPELLINI E., A tavola! Gli italiani in 7 pranzi, Bari, 2012, pp.

(21)

21

4. Le politiche alimentari urbane oggi

Se oggi volessimo dare una definizione in modo certo e chiaro di spazio urbano sarebbe molto più difficile rispetto al passato perché complesso è individuare i confini delle cit-tà e incerti sono gli attori che la abitano e la vivono quoti-dianamente, in quanto assistiamo ogni giorno ad un conti-nuo flusso materiale ed immateriale che si muove dall’interno all’esterno di esse e viceversa. Il forte e repen-tino sviluppo tecnologico ha infatti incrementato la mobilità urbana e gli incontri tra le persone (seppure spesso virtuali), determinando una trasformazione delle città che ha visto come protagonista una crescente controurbanizzazione. Ed in effetti per definire oggi cosa è urbano appare quanto-meno anacronistico segnare una differenza tra spazio urba-no e spazio rurale; occorre piuttosto fare riferimento agli studi dei sociologi, fra i quali Anthony Giddens.

Il ragionamento alla base della teoria sull’urbanizzazione di Giddens è incentrato su una nuova forma di strutturalismo che vede in primo piano gli individui, la loro coscienza e ri-flessività del tutto autonome dai vincoli delle strutture. Un’idea già avanzata precedentemente da altri autori, ma che mai ha inteso porre in un rapporto di stretta correlazione “una teoria psicologica della motivazione con un’interpretazione sociologica delle proprietà strutturali dei sistemi sociali”.

Giddens, per spiegarlo più semplicemente, affida l’analisi della città non solo alla sociologia, come da tradizione, ma

(22)

22

anche a parte di quella che viene più formalmente intesa come psicologia.

Il risultato di questa riflessione è che non deve essere preso in considerazione esclusivamente “l’io penso” tipicamente cartesiano, bensì l’azione che l’individuo pone in essere at-traverso il fluire e le attività corporee. L’azione è un fare del corpo che occupa una dimensione di tempo e spazio; l’urbano per Giddens è quindi una specifica organizzazione propria del tempo e dello spazio. A caratterizzare il singolo contesto urbano, è quindi il modo della società di organizza-re il tempo e lo spazio. Semporganizza-re secondo Giddens, il signifi-cativo passaggio dalle società tribali alle società moderne divise in classi segna la formazione dello Stato ed una netta differenziazione tra città e campagna, estremizzata con il capitalismo nella contrapposizione fra corpo politico e cor-po economico: oggi la città non ha più i vecchi connotati che la distinguevano rispetto al resto del territorio e l’habitat della città si estende anche alla campagna. L’urbano allora non caratterizza più solo la città, in quanto urbano è ora ovunque ed in qualsiasi luogo le relazioni sociali si esten-dono nel tempo e nello spazio22.

Per concludere, possiamo chiaramente osservare come nel contesto moderno sia impossibile ed inutile provare a di-stinguere l’agricoltura e la campagna, come luogo di produ-zione degli alimenti, e le città intese come spazio urbano in cui si consumano gli stessi prodotti. Il nostro territorio si

22 NUVOLATI G., Lezioni di sociologia urbana, Bologna, 2011,

(23)

23

presenta infatti come un continuum di agglomerati urbani e di spazi verdi, coltivati o meno23.

Quando si parla di rapporto tra spazio urbano e rurale, lo si fa piuttosto per sottolineare il nuovo atteggiamento della società nei confronti dell’ambiente: un atteggiamento tanto di integrazione tra il tessuto urbano e quello rurale, quanto di protezione delle campagne rispetto alla crescente cemen-tificazione delle città. Un legame indissolubile, quindi, quello tra città e campagna, che rende necessaria oggi una visione d’insieme al fine di recuperare quella sostenibilità sociale di sistema andata persa, e che può essere recuperata solo sostituendo, alla originale dicotomia tra urbano e rura-le, il concetto di “rurbano”, col quale si intende far riferi-mento alla forte interazione tra risorse e bisogni urbani e ru-rali24. Questa interazione è oggi in crisi. Una crisi politica,

economica, finanziaria, ambientale, per cui la soluzione non può più essere la difesa aggressiva utilizzata fino ad ora, che ha inasprito i rapporti sociali e civili, ma deve essere frutto di un radicale ripensamento dei nostri stili di vita, una tran-sizione lenta e graduale in cui le città rappresentano il nodo fondamentale.

Viviamo nelle città, e nelle città confluiscono tutti i poteri economici e sociali. Il ruolo delle città sarà importante non solo per garantire un’alimentazione sana alla popolazione,

23 GIARE’ F. e GIUCA S., Agricoltori e filiera corta, Roma, 2012, pp.

5-7.

24 DI IACOVO F., Rurbano e sostenibilità sociale: progetti, percorsi,

istituzioni, innovazioni e resistenze, su “Agriregionieuropa”, anno 12,

(24)

24

ma per gestire i rifiuti, la mobilità delle persone e delle co-se, l’energia e l’acqua.

Ad oggi appare evidente come le stesse città abbiano ceduto quei poteri importantissimi ai privati. In particolare negli ul-timi decenni appare evidente come la regolazione del cibo a livello cittadino sia stata dominata dai supermercati, in un quadro concorrenziale falsato che ha condizionato profon-damente la città dal punto di vista delle persone e del pae-saggio urbano. Colpa anche di una regolamentazione non uniforme ed omogenea che ha causato un impoverimento delle politiche e della cultura alimentari.

5. Fonti e soggetti delle politiche alimentari moderne

Il quadro normativo italiano a livello di politiche alimentari appare ad oggi piuttosto frammentato, e non mancano le cri-tiche ad un sistema comunemente definito caotico nonostan-te i nonostan-tentativi di semplificazione, come ad esempio l’articolo 6 della legge 229 del 2003 che ha attribuito al governo la delega al riassetto delle disposizioni vigenti in materia di prodotti alimentari, falliti a causa dei contrasti in sede di contrattazione politica25.

A ciò si aggiunga che le politiche alimentari non trovano di-retta protezione nel dettato costituzionale: nella nostra Co-stituzione (dato comune in realtà a quasi tutte le Costituzio-ni post-belliche), non si parla di diritto al cibo, né si rinvie-ne uno specifico riferimento alle politiche alimentari,

25 FERRARI M. e IZZO U., Diritto alimentare comparato, Edizione il

(25)

25

pure con la riforma del titolo V sia menzionata, nel disposi-tivo dell’art. 117, l’alimentazione tra le materie di legisla-zione concorrente tra Stato e Regioni26.

In generale si tende ad associare le politiche alimentari allo sviluppo agricolo, tanto che il Ministero di riferimento ri-mane ad oggi il “Ministero delle politiche agricole, alimen-tari e forestali”, nella denominazione adottata a partire dal 200627. Funzione primaria del Ministero è quella di

elabora-re le politiche agricole, alimentari e foelabora-restali a livello nazio-nale e di coordinarle con le politiche e le normative europee ed internazionali.

Assume una forte importanza la Conferenza Stato-Regioni, vero e proprio ponte tra le politiche alimentari statali e le singole politiche adottate a livello regionale ed i cui fini

26 Articolo 117 della Costituzione: […] Sono materie di legislazione

concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione eu-ropea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del la-voro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professio-ni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i set-tori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sporti-vo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunica-zione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legi-slazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legisla-zione dello Stato. […]

27 Notizie tratte dalla sezione “storia” del sito internet del Ministero

(26)

26

no dichiarati nella pagina di presentazione del sito internet ufficiale della Conferenza stessa28.

Oltre alla competenza dello Stato ed alla competenza delle Regioni (coordinate in sede di Conferenza delle Regioni e Province autonome), per concludere il quadro occorre men-zionare il potere di iniziativa politica in capo agli enti locali, ed in particolar modo ai Comuni, che hanno la diretta com-petenza ad applicare le politiche alimentari ritenute più con-sone in osservanza alla loro funzione di perseguimento de-gli interessi locali come previsto dal decreto legislativo n. 267 del 2000, rubricato “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”29.

Il potere di iniziativa degli enti locali consente non solo di approvare norme che riguardino lo specifico territorio di

28 La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le

Province autonome di Trento e Bolzano opera nell’ambito della comu-nità nazionale per favorire la cooperazione tra l’attività dello Stato e quella delle Regioni e le Province Auto-nome, costituendo la "sede privilegiata" della negoziazione po-litica tra le Amministrazioni centra-li e il sistema delle autono-mie regionacentra-li.

29 Articolo 3 del decreto legislativo 267 del 2000:

1. Le comunita' locali, ordinate in comuni e province, sono autonome. 2. Il comune e' l'ente locale che rappresenta la propria comunita', ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo.

3. La provincia, ente locale intermedio tra comune e regione, rappre-senta la propria comunita', ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo.

4. I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa, orga-nizzativa e amministrativa, nonche' autonomia impositiva e finanziaria nell'ambito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordina-mento della finanza pubblica.

5. I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della regione, secondo il princi-pio di sussidiarieta'. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attivita' che possono essere adeguatamente. eserci-tate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni so-ciali.

(27)

27

competenza, ma di realizzare progetti che coinvolgono esclusivamente alcuni quartieri cittadini, o alcune specifiche frazioni del territorio di competenza. A titolo di esempio è possibile citare il recente progetto “Feeding you fair”, ovve-ro “Nutrirvi in modo pulito”, povve-romosso dalla Città metovve-ropo- metropo-litana di Torino nell’ambito del progetto “Nutrire Torino Metropolitana” con la collaborazione di Slow Food, e pre-sentato a febbraio 2017 in occasione del “Festival del Gior-nalismo Alimentare” di Torino. Il progetto prevede un deca-logo aderendo al quale gli esercizi della ristorazione (at-tualmente 20) possono promuovere il cibo sano, rispettando requisiti ambientali, sociali ed alimentari, seguendo alcune buone pratiche pubblicizzate dagli enti a tal fine preposti. Questo quadro frammentato delle competenze ha in comune solo la base normativa euro-unionale: a livello europeo, in particolare, possiamo rinvenire nel regolamento (CE) n.178 del 2002 la prima normativa generale moderna sui “principi e requisiti generali della legislazione alimentare” che rivo-luziona completamente la concezione degli alimenti e del diritto alimentare tutto e con il quale si sono gettate le basi per un approccio organico alla disciplina dei prodotti ali-mentari.

Altrettanto innovativo è il regolamento (CE) n.1234 del 2007 che, rispetto alla situazione frammentaria europea, ha istituito una OCM (Organizzazione Comune dei Mercati) unica.

(28)

28

Con il trattato di Lisbona30 del 2007 si dichiara poi

all’articolo 2C comma 2, che l’Unione Europea ha compe-tenza concorrente con quella degli Stati membri, tra gli altri, nei settori dell’agricoltura e della pesca (eccetto la conser-vazione delle risorse biologiche del mare) e dell’ambiente. Con riferimento alle politiche alimentari europee fra gli at-tori fondamentali nell’ambito delle principali istituzioni dell’Unione:

1. La Commissione permanente per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (individuata dall’acronimo ENVI). Tale Commissione è istituita all’interno del Parlamento Europeo ed è competente anche per le questioni riguardanti la sicurezza alimentare, in parti-colare:

a) l’etichettatura e la sicurezza dei prodotti alimentari; b) la legislazione veterinaria concernente la protezione

contro i rischi per la salute umana; i controlli sanitari dei prodotti alimentari e dei sistemi di produzione alimentare;

c) l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e l'Uf-ficio alimentare e veterinario europeo.

2. Il Consiglio “Occupazione, politica sociale, salute e con-sumatori” (individuato dall’acronimo EPSCO). E’ una delle formazioni del Consiglio dell’Unione Europea che, per quanto riguarda la protezione dei consumatori, adotta norme

30 Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il

trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 di-cembre 2007 (GU C 306-2007).

(29)

29

UE per la protezione della salute e della sicurezza dei con-sumatori e dei loro interessi economici, insieme al Parla-mento europeo.

3. La Commissione europea, organo esecutivo dell’Unione e di promozione del processo legislativo, prevede tra le sue Direzioni Generali quella della “salute e sicurezza alimenta-re” e quella della “agricoltura e sviluppo rurale”.

La politica congiunta di questi tre organi dell’Unione, de-termina le politiche generali in materia di alimentazione e sviluppo rurbano, coadiuvati dai forum di discussione ga-rantiti dal Comitato economico e sociale europeo, nella sua sezione specifica “Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente”, e dalla “Commissione Risorse Naturali” del Comitato delle regioni.

5.1 La Costituzione

Come anticipato nel corso della precedente trattazione, non compare espressamente alcun riferimento al cibo nella no-stra Costituzione. Tuttavia è possibile rinvenire nel dettato costituzionale le basi di quello che oggi è comunemente de-finito “diritto agroalimentare”.

Occorre menzionare da subito l’articolo 32 della Costitu-zione31 che stabilisce la tutela della salute come diritto

31 Articolo 32 della Costituzione:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

(30)

30

damentale tanto dell’individuo quanto della collettività. In tal senso è possibile configurare la tutela della salute come una situazione soggettiva di vantaggio individuale, ma an-che come interesse legittimo nella sua dimensione colletti-va. Si tratta di inquadrare la salute, in un’ottica interventista tipica dello Stato di diritto, come centrale per le politiche di ordine pubblico interne ed internazionali32.

Tra le sopramenzionate politiche, rientrano senza dubbio quelle alimentari che vanno a completare un concetto in continua evoluzione, quale quello della salute, che si occupa sempre più del cibo e dell’alimentazione.

E’ necessario, pertanto, operare una lettura combinata dell’articolo 32 con l’articolo 41 della Costituzione33, che

tutela l’iniziativa economica, ivi compresa quella di produr-re, distribuiprodur-re, vendeprodur-re, e somministrare cibi e bevande, con dei limiti tali da garantire il rispetto il diritto dei consumato-ri ad un cibo sano34.

Sul rapporto tra l’articolo 32 ed il 41 della Costituzione vi sono due impostazioni della dottrina che tendono ad La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

32 FERRARA R., Trattato di biodiritto. Salute e Sanità, 2010, pp.

18-23.

33 Articolo 41 della Costituzione:

L’iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fi-ni sociali.

34 BOTTIGLIERI M., La protezione del diritto al cibo adeguato nella

(31)

31

mare o meno l’esistenza di una gerarchia costituzionale di interessi e valori, e la conseguente possibilità o meno di operare un bilanciamento tra il diritto alla salute e quello all’attività economica, secondo il principio di proporzionali-tà35.

Rimane tuttavia indiscussa l’importanza della lettura com-binata tra le due norme, tanto che il diritto di accedere ad un cibo adeguato inteso come limite alla libertà di iniziativa economica, può essere considerato un paradigma della di-gnità umana, ricavabile dagli articoli 336 e 3637 della

Costi-tuzione, insieme al principio della dignità sociale. Il diritto al cibo, infatti, garantisce tanto il nutrimento del corpo, quanto la tutela della dignità umana.

Gli altri aspetti della connessione tra il diritto al cibo ed il principio di dignità sono rappresentati dal fatto che ogni

35 AGNELLO M. C., La sicurezza alimentare a tutela della libera

cir-colazione delle merci e della salute alla luce della normativa europea e nazionale, su “Il Mondo Giudiziario”, 2012.

36 Articolo 3 della Costituzione: Tutti i cittadini hanno pari dignità

so-ciale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni perso-nali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economi-co e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei citta-dini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economi-ca e sociale del Paese.

37 Articolo 36 della Costituzione: Il lavoratore ha diritto ad una

retribu-zione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e digni-tosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

(32)

32

persona dovrebbe essere ad un livello di accesso al cibo tale da avere garantita pari dignità sociale nelle relazioni con i propri simili ma anche con gli apparati pubblici, e dalla re-tribuzione del lavoratore e della lavoratrice che, insieme alle misure di assistenza e previdenza, dovrebbero essere in gra-do di assicurare una dieta nutriente, sana, ed accessibile dal punto di vista culturale e religioso38.

Risulta in questo senso di primaria importanza la possibilità per l’individuo di autodeterminarsi, come previsto dall’articolo 1339 della Costituzione, potendo scegliere il

ci-bo da consumare, i modelli di distribuzione e di produzione, o lo stile di vita alimentare.40

38 BOTTIGLIERI M., La protezione del diritto al cibo adeguato nella

Costituzione italiana, su “Forumcostituzionale.it”, 2 marzo 2016.

39 Articolo 13 della Costituzione:

La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisi-zione personale, né qualsiasi altra restriperquisi-zione della libertà personale, se non per atto motivato dell'Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dal-la legge, l'autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'Au-torità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quaran-totto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sotto-poste a restrizioni di libertà.

La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

40 BOTTIGLIERI M., La protezione del diritto al cibo adeguato nella

Costituzione italiana, pubblicato il 2 marzo 2016 su

(33)

33

5.2 Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Euro-pea

Neanche il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Euro-pea (TFUE), modificato da ultimo con il Trattato di Lisbona nel 2007, fa riferimento espresso alle politiche alimentari, tuttavia disciplina aspetti importanti del settore.

In particolare l’intero Titolo III è rubricato “Agricoltura e pesca” e nei primi tre articoli (artt. 38-39-40) viene definito il concetto di politica agricola comune41, ne sono espresse le

finalità42 e le modalità di attuazione43.

41 Articolo 38 paragrafo 1 TFUE: L'Unione definisce e attua una

politi-ca comune dell'agricoltura e della pespoliti-ca.

Il mercato interno comprende l'agricoltura, la pesca e il commercio dei prodotti agricoli. Per prodotti agricoli si intendono i prodotti del suolo, dell'allevamento e della pesca, come pure i prodotti di prima trasfor-mazione che sono in diretta connessione con tali prodotti. I riferimenti alla politica agricola comune o all'agricoltura e l'uso del termine "agri-colo" si intendono applicabili anche alla pesca, tenendo conto delle ca-ratteristiche specifiche di questo settore.

42 Articolo 39 paragrafo 1 TFUE: Le finalità della politica agricola

co-mune sono:

a) incrementare la produttività dell'agricoltura, sviluppando il progres-so tecnico, assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola come pure un impiego migliore dei fattori di produzione, in particolare della manodopera;

b) assicurare così un tenore di vita equo alla popolazione agricola, gra-zie in particolare al miglioramento del reddito individuale di coloro che lavorano nell'agricoltura;

c) stabilizzare i mercati;

d) garantire la sicurezza degli approvvigionamenti;

e) assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori.

43 Articolo 40 paragrafo 1 TFUE:

Per raggiungere gli obiettivi previsti dall'articolo 39 è creata un'orga-nizzazione comune dei mercati agricoli.

A seconda dei prodotti, tale organizzazione assume una delle forme qui sotto specificate:

a) regole comuni in materia di concorrenza;

b) un coordinamento obbligatorio delle diverse organizzazioni nazio-nali del mercato;

(34)

34

Importante per la creazione di un mercato unico e di una ve-ra politica comune è l’articolo 114 del TFUE che disciplina il meccanismo di ravvicinamento delle disposizioni legisla-tive: è un’opera di coordinamento tra gli ordinamenti interni degli Stati volta ad eliminarne le diversità più marcate ed accentuarne le affinità dal punto di vista del contenuto so-stanziale. In particolare dichiara il paragrafo 1 della suddet-ta norma: “Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberan-do secondeliberan-do la procedura legislativa ordinaria e previa con-sultazione del Comitato economico e sociale, adottano le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legisla-tive, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno”44. Al paragrafo 3 dello stesso articolo

si specifica che in materia di sanità, sicurezza, protezione dell'ambiente e protezione dei consumatori, la Commissione si basa su un “livello di protezione elevato” che non viene approfondito ma che delinea una impostazione di tutela per quelli che riguardano gli ambiti di intervento delle politiche alimentari.

Quello stesso “livello elevato di protezione” è indicato all’interno del Titolo XIV dedicato alla “sanità pubblica”, in cui è utilizzato all’articolo 168 paragrafo 1 in riferimento al-la salute umana rispetto alal-la definizione ed attuazione di tut-te le politiche ed attività dell’Unione45.

44 Articolo 114 paragrafo 1 TFUE.

45 Articolo 168 paragrafo 1 TFUE: Nella definizione e nell'attuazione

di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana.

(35)

35

Nel successivo Titolo XV rubricato “protezione dei consu-matori”, all’articolo 169 sono definiti gli obiettivi dell’Unione in materia, ed espresse le modalità con cui si intende raggiungere quelle stesse finalità. In particolare è posta l’attenzione sulla tutela alla salute dei consumatori, sulla loro sicurezza, e sui loro interessi economici46.

Al paragrafo 2 sono poi enunciate le due modalità con cui si intende garantire la protezione dei consumatori:

a) misure adottate a norma dell'articolo 114 nel quadro della realizzazione del mercato interno;

b) misure di sostegno, di integrazione e di controllo della politica svolta dagli Stati membri.

5.3 Agenda 2030

Sul sito internet del Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite, nella sezione dedicata ad Agenda2030, viene fornita la seguente definizione del programma:

L'azione dell'Unione, che completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale. Tale azione comprende la lotta contro i grandi flagelli, favo-rendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro preven-zione, nonché l'informazione e l'educazione in materia sanitaria, non-ché la sorveglianza, l'allarme e la lotta contro gravi minacce per la sa-lute a carattere transfrontaliero.

L'Unione completa l'azione degli Stati membri volta a ridurre gli effetti nocivi per la salute umana derivanti dall'uso di stupefacenti, comprese l'informazione e la prevenzione.

46 Articolo 169 paragrafo 1 TFUE: Al fine di promuovere gli interessi

dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei con-sumatori, l'Unione contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli in-teressi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all'informazione, all'educazione e all'organizzazione per la salvaguar-dia dei propri interessi.

(36)

36

“L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un program-ma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sotto-scritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi mem-bri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo So-stenibile - Sustainable Development Goals, SDGs - in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030[…]”47.

Agenda 2030 è quindi un programma che orienta le politi-che degli Stati verso obiettivi definiti comuni, politi-che riguarda-no cioè tutti i paesi e tutti gli individui.

Nella Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale il 25 Settembre 2015, contenente il documento Agenda 2030, nel preambolo è dichiarato che il programma è “per le persone, il pianeta e la prosperità”, perseguendo il rafforzamento della pace universale in una maggiore libertà attraverso l’associazione collaborativa di tutti i Paesi. E proprio per queste macro-aree di intervento sono individuati degli obiet-tivi generali:

 Persone: porre fine alla povertà ed alla fame ed assicurare dignità ed ugua-glianza tra gli individui;

 Pianeta: proteggere il pianeta attraverso consumo e produzione consapevoli,

(37)

37

gestendo le risorse in modo consapevo-le;

 Prosperità: il progresso economico, so-ciale ed economico in armonia con la natura;

 Pace: “Non ci può essere sviluppo so-stenibile senza pace, né la pace senza sviluppo sostenibile”;

 Collaborazione: rendere possibile una Collaborazione Globale per lo Svilup-po Sostenibile basata sulla solidarietà globale.

Analizzando poi i singoli specifici obiettivi, è possibile in-dividuare quelli che in particolare rientrano tra l’ambito di azione delle politiche alimentari:

 Obiettivo 2: Porre fine alla fame, raggiungere la sicu-rezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuo-vere un’agricoltura sostenibile.

 Obiettivo 3: Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età.

 Obiettivo 6: Garantire a tutti la disponibilità e la ge-stione sostenibile dell’acqua e delle strutture igieni-co-sanitarie.

 Obiettivo 12: Garantire modelli sostenibili di produ-zione e di consumo.

(38)

38

Significativo è inoltre l’Obiettivo 11, che nello specifico fa riferimento a politiche alimentari urbane. L’Obiettivo è quello di “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusi-vi, sicuri, duraturi e sostenibili” ed in particolare:

 Entro il 2030, potenziare un’urbanizzazione inclusi-va e sostenibile e la capacità di pianificare e gestire in tutti i paesi un insediamento umano che sia parte-cipativo, integrato e sostenibile (11.3);

 Entro il 2030, ridurre l’impatto ambientale negativo pro-capite delle città, prestando particolare attenzio-ne alla qualità dell’aria e alla gestioattenzio-ne dei rifiuti ur-bani e di altri rifiuti (11.6);

 Supportare i positivi legami economici, sociali e ambientali tra aree urbane, periurbane e rurali rafforzando la pianificazione dello sviluppo naziona-le e regionanaziona-le (11.a);

 Entro il 2020, aumentare considerevolmente il nume-ro di città e insediamenti umani che adottano e attua-no politiche integrate e piani tesi all’inclusione, all’efficienza delle risorse, alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici, alla resi-stenza ai disastri, e che promuovono e attuano una gestione olistica del rischio di disastri su tutti i livel-li, in linea con il Quadro di Sendai per la Riduzione del Rischio di Disastri 2015-2030 (11.b).

(39)

39

6. Le politiche alimentari urbane del futuro: dall’internazionalizza-zione all’agricoltura smart

Una simile frammentazione normativa prevede un interven-to della politica, essenziale ai fini di una logica e funzionale operazione di riordino, ed in particolare la risposta deve ve-nire dalle città, in una sfida tutt’altro che facile.

Il passaggio determinante per modificare questa situazione è proprio l’idea che ogni città debba avere una propria strate-gia per la sostenibilità e la sicurezza alimentare, orientando il consumo di cibo, fino a cambiare i modelli di sviluppo e il rapporto tra ambiente ed economia, attraverso l’interiorizzazione da parte dei cittadini di questi stessi obiettivi, incanalati in regole di comportamento individuali e collettive, nel rispetto della sempre maggiore libertà di scelta dei consumatori, favorita da pratiche di partecipazio-ne democratica48.

Le politiche alimentari del futuro, per arrivare a questo mo-dello idilliaco, sono ipotizzate su due fronti d’azione: l’internazionalizzazione delle problematiche alimentari e lo sviluppo tecnologico in questo settore, con la diretta conse-guenza della promozione dell’occupazione giovanile in un settore che ha per lungo tempo privilegiato la fascia più an-ziana della popolazione.

Per quanto riguarda il primo aspetto, dobbiamo in sostanza sottintendere un sistema complesso di norme nazionali che

48 BRUNORI G., L’orto come metafora: transizione urbana e

sosteni-bilità, su “Locus, rivista di cultura e del territorio”, numero 6, anno

(40)

40

fanno parte di un più grande quadro mondiale, indirizzato verso la definizione del cibo come democratico, accessibile a tutti, e sicuro per tutti, come emerge da un’indagine svolta da Doxa e presentata il 22 Giugno 2015 in occasione di Ex-po, in cui i consumatori di otto paesi del mondo hanno espresso il desiderio di poter considerare nel 2050 il cibo come bene comune.

L’internazionalizzazione non può essere considerata una novità. Facendo un passo indietro, l’evoluzione scientifica degli ultimi decenni degli anni ’60 ha incrementato l’interdipendenza tra Paesi per quanto attiene a molti aspetti dell’economia e dei mercati, senza però adeguare a questa situazione geograficamente frammentata i corsi dei mercati internazionali.

I Governi hanno tentato di coordinare le politiche nazionali con i mercati mondiali dei prodotti agricoli. Hanno così as-sunto un ruolo di primaria importanza i negoziati multilate-rali. Il primo fu il settimo ciclo di negoziazioni commerciali del 1973 in sede GATT49, noto come Tokyo Round, al

qua-le parteciparono 102 paesi, e che contribuì a diminuire i da-zi sui prodotti industriali, e liberalizzare gli scambi, contro uno spirito protezionistico allora molto sentito. In questo senso, contro la politica USA ed in generale dei paesi espor-tatori di derrate agricole, la CEE difese i suoi meccanismi di restrizione alle importazioni e di sussidi alle esportazioni.

49 General Agreement on Tariffs and Trade (Accordo Generale sulle

Tariffe ed il Commercio): accordo internazionale firmato a Ginevra nel 1947 da 23 paesi con lo scopo di liberalizzare il commercio mondiale.

(41)

41

Lo scontro sul protezionismo si ripropose nel successivo Uruguay Round, col quale sono state abbattute le barriere non tariffarie, favorendo il commercio mondiale dominato dall’eccesso di offerta, dall’accumulo di stock e dai prezzi in calo.

Il processo di internazionalizzazione ha trovato una forte re-sistenza in Europa, dovuta al rapido sviluppo delle nuove tecnologie che, in un contesto di prezzi garantiti, hanno provocato un eccesso di offerta che ha trasformato i Paesi della CEE in esportatori netti obbligati ad utilizzare il dum-ping50 per smaltire il surplus, tale che è aumentata la spesa

per le restituzioni alla esportazione.

Solo negli anni ’80, finalmente, gran parte degli Stati intui-sce che le questioni relative al settore agroalimentare non possono essere affrontate con le sole politiche nazionali. E mentre nel dicembre del 1988 si tiene a Montreal la ses-sione del GATT, fallita per la contrapposizione tra Europa ed America sul tema delle politiche protezionistiche negli scambi dei prodotti agricoli, nel 1993 prende avvio il Mer-cato Unico Europeo51.

Ma la vera internazionalizzazione delle politiche agroali-mentari è definita nel 1995 quando viene fondata l’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization) il cui obiettivo è la «progressiva liberalizza-zione del commercio mondiale, da perseguire con lo

50 Alienare un bene su un mercato estero a un prezzo minore rispetto a

quelli messi in atto sul mercato di origine.

51 COLOMBO G., La politica agricola delle regioni a statuto ordinario,

(42)

42

mento della negoziazione di accordi commerciali tra i go-verni dei Paesi membri. I principi generali cui si ispira l’Organizzazione riguardano la non discriminazione nel trattamento concesso ai beni provenienti dai diversi Paesi membri; uguale trattamento riservato ai beni importati ri-spetto ai beni nazionali; determinazione di regole commer-ciali prevedibili e stabili»52.

Oggi risultano vincolanti gli interessi del commercio mon-diale rispetto alla normativa nazionale dei singoli Stati ed in generale europea, tanto che «la legislazione alimentare che considera gli aspetti sanitari dei prodotti diviene sempre più di tipo universale»53.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, individuato come fronte d’azione delle politiche alimentari del “futuro”, si parla di sviluppo tecnologico in agricoltura, per cui trovano sempre più spazio nel panorama mondiale le così dette “Smart Cities”, ovvero le città intelligenti.

La diretta evoluzione dello spazio rurbano e delle politiche alimentari, consiste nella creazione di un ambiente produtti-vo ed intelligente all’interno delle città per rispondere alla sempre maggiore esigenza di naturalizzare lo spazio in cui viviamo rispettando le indicazioni della FAO secondo la quale la popolazione mondiale raggiungerà gli 8 miliardi di persone entro il 2025 e 9,6 miliardi entro il 2050, e di con-seguenza la produzione alimentare dovrà aumentare del

52 Obiettivi tratti dal sito internet della Farnesina,

http://www.esteri.it/mae/it/politica_estera/economia/cooperaz_econom /omc.html.

53 COSTATO L, I principi fondanti il diritto alimentare, su “Rivista di

(43)

43

70% entro il 2050. Nasce quindi il bisogno di utilizzare le nuove tecnologie, già attive in molti campi della vita (dalla sanità alla mobilità), anche nell’agricoltura e nell’architettura urbana.

L’agricoltura urbana si propone oggi come il principale me-todo per rinaturalizzare uno spazio per troppo tempo ce-mentificato senza controllo, tale che non solo si rende ne-cessario trovare un metodo di ripristino degli spazi residuali di verde abbandonato, ma anche un metodo per tingere di verde il cemento stesso.

Non si tratta solo di rilanciare movimenti ambientalistici o battaglie in favore della comunione collettiva, ma di inqua-drare il palazzo cittadino in una nuova dimensione ecosi-stemica che connette la città alla natura all’architettura54. E’

il concetto di città intelligente (smart city), nuovo modello di sviluppo metropolitano che per riqualificare e rigenerare la città non interviene sugli spazi urbani vuoti, né sulle aree dismesse appartenenti a singoli soggetti, società o enti, ma sul tessuto residenziale preesistente.

Con l’agricoltura urbana delle smart city si è in grado di su-perare a pieno l’opposizione tra città e campagna, e di av-viare il processo opposto di ricongiungimento tra urbaniz-zazione ed agricoltura. Per farlo si interviene sul significato di infrastruttura che, per usare una perifrasi tratta dal mondo

54 Parlare di urban farming significa aprirsi a filoni di ricerca in grado

di riqualificare ed adeguare il patrimonio edilizio residenziale esistente alle esigenze alimentari urbane attuali: ciò comporta un miglioramento tanto dell’ambiente cittadino quanto del sistema energetico-produttivo. Per questo non deve essere considerata una battaglia meramente am-bientalista.

(44)

44

dell’informatica (Panunzi e Carluccio), «assume il ruolo concettuale di software ri-programmabile, al cospetto di un hardware (corrispondente all’edificato esistente) che lo ac-coglie (upgrading) come suo naturale organo performati-vo»55.

Si tratta insomma di ampliare il ruolo multifunzionale dell’agricoltura, sulla spinta delle strategie di Europa 2020, la strategia decennale per la crescita sviluppata dall’UE, riallacciando i rapporti fra le zone urbane, periurbane e ru-rali alla luce delle innovazioni nel campo delle energie rin-novabili e delle nuove tecnologie informatiche56.

Sono tre infatti le priorità individuate all’interno di Europa 2020 da attribuire alla crescita che deve essere: intelligente, sostenibile ed inclusiva. Tre termini che possono essere usa-ti per definire un sistema complesso quale quello delle Smart Cities, che si basa sull’assunto che le aree urbane non sono caratterizzate solo dalle infrastrutture fisiche, ma an-che dal capitale sociale ed intellettuale.

«Nell’accezione più diffusa, la smart city si basa su sei assi principali di ‘intelligenza’, ovvero una città è ‘smart’ se so-no a loro volta ‘smart’ la sua ecoso-nomia, la mobilità, l’ambiente, le persone, la qualità della vita e la governance. Tali assi comprendono dei concetti già ampiamente presenti nelle teorie neoclassiche della crescita urbana, dello

55 PANUNZI S. e CARLUCCIO C., Agricoltura urbana e smart city,

in “Come costruire la città verde” a cura di Edoardo Bit, Napoli, 2014, pp. 99-103.

56 SPINELLI L. e FANFANI R., L’evoluzione delle aziende agricole

italiane attraverso cinquant’anni di censimenti (1961-2010), su

Riferimenti

Documenti correlati

P rodotti altamente assorbenti e resistenti composti in fi bra di polipropilene, adatti a tutti tipi di sversamenti, perdite o sgocciolamenti di liquidi industriali (acqua,

5 Presso i cavalcavia, i ponti e le passerelle sotto i quali vi è una linea aerea a corrente forte di un tracciato di ferrovia, tram o filobus, il cavo da campo deve essere

territorio dello stato al fine di esperire la procedura per ottenere lo status di rifugiato politico: cfr.. Sebbene il legislatore utilizzi il termine “impugnazione”, è pacifico

Sottoporre a revisione ed aggiorna- mento periodico la documentazione (norme, procedure, ecc.) relativa alla gestione delle infrastrutture critiche La compliance a

Nel documento che segue sono riassunti i risultati di una recente ricognizione sulle attività di educazione ambientale in SNPA e sulla sua gorvernance e organizzazione, un quadro

[r]

“*1 i dati relativi ad Appa Bolzano e Appa Trento sono stati forniti dalle agenzie, in quanto il Conto annuale del personale pubblicato nell’Amministrazione Trasparente non permette

TAVOLA ROTONDA: LA SINERGIA TRA LE ISTITUZIONI NELLA PIANIFICAZIONE E GESTIONE DELL’EMERGENZA RADIOLOGICA moderatore Stefano Laporta, Direttore Generale ISPRA Introduzione a cura