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Fase 3 l'assemblea: come valutiamo il progetto

2. STUDIO DI CASO: LA VALUTAZIONE DEL PROGETTO FA.RE SOSTEGNO

2.6. Fase 3 l'assemblea: come valutiamo il progetto

Il 19 Marzo i soggetti coinvolti, unici esclusi le famiglie sostenute, sono stati convocati per l'assemblea di restituzione e di conclusione del progetto di ricerca valutativa. In questo caso l'assistente sociale ha creduto opportuno ritagliare in altri momenti specifici la restituzione per gli utenti intervistati, fattivamente durante i primi colloqui di servizio.

I tre obiettivi principali della serata erano: • restituire i "dati" delle interviste;

• valutare il percorso fatto fino a quel momento; • innescare la ri-progettazione per l'anno successivo.

La restituzione è stato un momento imprescindibile, sia perché le altre azioni dipendevano da questa, sia perché per la ricercatrice è stato doveroso esplicitare il lavoro di ricerca svolto, ed elaborare i dati in maniera che potessero essere letti e interpretati facilmente (nota a piè di pagina: da considerare anche la curiosità scatenata per sapere cosa gli altri avranno risposto). L'assemblea, come del resto tutte le riunioni del gruppo, si è svolta alla sera e si è pattutita la durata di massimo due ore e un quarto: anche per questo motivo era necessario ideare uno strumento di facile lettura e comunicazione. Si è optato per una griglia riassuntiva con le dichiarazioni chiave, piuttosto che un report di sei pagine, come era in prima stesura.

partecipanti la possibilità di svolgere l'incontro invece che alla sera, il sabato pomeriggio, in modo da essere più liberi nella gestione dei tempi, e per dedicare alla fine dell'assemblea un po' di tempo anche alla convivialità. Non è stato decisamente possibile (il sabato e la domenica sono i giorni che si possono dedicare esclusivamente alle "proprie cose") e allora si è mantenuto l'appuntamento serale senza però rinunciare al rinfresco finale. Per commemorare e dare importanza all'evento si è scelto, la sede della biblioteca comunale, un setting diverso dai servizi sociali dove si svolgono le riunioni mensili.

La ricercatrice e il coordinatore dell'équipe hanno progettato insieme l'andamento dell'assemblea, gli altri due educatori, essendo soggetti coinvolti, come gli altri, sono rimasti all'oscuro di tutti i passaggi di progettazione. Si è stabilito che fosse il coordinatore a condurre l'assemblea, dal momento che possedeva una maggiore esperienza tecnica e professionale e che il suo ruolo era riconosciuto e legittimato da tutti gli attori in gioco, perché la ricercatrice avendo svolto delle interviste emotivamente molto coinvolgenti, poteva creare dell'imbarazzo in alcuni partecipanti. Nell'organizzazione dell'assemblea, infatti, la ricercatrice assumeva il ruolo da una parte, di "titolare" del processo valutativo e quindi dei risultati delle interviste, e dall'altro di supporto all'attività di mediazione e facilitazione del coordinatore (come tenere i tempi; scrivere nei cartelloni).

In una prima fase, è stata la ricercatrice a prendere parola per spiegare la griglia che è stata proiettata, e consegnata stampata a tutti i presenti. Individualmente, ogni partecipante si è espresso rispondendo su due fogli stampati ai seguenti quesiti:

• Quali sono “le cose” che mi colpiscono maggiormente sia nella dimensione delle narrazioni che nella dimensione della verifica e quali le considerazioni che mi vengono in generale? • Quali sono secondo te (dopo aver riletto la griglia) i 2 principali punti di forza e quali i 2

principali punti di debolezza che si evincono dalla verifica complessiva?

La prima domanda è servita per dare spazio prima di tutto alla dimensione emotiva: la stessa formulazione così vaga, si pensi al termine "cose", non costituisce freni o vincoli nelle risposte. Da una parte ha permesso a ciascuno di esprimersi liberamente su quanto appena presentato, e dall'altra di cominciare a prendere confidenza con i dati della valutazione. Le considerazioni generali sono utili per anticipare poi una riflessione più attenta su i punti di forza e i punti di debolezza, che qui sono stati utilizzati come parametri della valutazione.

Successivamente i presenti si sono suddivisi in 3 gruppi distinti, rispettando soltanto due criteri: i tre "tecnici" (i due educatori e l'assistente sociale) distribuiti nei tre gruppi; gli altri uniti a persone

con cui di solito non svolgevano lavori di gruppo, o non si conoscevano molto bene. Nei gruppi i partecipanti avevano questa consegna da seguire:

• A partire dalle “cose” che maggiormente hanno colpito individualmente, definire quali sono i 3 punti di forza e i 3 punti di debolezza maggiormente condivisi come gruppo.

Il giudizio, positivo e negativo, sul progetto da individuale e soggettivo è stato condiviso, prima, nei piccoli gruppi ed infine nel grande gruppo. Questi due successivi passaggi sono stati indispensabili per socializzare le risposte individuali e fonderle in una sola posizione: è inevitabile che in un simile percorso nessuna considerazione viene veramente persa o tralasciata, perché si crea sempre un nuovo pensiero collettivo. Le risposte non sono più soltanto la somma delle risposte individuali, ma una vera e propria rielaborazione: è attraverso il confronto nel gruppo che vengono riviste anche le proprie opinioni e che si apprende un modo diverso di interpretare la realtà. Nello scambio dei tre gruppi la discussione ha sempre oscillato tra il piano concreto e quello meta progettuale: alcune considerazioni hanno riguardato spesso le azioni concrete intraprese, o le relazioni o le problematiche che si vivono quotidianamente e altre hanno utilizzato il progetto per riflettere in generale sul progetto stesso.

Come punti di forza, infatti:

• il primo gruppi ha individuato: tutti i soggetti in gioco sono una risorsa per gli altri; il nuovo approccio nelle modalità di intervento tra istituzioni e territorio; mi fa star bene personalmente: non interventi risolutivi ma fare quacosa per;

• il secondo gruppo: integrazione tra servizi e volontariato (aver creato insieme un modo nuovo di operare), forza e valore del gruppo nella condivisione delle strategie e delle paure (frustrazioni); dimensione del gruppo – intento comune;

• il terzo gruppo: saper mettere in discussione il proprio ruolo e punto di vista; risposte date dalle famiglie accolte; crederci, con lungimiranza;

Come punti di debolezza:

• il primo gruppo ha individuato: il poco tempo da mettere a disposizione; la difficoltà a comunicare al territorio il significato di quello che si sta facendo; il numero di persone nel gruppo – ci intrappoliamo nelle famiglie che sosteniamo?

• Il secondo: la fatica di integrare con tutti gli altri impegni; le variabili che si possono presentare nella vita delle famiglie fa.re; poco tempo;

organizzare, stimolare); l'evenutale mancanza del sostegno morale e pratico degli educatori.

Il confronto sui punti di debolezza si è rivelato abbastanza difficoltoso: ad esempio un gruppo non è riuscito a completare la consegna (esprimendo soltanto due punti) perché evidentemente è stato un discorso molto delicato, che li coinvolgeva personalmente, dal momento che si parlava del "loro" progetto, che hanno contribuito a far nascere, crescere e sviluppare.

I tre gruppi dopo la socializzazione si sono riuniti in cerchio e autogestendosi il momento hanno affrontato la successiva consegna:

• individuare per consenso quali sono i 3 punti di forza e i 3 punti di debolezza maggiormente condivisi come gruppo allargato.

In questa fase sia il coordinatore sia la ricercatrice sono rimasti a margine del gruppo come osservatori, lasciando che fossero i partecipanti a organizzare e gestire il confronto nel grande gruppo. Hanno deciso infatti di individuare un facilitatore, con il compito di portare a sintesi gli interventi e trascrivere sul cartellone. Ogni gruppo ha poi espresso un portavoce che ha presentato i punti di forza e di debolezza. In un primo momento, il facilitatore ha proposto di trovare i punti in comune e di trascriverli, ma alla fine dell'elenco di ogni gruppo ha preso piede una discussione. I punti, pur essendo simili nel contenuto, sono visti e presentati da angolature diverse e quindi ogni volta presentano altre sfumature, che necessitavano di una socializzazione.

La discussione per i punti di forza è tale che il facilitatore suggerisce allora di inserire un quarto elemento in aggiunta dei tre richiesti, ma il resto del gruppo decide di rispettare i termini della consegna (altrimenti "sembra che ci diamo troppe arie" è l'esternazione di uno dei presenti). Tra i punti di forza sono stati condivisi:

• il metodo di lavoro nuovo e condiviso (tra volontariato e istituzioni) • la forza del gruppo, come condivisione degli obiettivi e delle strategie; • il saper mettere in discussione il proprio ruolo e punto di vista.

Proprio questo ultimo punto è stato sperimentato durante il lavoro di gruppo: per il benessere del progetto è necessaria una dose di flessibilità e di apertura, ma allo stesso tempo le strategie partecipative adottate permettono di coltivare queste capacità, che sono utili anche negli altri ambiti di vita e della professione.

Come si è già evidenziato, riuscire a fare sintesi dei punti di debolezza è stato più difficile e ne sono stati individuati soltanto due:

• poca disponibilità di tempo

• eventuale mancanza degli educatori

Il confronto si è speso soprattutto rispetto al primo punto in quanto gli educatori sostenevano che la scarsa disponibilità di tempo non può essere considerata un punto di debolezza del progetto, ma un dato di fatto, un dato oggettivo, che non si dovrebbe considerare oppure sentire come "una colpa".

Oltre alla produzione di questi giudizi, da considerare come i "risultati" della valutazione, bisogna anche tenere conto dell'influenza che il processo valutativo stesso ha innescato nei diversi soggetti, detto nei termini utilizzati da Patton, l'"utilità del processo". Sono determinanti infatti, anche "i singoli cambiamenti nel modo di pensare e comportarsi che si verificano tra le persone coinvolte nella valutazione, a seguito dell'apprendimento che avviene durante il processo di valutazione" (Stame 2007:326). La valutazione impone degli interrogativi, che nel caso specifico hanno riguardato sia le prassi attivate, sia la massion e gli obiettivi del progetto. "La valutazione ha un suo impatto ben prima che i dati siano raccolti, perché introduce una tecnica e un processo finalizzati a chiarire quali siano i valori e gli obiettivi" (Stame 2007:329). Spesso, presi dall'operatività e dalle scadenze contingenti, si fa fatica a mantenere uno sguardo d'insieme e a condividere le finalità "ma attraverso i processi di valutazione, può emergere una comunicazione migliore e facilitata e una comprensione condivisa, perché per sua natura la valutazione rende espliciti i valori" (Stame 2007:328). Lo si nota leggendo alcune considerazioni scritte dai partecipanti, che riguardano il processo in generale, piuttosto che i risultati delle interviste: "la mia considerazione è che questo lavoro sia molto utile per noi (un "passo in avanti") perché certe cose non ce le saremmo forse mai comunicate direttamente" e ancora "il progetto di Lara ha messo in luce positiva il nostro impegno di volontari aiutandoci a guardarlo attraverso un'analisi approfondita".

L'apprendimento generato è sia individuale, (ogni soggetto coinvolto vive un personale cambiamento) sia di gruppo (nelle diverse formazioni: équipe tecnica e politica; gruppo informale delle famiglie), sia di "progetto", inteso come sistema organizzativo con le sue norme e dinamiche. La valutazione crea i presupposti per una ri-progettazione partecipata e condivisa del progetto: la conoscenza e l'analisi della situazione attuale permette di immaginare degli scenari futuri praticabili e sostenibili. Tale processo, avviato nella stessa assemblea del 19 Marzo, è il tema del prossimo paragrafo.