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2. STUDIO DI CASO: LA VALUTAZIONE DEL PROGETTO FA.RE SOSTEGNO

2.5. b Note metodologiche sull'intervista

Una volta stabilito lo strumento di indagine, si è passati a sbrogliare la matassa dei nodi metodologici: come utilizzare e condensare gli stimoli sul cambiamento? Fare l'intervista a tutti i soggetti? Con le stesse modalità?

La prima proposta era quella di sintetizzare i diversi spunti in delle categorie più generali, sulle quali formulare le diverse domande effettive. Questa procedura però è contraria al processo di valutazione partecipata, in quanto le risposte dei soggetti alla domanda di partenza, dovrebbero essere considerati le vere e proprie tracce, le domande stesse dell'intervista. In fase di restituzione, infatti, i soggetti devono poter riconoscere immediatamente quanto tracciato nella prima fase. Probabilmente non tutte le questioni collimavano con quelle della ricercatrice, che avrebbe voluto esplorare anche altre dimensioni, ma il mandato dei partecipanti, così come le competenze affidate, era prioritario.

Però cosa si è andato ad aggiungere nello schema dell'intervista? Dal momento che, la valutazione era anche funzionale alla ri-negoziazione dei significati attinenti al progetto, si è ritenuto opportuno, per facilitare proprio questo aspetto, di introdurre delle domande che potessero stimolare la narrazione sul progetto stesso. Chiaramente erano domande appropriate per il vissuto del soggetto rispondente, ma che potevano rendere le risposte comparabili. C'è da aggiungere che questa impostazione ha permesso alla stessa ricercatrice di prendere maggiore confidenza con il progetto stesso, e di ottenere delle informazioni che altrimenti non sarebbero state reperibili in nessun documento ufficiale.

Tracciare attraverso il racconto, le storie del progetto è funzionale al buon andamento del progetto stesso. "La narrazione esprime una funzione comunitaria quanto il racconto di sé diventa esperienza condivisa e produttiva, un'esperienza che crea un'dentità comunitaria o, meglio ancora, fornisce uno strumento per narrare i diversi livelli identitari che la comunità esprime."(Caldelli e Tantillo, 2006: 10) La narrazione come racconto di sé all'interno del progetto, e racconto dello stesso progetto, in questo modo, riportando ancora Caldelli e Tantillo, è uno straordinario strumento di comprensione e di costruzione di senso. Il racconto è un modo per ripercorrere la propria personale storia del progetto: cosa si aspettava, cosa si voleva che diventasse, quali difficoltà e dubbi si avevano all'inizio, come e perché si è deciso di aderire, cosa è effettivamente il progetto per la persona, quanto vale e di cosa viene caricato. Spesso riuscire a spiegare teoricamente il progetto risulta difficile, allora si utilizzano delle metafore o anche degli aneddoti o dei paragoni con altre esperienze.

L'ultima parte a conclusione dell'intervista è dedicata alle prospettive future e agli sviluppi del progetto. Questa parte sarà utilizzata poi per contribuire alla fase di ri-progettazione, o meglio sarà la base per la progettazione a venire confrontata con la valutazione.

Riassumendo, l'intervista si compone di una prima parte relativa alla narrazione sul progetto; una seconda parte relativa ai cambiamenti manifestati, sentiti, o percepiti; ed infine una terza parte che guarda al futuro e agli sviluppi del progetto.21

Venendo al secondo e terzo nodo, cioè chi coinvolgere, in questa fase si è scelto, di comune accordo con l'assistente sociale, di operare direttamente con le famiglie accolte. L'assisstente sociale si è posto nuovamente come figura d'intermediazione, contattando la persona e chiedendo un'appuntamento. Gli incontri con i tre utenti sono stati fissati il medesimo giorno (per faciliatare sia l'operazione di segreteria, sia la ricercatrice) e si sono svolti l'uno di seguito all'altro, presso la sede dei servizi sociali. L'assistente sociale aveva già chiarito per telefono il motivo dell'appuntamento, ma quel pomeriggio si è colta l'occasione per presentare anche l'intervistatrice. Il colloquio si è poi svolto in una sala diversa dall'ufficio dell'assistente sociale, in modo da creare un setting quanto possibile neutro. In un caso si è raggiunto l'utente in un parco, perché impossibilitato a venire fino alla sede dei servizi sociali, in un contesto decisamente informale che ha facilitato lo scambio (unico caso in cui non c'è stata la mediazione dell'assistente sociale). Nell'intervista si è deciso di omettere l'ultima parte, visto che gli utenti non hanno una grande consapevolezza del sistema progettuale, argomento di cui si è già trattato nel paragrafo precedente.

All'assistente sociale, invece, è stato chiesto di rispondere sia rispetto al proprio ruolo, sia in rappresentanza dell'amministrazione comunale. Come si è descritto prima, l'amministrazione non è stata inserita tra i soggetti della valutazione, nonostante sia il soggetto finanziatore di questo progetto. Ma per motivi di ordine pratico (la reperibilità dell'assessore di riferimento) e di conoscenza del progetto (l'attuale assessore non è colui che ha voluto e aderito a questa progettualità) è stato escluso dalla ricerca, e quindi dall'intervista diretta, ma ricomparirà come soggetto, più volte nominato sia dagli educatori che dalle famiglie sostenitrici.

Gli educatori non sono stati intervistati singolarmente, ma in gruppo, mantenendo la versione dell'équipe di lavoro, costituita appunto da due operativi e il coordinatore. L'individualità si è manifestata attraverso i tre cartelloni in cui ogni operatore poteva attaccare i prorpi post it rispetto alle tre consegne: descrivere il progetto con delle parole chiave; perché il progetto funziona; quali

gli sviluppi futuri del progetto. Per ogni cartellone, c'è stato un momento di riflessione e di produzione individuale, e poi di socializzazione con il resto dell'equipe, guidato anche dalla ricercatrice che ha formulato le domande dello schema dell'intervista su di loro costruita. Invece le famiglie sostenitrici sono state incontrate prima singolarmente e poi come gruppo per sottoporre in questo caso le domande di cambiamento relative però alla dimensione allargata, e non solo individuale.

Raccolto tutto il materiale audio e cartaceo è arrivato il momento della fatidica trascrizione, ribattezzato come "maledetto il giorno in cui si è deciso di fare le interviste". Il nuovo audioregistratore acquistato appositamente per questa tesi, ha consentito, sì, una registrazione più accurata, ma non ha facilitato l'operazione successiva di trascrizione. Infatti, il software di sintesi vocale deve essere prima addestrato alla voce registrata, tramite una lettura prova di almeno 15 minuti. L'intervista non poteva essere anticipata da tale procedura e sacrificare così il tempo dell'effettivo colloquio, con il rischio poi di velocizzarlo a tal punto da non dare il giusto tempo e peso alle risposte. La trascrizione, allora, dei 15 file audio mp322 si è svolta "alla vecchia maniera" , ovvero a mano riascoltando ogni colloquio, metodo che non tradisce mai. Il tempo dedicato per la trascrizione è stato tanto, basti considerare che per un'ora di audio registrato ci vogliono dalle quattro alle otto ore di trascrizione23.

"Poiché con le interviste e i protocolli di osservazione si raccolgono discorsi, il modo di anazzarli dovrà essere orientato, più che a sondare stati oggettivi, ad osservare come i soggetti costruiscono il proprio discorso, tenendo conto che il testo è un "resoconto" e che le credenze degli intervistati non sono necessariamente coerenti, ma legate alla contingenza e variabilità del contesto in cui vengono espresse". (Chiaretti, Rampazi, Sebastiani 2001: 131)

22 Le interviste si trovano in Appendice: allegato n.3.

23 È stata una confortevole consolazione leggere che "per quanto i dati narrativi possono essere utili, bisogna

ammettere che – senza un'adeguata trascrizione dal supporto magnetico alla forma scritta – la loro utilità è piuttosto limitata. Sappiamo che per trascrivere un'ora di registrazione ne occorrono mediamente, dalle quattro alle otto, ... per quanto la stessa trascrizione - se eseguita dal ricercatore/operatore (ossia da chi ha condotto il colloquio) – racchiuda un notevole potenziale informativo, sono ben pochi coloro che hanno il tempo o la pazienza necessaria a sobbarcarsi qeusto impegno", in Shaw e Lishman (2002: 233).