Capitolo 2. L’interlingua
2.3 Fasi dell’acquisizione linguistica
Come anticipato in 2.2, il processo acquisizionale di una seconda lingua segue tappe evolutive precise e comuni in parlanti diverse lingue materne. Questa certezza è sicuramente uno dei risultati fondamentali della ricerca sull’acquisizione, che ci permette di ritrovare in diversi apprendenti (con tempi ovviamente differenti a seconda dell’incidenza dei diversi fattori analizzati nei paragrafi precedenti) un ordine preciso con il quale vengono apprese le strutture della grammatica di L2. Nel descrivere queste fasi per l’italiano L2 farò riferimento principalmente alla prospettiva offerta dal Progetto di Pavia. A ogni fase evolutiva corrisponde un’interlingua (o varietà) differente, caratterizzata da una grammatica transitoria più o meno complessa. Le varietà riscontrate sono tre e vengono definite: (1) prebasica; (2) basica; (3) postbasica.
2.3.1 Fase prebasica
Le prime produzioni di L2 possono essere precedute da una fase di silenzio (spesso in apprendenti con L1 distante dalla L2) più o meno lunga, nella quale l’apprendente analizza l’input dei nativi; in questa analisi esso può individuare le parti più salienti dell’input e identificare quelle formule o strutture utilizzate dai nativi nelle
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interazioni quotidiane (per l’italiano: sì, no, ciao, buongiorno ecc.). Questa prima fase di ascolto, è seguita dalla prima varietà citata sopra, quella prebasica. In questa fase l’apprendente mostra una scarsa conoscenza della grammatica di L2 e un’interferenza di L1 soprattutto a livello fonologico e prosodico. Come scrive Lo Duca (2013: 255), la fase prebasica è caratterizzata dal pragmatic mode, cioè dalla “preferenza per mezzi pragmatici di comunicazione”: mentre le risorse linguistiche possedute in L2 sono carenti, il parlante può utilizzare diverse strategie che lo aiutano ad esprimersi, quali
- uso della gestualità, cenni, intonazione della voce; - riferimento al contesto sia linguistico che situazionale;
- ricerca della collaborazione del parlante nativo con frasi come: puoi
ripetere? come si dice…?;
- ripetizione di alcune parole dell’interlocutore, con l’intento di memorizzarle e allo stesso tempo di esprimere la sua partecipazione; - creazione di enunciati mistilingue, con il trasferimento di lessemi della
sua L1 nella L2.
Per quanto riguarda la grammatica, la fase prebasica è caratterizzata da “un’ organizzazione nominale dell’enunciato” (Chini, 2005: 81), quindi dall’assenza del verbo e dall’uso di parole-chiave che possono venire “sovraestese” (ad esempio, moglie per donna, scegliendo quindi il termine specifico al posto di quello generico) o “sottoestese” (tavolo per scrivania o cattedra, usando un termine generico al posto di quello più specifico). Le parole utilizzate dall’apprendente sono per lo più parole piene, quindi prive di valore funzionale (l’apprendente non è in grado di analizzare il valore di verbo, nome, aggettivo ecc.), manca l’uso di articoli, copule, desinenze nominali e verbali; i pochi elementi funzionali vengono in alcuni casi utilizzati con valore pragmatico.
2.3.2 Fase basica
Nella varietà basica45 il pragmatic mode individuato come modalità caratterizzante della fase prebasica viene sostituito (anche se non del tutto abbandonato) dal syntactic mode46,una modalità più grammaticale. Scrive Chini (2005:83):
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“Negli enunciati attorno a un predicato di tipo verbale si dispongono i suoi argomenti (soggetto, oggetto, etc.) con i relativi ruoli semantici (agente, paziente, esperiente etc.). Ciò pone le basi per una nuova organizzazione sintattica.”
La varietà basica è però ancora caratterizzata da uno scarso uso di parole funzione, anche se si cominciano ad usare pronomi per il riferimento personale (ad esempio io parla italiano), gli avverbi vengono usati per dare precisazioni su alcuni valori semantici, come tempo e quantità (parla troppo, sempre a casa)47. Nella varietà basica domina la paratassi e sono rare le subordinate; i connettivi vengono poco usati (e,
così, poi ecc.), quindi i legami tra proposizioni rimangono spesso impliciti.
Scrivono Klein, Perdue (1997: 11):
“There is no inflection in the basic variety, hence no marking of case, number, gender, tense, aspect, agreement by morphology. Thus, lexical items typically occur in one invariant form. It corresponds to the stem, the infinitive or the nominative in the target language; but it can also be a form which would be an inflected form in the target language.”
Le parole della varietà basica sono prive di flessione, cioè non sono composte da parte radicale e desinenza. Nel seguente esempio si può notare che per rispondere alla domanda dell’intervistatore, l’apprendente riprende il verbo introdotto dal nativo, senza fletterlo alla prima persona singolare:
(2) \IT\ ma qui in Italia + qui a Milano - a Milano - studi? \MK\ no - sì studi studi (tigrino)
Il parlato dell’apprendente risulta ancora telegrafico48
, anche se il parlante stesso diviene più autonomo dal punto di vista comunicativo, dipendendo meno dal parlante nativo, così come succedeva invece nella varietà prebasica.
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Lo Duca (2013), p. 255.
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Gli esempi tra parentesi provengono da Andorno, Cattana (2008).
48 Si vedano i seguenti esempi: IT\ gli Italiani come sono? \MK\ italiani? + eh+ belo (tigrino); \IT\ senti, sei sempre stata qui a Milano? \TU\ tanti ani sempre milano ++ u ani andato liuorno (cinese). Gli esempi di questo paragrafo sono tutti tratti da Andorno, Cattana (2008).
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2.3.3 Fase postbasica
Con varietà postbasiche si intende una serie di varietà che gradualmente si avvicinano al parlato dei nativi, con una competenza sempre maggiore nelle varie strutture della grammatica di L2. Prima di darne una descrizione compiuta, vorrei sottolineare che, data la gamma di varietà postbasiche osservate, Chini distingue (2005: 86-87) in:
- stadi intermedi: “in cui morfologia e subordinazione compaiono in modo più sistematico, ma con ‘zone di fragilità’ (ad esempio nei tempi e modi verbali meno usati, nel genere dei nomi, negli ambiti più marcati di L2)”. Es. nel questo nave, anche erano poveri e anche questa ragazza era
povera.
- varietà avanzate: “con morfosintassi solitamente corretta, ma sporadiche deviazioni rispetto alla varietà d’arrivo, nella pronuncia, nella prosodia, o ad altri livelli (es. nell’uso meno ricco e variato di connettori discorsivi o particelle modali; nei mezzi linguistici preferiti per fare riferimento a entità, tempo e spazio)”.
- varietà quasi-native: “poco distinguibili da quelle native, dove lessico e grammatica sono senza errori, ma le intuizioni grammaticali e l’organizzazione del discorso sono talora difformi rispetto al modello nativo di L2”.
Nelle fasi avanzate di acquisizione, l’interlingua dell’apprendente si avvicina alle varietà informali dei parlanti nativi. In alcuni casi, quando l’input continua ad essere costante e allo stesso tempo anche la motivazione dell’apprendente, l’acquisizione di L2 può raggiungere dei livelli complessi, specie nella morfosintassi e nel lessico. In generale, a differenza della varietà prebasica e basica, queste varietà sono caratterizzate da un’organizzazione finita dell’enunciato e soprattutto dal modo sintattico: la sintassi del periodo diventa più complessa e compaiono le prime subordinate. Anche dal punto di vista morfologico si ha un aumento della complessità: il parlante comincia a individuare il valore morfologico e funzionale delle desinenze e soprattutto ad usare la varietà dei paradigmi morfologici, spesso incorrendo in errori di sovraestensione delle regole apprese anche lì dove invece vi è un’eccezione: ad esempio, in italiano L2, il
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participio passato, chiedata al posto di chiesta, generalizzando la regola del participio passato in -ato.
Ovviamente, non tutti gli apprendenti raggiungono una varietà quasi-nativa: questo sicuramente dipenderà dalla motivazione dell’acquisizione di L2, dalla motivazione interna all’apprendente e dai fattori extralinguistici citati nei paragrafi precedenti. Per varietà quasi-nativa, anche Bagna (2004) intende le varietà successive a quelle avanzate, sottolineando che “solo pochi ‘eccezionali apprendenti’ possono rispondere a un modello in cui l’apprendente quasi-nativo rifletta una competenza nativa” (ivi, pag. 31). Inoltre, si può ritenere che, come appena osservato per le varietà avanzate, anche per la competenza quasi-nativa esistano differenti stadi, e che si possa parlare di completo raggiungimento dello stadio nativo per i diversi ambiti (sintassi, morfologia, o lessico, ecc.).