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Le fasi del processo di successione

IL PROCESSO DI SUCCESSIONE

4.1 Le fasi del processo di successione

Il processo di successione può essere descritto come il passaggio da una situazione esistente in termini di sistema di governance e di assetto strategico - organizzativo a una situazione desiderata in cui alcune o tutte le componenti variano anche in modo notevole137.

La successione deve essere affrontata con riferimento ai soggetti interessati e coinvolti nel fenomeno, proprio per introdurre possibili soluzioni soddisfacenti per gli stessi.

E’ quindi un'occasione per la creazione di sinergie tra i diversi attori che vi ruotano intorno, i quali saranno chiamati ad essere portatori di ideali comuni riguardo al ruolo dell’impresa ed anche alla posizione che essi andranno a ricoprire al suo interno.

Si potrà creare così una concordanza di obiettivi che faciliterà l’attuazione di un processo organizzato per fasi, con la finalità di garantire uno sviluppo e una continuità per l’impresa.

A questo fine è bene esaminare, in primo luogo, i fattori che possono spingere o contrastare la successione imprenditoriale, originati principalmente da atteggiamenti posti in essere dagli attori chiave che operano nella stessa.

Occorrerà indagare circa le motivazioni, i problemi e le aree di conflitto che inevitabilmente sorgono tra i vari componenti della famiglia ed anche tra i soggetti esterni ad essa, al fine di capire come questi fattori possano essere utilizzati al meglio per la riuscita del cambio generazionale.

137Mezzadri A., “Il passaggio del testimone. Sedici casi di successo in imprese familiari

92 I principali attori che influenzano il processo di successione sono138:

a) l’imprenditore;

b) il successore designato; c) i componenti della famiglia; d) i dipendenti dell’impresa.

Tutti questi soggetti influenzeranno la successione imprenditoriale e ne saranno influenzati, in maniera maggiore o minore, determinandone il successo o l’insuccesso attraverso i propri comportamenti e le proprie decisioni.

L’imprenditore è il principale determinante del complesso meccanismo successorio.

E' lui che, attraverso la creatività delle sue idee, ha dato vita all’impresa di famiglia; è lui che l’ha fatta progredire nel corso dei vari stadi del suo ciclo di vita; sarà ancora lui la figura principale che determinerà le sorti dopo il proprio ritiro dalla vita operativa.

In ambito economico, l'imprenditore è colui che detiene fattori produttivi (capitali, mezzi di produzione, forza lavoro e materie prime), attraverso i quali, congiuntamente agli investimenti, contribuisce a sviluppare nuovi prodotti, nuovi mercati o nuovi mezzi di produzione stimolando, pertanto, la creazione di nuova ricchezza e valore sotto forma di beni e servizi utili alla collettività e alla società.

L'articolo 2082 del Codice Civile recita: “é imprenditore chi esercita

professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”.

138Passeri R., “Valutazioni imprenditoriali per la successione nell'impresa familiare”, Firenze

93 L'impresa è, dunque, il frutto dell'attività svolta dall'imprenditore, che avendola gestita per lungo tempo, conosce al meglio tutte le caratteristiche organizzative, le opportunità di sviluppo e la cultura che anima l’impresa e diviene il selettore principale di quella che sarà la figura chiamata a sostituirlo, la quale dovrà possedere tutte le caratteristiche per rendere reali le ambizioni di continuità e di progresso dell’impresa.

Anche altri elementi possono determinare il successo o l’insuccesso del processo oltre la scelta del successore, e riguardano la migliore gestione dei rapporti famiglia - impresa, la propensione dell’imprenditore verso la successione, il suo grado di consapevolezza in merito all’evento in questione.

Tanto più l’imprenditore avrà preso consapevolezza dell’evento e l’avrà saputo accettare, quanto più questo potrà avvenire con largo anticipo rispetto al momento del ricambio139.

Il ruolo del successore diviene altrettanto critico rispetto a quello imprenditoriale.

Questi è colui che è stato chiamato a succedere nell’universalità dei beni o in una quota di essi.

Generalmente, il successore è un membro della famiglia ma nulla vieta che possa essere selezionato tra i soggetti estranei alla famiglia o anche all’impresa.

La scelta verso gli uni o gli altri dipende dall’imprenditore responsabile del processo successorio che, in base alle proprie finalità, obiettivi, valori, deciderà se il proprio successore debba appartenere alla famiglia o meno.

Rilevante, in questo caso, è il legame esistente tra quest’ultima e l’impresa: quanto più forte sarà, tanto maggiore sarà la possibilità che venga designato come successore un membro appartenente alla famiglia.

94 Molto spesso, intorno all’erede crescono numerose tensioni riguardanti eventuali difficoltà a rapportarsi con la figura del padre; il fatto che qualche altro componente della famiglia, forse anche maggiormente portato al ruolo, potrebbe aver avuto aspirazioni in tal senso; la circostanza in cui i dipendenti dell’impresa tendano a considerare il successore come semplice figlio dell’imprenditore e non come effettivo dirigente140.

La selezione di un candidato esterno potrebbe invece causare divergenze con i membri della famiglia, i quali si sentono esclusi.

Nel caso di superamento di tali divergenze, tuttavia, la scelta di un soggetto esterno potrebbe procurare una serie di vantaggi all’impresa, quali una riconosciuta competenza e capacità ed una maggior gratificazione per le risorse umane che operano nell’impresa.

In entrambi i casi, il successore deve essere in grado di comprendere i fabbisogni dell’impresa, di contrastare i fenomeni di conflitto che possono verificarsi durante la fase di passaggio, di sviluppare consenso e supporto e di gestire le resistenze al cambiamento.

E’ anche importante che questi sia in grado di comprendere e interpretare correttamente il ruolo che andrà a ricoprire.

Se, infatti, il successore designato non è in grado di ricoprirlo, perché troppo giovane o perché non ha ancora terminato il percorso di formazione, può essere utile assumere un manager professionista estraneo alla famiglia in modo che l’erede abbia il tempo di acquisire la giusta maturità per l’ingresso in azienda141.

Dopo l’imprenditore e il successore designato (primo e secondo attore chiave), il terzo è dato dalla famiglia e dai suoi membri i quali, nutrono delle aspettative sia nei confronti dell’impresa, sia nei confronti del successore designato (sia esso interno o esterno alla famiglia).

140Fabbrini G., Motrone A., “Economia aziendale. Ricerche e profili evolutivi.”, Franco

Angeli, (2015).

141

95 Parlare di famiglia, nell’ambito della dottrina aziendale, significa fare riferimento a un’azienda di produzione di redditi destinati a soddisfare direttamente e durevolmente, attraverso il consumo di beni e servizi e il risparmio, il complesso dei bisogni ordinari o straordinari di determinati soggetti142.

La famiglia è un’entità che non persegue unicamente finalità di tipo economico. I suoi membri, infatti, agiscono perseguendo, oltre a fini individualistici, il bene di tutti i membri.

Per realizzare questo, i membri della famiglia svolgono un’attività multiforme finalizzata al soddisfacimento dei bisogni in senso lato, volendo intendere con ciò qualsiasi elemento di ordine materiale o immateriale con cui la famiglia possa realizzare il proprio bene.

La famiglia, pertanto, non è da intendersi soltanto come quella comunità in cui si realizza un ordine economico, bensì come comunità diretta alla realizzazione di finalità riconducibili alla sfera sociale, affettiva, etica, biologica.

Queste ultime considerazioni aiutano a capire come essa costituisca un fenomeno peculiare, ricco di sfaccettature e di elevata complessità.

Inoltre, in quanto organizzazione economica, la famiglia opera con propri caratteri e con una propria autonomia per il conseguimento dei suoi fini specifici nel più ampio contesto economico generale.

Il rapporto famiglia - impresa necessita di una figura mediatrice che risulta impersonata, nella gran parte dei casi, dall’imprenditore stesso, il quale presterà attenzione alle esigenze di entrambi gli istituti senza privilegiare né l’uno né l’altro.

Le stesse doti saranno richieste a un buon successore; qualora questi non le possieda, la situazione potrebbe esplodere in conflitti che si potrebbero ripercuotere sul clima aziendale.

Infine, gli utlimi attori in grado di influenzare in modo significativo il processo di successione sono i lavoratori.

142

96 Un lavoratore è una persona che svolge un'attività manuale o intellettuale in un contesto di produzione di beni o erogazione di servizi.

Il termine si riferisce solitamente a coloro che prestano l'attività lavorativa alle dipendenze di un datore di lavoro, pubblico (ente o azienda pubblica) oppure privato (impresa).

L'articolo 2 del Decreto Legislativo 81/2008 (Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) definisce il lavoratore come "persona che,

indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari."

L'articolo 2104 del Codice Civile afferma che il "lavoratore deve usare la

diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta e dall'interesse dell'impresa",

mentre l'articolo 2105 prevede espressamente l'"obbligo della fedeltà", ossia al lavoratore è vietato divulgare notizie attinenti ai metodi di produzione dell'azienda o sull’organizzazione nonché "trattare affari, per conto proprio o di terzi, in

concorrenza con l'imprenditore".

I lavoratori, con la propria opera, consentono all’impresa di raggiungere traguardi operativi di volta in volta maggiori e risultano anche profondamente soggetti all’influsso del ricambio generazionale.

Sono consapevoli che dalla successione deriverà la stabilità futura dell’azienda; oltre a ciò, da quest’ultima dipenderanno eventuali avanzamenti di carriera e licenziamenti che potrebbero mutare profondamente l’assetto operativo.

Di contro, essi valuteranno l’erede designato mettendone a confronto le capacità con quelle del suo predecessore, formando opinioni che potrebbero facilitare o mettere in difficoltà l’operato del nuovo imprenditore.

Dai comportamenti, dalle motivazioni, dalla cultura e dai valori di fondo che animano gli attori chiave fin qui visti, dipenderà il successo o l’insuccesso del processo di successione.

97 Un imprenditore dotato di qualità e di esperienza dovrà gestire al meglio le parti in gioco, bilanciando le esigenze di ciascuno dei soggetti in causa, sempre però tenendo conto delle priorità dell’impresa familiare.

Il processo di successione può essere articolato in tre distinte fasi, ciascuna delle quali è fondamentale per la riuscita complessiva143:

1) la realizzazione delle attività propedeutiche  (questa fase) si basa sull’acquisizione di consapevolezza da parte dell’imprenditore della necessità di essere sostituito.

La non più giovane età, un periodo di malattia, la crescita dei figli possono essere alcuni dei motivi che stimolano l’imprenditore a pensare alla propria successione.

Da quel momento inizia la pianificazione del cambiamento; si comincia a discutere del futuro dell’impresa, senza escludere la possibilità della sua cessione.

Si tratta comunque di momenti difficili da gestire, nei quali i rapporti tendono a inasprirsi, soprattutto quelli tra management e lavoratori, i quali si sentiranno minacciati dall’insicurezza che potrebbe nascere, e tra parenti, i quali si chiederanno chi sarà il successore designato.

Pertanto, questo stadio deve essere gestito con molta cura e non durare a lungo, viste le pressioni a cui sono sottoposti tutti gli attori coinvolti, che potrebbero sfociare in lotte destabilizzanti per l’impresa.

La prima fase della successione dovrebbe, pertanto, essere caratterizzata da un imprenditore in grado di:

 percepire i rischi e le opportunità alle quali va incontro;

 concepire razionalmente il passaggio generazionale come un momento critico di cambiamento da gestire con anticipo e da non ritardare nel tempo;

143Passeri R., “Valutazioni imprenditoriali per la successione nell'impresa familiare”, Firenze

98  facilitare la successione determinando un clima di consenso tra tutti gli attori

coinvolti nella stessa.

Sulla base di questi presupposti si potrà passare con serenità a gestire la successiva fase del ricambio generazionale.

2) la selezione del successore  riguarda la scelta di colui che andrà a ricoprire il ruolo imprenditoriale e a guidare l’impresa verso uno sviluppo futuro. Si afferma il cosiddetto “sistema meritocratico”144: la meritocrazia è un sistema

di valori che promuove l’eccellenza, indipendentemente dalla provenienza della persona, valorizzando e portando a ruoli di responsabilità gli individui migliori.

Questo sistema si fonda sulla definizione degli obiettivi da raggiungere, sulla puntuale verifica del grado di raggiungimento degli stessi, sulla condivisione della valutazione e dell’autovalutazione, e sul confronto con i coetanei.

La propria performance si misura sempre in rapporto a quella degli altri.

La cultura del merito non implica l’esclusione dei giovani familiari incapaci o inadatti.

Implica però che questi siano aiutati a prendere coscienza dei propri limiti e a trovare ruoli adatti all’interno o all’esterno dell’azienda.

Il sistema meritocratico è l’unico che aiuta tutti i membri della famiglia imprenditoriale a trovare una dimensione professionale adatta alle proprie caratteristiche, nel loro interesse e in quello delle loro famiglie.

La meritocrazia impone di fare delle valutazioni sulla famiglia: il possesso delle competenze e delle capacità richieste deve essere misurato attraverso i risultati raggiunti.

Tuttavia, la valutazione espressa può essere accettata solo se il valutatore dimostra di agire senza conflitti d’interesse e con l’intento di servire un bene comune, quale la continuità dell’azienda.

144

99 Inoltre, questi deve essere capace di spiegare in modo chiaro i valori e i principi relativi alle proprie opinioni, e non modificare i criteri di valutazione nel corso del tempo, a meno che non abbia valide ragioni.

Un comportamento errato, al contrario, genera sfiducia perché nasce il sospetto che le valutazioni siano espresse seguendo un proprio interesse personale.

L’efficacia di un processo di valutazione, infatti, non dipende solo dalla valutazione di dati obiettivi, ma anche dalla comunicazione tra i soggetti coinvolti nel processo (la comunicazione è efficace quando è fondata su dati e fatti e non su opinioni e se si tiene conto della capacità di ascolto dell’altra parte).

In questa fase diviene di fondamentale importanza la formazione, che richiede un’adeguata programmazione, i cui tempi serviranno anche a scandire il ritmo del disimpegno del dirigente in carica.

La formazione non riguarderà soltanto le nozioni teoriche: è bene che queste siano corredate da un’esperienza fatta sul campo, che servirà a valutare le effettive capacità del futuro imprenditore e a mettere in pratica quanto appreso nei suoi studi145.

In considerazione di tutto ciò, è possibile individuare alcuni principi su cui dovrebbe basarsi l'entrata in azienda dei figli: chiedere loro di farsi una qualche esperienza al di fuori dell'azienda di famiglia; assegnare loro, al momento dell’entrata in azienda, una mansione ben precisa e di effettiva utilità; individuare qualcuno, che non sia un parente, cui affiancare il nuovo arrivato, insegnandogli il necessario e giudicando il suo rendimento146.

L'esperienza in altre aziende presenta diversi vantaggi, sia per l'azienda stessa che per il singolo: i figli dovrebbero rimanere in essa il tempo necessario per lo meno ad essere promossi una o due volte; dovrebbero avere l'occasione di cambiare più funzioni aziendali e arrivare a livelli di responsabilità tali per cui possano provare a realizzare le loro idee personali.

145Passeri R., “Valutazioni imprenditoriali per la successione nell'impresa familiare”, Firenze

University Press, (2007).

146Ward J.L. “Di padre in figlio: l’impresa di famiglia. Come preparare il passaggio

generazionale e assicurare continuità e prosperità alle aziende familiari”, Franco Angeli, (1990).

100 Non è tanto importante la mansione che si svolge; sia che si lavori nel settore vendite, o in quello della produzione, o nel settore di ricerche di mercato, o in quello della gestione del personale, si tratta pur sempre di occasioni per acquisire competenze suscettibili di essere in futuro utili per l'azienda di famiglia.

Allo stesso modo si può dire che poco importa se il lavoro verrà svolto in un'impresa che opera nello stesso settore di mercato o in un altro settore. In ambedue i casi si hanno delle conseguenze positive.

L'esperienza acquisita in un'azienda che operi nello stesso settore, ad esempio, risulterà più direttamente e più rapidamente applicabile.

Mentre l'esperienza acquisita in un'impresa che opera in un settore di mercato diverso serve ad allargare le prospettive e fornisce tutta una serie di nuovi strumenti con cui affrontare i problemi imprenditoriali.

Ciò che è veramente importante è il fatto che si dovrebbe entrare in un'azienda dalle dimensioni significativamente più grandi di quelle dell'impresa di famiglia147.

In questo modo il futuro erede si prepara adeguatamente ad affrontare una realtà molto più complessa e difficile.

I vantaggi che derivano da queste esperienze sono ricollegabili al fatto che il successore impara qual è il valore dell’azienda in termini di retribuzione riconosciuta dal mercato e qual è il proprio livello di professionalità indipendentemente dall'azienda di famiglia; impara dagli errori commessi, dovuti all'inesperienza, lontano dagli occhi imbarazzanti del padre e dei futuri colleghi, sviluppando in questo modo la propria esperienza e la consapevolezza del proprio valore, soprattutto perché si è coscienti di essere stati promossi solo per i propri meriti, e vedrà che la realtà delle altre imprese non è certo più facile di quella dell'azienda di famiglia148.

Un'esperienza di questo tipo risulta utile anche per l'azienda.

I futuri dirigenti hanno l'occasione di familiarizzare con sistemi e metodi di direzione potenzialmente utili all'impresa.

147Ward J.L. “Di padre in figlio: l’impresa di famiglia. Come preparare il passaggio

generazionale e assicurare continuità e prosperità alle aziende familiari”, Franco Angeli, (1990).

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101 Vengono in contatto con dirigenti capaci che, in futuro, potrebbero assumere nella propria azienda; vengono a conoscere mercati diversi, concorrenti diversi nonché diverse strategie.

Tutto ciò allarga la loro visione del mondo e affina la loro capacità di individuare anche le opportunità di mercato più nascoste.

Una volta in azienda, ai candidati alla successione dovrebbe essere assicurata una sempre maggiore autonomia, magari assegnando loro la responsabilità di creare una nuova zona commerciale, aprendo un nuovo negozio o mettendoli a capo di uno stabilimento.

Tutto ciò aiuta a sviluppare le capacità manageriali.

In questo modo, inoltre, si evita che i fratelli stiano a troppo stretto contatto, diminuendo le occasioni di contrasto. Ciò non toglie, comunque, che sia necessario anche abituarli a lavorare insieme.

Solo nell'ambito di un opportuno lavoro di gruppo è possibile far emergere e sviluppare le capacità di direzione della famiglia, capacità che rappresentano un antecedente indispensabile alla scelta del futuro presidente.

Inoltre, potrebbe essere utile lavorare affiancati da un esperto che può insegnare ai futuri eredi molto, sia in ordine alle competenze che un dirigente deve avere sia in ordine alla realtà dell'azienda.

La scelta del successore diviene ancora più difficoltosa se si ha a che fare con una famiglia giunta al secondo o al terzo passaggio generazionale, perché diviene ancora più sentita e sarà più difficile affrontare i contrasti per l’acquisizione del ruolo in esame.

Inoltre, qualora nessuno degli eredi presenti le caratteristiche ideali al fine di guidare con successo l'azienda, la scelta dovrà ricadere su candidati esterni, i quali potranno guidare con profitto l’azienda e garantirle una sana continuità149.

149Ward J.L. “Di padre in figlio: l’impresa di famiglia. Come preparare il passaggio

generazionale e assicurare continuità e prosperità alle aziende familiari”, Franco Angeli, (1990).

102 Anche questa soluzione richiede però un periodo di formazione per il successore, che gli garantisca la migliore comprensione delle problematiche che si troverà ad affrontare al momento del suo insediamento e nel futuro.

3) l’inserimento del successore nell’azienda di famiglia  la terza ed ultima fase è quella attinente all’atto formale di successione, con il quale si ha il completo ritiro del precedente imprenditore che lascia il campo alle nuove leve.

Il successore è chiamato a dimostrare il possesso di effettive capacità per sviluppare al meglio l’impresa e farla crescere sia dimensionalmente che nelle singole performance, affrontando e contrastando tutte le eventuali barriere che si frappongono sul suo cammino verso tale scopo.

Deve quindi essere in grado didimostrare le proprie conoscenze e competenze, le quali dovranno essere addirittura superiori a quelle del suo predecessore, in quanto egli si troverà ad operare in uno scenario competitivo sicuramente più ampio e quindi più difficile da gestire; deve riuscire ad ottenere il rispetto dei suoi collaboratori (familiari e non), attraverso i meriti acquisiti sul campo, in quanto potranno essere frequenti i paragoni tra il suo operato e quello del predecessore150.

Un passaggio poco traumatico può essere facilitato se i genitori e i figli si comunicano le reciproche attese; se i genitori rinunciano progressivamente ad alcuni contenuti del proprio ruolo ed evitano di non trasmette alcun potere sino alla propria

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