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I fattori che condizionano la successione

LA SUCCESSIONE FAMILIARE IN AZIENDA

3.1 I fattori che condizionano la successione

Le imprese familiari sono l’espressione del desiderio d’indipendenza dell’imprenditore che le concepisce come una cosa propria102

.

Poi, arriva il momento in cui la maggior aspirazione degli stessi imprenditori è far continuare l’attività ai propri figli.

Molte delle ragioni per le quali i proprietari delle piccole imprese sono ansiosi di lasciare ai propri eredi l’azienda di famiglia sono riconducibili alla convinzione che l’impresa rappresenti un vantaggio per la famiglia stessa103

.

I fondatori hanno la sensazione che i figli, rilevando l’azienda, possano avere la stessa libertà e le stesse opportunità di realizzarsi di cui, a suo tempo, essi hanno potuto godere.

Inoltre tendono a vedere la sua sopravvivenza come un modo per perpetuare la tradizione familiare e l’eredità dell’impresa104.

L’azienda di famiglia è un’occasione per sviluppare un vero e proprio senso d’identità e di orgoglio, poiché favorisce lo sviluppo di una serie d’interessi comuni, permettendo ai suoi membri di interagire, e rappresenta una base che dà sicurezza a coloro che vogliono correre il rischio di provare nuovi professioni e carriere; inoltre, promuove la maturazione dei membri della famiglia, offrendo loro la possibilità di interagire con altre persone.

102Ward J.L. “Di padre in figlio: l’impresa di famiglia. Come preparare il passaggio

generazionale e assicurare continuità e prosperità alle aziende familiari”, Franco Angeli, (1990).

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ivi

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59 Il processo di successione porta alla ridefinizione dei ruoli e delle reciproche relazioni di tutti i sistemi in gioco: l’impresa, la famiglia e il management aziendale.

Ognuno di questi soggetti si porrà delle domande sul proprio futuro e sulle proprie capacità di condizionare gli eventi o di subirne le conseguenze.

Il ruolo chiave nel processo di successione sarà quello ricoperto dal fondatore: essendo l’unico soggetto che fa parte di tutti i sistemi, la sua azione risulterà sempre e comunque determinante.

Incontrerà, però, la grande difficoltà di non riuscire a considerare nessun sistema in modo oggettivo; a questo rischio esiste un solo rimedio: far coesistere la gestione della successione con la pianificazione del cambiamento105.

Se i processi di cambiamento interni alle imprese familiari non sono pianificati, l’azienda perirà in breve tempo, i professionisti che ricoprono i ruoli cruciali se ne andranno e la famiglia si disintegrerà in lotte per la divisione del potere e per il controllo.

Tuttavia, l’imprenditore che ha gestito con successo gli albori e gli sviluppi della sua impresa entra in crisi quando deve passare ad altri quel testimone che lui stesso non ha ricevuto da nessuno.

Il passaggio è difficile perché il fondatore, non volendo farsi da parte, privilegia scelte più utili a lui che all’azienda.

Talvolta vede addirittura sotto una cattiva luce l’espansione oltre certi limiti dell’impresa poiché, se il business assume dimensioni rilevanti, egli non lo potrà più controllare interamente; questo, infatti, lo obbligherebbe a delegare parte del suo potere.

105Piantoni G., “La successione familiare in azienda. Continuità dell’impresa e ricambio

60 L’esito e lo svolgersi del processo di successione è influenzato in modo rilevante da una serie di elementi.

Questi possono essere distinti in due macro categorie: i fattori aziendali e i fattori familiari106.

Fanno parte del primo gruppo le dimensioni dell’impresa, il business in cui essa opera, il territorio in cui svolge la propria attività e il suo grado di autonomia.

Il primo fattore che incide in maniera rilevante sulla dinamica del ricambio generazionale è la dimensione dell’azienda.

Se essa è modesta, il sistema d’impresa tenderà a configurarsi come uno strumento di lavoro dell’imprenditore, che quindi presiederà tutta l’attività.

Nelle imprese di medie dimensioni ci sarà invece spazio per più dirigenti, ognuno dei quali sarà a capo di una o più funzioni.

Infine, nelle grandi imprese, spesso organizzate per divisioni o in una struttura a gruppo, il numero di posizioni manageriali è tale per cui gli eredi non riescono a coprirle tutte, così che si aprono spazi per manager esterni.

Le dimensioni dell’impresa diventano rilevanti in ottica successoria sotto un duplice aspetto: da una parte, la si può considerare come un fatto acquisito, come un’entità; tuttavia, da sola, non ci aiuta ad approfondire il tema della successione; pertanto, può essere studiata anche in prospettiva, focalizzando l’attenzione non sulla dimensione esistente, ma su quella attesa.

È difficile classificare le imprese sulla base della loro dimensione: i raggruppamenti variano a seconda che si prenda come criterio il fatturato, la dominanza del mercato, il ritmo di sviluppo, gli utili, il numero dei dipendenti e il capitale investito.

Dovendo scegliere un solo criterio, risulta di rilevante importanza la struttura organizzativa adottata.

106Mezzadri A., “Il passaggio del testimone. Sedici casi di successo in imprese familiari

61 Si definisce quindi piccola impresa quella in cui un solo responsabile gestisce al meglio tutta l’attività; media quella in cui c’è spazio per più dirigenti purché presidino diverse funzioni aziendali; grande quella in cui la struttura, abitualmente divisionale, permette a più persone di occupare posti di elevata responsabilità107.

La semplice definizione della struttura di un’azienda non è però sufficiente per cogliere al meglio l’incidenza della dimensione aziendale sull’evoluzione della fattispecie successoria.

Imprese d’identica dimensione hanno talvolta natura profondamente diversa. Risulta pertanto utile distinguere le attività che pongono enfasi sul prodotto da quelle che risultano essere molto condizionate dal mercato e da quelle che trovano il loro perno nella struttura108.

Un’impresa è sensibile al prodotto quando gli investimenti richiesti sono elevati, quando la tecnologia può modificare in maniera rilevante sia il prodotto sia il processo produttivo, quando il cliente è interessato a una sola valenza del prodotto come il prezzo, la puntualità di consegna o il grado di flessibilità produttiva109.

Un’azienda è invece particolarmente sensibile al mercato quando la domanda è mutevole e quando la concorrenza è agguerrita.

Infine, un’impresa è sensibile alla struttura quando sono le persone ad avere un peso determinante, quando si esigono capacità professionali elevate, quando è importante la ricerca e lo sviluppo, quando è vincente la capacità di attrarre persone migliori e quando la modalità di organizzazione è rilevante.

L’incrocio delle tre dimensioni aziendali (piccola, media e grande) con le tre tipologie d’impresa (sensibile al prodotto, al mercato, alla struttura) dà luogo a nove fattispecie (figura 4).

107Piantoni G., “La successione familiare in azienda. Continuità dell’impresa e ricambio

generazionale”, Fabbri editore, (1990)

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ivi

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62 Figura 4 – Classificazione delle imprese

Tipologie d’imprese Dimensioni aziendali Grande impresa sensibile al prodotto Grande impresa sensibile al mercato Grande impresa sensibile alla struttura Media impresa sensibile al prodotto Media impresa sensibile al mercato Media impresa sensibile alla struttura Piccola impresa sensibile al prodotto Piccola impresa sensibile al mercato Piccola impresa sensibile alla struttura

Fonte: nostra rielaborazione da Piantoni G., “La successione familiare in azienda. Continuità dell’impresa e ricambio generazionale”, Fabbri editore, (1990)

La grande impresa sensibile al prodotto offre ampi spazi alla famiglia per trovare un ruolo significativo, tuttavia è bene stabilire una soglia minima di competenze per l’ingresso in impresa: la leadership sarà infatti conquistata da chi saprà cementare e consolidare il gruppo.

Anche la grande impresa sensibile al mercato offre ampi spazi di inserimento in azienda; criterio indispensabile per l’ammissione è una competenza significativa nel marketing strategico o in aree affini: la leadership andrà a chi sarà capace di crearsi una consistente immagine all’esterno.

Nella grande impresa sensibile alla struttura lo spazio d’inserimento tende a restringersi poiché un’impresa con queste caratteristiche non raggiunge le grandi dimensioni delle precedenti.

In questi casi vince chi saprà dimostrarsi un valido aiutante, e chi riuscirà ad avere un certo ascendente sui collaboratori e sui clienti: la leadership si fonda sulla capacità di gestire le persone, familiari compresi.

La media impresa sensibile al prodotto riserva all’ingresso dei familiari uno spazio limitato; si tratta di imprese in cui le posizioni appetibili sono quella del responsabile della produzione, quella del direttore vendite e quella del direttore amministrativo.

63 Se si ritiene che nessun membro abbia particolari attitudini alla produzione, tale funzione può essere ricoperta facendo ricorso a un manager esterno: in questo caso sarà il direttore generale ad assumere la leadership del gruppo, specie se è anche responsabile delle vendite o dell’amministrazione.

Nella media impresa sensibile al mercato la leadership è legata alla capacità di conoscere il mercato e di intrattenere stretti rapporti con i clienti; per tale motivo è bene che la funzione commerciale non sia delegata ad un membro esterno, perché nel caso in cui questi decida di lasciare l’azienda, porterebbe con se la vera ricchezza dell’impresa: i clienti.

Questi, infatti, sono una delle più importanti risorse che un’azienda deve avere, perché è grazie ad essi che riesce a rendere concreti gli sforzi fatti.

Il cliente acquista, consuma, fa’ entrare soldi, permette di chiudere e riaprire il ciclo produttivo, è lui l'utilizzatore finale, colui che testa il prodotto e trova alternative tecniche o migliorie.

La media impresa sensibile alla struttura presenta alle nuove generazioni uno spazio più ampio poiché ha gerarchie più flessibili; vincitore sarà colui che riuscirà ad abbinare le doti richieste dallo specifico business alla capacità di motivare e di coinvolgere le persone.

La piccola impresa sensibile al prodotto presenta uno spazio molto limitato: solitamente un solo membro della famiglia.

E’ necessario che uno dei successori si adatti a imparare il mestiere del padre; il candidato ideale è colui che ha più pazienza rispetto agli altri, è più malleabile ed ha maggiore disponibilità a imparare110.

La piccola impresa sensibile al mercato offre invece al management della famiglia uno spazio leggermente più ampio perché si riesce ad intravedere una collaborazione tra chi è orientato al mercato e chi sa presidiare il prodotto.

Diventa cruciale la capacità di integrare i bisogni del cliente con l’attività produttiva; la leadership sarà acquisita dal più intraprendente e dal più pragmatico.

110Piantoni G., “La successione familiare in azienda. Continuità dell’impresa e ricambio

64 Anche la piccola impresa sensibile alla struttura amplifica lo spazio a disposizione per le nuove generazioni, ma rimane cruciale la capacità di operare nello specifico business, ottenendo la stima degli altri.

La successione avviene più per affinità professionale che di parentela, infatti le imprese di questo genere difficilmente si prestano ad una continuità di natura familiare.

Un secondo fattore aziendale che influenza il processo di successione è l’estensione orizzontale e verticale delle imprese, cioè le aree di business e le fasi della filiera presidiate direttamente dall’azienda di famiglia111

.

Una realtà multi business, che opera in più combinazioni di prodotto/mercato, offrirà maggiori possibilità di crescita e più ampie opportunità di occupare posizioni rilevanti rispetto ad un’azienda, simile in termini di fatturato e dipendenti, che però si muove in una sola area strategica di affari.

La complessità aziendale non contribuisce soltanto a determinare il numero di posizioni di rilievo disponibili per gli eredi ma influenza anche il processo di assunzione di responsabilità.

In imprese mono business e molto semplici, il figlio si affianca subito al padre nel ruolo imprenditoriale, mentre in situazioni più articolate deve compiere un percorso di acquisizione della conoscenza in azienda: ciò solitamente avviene andando a operare, per qualche mese, in alcune aree funzionali, affiancandone il responsabile.

In tal modo, oltre a valutarne le capacità, si cerca di individuare la funzione/divisione in cui possa esprimersi meglio112.

Nel caso in cui l’azienda faccia parte di un gruppo di società, è prevista l’assunzione di responsabilità in consociate o controllate prima di entrare nella società capogruppo, in modo da valutare, in un ambiente relativamente sicuro, le sue capacità.

Il terzo fattore aziendale d’influenza è il territorio in cui un’impresa opera113.

111Piantoni G., “La successione familiare in azienda. Continuità dell’impresa e ricambio

generazionale”, Fabbri editore, (1990)

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65 Ogni impresa, infatti, è radicata nello spazio e nel tempo, vive cioè in un territorio geografico e in un ambiente sociale che ne determina la cultura e i valori di fondo; pertanto la successione si andrà a configurare in maniera differente a seconda del luogo in cui essa risiede.

Le aziende familiari hanno un legame del tutto particolare con la comunità locale del territorio nel quale sono nate e si sono sviluppate.

Tutto ciò produce un radicamento territoriale che si attenua, ma non scompare, quando l’azienda diventa un grande gruppo e comincia ad operare in varie aree del mondo.

Questo radicamento, nel migliore dei casi, è fonte di grande forza per le aziende familiari. I policy maker locali e i collaboratori, consapevoli del rilievo che tali aziende hanno per il territorio, dedicano all’impresa un’attenzione maggiore, agevolandone lo sviluppo.

In alcuni casi tutto questo ha permesso di creare una rete di fornitori di prodotti e servizi di prim’ordine che, proprio per la particolare localizzazione, diventa una risorsa non facilmente imitabile dai concorrenti.

Tuttavia, il radicamento territoriale può rivelarsi anche un grande problema per le aziende familiari.

Ciò accade quando i membri della famiglia proprietaria non utilizzano il territorio circostante come base dalla quale partire per ricercare opportunità di crescita personale, ma si adagiano su competenze e relazioni che già conoscono.

Infine, ultimo elemento che influenza la successione dal punto di vista aziendale è il grado di autonomia dell’azienda stessa.

L’impresa, pur essendo un’entità completa, non necessariamente è autonoma; essa tende a essere attratta da varie forze che a lungo andare ne riducono il grado di autonomia.

In particolare, due sono i rapporti di maggior rilievo: quello che riguarda il grado di autonomia che essa presenta nei confronti della famiglia e del suo patrimonio, e quello che fa riferimento al momento in cui l’impresa formula i suoi obiettivi ed elabora le strategie; spesso, infatti, accade che l’azienda sia costretta a fare i conti con un sistema di attori che rendono meno libere alcune scelte fondamentali.

66 L’analisi della prima tipologia di rapporto si ricollega al modello del family

business analizzato nel primo capitolo.

Il modello si compone di tre elementi: la famiglia, che fonda sull’azienda il suo benessere materiale, l’impresa, che richiede un’attenta gestione perché ne sia garantita la sopravvivenza nel tempo e il patrimonio, inteso come asse patrimoniale della famiglia.

Non è tanto l’individuazione di questi elementi a essere problematica, quanto la loro felice convivenza nel tempo.

Tuttavia, questi non necessariamente sono contradditori, ma sono suscettibili di entrare in contrasto; possono però convivere a condizione che siano trovate, di volta in volta, soluzioni idonee.

Con riferimento al secondo gruppo di forze che influenzano l’autonomia dell’azienda, si possono individuare una serie di attori che si prefiggono, intenzionalmente, di intervenire sugli obiettivi e sulle strategie dell’impresa.

Tra questi troviamo, ad esempio, gli azionisti, i sindacati, i gruppi politici che portano avanti nuove normative suscettibili di creare opportunità e minacce all’impresa, ecc...

Pertanto, sulla base dell’incidenza che questi possono esercitare, è possibile elaborare una matrice.

Gli elementi presi in considerazione sono l’esistenza o meno di forze in grado di incidere sulla definizione degli obiettivi aziendali e la capacità dell’impresa di rendere noti i propri obiettivi, dando vita, sia all’interno che all’esterno, ad una trasparenza significativa (figura 5).

67 Figura 5 – Tipologie d’impresa elaborate sulla base del grado di incidenza degli attori esterni sull’azienda

Capacità dell’impresa di rendere noti i propri obiettivi Incidenza da parte di attori esterni Alta Bassa

Forte Impresa complessa Impresa subalterna Debole Impresa autonoma Impresa marginale

Fonte: rielaborazione da Piantoni G., “La successione familiare in azienda. Continuità dell’impresa e ricambio generazionale”, Fabbri editore, (1990)

Dalla combinazione tra una debole incidenza da parte di attori esterni e un’elevata capacità dell’impresa di rendere espliciti i propri obiettivi nasce l’impresa autonoma.

Questa è caratterizzata da molta sicurezza, da imprenditorialità costante e da processi decisionali che non subiscono influenze esterne.

Se però nessuno interroga o interviene, non si sente il bisogno di razionalizzare e di comunicare le proprie decisioni.

Pertanto, in un’impresa eccessivamente autonoma, è più facile trovare soluzioni di convivenza generazionale quando le cose vanno bene; nel momento in cui, però, qualcosa cambia, è più facile colpevolizzare le persone, demotivandole.

L’impresa complessa nasce invece dalla combinazione tra una forte incidenza degli attori esterni e un’elevata capacità dell’azienda di rendere noti i propri obiettivi.

Le circostanze hanno reso questo tipo d’impresa abile nel gestire domande inattese e non sempre coerenti con le proprie aspettative, a saper operare con rapidità per anticipare mosse pericolose, a saper aspettare che le tensioni si allentino.

Queste capacità mettono l’impresa in condizione di vivere con abilità e con sufficiente diplomazia anche il problema successorio.

L’impresa subalterna, nata dalla combinazione tra forte incidenza esterna e scarsa capacità di rendere noti i propri obiettivi, tende ad essere in balia di altri che le impongo determinate linee guida: siamo di fronte ad una gestione trainata.

68 L’impresa non propone, ma accetta; pertanto, in questo contesto, la successione cessa di essere solo un problema di famiglia, ma diventa oggetto di decisione da parte di soggetti esterni.

Infine, l’impresa marginale presenta notevoli problemi di sussistenza e manca di un valido orientamento strategico di fondo; in questo contesto la successione diventa drammatica.

L’azienda, infatti, non è in grado di rendere noti i propri obiettivi nonostante l’incidenza da parte di attori esterni sia debole.

Il secondo gruppo di elementi che influenzano il passaggio generazionale sono i cosiddetti fattori familiari114.

Si fa riferimento alla complessità del processo di ricambio generazionale e al sistema valoriale e culturale della famiglia.

La complessità è dovuta al numero di persone coinvolte; si possono individuare tre situazioni diverse: quella in cui è presente un solo erede, quella dove sono presenti più eredi e quella dove non ci sono eredi115.

La situazione più semplice è il trasferimento di conoscenze tra il padre e un singolo erede; generalmente si tratta d’imprese di prima generazione, o al massimo di seconda.

Questa, infatti, non comporta il frazionamento della compagine proprietaria in più parti e non pone problemi di scelta fra gli eredi per l’occupazione del ruolo chiave. Tuttavia, se l’erede unico non ha particolari doti imprenditoriali o capacità di direzione, il fondatore potrebbe decidere di rinunciare a trasferire la proprietà al figlio.

L’unica soluzione, in tal caso, è l’affidamento della gestione a un manager esterno e l’attribuzione all’erede di un mero ruolo di proprietario.

114Mezzadri A., “Il passaggio del testimone. Sedici casi di successo in imprese familiari

italiane”, Franco Angeli editore, (2005).

115Dematté C., Corbetta G., “I processi di transizione delle imprese familiari”, Mediocredito

69 Tuttavia, anche se l’erede possiede tutti i requisiti, la transizione non è facile e non si esaurisce in un singolo atto, ma è il risultato di un lungo processo, fatto di tensioni, dubbi, verifiche e ripensamenti.

Le transizioni migliori sono quelle “a gradini” dove il successore è messo nella condizione di maturare una dopo l’altra una serie di esperienze sempre più approfondite e di assumere rischi sempre maggiori, in modo da giungere al momento del passaggio delle consegne con i requisiti professionali necessari per una successione senza traumi.

Sicuramente più complessa è la situazione in cui vi è una pluralità di attori coinvolti.

Se, da un lato, la molteplicità di potenziali successori rende più probabile la presenza delle capacità necessarie a garantire la continuità dell’impresa, dall’altro, si manifestano una serie di problematiche correlate alla divisione delle quote e all’individuazione del futuro leader.

Una soluzione molto diffusa è quella di un esercizio collegiale della leadership tra tutti gli eredi; tale via è però praticabile in presenza di una complementarietà di competenze e caratteri tra i successori, di una forte stima reciproca e di un forte senso di appartenenza alla famiglia, oltre alla presenza di una chiara distribuzione di responsabilità116.

In caso contrario il rischio di un team di vertice poco coeso potrebbe condurre

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