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L’importanza della governance nelle imprese a conduzione familiare

LA GOVERNANCE NELLE AZIENDE FAMILIAR

2.1 L’importanza della governance nelle imprese a conduzione familiare

Il presupposto da cui partono la gran parte degli studi sulla corporate

governance, ovvero la necessità di disciplinare i rapporti fra gli azionisti ed il management che perseguono interessi differenti, non trova ragion d’essere per le

imprese familiari, nelle quali la sovrapposizione istituzionale tra proprietà e governo è un elemento essenziale.

Dinanzi a tali considerazioni, alcuni studiosi si sono chiesti che senso avesse studiare la governance nelle imprese familiari e in gran parte delle aziende di piccole e medie dimensioni, laddove non si fosse in presenza della separazione tra proprietà e governo49.

Questi contributi hanno sottolineato la necessità di definire meccanismi di

governance efficaci anche per le imprese familiari, nelle quali la sovrapposizione tra

azionisti e manager può generare non pochi problemi.

A osservare la tassonomia tradizionalmente utilizzata per illustrare le forme di

governance diffuse nelle nazioni occidentali, si può notare come accanto alla public company anglosassone e all’impresa consociativa tipica di Germania e Giappone, sia

stata da sempre riconosciuta anche l’impresa a conduzione familiare, modello notevolmente diffuso nell’Europa continentale50.

Quando si analizza la governance delle imprese familiari, ci si rende conto che non esiste un unico modello di governo per il family business, ma il problema si presenta particolarmente complesso e articolato.

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Pugliese A.,”Assetti proprietari e meccanismi di governance nelle imprese familiari italiane”;(2016)

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34 La corporate governance rappresenta un valido strumento per il perseguimento degli obiettivi strategici e per la protezione del valore investito in azienda.

Essa esprime le modalità attraverso le quali sono regolati i rapporti tra i diversi soggetti che partecipano all’attività d’impresa, quali azionisti, amministratori, dirigenti, finanziatori, ecc..51.

La sua finalità è quella di assicurare che nelle relazioni di impresa non vengano adottati comportamenti opportunistici ed ha l’obiettivo di riallineare gli interessi tra proprietà e management, per evitare o ridurre il rischio di performance inefficienti.

Accanto alla funzione protettiva, la governance può contribuire a promuovere lo sviluppo e la creazione di valore delle imprese: i membri del consiglio di amministrazione possono essere selezionati per dotare l’impresa di esperienze, competenze professionali e relazioni personali utili al perseguimento delle strategie.

La corporate governance può, quindi, essere utilizzata per modificare la dotazione di risorse e competenze dell’impresa, rendendola coerente con gli obiettivi e le esigenze strategiche.

Nelle imprese familiari, come per le altre tipologie di impresa, non esiste un modello di governance valido in senso assoluto in ogni contesto.

La governance, infatti, può divenire più complessa a causa dell’intreccio tra proprietà, management e famiglia.

Il coinvolgimento della famiglia nella proprietà influenza la scelta degli obiettivi, l’orizzonte temporale delle decisioni e lo sviluppo di capacità organizzative.

Pertanto, le aspirazioni e i valori dei membri della famiglia, indirizzando le scelte strategiche dell’azienda, rendono necessaria una configurazione della

governance che consideri, contemporaneamente, le esigenze e le criticità rilevanti sia

per l’una sia per l’altra.

51a cura di Del bene L., Lattanzi N., Liberatore G., “Aziende familiari e longevità

35 La crisi, prima finanziaria, poi economica, che ha investito l’Europa e gli USA nel corso degli ultimi anni ha dimostrato che un’economia basata soltanto sulla crescita dei mercati finanziari rimane estremamente fragile se non è accompagnata anche da una crescita dell’economia reale52

.

Questo nuovo contesto economico favorisce indubbiamente le società quotate che possono raccogliere agevolmente denaro sui mercati azionari, effettuare acquisizioni scambiando azioni anziché versando denaro e attirare manager qualificati motivandoli con le stock option53.

Risulta invece penalizzata l’impresa familiare che deve basare la propria crescita sull’autofinanziamento e sul finanziamento bancario, e che inoltre non può agevolmente ricorrere allo strumento azionario per motivare il proprio management (ovviamente quello esterno alla famiglia proprietaria)54.

Ipotizzando che la crescita di un’azienda familiare non quotata e di una società quotata fosse stata analoga, sino alla metà degli anni ’80 entrambe potevano gareggiare alla pari, mentre, successivamente, allorché la crescita del valore di borsa prende il sopravvento sulla crescita degli utili, la società quotata distacca inesorabilmente l’azienda familiare.

Questa competizione tra azienda familiare non quotata e società quotata non è soltanto economica, ma tocca anche i valori che stanno alla base del business.

Sino a poco tempo fa, l’obiettivo dichiarato di una public company era quello di incrementare lo shareholder value55.

52D’Alò G., Marchettini P.,”Governance delle imprese familiari e capitale tangibile”; 53

Le stock option sono uno strumento retributivo e di fidelizzazione dei dipendenti ritenuti strategicamente importanti per l’azienda. Attraverso l’assegnazione di stock option, la società offre al dipendente il diritto a sottoscrivere o acquistare un pacchetto azionario della stessa, o di altra società facente parte dello stesso gruppo, in un arco temporale futuro prestabilito e a un prezzo predeterminato.

54D’Alò G., Marchettini P.,”Governance delle imprese familiari e capitale tangibile”;

55Shareholder value indica, letteralmente, il valore per l’azionista, ovvero il valore fornito ai

soci dovuto alla capacità del management di aumentare le vendite e gli utili nel corso del tempo. Questo dipende dalle scelte strategiche fatte, tra cui la capacità di fare investimenti saggi e generare un ritorno sul capitale investito.

36 In un’azienda familiare l’obiettivo è sostanzialmente quello di durare e prosperare nel tempo.

Ovviamente questi valori non sono tipici di tutte le aziende possedute da una famiglia, ma sono esplicitamente o implicitamente riconosciuti nell’ambito di quelle che appartengono esclusivamente alla stessa famiglia (o a famiglie discendenti dal fondatore) da almeno tre o quattro generazioni56.

È peraltro molto difficile che un’azienda rimanga controllata dalla stessa famiglia per circa un secolo senza che i suoi membri siano stati in grado di creare una

governance equilibrata che regoli sia i rapporti economici tra i familiari che i rapporti

tra la famiglia e l’azienda.

La prima osservazione è che non esiste una governance adatta indistintamente a tutte le famiglie che controllano un business.

Le regole di governance, infatti, dovrebbero essere definite caso per caso tenendo in considerazione una serie di fattori, come ad esempio le caratteristiche della famiglia e i valori che la contraddistinguono, la dimensione e la situazione finanziaria della società controllata e il suo business, l’esistenza di risorse economiche significative nell’ambito della famiglia, oltre alle particolari esigenze della famiglia e del suo leader.

A nostro avviso il primo fattore da analizzare è quello dei valori, e in particolare il valore che l’azienda ha per la famiglia.

Solitamente si distingue tra due scelte opposte: quella che considera l’azienda familiare come un bene dal valore esclusivamente patrimoniale alla stregua di altri, e quella che la considera come un’entità completamente separata dal resto del patrimonio familiare, che ha un valore soprattutto morale e che sotto il profilo economico deve continuare a prosperare nel tempo57.

Nel primo caso i principali beneficiari sono i singoli shareholder ed è improbabile che il loro interesse possa coincidere con l’obiettivo di mantenere l’azienda nell’ambito del controllo familiare.

56D’Alò G., Marchettini P.,”Governance delle imprese familiari e capitale tangibile”; 57

Pugliese A.,”Assetti proprietari e meccanismi di governance nelle imprese familiari italiane”;(2016)

37 Nel secondo caso l’interesse dei vari stakeholder (dipendenti, fornitori, clienti, comunità locali nell’area ove opera l’azienda) finirà per prevalere su quello degli

shareholder e, se l’azienda dovesse trovarsi in gravi difficoltà, l’interesse alla

sopravvivenza della stessa dovrebbe prevalere anche nei confronti degli interessi dei singoli58.

È chiaro che tra queste due visioni possono esistere posizioni intermedie che in qualche modo bilanciano gli interessi delle due parti con quelli dell’azienda.

L’introduzione della governance avviene attraverso un processo piuttosto complesso nell’ambito del quale la famiglia deve predisporre un documento che contenga delle regole59.

In secondo luogo devono essere definite le strutture nell’ambito delle quali i membri della famiglia dovranno interagire nella gestione del business.

Tali strutture possono assumere una semplice forma assembleare (Consiglio di Famiglia, Assemblea di Famiglia, ecc.) oppure una veste giuridica vera e propria (Fondazione di Famiglia, Holding familiare, ecc.).

Solitamente, nella preparazione delle regole di governance vengono definiti i seguenti temi:

• i valori della famiglia (con particolare riferimento alla missione e alla visione strategica dell’azienda);

• le interazioni tra famiglia, proprietà e controllo dell’azienda familiare e sviluppo del suo business;

• il processo decisionale in presenza di decisioni critiche (scelta del top management, ingresso di nuovi azionisti, investimenti o disinvestimenti importanti, ecc.);

• la scelta dei rappresentanti della famiglia in azienda (in particolare del leader, del presidente non esecutivo e dei membri del consiglio);

58D’Alò G., Marchettini P.,”Governance delle imprese familiari e capitale tangibile”; 59

38 • la scelta dei consiglieri nel caso di holding familiare o fondazione (idealmente un giurista, un banchiere e un esperto dell’area di business in cui opera l’azienda).

Dopo aver definito i rapporti tra i familiari occorre procedere alla definizione dei rapporti tra la famiglia e l’azienda.

Nella definizione della corporate governance di una società familiare debbono essere affrontati quattro temi principali60, ovvero:

1) perché si introduce una corporate governance in una società non quotata e che valore ha per la società?

valore in termini di immagine; nei confronti dei membri della famiglia; nel rapporto con banche e investitori; con il management; con gli altri dipendenti.

2) qual è il ruolo del consiglio di amministrazione e in particolare dei consiglieri indipendenti?

un CdA ideale per un’impresa familiare di medie dimensioni dovrebbe essere costituito da sette membri, un rappresentante per ciascuna generazione di azionisti, altrettanti consiglieri indipendenti e infine dal leader.

I consiglieri indipendenti non dovrebbero essere scelti tra persone conosciute, ma dovrebbero essere selezionati tramite consulenti specializzati tra persone caratterizzate da competenze utili all’impresa, elevato standing professionale e indiscussa statura morale.

Il loro grado di coinvolgimento dovrebbe essere elevato, ma non eccessivo. 3) qual è il rapporto tra la famiglia e il management?

in linea di massima il livello di motivazione dei manager esterni è inversamente proporzionale al numero dei manager membri della famiglia presenti in azienda e direttamente proporzionale alle dimensioni dell’impresa.

In sostanza, mentre la presenza di un certo numero di family manager può essere accettabile in una grande azienda perché non preclude le opportunità di carriera a manager esterni alla famiglia, diventa un fattore problematico in una piccola impresa.

39 In questo caso può essere preferibile effettuare una scelta chiara: o la famiglia è rappresentata da un solo manager o si affidano tutte le posizioni chiave a membri della famiglia.

4) come si gestisce il processo di successione nell’azienda familiare?

la principale decisione con cui prima o poi debbono confrontarsi gli azionisti di un’impresa familiare riguarda la scelta del futuro leader.

In particolare, la scelta tra un membro interno alla famiglia e quella di un manager esterno, nonché, qualora si opti per la prima soluzione e vi siano vari candidati interni, la scelta del più idoneo rispetto alle aspettative della famiglia.

E’ opportuno che un membro della famiglia, anche in assenza di un valido esponente che possa svolgere il ruolo di leader, occupi una posizione di vertice a salvaguardia degli interessi dell’azienda e in ultima analisi anche della famiglia.

Tale ruolo dovrebbe essere idealmente quello di Presidente non esecutivo. Nell’ambito di una famiglia numerosa, il maggiore problema per il futuro leader non è quello di costruirsi una legittimità in azienda, ma bensì quello di farsi accettare dagli altri familiari, in particolare da quelli non attivi in azienda, come colui a cui affidare il destino economico della famiglia nel lungo periodo.

La ricerca sulla corporate governance prende avvio dal pionieristico lavoro di Berle e Means61.

Nella grande impresa, la progressiva separazione tra proprietà, controllo e direzione pone in evidenza i potenziali rischi legati alla divergenza di interessi tra proprietari e manager, da cui nasce l’esigenza di controllo.

Per molto tempo, il dibattito si è concentrato su questo problema, senza tuttavia pervenire a una soluzione condivisa.

61Il lavoro che convenzionalmente segna l’inizio degli studi in materia di corporate

governance, “The Modern Corporation of the Private Property” di Berle e Means (1932), parte proprio dall’osservazione di un’ “impresa moderna” nella quale, per la prima volta rispetto al passato, si assiste ad una netta separazione tra i proprietari del complesso delle risorse aziendali, ed i soggetti deputati al controllo di quegli stessi assets. Si afferma la relazione tra agente e principale, alla base del rapporto di agenzia.

40 Nell’ultimo decennio, il focus della ricerca si è spostato sull’esigenza di

accesso, non tanto al capitale finanziario, quanto al capitale umano62.

Nella progettazione delle strutture e dei processi di governance, l’obiettivo primario diventa la ricerca delle soluzioni più efficaci per coinvolgere le persone che apportano il know-how critico e per supportare nel tempo i loro investimenti in conoscenza specifica.

La governance non è rilevante solo nell’impresa in cui la proprietà è separata dal controllo, non può adottare gli stessi principi indipendentemente dal contesto, inteso sia in termini di business che di organizzazione e non si può limitare alla tutela degli azionisti (capitale finanziario), ma deve estendersi alla valorizzazione delle persone, delle relazioni e delle conoscenze (capitale umano)63.

Si pone pertanto la necessità di valutare se le teorie sviluppate per soddisfare l’esigenza di controllo mantengano la loro capacità interpretativa anche a fronte dei cambiamenti che intervengono.

Le imprese familiari di medie e piccole dimensioni costituiscono un osservatorio privilegiato a tale scopo, poiché in esse, da una parte non vi è la separazione tra proprietà e controllo, dall’altra le persone, le abilità relazionali e le conoscenze tecniche sono elementi distintivi..

Le imprese familiari sono state definite come aziende nelle quali due o più famiglie con vincoli di parentela o legate da solite alleanze detengono il controllo.

Al fine di studiare gli assetti di governance, tale definizione risulta ambigua. Innanzi tutto, c’è un problema legato alla varietà64.

Sono “familiari” tanto le imprese di grandi dimensioni con una linea manageriale sviluppata, quanto le imprese piccole in cui l’imprenditore assume non solo il controllo, ma anche la gestione direzionale e operativa.

62Giannecchini M., Gubitta P., “Dal controllo all’accesso. Modelli di corporate governance

per le pmi familiari.”

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ivi

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41 Solo nel primo caso l’esigenza di controllo è rilevante, vuoi perché i soci di minoranza (spesso membri della stessa famiglia proprietaria) mirano a tutelare interessi diversi da quelli del socio leader, vuoi perché il progressivo ritiro della famiglia dalle posizioni direttive di vertice trasferisce sul management professionista (e non familiare) tutto il potere di direzione e decisione.

Nel secondo caso, il fenomeno più rilevante è la commistione tra proprietà, controllo e gestione: da una parte, negli organi di governo siedono tanto i familiari attivi, che i non attivi; dall’altro, l’impresa è affidata a una squadra manageriale composta sia da membri della proprietà che da manager non familiari.

Fino a quando la dimensione dell’impresa e la complessità gestionale lo consentono, si verifica che il leader, che coincide con il fondatore o con la persona più rappresentativa della proprietà, si trova a gestire una rete economica e una rete socio- familiare, viste in termini complementari e non alternativi: la prima assicura l’apporto di competenze critiche per la gestione; la seconda permette di integrare le persone esterne alla famiglia in una specie di clan imprenditoriale65.

Ciò implica che il rapporto tra proprietà e management non si possa interpretare come uno scambio fondato sulla reciproca sfiducia, come porterebbe a pensare la teoria dell’agenzia, bensì come un rapporto che s’inserisce in uno specifico contesto organizzativo ed è influenzato da fattori di natura sociale66.

In tale situazione, appare più efficace la teoria della stewardship67, secondo cui i manager sono motivati ad agire nell’interesse del proprietario, adottando comportamenti cooperativi.

65Giannecchini M., Gubitta P., “Dal controllo all’accesso. Modelli di corporate governance

per le pmi familiari.”

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ivi

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La stewardship è la strategia di gestione responsabile che introduce un principio etico nella valorizzazione delle risorse, favorendo la convergenza di interessi e contributi diversi nei processi decisionali. Con il termine stewardship s’intende la gestione responsabile di beni comuni, prodotti, patrimonio culturale, benessere della popolazione, personale e processi organizzativi. E’ applicabile sia a livello macro che micro organizzativo, poiché può essere intesa sia come una strategia di processo che come capacità individuale del leader.

42 Questo non significa che gli interessi del proprietario-principale e del manager- agente siano allineati, ma che vi sia una stretta relazione tra il successo del primo e la soddisfazione del secondo.

Il secondo motivo che rende ambigua la definizione di impresa familiare riguarda la variabilità68.

A partire dalla fine degli anni ’60, la crescente turbolenza dell’ambiente esterno manda in crisi i sistemi di pianificazione e controllo della grande corporation: l’ambiente diventa una variabile chiave della progettazione organizzativa e dei sistemi di governance.

La teoria della dipendenza dalle risorse coglie questa esigenza e propone un

framework che soddisfa i nuovi bisogni dell’organizzazione nel suo complesso e del

sottosistema di governance69.

Il cambiamento nelle condizioni competitive, nell’assetto istituzionale e nel business possono alterare l’identità degli stakeholder, la natura e il valore del loro contributo.

Le strutture di governance dovrebbero evolvere in modo da permettere all’impresa di accedere alle risorse critiche e di coinvolgerle nei processi di governo.

Nella piccola e media impresa familiare con la proprietà attiva nella gestione, queste soluzioni possono essere impraticabili, non solo per ragioni economiche, ma anche per la possibile mancanza di organi di governo formalizzati70.

I problemi di governance diventano la definizione delle modalità per attirare e trattenere i portatori delle risorse critiche e supportare i loro investimenti in capitale umano finalizzati a sviluppare le capacità necessarie alla coalizione71.

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Giannecchini M., Gubitta P., “Dal controllo all’accesso. Modelli di corporate governance per le pmi familiari.”

69D’Alò G., Marchettini P.,”Governance delle imprese familiari e capitale tangibile”;

70Giannecchini M., Gubitta P., “Dal controllo all’accesso. Modelli di corporate governance

per le pmi familiari.”

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43 Analizzando meglio quanto appena detto, l’impresa familiare, per le sue caratteristiche intrinseche, si presta bene a essere osservata nell’ottica di alcune teorie d’impresa, quali, in particolare: la resource-based view e la stewardship theory.

A differenza della teoria dell’agenzia, che rileva tanto elementi positivi quanto negativi, rispettivamente, a favore e a carico del family business, entrambe queste teorie tendono a stressare il lato positivo del business familiare72.

Secondo la RBV l’impresa familiare è dotata di risorse strategiche che potrebbero permetterle di acquisire un vantaggio competitivo nei confronti delle altre imprese.

Tra queste risorse “inimitabili” possiamo individuare: la cultura, la presenza del fondatore come soggetto capace di apportare competenze e capacità uniche, il coinvolgimento di più generazioni nella gestione, la possibilità di creare un network relazionale tra i familiari e gli altri stakeholders, la visione di lungo periodo della famiglia che dovrebbe favorire una corretta valutazione degli investimenti secondo regole di convenienza economica ecc..

La stewardship theory, che è quella che maggiormente si contrappone alla teoria dell’agenzia, vede la famiglia come “steward” dell’impresa e, in quanto tale, come soggetto i cui interessi sono perfettamente allineati a quelli dell’impresa73

. Nella stewardship theory, infatti, si assume che i manager siano mossi da interessi collettivi, pro-organizzativi e, perciò, che siano capaci di massimizzare il proprio benessere a prescindere dalla razionalità economica, su cui si basa la teoria dell’agenzia, che impone la massimizzazione della propria funzione di utilità in un’ottica individualistica ed egoistica74

.

Il manager si pone come obiettivo prioritario il benessere dell’organizzazione (impresa) e attraverso quello riesce a soddisfare il proprio.

Il benessere dell’uno (il manager) è funzione di quello dell’altra (l’impresa).

72D’Alò G., Marchettini P.,”Governance delle imprese familiari e capitale tangibile”;

73Giannecchini M., Gubitta P., “Dal controllo all’accesso. Modelli di corporate governance

per le pmi familiari.”

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44 Da ciò, consegue che non vi è alcun conflitto tra manager e azionista, essendo il primo mosso dall’intenzione di salvaguardare e far crescere l’impresa, che è anche l’obiettivo del secondo.

Questa impostazione presuppone:

1) che all’interno dell’organizzazione vi sia un comportamento cooperativo dei suoi membri;

2) che prevalga un approccio orientato al coinvolgimento piuttosto che al controllo: ogni membro deve essere coinvolto e avere voce in capitolo, nell’ambito

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