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LA TERAPIA IMMUNOSOPPRESSIVA

2.3 Le fasi della terapia immunosoppressiva

La terapia immunosoppressiva consta di due fasi fondamentali:

- la fase di “induzione” comincia appena il paziente viene allertato per il trapianto e ha lo scopo di azzerare completamente il sistema immunitario per poter meglio accettare l’organo;

- la fase di “mantenimento”, più lieve rispetto a quella di induzione, si protrarrà per tutta la vita del paziente (o fino al rigetto dell’organo) e ha lo scopo di proteggere l’organo trapiantato dall’attacco del sistema immunitario dell’ospite.

2.3.1 Terapia di induzione

I farmaci disponibili per la terapia di induzione sono distinguibili in due classi: 1) Anticorpi T-cell depleting, policlonali (Timoglobuline, ATG) o monoclonali (Campath, OKT3). Questi farmaci bloccano l’interazione tra il Complesso Maggiore di Istocompatibilità e il Recettore delle T Cell, per cui il linfocita perde funzionalmente i propri recettori e diviene incapace di rispondere allo stimolo della Antigen Presenting Cell. Sono farmaci molto potenti, utilizzati generalmente nella terapia del rigetto acuto steroido resistente e in protocolli per l’induzione della tolleranza. Presentano notevoli svantaggi: eccessiva immunosoppressione con maggiore incidenza di malattie opportunistiche ed emoproliferative; sindrome da rilascio di citochine seguita talvolta da gravi sintomi cardiocircolatori, gastroenterici e febbre elevata; necessità di somministrazione prolungata con rischio di grave leucopenia.

2) Anticorpi T-cell non depleting (Zenapax o Simulect). Si tratta di anticorpi monoclonali di tipo chimerico (basiliximab, Simulect) o umanizzato (daclizumab, Zenapax) diretti contro la subunità alfa (TAC antigene) dell’interleuchina 2.

38 Vengono bloccati in questo modo solo i linfociti attivati, rispettando le altre vie stimolate dall’interleuchina 2 (monociti e cellule Natural Killer).

Sono farmaci ottimamente tollerati, non sembrano indurre malattie linfoproliferative, non posseggono immunogenicità di rilievo e non producono malattia da rilascio di citochine; sporadicamente sono stati segnalati episodi di edema polmonare acuto nel corso della prima somministrazione.

La differenza principale tra le due molecole è nella loro farmacodinamica: a parità di durata d’azione (circa 30-40 giorni dopo la prima infusione), per il basiliximab sono sufficienti due somministrazioni a dose fissa (20 mg in prima e quarta giornata), mentre per il daclizumab sono necessarie due o cinque somministrazioni a distanza di due settimane l'una dall'altra e a dose di 5 mg/kg. Dal 1993 al 2002, l’utilizzo di ATG è passato dallo 0% al 39%, quello di Zenapax dallo 0% al 16%, e quello di Simulect dallo 0% al 25%(135). Nel trapianto simultaneo di rene e pancreas sono stati usati sia gli agenti T-cell depleting che T-cell non depleting, mentre nel trapianto di pancreas isolato e nel pancreas dopo rene sono stati impiegati preferenzialmente i T cell depleting. Più recentemente le due classi di farmaci sono state utilizzate in combinazione, soprattutto nel trapianto di pancreas isolato(5).

Esaminando i dati dei trapianti di pancreas isolato eseguiti dal 2000 al 2004 e che ricevevano tacrolimo e micofenolato mofetile, l’analisi univariata ha mostrato una significativa differenza (p<0,03) nei tassi di sopravvivenza del graft pancreatico ad un anno dal trapianto in relazione alla terapia di induzione usata, risultando del 91% nei pazienti che avevano ricevuto T cell non depleting, 85% nei riceventi depleting, 90% nei riceventi terapia combinata, e 86% in quelli che non l’avevano ricevuta(5). L’utilizzo di T cell non depleting, sia da solo che in combinazione con depleting, sembra essere superiore all’utilizzo dei soli T cell depleting e all’assenza di terapia di induzione.

39 2.3.2 Terapia di mantenimento

I farmaci inibitori della calcineurina (ciclosporina e tacrolimo) rappresentano una componente fondamentale negli schemi di terapia immunosoppressiva a seguito di trapianto di pancreas.

La ciclosporina, così come il tacrolimo, esercita un effetto di tipo inibitorio sul segnale di attivazione dei linfociti T, andando in questo modo a sopprimere la risposta immunitaria cellulo-mediata precoce a stimoli di natura antigenica o regolatoria.

Mentre fino ai primi anni novanta la ciclosporina rappresentava praticamente il 100% degli inibitori della calcineurina utilizzati nel trapianto di pancreas, dalla seconda metà del decennio lo schema maggiormente impiegato è diventato quello che utilizza il tacrolimo in combinazione con il micofenolato mofetile(100,135,136). I vantaggi che il tacrolimo sembra avere, nel trapianto di pancreas, sono rappresentati da una maggiore sicurezza nei confronti del rigetto del trapianto renale o pancreatico(137), da una migliore sopravvivenza dell’organo e da un minor rischio di trombosi. Inoltre, con gli schemi che utilizzano il tacrolimo, sono descritti protocolli di terapia nei quali si è reso possibile sospendere lo steroide(138-141). D’altro canto, però, il tacrolimo sembra associarsi a una maggiore incidenza di diabete mellito post-trapianto. Secondo alcuni autori(142), mentre nell’immediato post trapianto non emergono differenze significative in termini d’impatto sul metabolismo glucidico tra tacrolimo e ciclosporina, nel medio e lungo termine i soggetti in terapia con tacrolimo tenderebbero ad avere una più elevata incidenza di intolleranza glicemica (78% vs 70%), un’emoglobina glicata più alta (5.3% vs 5.0%), ed una glicemia a digiuno superiore (81 vs 78 mg/dl), senza raggiungere comunque differenze significative.

40 I farmaci a disposizione per la terapia immunosoppressiva (sia per quanto riguarda la fase di induzione che di mantenimento) sono notevolmente aumentati consentendo, insieme al miglioramento delle tecniche chirurgiche, di ridurre drammaticamente il tasso dei rigetti dopo trapianto(61). Negli anni in cui la terapia immunosoppressiva era essenzialmente fondata sull’utilizzo di azatioprina e steroidi, la percentuale di rigetto acuto oscillava tra il 50 e l’80%(135).

Oggi i vari Centri impegnati nell’attività di trapianto seguono protocolli farmacologici articolati. Nel 2000, il più comune regime terapeutico in tutte le categorie di trapianto era quello che prevedeva l’utilizzo di tacrolimo e micofenolato (80% circa), seguito dallo schema con ciclosporina e micofenolato (5–20%). La combinazione tacrolimo/micofenolato ha rimpiazzato in molti casi quella ciclosporina/micofenolato in considerazione di alcune evidenze di minor tasso di rigetto e di miglior profilo di pressione arteriosa e lipidi(61). Il micofenolato negli ultimi anni ha sostituito l’azatioprina. Con l’avvento del sirolimus (Rapamicina), in considerazione del successo riscosso dall’impiego di sirolimus e tacrolimo nel trapianto di insule, sempre più pazienti vengono trattati con combinazioni terapeutiche che prevedono l’uso di questo farmaco. Anche se la maggioranza del Centri trapiantologici si avvale ancora, nel corso di protocolli di immunosoppressione, dell’impiego di corticosteroidi, stanno emergendo osservazioni su protocolli “steroid-free”, questo con lo scopo di evitare gli effetti collaterali della terapia steroidea di lunga durata, quali l’incremento ponderale, l’intolleranza glucidica, la dislipidemia e la rarefazione ossea(61).

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Capitolo 3

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