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La fattispecie di cui all’art 23, lett a), c.cons

Le fattispecie di cui alle lett. a) e c) dell’art. 23 c.cons. rappresentano una concretizzazione del precetto di cui all’art. 21, comma 2, lett. b) c.cons., che qualifica come azione ingannevole la

155 Tale principio è stato recentemente ribadito dalla Corte di giustizia CE: Corte giust. CE 23-4-2009, in C-261/07,

VTB-VAB e in C-299/07, Galatea, in Nuova g. civ. comm. 09, 1061ss., nt. DE CRISTOFARO; in senso conforme, Corte

condotta del professionista che dichiari di essere vincolato ad un codice di condotta, senza rispettarne le regole. L’art. 23, lett. a) qualifica come «in ogni caso ingannevole» «l’affermazione non rispondente al vero, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di condotta»156, la cui definizione è dettata dall’art. 18, lett. f). Mediante la sottoscrizione di un codice di condotta, il professionista si impegna a rispettare determinati standard di comportamento157. Qualora lo stesso affermi falsamente di essere firmatario di un codice di condotta, può suscitare nel consumatore l’erroneo convincimento che egli sia vincolato ai menzionati standard e che egli sia soggetto alle relative procedure di controllo e sanzionatorie158.

Nei lavori che hanno condotto all’approvazione della direttiva, la Commissione ha accantonato l’idea di attribuire una vincolatività immediata ai codici di condotta159. Il mancato rispetto di tali codici di condotta avrebbe dovuto essere considerato automaticamente come una violazione della clausola generale160; era stato addirittura ipotizzata l’introduzione di codici di condotta validi a livello comunitario, al fine di creare un «porto sicuro» per i professionisti che si fossero adeguati alle prescrizioni in esso contenuti. Gli standard definiti nei codici di condotta avrebbero dovuto essere d’aiuto per la concretizzazione del concetto di «diligenza professionale» ai fini della clausola generale161. Tali obiettivi sono stati tuttavia oggetto di pesanti critiche162 e sono stati di conseguenza molto ridimensionati.

Per quanto riguarda più da vicino la fattispecie di cui all’art. 23, lett. a), pare opportuno attribuire un senso molto lato al termine «affermazione», includendovi ogni comportamento del professionista rivolto verso l’esterno, che produca l’effetto di diffondere informazioni sull’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale da esso svolta. L’art. 23, lett. a) non richiede

156 Ad avviso di CALVO, in DE CRISTOFARO, Pratiche commerciali scorrette e codice del consumo, 233, nt. 165, la

norma potrebbe estendersi ai c.d. codici etici e simili.

157 sull’ampiezza della nozione di «codice di condotta» v. SCHÖTTLE, Die Schwarze Liste - Übersicht über die neuen Spezialtatbestände des Anhangs zu § 3 Abs. 3 UWG, in Wettbewerb in Recht und Praxis, 2009, 674

158 FABBIO, in GENOVESE, I decreti legislativi sulle pratiche commerciali scorrette, cit., p. 191. 159

Cfr. Libro verde sulla tutela dei consumatori nell’UE(COM (2001) 531 def., 15ss.; sul punto v. amplius FABBIO, op.

cit., 182)

160 Sul punto v. KEßLER - MICKLITZ, Der Richtlinienvorschlag über unlautere Praktiken im binnenmarktinternen Geschäftsverkehr, in Betriebs Berater, 2003, p. 2078; Apostolopulos, Neuere Entwicklungen im europäischen Lauterkeitsrecht. Problematische Aspekte und Vorschläge, in Wettbewerb in Recht und Praxis, 2004, p. 852.

161 VEELKEN, Kundenfang gegenüber dem Verbraucher. Bemerkungen zum EG-Richtlinienentwurf über unlautere Geschäftspraktiken, in Wettbewerb in Recht und Praxis, 2004, p. 27.

162 BEATER, Europäisches Recht gegen unlauteren Wettbewerb – Ansatzpunkte, Grundlagen, Entwicklung, Erforderlichkeit, in Zeitschrift für Europäisches Privatrecht, 2003, p. 50.

una specifica forma per l’affermazione: essa può dunque avvenire sia per iscritto sia oralmente, ovvero per fatti concludenti o immagini. Così, la fattispecie di cui alla lett. a) trova applicazione anche qualora un professionista diffonda un filmato nel quale egli si faccia riprendere all’atto della sottoscrizione di un codice di condotta, sebbene mai si sia vincolato a siffatto codice. Anche l’utilizzo di un logo, al cui uso siano autorizzati solamente coloro che abbiano aderito ad un determinato codice di condotta, ingenerando la falsa convinzione che il professionista sia vincolato a siffatto codice, rappresenta un’affermazione per fatti concludenti (in ogni caso, il comportamento testé descritto potrebbe ricadere anche sotto la previsione di cui alla lett. b).

La nozione di «firmatario» del codice di condotta esprime un concetto meno ampio di quelle di «aderente» o «adottante» o della perifrasi «che si è impegnato a rispettare», e deve fondamentalmente riferirsi all’impegno, che il professionista assume, non tanto verso il pubblico, quanto nei confronti del responsabile del codice e degli altri professionisti aderenti, secondo le modalità di adesione di volta in volta previste163. L’impegno può essere anche conseguenza dell’adesione ad organizzazioni, tipicamente associazioni di categoria, dotate del potere di adottare codici di condotta vincolanti gli associati come anche del potere di aderire a codici altrui ugualmente vincolando gli associati164.

L’affermazione deve essere oggettivamente falsa. Tale può dirsi senz’altro in tutte le ipotesi in cui il codice in questione sia inesistente, ovvero il professionista, contrariamente a quanto da lui affermato, non abbia di fatto sottoscritto il codice stesso. Ci si potrebbe chiedere se la fattispecie di cui alla lett. a) sia suscettibile di ricomprendere anche la falsa affermazione del professionista, da lui emessa per errore165: da un esame dei lavori preparatori della dir., riteniamo si debba propendere per la risposta affermativa. Qualora non ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’art. 23, lett.

a), la violazione da parte del professionista di impegni contenuti in un codice di condotta cui esso si

sia vincolato può rilevare come pratica commerciale ingannevole ai sensi dell’art. 21, comma 2, lett.

b).

163 Così FABBIO, op. cit., p. 191, il quale ritiene non necessaria la forma scritta.

164 FABBIO, op. cit., p. 192; DREYER, in Wettbewerb in Recht und Praxis, 2007, p. 1294ss.

165 BÜLLESBACH, Auslegung der irreführenden Geschäftspraktiken der Richtlinie 2005/29/CE über unlautere Geschäftspraktiken, München, 2008, p. 41.