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Le omissioni ingannevoli

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Quale specificazione della norma che la precede, l’art. 22 c.cons. qualifica come scorretta la pratica commerciale che trascuri di rendere note le informazioni la cui esaustiva diffusione sia indispensabile allo scopo di permettere al consumatore di maturare una ponderata decisione di natura commerciale. Al pari dell’art. 21, anche l’art. 22 c.cons. deve intendersi quale norma speciale rispetto alla clausola generale di cui all’art. 20 c.cons. Il consumatore deve ottenere ciò che desidera; o, per meglio dire, deve essere posto nelle condizioni di percepire esattamente le caratteristiche della cosa offerta allo scopo d’assodare sin da subito se collimino o no con la totalità dei bisogni che diedero impulso all’acquisto. Se oggetto del desiderio è una cosa di minor pregio rispetto al suo abituale dover essere, il consumatore non potrà lamentare la discrasia ove non sia stato colto alla sprovvista; ed è sicuro che il fattore sorpresa non è ravvisabile quando il venditore abbia rigorosamente osservato i procedimenti informativi ispirati al clare loqui126.

In proposito, l’art. 22, comma 1, c.cons., recita che “È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”.

Tale disposizione dà espressa rilevanza giuridica al dolo omissivo. Essa statuisce difatti che è sleale la pratica commerciale la quale trascuri di rendere note le informazioni la cui esaustiva diffusione sia indispensabile allo scopo di permettere al consumatore di maturare un consenso ponderato127. Ad esempio, l’ingannevolezza è ravvisabile quando la pubblicità di automezzi a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati dai concessionari sia realizzata tacendo che le vetture vendute dagli importatori paralleli sono dotate di un minor numero di accessori128.

126 Cfr. M. COSTANTINO, Regole di gioco e tutela del più debole nell’approvazione del programma contrattuale, in Riv.

dir. civ., 1972, I, p. 86, 95; GRUNDMANN, Verbraucherrecht, Unternehmensrecht, Privatrecht – Warum sind sich UN-

Kaufrecht und EU-Kaufrechts Richtlinie so ähnlich?, in Archiv für die civilistiche Praxis, 2002, p. 52; VOGEL,

Verbrauchervertragsrecht und allgemeines Vertragsrecht, Berlin, 2006, p. 111, 137 e 144. 127 In proposito v. TILLER, Gewährleistung und Irreführung, München, 2005, p. 18ss. 128

Ai sensi della predetta disposizione, l’omissione deve essere causam dans della determinazione consapevole di natura commerciale. Ciò significa che forse il dolo omissivo incidentale non rientra nella categoria delle pratiche sleali? Per rispondere alla domanda occorre seguire questo percorso: è sleale la chiusura del canale informativo, fomentatrice dell’ignoranza investente la vittima della condotta illecita, quando la induca a concludere un contratto che non avrebbe altrimenti stipulato oppure a perfezionarlo sulla base di condizioni diverse da quelle che avrebbe accettato se fosse stata resa edotta delle circostanze chiarificatrici siccome fondamentali ai fini della corretta rappresentazione della realtà (materiale o giuridica) di riferimento. È dunque rilevante l’omissione alterante il consenso che si sarebbe in ogni caso manifestato seppure a condizioni diverse.

Le incertezze riscontrabili negli ordinamenti nazionali riguardo all’illiceità del silenzio, in uno con i dubbi circa i rapporti – che in realtà dovrebbero viaggiare su parabole ben distinte – tra il dolo inteso come illecito aquiliano e dolo viziante il consenso129, non hanno impedito al legislatore italo- comunitario di estendere l’àmbito d’applicazione del divieto alle omissioni ingannevoli. Il nesso tra omissione e determinazione negoziale è allora ravvisabile anche nell’ipotesi d’approfittamento dell’antecedente situazione di errore non provocato dal professionista. Ciò vuol dire che la mancata illuminazione nei confronti dei consumatori i quali già versino nella condizione d’ignoranza costituisce condotta combattuta dall’art. 22 c.cons.

Serve inoltre rimarcare che l’elemento soggettivo (rappresentato dalla consapevolezza che dalla propria condotta omissiva possano scaturire gli effetti tipici dell’illecito oppure che dall’accettazione del correlato rischio i medesimi eventi si possano verificare) smarrisce il ruolo di tassello destinato a sorreggere la fattispecie. Di lì il corollario secondo cui l’omissione colposa non sfugge alla forza gravitazionale sprigionata dalla norma in esame perché si è inteso difendere il consumatore medio dalle conseguenze delle omissioni, ad astrarre dalla variabile che esse siano state provocate da chi sa e tace di proposito, o da chi non sa ma dovrebbe sapere.

Una pratica commerciale è parimenti considerata omissione ingannevole quando, tenuto conto dei fattori appena illustrati, il professionista occulti o fornisca in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o tardivo, informazioni da reputarsi essenziali, oppure quando il professionista trascuri di

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dichiarare lo scopo130 commerciale di una pratica ove esso già non emerga dal contesto di quest’ultima, e sempre che – in ambedue le ipotesi – ciò induca o possa indurre il consumatore medio a prendere una determinazione negoziale che non avrebbe altrimenti assunto o che avrebbe assunto a condizioni diverse (art. 22, comma 2, c.cons.).

La regola contempla due diverse condotte: la prima, dell’occultamento o oscuramento dell’informazione; la seconda, dell’omessa enunciazione della finalità commerciale permeante la pratica. Bisogna sin d’ora avvertire che la condotta sostanziantesi nella copertura dei dati rilevanti non ha nulla da spartire con il dolo omissivo, perché si fonda su un facere, qual è il mascheramento e la presentazione in modo oscuro, ambiguo o intempestivo delle informazioni imprescindibili allo scopo d’assicurare il consenso ragionato della parte vulnerabile131. Occultare l’informazione significa attuare l’insieme degli accorgimenti utili a celarla; detto in altre parole, l’informazione esiste, ma sfugge all’attenzione del consumatore a causa dei sotterfugi impiegati nella sua manifestazione oppure della sua diretta sottrazione alla vista dell’ingannato attraverso l’uso di particolari astuzie. Ciò è quanto capita là dove la circostanza in grado di determinare o influenzare il consenso del consumatore, quantunque inserita nel contratto predisposto dal professionista, venga rappresentata attraverso caratteri grafici in corpo minore rispetto alle restanti clausole con l’effetto che l’aderente sia fatalmente indotto a sottoscrivere il documento senza prestare ad esso la dovuta attenzione.

Il professionista può altresì indurre in errore l’aderente utilizzando un frasario tecnico decifrabile da soli iniziati (ma sul punto v. supra § 18), oppure può enumerare le clausole in maniera sconnessa o disorganica, allo scopo di creare confusione a noncumento della controparte. La confusione appena evocata genera il c.d. effetto a sorpresa, che è percepibile quando l’aderente, resosi tardivamente conto dell’esatto contenuto del regolamento negoziale, si trova vincolato da obbligazioni sensibilmente diverse a paragone di quelle inizialmente immaginate.

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Il testo italiano della direttiva – trasfuso nella legge di attuazione – utilizza il termine “intento”. Si tratta di un’imprecisione, verosimilmente imputabile al testo francese (che usa la parola “intention”). L’ordine fraseologico è riportato dal testo tedesco, che usa l’inequivocabile sostantivo “Zweck”.

131 Sicché, ragioni di coerenza sistematica avrebbero dovuto consigliare il legislatore dell’attuazione di ricondurre la

Rientra invece nella categoria del raggiro per omissione la mancata illustrazione del proposito commerciale innervante la pratica, sempre che la finalità mercatistica non sia altrimenti lampante. Le forme di pubblicità indiretta e occulta rappresentano casi emblematici di condotte ora contrastate. Emerge pertanto l’interesse del consumatore a percepire senza difficoltà alcuna l’obiettivo pubblicitario del messaggio o della campagna informativa, perché l’inganno si cela anche quando l’attività promozionale sia ad esempio simulata da servizi giornalistici il cui vero fine è diretto a rafforzare in maniera subdola la penetrazione commerciale del bene o del servizio trattato132.