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L’oggetto delle condotte ingannevoli

L’art. 21 elenca una serie di circostanze in presenza delle quali è dato riscontrare l’illecito configurato dalla direttiva. La tecnica normativa che il legislatore utilizza è di stampo eminentemente casistico. Ciò è confermato dalla circostanza che la minuziosa descrizione delle condotte che distorcono la corretta formazione del consenso maturato dal consumatore sostituisce le fattispecie ancorate a formule ampie; tale fenomeno dell’enumerazione rappresenta il frutto dell’intenzione del legislatore comunitario di ridurre la discrezionalità dei giudici nazionali nell’applicazione della disciplina de qua.

In forza dell’art. 21, lett. a), è ingannevole l’informazione falsa o fallace qualora concerna l’esistenza o la natura del bene o servizio negoziato. Si tratta dell’ipotesi tradizionalmente più importante di condotta sleale, in quanto preordinata ad alterare la volontà del consumatore di normale avvedutezza.

Nello stesso senso si muove l’art. 21, lett. b), che dà rilevanza alle informazioni concernenti le caratteristiche principali dell’oggetto, quali la sua disponibilità materiale e giuridica, i vantaggi, i rischi, la composizione, gli accessori, l’assistenza post vendita e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l’idoneità allo scopo, gli usi, la

107 Sul punto, v. CALVO, Le pratiche commerciali “ingannevoli”, in Pratiche commerciali scorrette e codice del consumo, a cura di G. De Cristofaro, Torino 2008, 210 ss.

quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo impiego o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati108.

L’art. 21, lett. c) dà rilievo ad elementi assai eterogenei: nello spazio applicativo di tale disposizione deve ricomprendersi anzitutto la pratica commerciale che concerna fattori tra i quali spiccano il contenuto e l’estensione degli obblighi assunti dal professionista, incidenti sull’equilibrio dello scambio. Merita di essere segnalata la circostanza che la disposizione estende i propri confini ai motivi della pratica commerciale e alla natura del sistema distributivo. Ad esempio, propagandare un servizio affermando falsamente che i proventi, in tutto o in parte andranno in beneficenza diventa condotta capace di influenzare la sensibilità del consumatore comune al punto da catturarne l’attenzione e, quindi, il consenso all’acquisto. Allo stesso modo, la diffusione di ragguagli mentitori sull’autonomia giuridica del distributore rispetto al produttore o importatore, così come la mendace affermazione in merito all’inserimento del venditore finale nella filiera del c.d. commercio etico-solidale, assumono il significato di azioni che non solo distorcono la corretta competizione tra imprese, ma impediscono altresì che il consumatore disponga di elementi cognitivi idonei a maturare un consenso informato e consapevole. In termini ancor più generici, la medesima insidia può scaturire da ogni altro tipo di dichiarazione o simboli volti a suscitare l’infondata impressione che il professionista oppure i beni o servizi oggetto del contratto beneficino di sostegni reclamistici diretti o mediati109.

L’art. 21, lett. d) contempla poi le informazioni circa il prezzo, il metodo del suo computo e l’esistenza di uno specifico vantaggio relativo al corrispettivo. Tale previsione trova il proprio fondamento nell’intenzione del legislatore comunitario di proteggere il consumatore dalla condotta del professionista posta da in essere da quest’ultimo mediante l’utilizzo di sistemi di calcolo della somma dovuta o per mezzo della concessione di sconti, premi fedeltà e simili, volti a persuadere la parte vulnerabile del rapporto a determinarsi all’acquisto sulla base della falsa aspettativa di beneficiare di vantaggi che, invero, costituiscono il frutto di una mera illusione. L’obiettivo di tale

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Per un esame dei nessi che intercorrono tra l’art. 21, comma 1, lett. b) c.cons. e la nozione di difetto di conformità di cui all’art. 129 c.cons., v. amplius CALVO, op. ult. cit., p. 188 ss.

109 Il testo italiano della direttiva – oggetto di mero copy out da parte del legislatore italiano – parla di “approvazione”

del professionista o del prodotto. La versione francese, che usa il termine “appui”, aiuta a comprendere come con la predetta parola il legislatore europeo abbia inteso riferirsi ad ogni forma di sostegno pubblicitario.

norma è dunque quello di sconfiggere l’effetto sorpresa da parte di chi alletta il consumatore con l’avvincente speranza di fruire di condizioni particolarmente favorevoli, ma che in realtà sono semplicemente funzionali a mimetizzare il raggiro.

La disciplina in tema di pratiche commerciali ingannevoli non è circoscritta alla fase costitutiva del contratto, ma viene estesa alla sua esecuzione o alle successive prestazioni riguardanti la manutenzione della cosa scambiata (lett. e). La prassi di sedurre l’acquirente a stipulare contratti di garanzia con i quali il professionista fornisce prestazioni sostanzialmente simili a quelle già dovute

ex lege è invece combattuta uti singuli dall’art. 133, cpv. c.cons.110.

L’interesse del consumatore alla corretta informazione, e cioè a fruire dell’esatta rappresentazione di tutte le circostanze di diritto o di fatto capaci di influenzare la volontà, innerva la lett. f). Tale disposizione prende in considerazione le notizie intorno alla natura, qualifiche e diritti del professionista o del suo ausiliario111, quali l’identità, il patrimonio, i titoli d’abilitazione professionale112, il suo stato giuridico113, gli indici di gradimento114, i vincoli d’affiliazione e simili, i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale, nonché i premi e le onorificenze.

Ugualmente ingannevole è la pratica commerciale che, nel singolo caso e tenuto conto di tutte le circostanze, induca o sia idonea a indurre il consumatore medio a prendere una determinazione negoziale che non avrebbe diversamente posto in essere. La pratica adesso esaminata si sostanzia in una qualsivoglia attività di marketing della cosa negoziata, compresa la pubblicità comparativa, ingenerante confusione con i beni, i marchi, la ditta, ragione o denominazione sociale o con altri segni distintivi di un concorrente. In via alternativa, la frode può essere causata dal mancato rispetto per opera del professionista dei codici di condotta che si è impegnato ad osservare, sempre che la

110 A questo riguardo, v. anche la lett. g), alla luce dei suoi legami con l’art. 134, comma 1° c.cons.

111 Il termine “agente” che compare nel testo italiano della direttiva è stato utilizzato in modo atecnico. Come purtroppo

spesso accade, il legislatore italiano non si è avveduto dell’accennata improprietà.

112 Il testo italiano della direttiva utilizza il vocabolo “capacità”. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un

termine atecnico, il cui vero significato giuridico è utilmente ricavabile dal testo tedesco che impiega il vocabolo “Befähigungen”; con esso si intende far riferimento alle abilitazioni concernenti l’esercizio delle attività professionali. V. in proposito WILHELMSSON, Misleading practices, in European Fair Trading Law. The Unfair Commercial

Practices Directive, cit., p. 161, nota 144.

113 Vengono qui in considerazione le informazioni sull’iscrizione nel registro delle imprese o l’iscrizione in albi

professionali.

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regola violata concerna una promessa inequivocabile115 anziché mere dichiarazioni d’intenti (Absichtserklärung).